Dai, parlami della dolcezza

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Dai, parlami della dolcezza. Di quel sorriso appena accennato, di quella curva così poco ripida da poter esser stirata con un solo passaggio di sguardo corvo, dai, parlami della dolcezza della parola fuori posto e fuori luogo, del silenzio che crea intorno e degli sguardi che forma, parlami di quella parola lì, descrivimela, raccontami cosa contiene e per quanti minuti vada baciata. Per sempre.

Dimmi poi la dolcezza della caduta che quando ti si guarda ti si vede il segno del cuore incrinato, porta la gobba, si è rimarginato ma ha fatto soprosso;

parlami della dolcezza di quella stortezza della schiena, del giorno che si è incurvata, del passo zoppo che sembri cadere da un momento all'altro ma è solo tastare la strada, voglio sapere con esattezza il momento dell'appoggio e quello di quando non sai dove mettere le mani quando non trovano posto nella carezza, se in tasca, dietro la schiena o in bocca - a mangiarti le unghie - voglio sapere quella dolcezza lì.

Parlami del colpo di tosse a schiariti il disagio, le ciglia che si allungano appena verso sera, si scorciano di un attimo all'alba e si abbassano quando è troppo, del viso che si guarda le scarpe, lo scivolo del collo e il tremito del brivido, la dolcezza delle gambe che si accavallano, della pelle che segue fedele i muscoli, della cicatrice che in quel punto non senti più niente e dei nei che se li unisci ne esce sicuramente una nuvola, poi un sole e infine l'arcobaleno. Dimmi la dolcezza in tutti i tuoi eventi meteorologici e quella che soffiano i venti, tra i tuoi capelli.

Dai, conta la dolcezza dell'errore davanti al tuo giudizio, che non può dire e fare niente, né andare, né restare e neanche cancellare, la dolcezza del vicolo cieco, delle spalle al muro, la dolcezza che non gli resta che una preghiera qualunque, purché sia liberato, perdonato.

Dai su, parlami dell'altra guancia, la tenerezza della pancia che rientra, della contrazione, dei pugni che si chiudono, parlami di quando stringere a lungo fa male e li apri, dimmi la dolcezza della resa.

Dai su, parlami della dolcezza del seme che s'apre e non è tutto spazio e cielo e strada liscia, ma sasso, cambio direzione e un altro pezzo verso su, dai, parlami della dolcezza di quando nessun ostacolo può fermarti,

del cambio direzione, ma non di meta.

Parlami ti prego, di tutta la dolcezza che riesci a vedere e di tutta quella che sei.

Ti prego, dimmi che la vedi.

Ti prego, dimmi che ti vedi.

 

(Francesca Pachetti, La Raccontadina)


 

Francesca Pachetti, La Raccontadina, donna, mamma e contadina di Massa Carrara che da un po’ di tempo ha deciso di condividere su una pagina Facebook le sue esperienze di vita e ciò che la natura ogni giorno le insegna.

"I numeri non li capisco e neanche le misure. So che in una cassetta alta di legno ci stanno dodici chili di patate, in una bassa otto. Se il secchio rosso lo faccio pieno, di pomodori ce ne stanno sette chili, all'incirca, se lo faccio a metà, quattro, più o meno.
"quanto le fa al chilo le zucche?" Io non lo so quanto le faccio le zucche al chilo. Una piccola tre euro, quella media cinque, grande dieci. Questa è la mia misura. Non vendo a peso, vendo a buon senso, a cuore, a occhio, talvolta a circostanza, a baratto, a regalo.
Se il catino azzurro è pieno fino all'orlo ha piovuto molto, è stato un temporale. Se è asciutto e non conta neanche una goccia avanzata, è molto che non piove. La febbre la misuro in brividi, in brividi e coperte. Una coperta, 37,5 gradi; due, sale verso i 38; due più le ginocchia al petto si superano i 38; due più le ginocchia al petto e la conta di tutte le mie persone, è febbre altissima: bisogna cercare riparo.
Non sono alternativa, sono nata contadina"

Questa è
Francesca Pachetti

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Il suo libro "La Raccontadina"
Casa ed. Pentagora
ISBN 9788898187799
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La sua biografia:
Dai 0 ai 13 anni bambina, dai 13 ai 18 ragazza, dai 18 ai 27 educatrice e dai 27 ai 39 contadina.
Da qui in poi, vedremo.
Coltivo ortaggi, fiori, parole e giorni.
Cresco mio figlio, pulcini, galline e il mio cuore.
Interessi: i sogni e l'amore.

Pagina Facebook @LaRaccontadina 

 

Tre interessanti interviste alla Raccontadina si trovano in Rete.

La prima, del 2018, si può leggere al link: La Raccontadina: “Vi racconto il mio ritorno alla terra”, di Elisabetta Elia

Amore, cura e soprattutto fiducia. Su questi elementi si basa il legame con la terra che da sempre ha Francesca Pachetti. Nata e cresciuta in una famiglia contadina di Massa Carrara, Francesca Pachetti vive a contatto con “la terra” da sempre, anche se ogni tanto se ne è allontanata..

La seconda, del 2019, si può leggere al link: «Prima di coltivare sogni, impara a zappare», di Antonella Gallino

Da tempo avevo iniziato a seguire la Raccontadina su Facebook, innanzitutto perché trovavo geniale il nome; poi, perché leggevo i suoi post e sentivo in filigrana ‘la vena’.
La corteggiai un po’ via Messenger e finalmente una mattina riuscii a intervistarla per telefono...

La terza, di agosto 2020, è l’editoriale di Dove di settembre, al link: “Impara a zappare”, di Simona Tedesco

... È un racconto dal libro di Francesca Pachetti che ho comprato per il titolo: “Prima di coltivare sogni impara a zappare” (ed. Pentàgora, 2019). 211 pagine de “La Raccontadina”, così si definisce, divorate in poche ore. Il titolo è divertente, ma i racconti sono un viaggio nella terra delle cose semplici, primarie, assolute. Quelle davvero importanti. E quando un libro ti lascia una scia di pensieri, allora puoi ricominciare a sognare.

 

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