40 anni fa

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Il terremoto del 1976 in Friuli. Ruolo e contributo delle Ferrovie dello Stato. Era l’anno 1976, tra il 6 maggio e il 15 settembre potenti scosse devastarono il Friuli collinare e montano, distruggendo interi paesi. In totale vennero coinvolti 137 comuni come Gemona, Maiano, Osoppo, Buia, Moggio, Venzone, Tarcento, Trasaghis, Montenars, Mels, Buia, Colloredo, Resiutta. L’epicentro del sisma era vicino a Osoppo e Gemona del Friuli. Morirono 990 persone, più di 3000 rimasero ferite, più di 100.000 furono costrette ad abbandonare le loro case. 18 mila edifici furono completamente distrutti, 75 mila rimasero danneggiati.

Il Friuli terremotato dopo poco più di 10 anni tornò come era e dove era prima e la sua ricostruzione è stata un vero miracolo, frutto di oculato intervento dello Stato e della Regione, di determinazione delle genti del luogo, di sacrificio, di capacità organizzativa e imprenditoriale, di collaborazione tra enti pubblici, privati e di volontariato.
Ancora oggi, dopo 40 anni si ripete che la ricostruzione fu un miracolo, il “modello Friuli” continua a fare scuola. Hanno contribuito nella corsa di solidarietà anche Paesi esteri: Austria, Canada, Francia, Germania Occidentale, Olanda, Svizzera, USA.
Determinante fu l’apporto dei militari dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, ed anche della CRI, delle associazioni cattoliche (Diocesi, Caritas) fino ai movimenti spontanei di volontari.

SOCCORSO DELLE FERROVIE ITALIANE ALLE POPOLAZIONI TERREMOTATE

Anche le Ferrovie dello Stato donarono il loro contributo, come hanno sempre fatto in occasione di eventi difficili per la comunità nazionale e per le popolazioni. Lo avevano già fatto ad esempio in precedenti emergenze causate da eventi naturali, come nel sisma del 1968 nel Belice.
Ma come si trovavano a operare in quei giorni le FFSS danneggiate anch’esse dal tremendo sisma? Pur avendo esse subito ingenti danni alle tratte ferroviarie che alle stazioni, si attivarono per dare un primo e sicuro ricovero alle popolazioni terremotate e per fornire loro merci e servizi.
Il panorama non era allegro: molte località risultavano isolate per le frane causate dal sisma, la ferrovia interrotta in più punti. A Gemona la situazione era apocalittica. La stazione ferroviaria era un cumulo di macerie.

Così la testimonianza di un ferroviere, Enzo Paravano:
"Sono ancora vivi e ben presenti nei nostri ricordi i momenti di quell'incancellabile notte di luna piena del 6 maggio 1976 perché siamo stati subito avvisati e allertati di un qualche cosa di una certa gravità. Con il susseguirsi di notizie sempre più drammatiche che arrivavano da varie località del Friuli, molti ferrovieri alle prime luci dell'alba del giorno successivo, di propria iniziativa e con i propri mezzi, dimostrando altruismo, responsabilità e grande senso civico, raggiunsero prontamente la stazione di Udine, dove aveva sede l'ufficio del sorvegliante della linea che era preposto al coordinamento dei primi soccorsi e si misero a sua disposizione. Venne subito formato e attrezzato uno speciale treno-soccorso composto da alcuni vagoni in cui salimmo e che si diresse lentamente verso le zone del disastro. Man mano che ci si avvicinava ai centri terremotati le difficoltà di prosecuzione per ovvi motivi aumentavano sempre più, ma, nonostante tutto, dando fondo a sconosciute e inspiegabili forze interiori e facendo a volte anche l'impossibile, riuscimmo in tempi straordinariamente brevi a risistemare il binario gravemente dissestato dalle violente scosse telluriche e a liberare la sede ferroviaria ostruita da massi e detriti. Questo lavoro svolto in maniera continuativa giorno e notte, senza pause, ci permise, dopo pochi giorni, di raggiungere la stazione di Gemona, centro del sisma, consentendo di riattivare il transito, seppure nei modi prescritti, dei primi treni adibiti al soccorso e ripristinando, anche se provvisoriamente, i collegamenti ferroviari: sia quelli internazionali con la vicina Austria sia quelli con il resto dell'Italia, dando alla popolazione un'iniezione di fiducia e una parvenza di continuità di vita e di futuro".

In poco tempo, nonostante tutto, le linee ferroviarie, grazie al personale dell’ente che si prodigò senza sosta per garantire il percorso, furono ripristinate. In particolare, fu riattivata la linea Gemona-Tarvisio, onde ripristinare i collegamenti nazionali e internazionali.

“Il treno 239, sulla linea Tarvisio-Udine-Venezia, è deragliato a causa della rottura del binario dovuta al terremoto. Questo incidente si è fortunatamente concluso senza gravi danni. Tuttavia, dalle 21 di ieri, le comunicazioni ferroviarie sono interrotte lungo la linea Udine e Tarvisio e, secondo notizie fornite in nottata dal compartimento ferroviario di Trieste, del quale fa parte la zona di Udine, la sospensione è stata causata in seguito alla mancanza di tensione nel tratto che va da Gemona del Friuli a Pontebba.
A Tarcento, dopo la prima scossa di terremoto, un treno viaggiatori ha subito uno svio: una vettura si è rovesciata senza provocare però feriti fra i passeggeri.
L’espresso Roma-Vienna n. 232 è stato deviato lungo la linea Villa Opicina-Sesana.
Sono in corso una serie di accertamenti da parte dei tecnici del centro operativo di Trieste delle Ferrovie Statali per stabilire quando potrà essere riattivata la linea”.

Colloredo in Friuli, 1976

Il 10 giugno 1976 le Ferrovie dello Stato con il Genio Ferrovieri, riparati i danni alle linea e puntellati i viadotti danneggiati, effettuarono con un’automotrice OM AL 773 il primo viaggio di ricognizione completo della Udine-Tarvisio e, oltre ciò, sistemarono e misero a disposizione nelle località danneggiate vagoni, cuccette, e infrastrutture come prima emergenza di soccorso e azione indispensabile di sicurezza per i fruitori. Dopo le scosse così i senza tetto trovarono un primo rifugio nei vagoni ferroviari, nelle tendopoli e nelle roulotte.

I bollettini e le cronache del tempo ricordavano la tragica situazione.
“Le Ferrovie dello Stato hanno sistemato 35 vagoni cuccette, 133 vagoni passeggeri, 292 carri deposito e 16 carri cisterna. Nell’autunno del 1976, dopo la scossa del 15 settembre, centinaia di vagoni vuoti usciti dalle stazioni locali sono stati collocati, con appositi carrelli stradali, nei punti più impensati presso case diroccate, sui dossi, negli orti, nei cortili anche delle più sperdute e disagiate frazioni come Valeriano e Casiacco. E si poteva trovare nei paesi sperduti in mezzo a questa devastazione il carro ferroviario come casa salvagente e rifugio di questi sventurati”, così come constatato nei sopralluoghi dagli organi di stampa.

Le Ferrovie dello Stato contribuirono ai soccorsi anche dopo l’emergenza del 1976. La linea Udine-Tarvisio ha avuto una funzione vitale nel soccorso alle popolazioni. E soprattutto la tratta Sacile-Gemona, nonostante i danni subiti alle stazioni di Osoppo (semidistrutta), di Maiano, Pinzano, Meduno e Maniago, permise un soccorso straordinario per le popolazioni colpite dagli eventi sismici. Ancora un volta la linea Gemona-Sacile, denominata ora Pedemontana, ora la ferrovia degli emigranti, si rivelò strategicamente importante.

IL SOCCORSO DELLE FERROVIE CONTINUA ANCHE OGGI...

Nel 2009, Le Ferrovie dello Stato, con l’allora presidente Moretti, siglarono una convenzione con il Servizio Nazionale della Protezione Civile secondo la quale Il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, e l’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Mauro Moretti, assumevano l’obiettivo di consolidare la collaborazione istituzionale e conseguire la massima efficacia ed efficienza operativa nelle comuni attività emergenziali, nelle fasi di previsione, prevenzione e gestione dei rischi naturali e antropici che possano incidere negativamente sulla circolazione ferroviaria e compromettere l’incolumità della popolazione.

“Ferrovie dello Stato Italiane, come componente del Servizio Nazionale della Protezione Civile, non ha mai fatto mancare il proprio apporto in tutte le emergenze che abbiamo dovuto affrontare in questi anni, non solo nelle operazioni di ripristino della circolazione ferroviaria quando interrotta, ma anche nelle attività di assistenza alle popolazioni coinvolte nelle calamità”, ha detto il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli (settembre 2013).

La Direzione FS riferiva che, in occasione del sisma a L’Aquila, dalle Ferrovie dello Stato erano stati messi a disposizione 800 posti letto in carrozze cuccetta (6 aprile 2009):
"Stiamo rimettendo a posto tutte le linee ferroviarie per la ripresa del normale servizio. Stiamo mettendo a disposizione nella zona de L'Aquila delle carrozze cuccetta per 800 posti e dei sistemi-carri per generare l'energia elettrica necessaria per l'utilizzazione dei relativi servizi e stiamo collaborando con la Protezione Civile per gli far affluire i materiali che servono per gli interventi immediati e per quelli necessarie alle ricostruzioni. In sostanza stiamo mettendo a disposizione un treno che porti verso L'Aquila dei container, una sorta di casette".
E ancora: "Da questa mattina prestissimo stiamo facendo un lavoro enorme: abbiamo rimesso a posto la Roma-Pescara e l'Adriatica, le due linee fondamentali per l'Abruzzo e anche le linee trasversali ma ancora dobbiamo ultimare gli interventi per ripristinare la linea l'Aquila-Sulmona che ha subito molti danni. Ci riusciremo nelle prossime 48 o al massimo 72 ore".

Per noi è stato doveroso, nel 40° anniversario del terremoto in Friuli, accennare alla preziosa presenza delle ferrovie e ricordare il contributo dei ferrovieri in questa circostanza. Con orgoglio possiamo affermare che nei soccorsi alle popolazioni terremotate del Friuli nel 1976, come in occasione di altre calamità, le Ferrovie e i ferrovieri sono stati e saranno sempre in prima linea.

Terremoto ad Amatrice, 2016

Paolo Garofalo è friulano. Sociologo, giornalista e storico, è socio dell’Associazione DLF Portogruaro. È stato cofondatore e presidente dell’Archivio Storico Ferroviario di Casarsa ed è autore di numerose pubblicazioni.

INFORMAZIONI

Garofalo dott. Paolo

Giornalista-Sociologo-Pedagogista, già responsabile Archivio Pasolini e Presidente ICF, socio DLF Portogruaro
Via Gregoris 21, 33078 S.Vito al Tagliamento (PN)
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