Vicenza, Basilica Palladiana, dal 7 ottobre 2017 all’8 aprile 2018 - Non solo una grande mostra sul genio olandese. Il curatore Marco Goldin illustra il “Progetto Van Gogh”: l’esposizione, una nuova edizione critica delle “Lettere”, un film originale, uno spettacolo destinato a girare i teatri italiani, una mostra di Matteo Massagrande. E un allestimento che propone l’emozione di un viaggio.
Van Gogh è il protagonista della grande esposizione a lui dedicata dal 7 ottobre all’8 aprile 2018 nella Basilica Palladiana di Vicenza. Mostra promossa da Comune di Vicenza e Linea d’ombra, prodotta e organizzata da Linea d’ombra, main sponsor Segafredo Zanetti.
Van Gogh. Tra il grano e il cielo, presenta eccezionalmente un numero altissimo di opere del pittore olandese, 43 dipinti e 86 disegni. Con l’apporto fondamentale di quello scrigno vangoghiano che è il Kröller-Müller Museum in Olanda. Ricostruisce con precisione l’intera vicenda biografica, ponendo dapprincipio l’accento sui decisivi anni olandesi, che dall’autunno del 1880 nelle miniere del Borinage, per la verità in Belgio, fino all’autunno del 1885 a conclusione del fondamentale periodo di Nuenen, sono una sorta di stigmate infiammata e continuamente protratta. Una vera e propria via crucis nel dolore e nella disperazione del vivere. Sarà come entrare nel laboratorio dell’anima di Van Gogh, in quel luogo segreto, solo a lui noto, nel quale si sono formate le sue immagini. Spesso nella condivisione dei temi in primo luogo con Jean-François Millet e poi con gli artisti della cosiddetta Scuola dell’Aia, una sorta di versione olandese della Scuola di Barbizon.
E in questo laboratorio ci si addentrerà con rispetto e con circospezione, facendosi aiutare dalle fondamentali lettere che Vincent inviava, come un vero e proprio diario del cuore straziato, in modo particolare al fratello Théo, ma non solo. Le lettere costituiranno quindi, giorno dopo giorno, come fogli di un diario, il filo conduttore della mostra, perché attraverso le parole si possa penetrare fino in fondo nel mistero struggente della bellezza di un’opera che non cessa di affascinarci. Perché così fortemente connaturata alla presentazione di un vita sempre sul limite. Dalle prime lettere legate all’attività artistica, del settembre del 1880, quando compaiono i disegni inaugurali, fino a quella conclusiva, trovatagli in tasca quando si spara un colpo di rivoltella, alla fine di luglio di dieci anni dopo, a Auvers-sur-Oise.
Intorno a questa mostra senza eguali, il curatore Marco Goldin ha ideato un più articolato “Progetto Van Gogh” che fa della grande esposizione il suo fulcro, ma che si declina anche in altre, diverse e originali forme.
La mostra in Basilica - sottolinea Goldin -, attraverso 129 opere in totale (43 dipinti e 86 disegni), delinea l’intero percorso artistico di Vincent van Gogh, dai disegni di esordio assoluto al tempo del Borinage in Belgio nel 1880, quando svolgeva la funzione di predicatore laico per i minatori della zona, fino ai quadri conclusivi con i campi di grano realizzati a Auvers-sur-Oise nel luglio del 1890, pochi giorni prima di suicidarsi. Accanto alle opere di Van Gogh, per utili e puntuali confronti, si incontreranno il Seminatore di Jean-François Millet e alcuni dipinti dei pittori della Scuola dell’Aia, che il giovane Vincent guardava con ammirazione, da Israëls ai Maris.
La mostra si svolge grazie al fondamentale contributo del Kröller-Müller Museum di Otterlo, uno dei due veri santuari dell’opera vangoghiana nel mondo. Il museo olandese, la cui collezione raggiunge una qualità a dir poco superba, presta infatti oltre cento delle opere di Van Gogh in arrivo a Vicenza. Un’altra decina di istituzioni e collezioni private poi, aggiungono capolavori per sigillare l’intero percorso, a cominciare dalla versione da Vincent più amata de Il ponte di Langlois (1888), una tra le immagini simbolo della sua parabola artistica e per questa occasione concessa eccezionalmente dal museo di Colonia. Quadro che Goldin ha eletto a manifesto dell’esposizione.
Sin qui la grande mostra. Ma il “Progetto Van Gogh” offre anche ulteriori opportunità di non minore rilievo.
A partire dalla pubblicazione, a cura di Marco Goldin e Silvia Zancanella, per le edizioni di Linea d’ombra, delle “Lettere”, una monografia che si pone come fondamentale apporto all’esposizione vicentina, anche perché la scelta è caduta sulle lettere che parlano delle opere in esposizione nella Basilica Palladiana.
“La mostra, al di là della vastissima presenza di opere, l’ho pensata - afferma Goldin - anche come la precisa ricostruzione della vita di Vincent van Gogh, seguendolo non solo nei dieci anni che vanno dal 1880 al 1890, ma anche nel decennio precedente, quello che prepara l’attività artistica. In questo senso, di fondamentale importanza è stata per me la rilettura, e il nuovo studio, delle lettere, soprattutto all’amato fratello Théo. Anche quelle scritte dal 1872 all’estate del 1880, quando da Cuesmes in Belgio annuncia, appunto a Théo, di voler diventare un artista. E’ il tempo dei suoi vagabondaggi, per i vari tentativi, e fallimenti, tra lavoro e aspirazioni teologiche, tra Olanda, Inghilterra, Francia e Belgio. Prima del suo percorso vero e proprio tra Brabante olandese e Francia, da Parigi, alla Provenza a Auvers. Per questo motivo abbiamo editato un nuovo libro, che accompagnerà la mostra, con cento lettere appositamente tradotte, includendo prima di tutto quelle che riguardano le opere esposte, oltre ad alcune altre fondamentali per la storia di Van Gogh”.
Un’ulteriore sottolineatura riguarda l’allestimento della grande rassegna: è stato pensato come un “viaggio”.
“Negli spazi ampi e meravigliosi della Basilica Palladiana a Vicenza, la mostra si snoda - sottolinea il curatore - come un vero e proprio viaggio anche nei luoghi nei quali Vincent ha vissuto: il Borinage, Etten, l’Aia, il Drenthe, Nuenen, Parigi, Arles, Saint-Rémy e Auvers-sur-Oise. Al di là delle lettere che faranno da contrappunto ai singoli momenti, certamente uno dei punti di maggior fascino è la sala nella quale, attraverso un grande plastico di 20 metri quadrati, è stato ricostruito alla perfezione - architetture romaniche e orti e giardini e sullo sfondo la catena delle Alpilles - l’istituto di cura per malattie mentali di Saint-Paul-de-Mausole a Saint-Rémy, il luogo nel quale Van Gogh sceglie di farsi ricoverare da maggio 1889 a maggio 1890. A essere proposta è un’immersione in un luogo sì di sofferenza ma nel quale, e attorno al quale, il pittore ha generato tanta bellezza”.
Nel “Progetto Van Gogh a Vicenza”, rientra anche un film originale, appositamente creato sulla vita e l'opera di Van Gogh.
A proposito del film Marco Goldin evidenzia: “Van Gogh. Storia di una vita - questo il titolo del film - ha la durata di un’ora e viene proiettato in una vera e propria sala cinema, studiata in ogni dettaglio tecnico e funzionale, all’interno della Basilica Palladiana, come ultima, grande stanza del percorso espositivo. E’ stato per me entusiasmante - continua Goldin - realizzare questo mio primo film documentario, arricchito dalle meravigliose immagini che abbiamo girato in tutti i luoghi di Van Gogh, tra Provenza e Auvers. Un film destinato a vivere come un prodotto anche slegato dalla mostra e per questo lo abbiamo raccolto in un dvd in vendita, unito a tante foto del backstage”.
Si sono intanto concluse con un successo davvero entusiasmante e con un pubblico commosso, le quattro serate di proiezione in anteprima di questo film, avvenute nei teatri di Vicenza (25 settembre), Verona (26 settembre), Padova (27 settembre) e Treviso (28 settembre).
Dall’arte alle lettere, dal cinema al teatro. Per tornare nuovamente all’arte con i quadri di Matteo Massagrande.
“Per un anno e mezzo mi sono aggirato prima attorno, e poi sempre più dentro, la vita e l’opera di Van Gogh”, scrive Goldin. “Nella scorsa primavera, mentre mettevo mano a uno spettacolo teatrale sulla sua storia, e che vedrà la luce sul finire del 2018, ho scritto, proprio per questo spettacolo, il breve monologo che l’attore che impersonerà Vincent sul palcoscenico reciterà sotto un ultimo albero della vita, accanto a un ultimo campo di grano. Gli ho dato come titolo Canto dolente d’amore (l’ultimo giorno di Van Gogh), ed è il movimento straziato di un’anima che avrebbe voluto amare e mai ha potuto esprimere invece la grandezza di questo amore. Un testo che ovviamente trae spunto da alcuni passaggi di vita contenuti nelle lettere a Théo. Sono davvero brandelli d’anima e di cuore, occhi sgranati sul mondo. Tempo dopo averlo scritto, ho provato il desiderio che un pittore potesse non illustrarne alcune scene, ma traendovi spunto desse loro una temperatura insieme d’anima e di colore. Allora ho chiamato un artista che stimo molto, Matteo Massagrande, e gli ho mandato il testo, dicendogli solo: “Matteo, non aggiungo altro a quello che ho scritto, non ti spiego, non ti chiedo di illustrare una scena piuttosto che un’altra, falla diventare, se ti va, la tua storia. Io l’ho scritta, tu la dipingerai. Come vorrai”. Ecco, così effettivamente è stato, ed è nata pertanto una mostra, fatta di qualche decina di studi preparatori e di sette quadri finali. Li possiamo ammirare nella sala successiva all’ultima dell’esposizione dedicata a Van Gogh, sempre in Basilica Palladiana, prima della sala cinema. Chi mi conosce, sa che amo da sempre scoprire come la pittura contemporanea di qualità possa dialogare con la pittura dei secoli passati. Una volta ancora, ho voluto farlo. E un libro ne resterà quale testimonianza”.
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