Poche semplici note

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Ieri abbiamo visto il tuo concerto in tivù. Un Mephisto Waltz straordinario, davvero. Ci hai riempito il cuore di gioia, sei sempre più brava. Mia moglie ti manda i suoi più cari saluti, dice che le manchi molto. Pochi suonano Liszt come te. Lo hanno affermato anche il mio amico Raimond e sua moglie Petra, due che di musica ne capiscono, erano nostri ospiti.

Loro faticano a credere che da bambina suonavi il pianoforte seduta sulle mie ginocchia, così mi hanno bonariamente preso in giro.

«Dopo vi farò vedere alcune foto» ho detto. Alla fine del concerto, dopo aver ringraziato il pubblico, ti sei seduta di nuovo al pianoforte e un silenzio pesante ha spento gli ultimi applausi, hai suonato con la sola mano destra la solita semplice melodia: Do Do Re Re Mi Sol, tre volte.

«Perché ha suonato quella melodia?» ha domandato Raimond sollevando in aria il bicchiere di whisky quasi vuoto.

«È un omaggio a lui» ha detto mia moglie indicandomi.

«Che razza di omaggio sarebbe? Sembra la canzoncina degli alieni di "Incontri ravvicinati del terzo tipo"!»

Raimond ci ha fatto ridere, gli ho spiegato: «No Raimond, lei non comunica con gli alieni! Comunica con me, solo con me. È la prima melodia che le insegnai. La suona alla fine di ogni concerto.»

«E io dovrei crederci?»

Ho prelevato dagli scaffali della libreria una cartellina di cartone giallo in cui conservo le tue cose. Ho mostrato a Raimond e Petra alcune foto in cui siamo insieme.

«Era una bambina bellissima» ha sottolineato Petra.

«E tu eri magro! Non riesco a immaginarti magro!» ha detto Raimond ridendo. Gli ho mostrato poi il ritaglio del Bild-Zeitung, quello con l'articolo sulla morte di tua madre: “Donna di 35 anni trovata morta per overdose a Wannsee, sulla riva del lago”.

«Cosa c’entra questo articolo?» ha domandato Raimond.

«Era Agnes, sua madre. Una tossicodipendente. Purtroppo.»

Insomma, gli ho raccontato tutto.

Non so se l'odio nei confronti di tua madre si sia attenuato con gli anni e mi spiace dovertene parlare, non vorrei ferirti, ma Raimond e Petra, dopo aver ascoltato tutta la storia, hanno detto: «Glielo dovresti raccontare. È giusto che lei lo sappia». Lo hanno ripetuto più volte. Proprio per questo ti scrivo. Fino a ieri in verità non avevo mai dato tanto peso all'episodio, perché si riferisce proprio a quella semplice melodia che suoni alla fine di ogni concerto. So che la suoni sempre, in ogni parte del mondo, anche quando non posso ascoltarla. Che sia un pezzo di Liszt, Chopin, Rachmaninov... alla fine suoni sempre la melodia dedicata a me. So che è il tuo modo di dimostrarmi un affetto perenne e incondizionato: «Perché senza di te non sarei mai diventata né la pianista né la donna che sono» dicesti. Ne vado fiero, ovviamente.

Le famiglie del palazzo ti contendevano per averti a pranzo quando, al ritorno dalla scuola, sedevi sulle scale in attesa di tua madre, che non arrivava mai. Ti amavamo tutti. Molti biasimavano tua madre. Uno dei condomini raccoglieva le firme per segnalare la situazione ai servizi sociali. Ti confesso che né io né mia moglie firmammo mai quel documento. Tua madre non ci sembrava una donna cattiva e verso di te mostrava affetto e apprensione, sebbene avesse seri problemi con la tossicodipendenza. Speravamo che ne venisse fuori, eravamo stupidi e illusi, lo capisco solo ora. Tua madre ti lasciava spesso sola, per ore, a volte rientrava a casa che era quasi mattina. Erano altri tempi. Potevi contare sulle famiglie del palazzo. Lasciavamo nella bacheca della portineria un messaggio per tua madre, così sapeva dove venirti a riprendere.

Credo sia successo proprio la prima volta che eri nostra ospite: tua madre bussò alla porta verso le due di notte, tu dormivi sul divano già da qualche ora.

«Scusatemi,» disse, «scusate l'ora, sono davvero mortificata.»

Tua madre aveva quel tipo di voce strascicata degli eroinomani, la pelle del viso tesa su punte d'osso, la bocca simile a un taglio sul cuoio. L’invitai ad entrare. Il suo cappotto portava in casa l'odore freddo dell'aria invernale. Stavo per sollevarti dal divano quando tua madre disse: «Avete un pianoforte!»

Mi voltai, si era tirata i capelli dietro l'orecchio, fu la prima volta che la vidi sorridere. Mi avvicinai a lei. Aveva una luce diversa negli occhi.

«Ho sempre desiderato un pianoforte» disse. «Vorrei tanto che mia figlia imparasse a suonarlo. Posso?»

«Ma certo.»

Tua madre si sedette al pianoforte, con una ingenuità quasi infantile suonò poche semplici note: Do Do Re Re Mi Sol. Suonò la melodia tre volte, poi tirò via la mano dai tasti come se l’avessero sorpresa a rubare qualcosa: «Scusatemi, è davvero tardi. Togliamo il disturbo.»

Lei non riusciva nemmeno a tenerti in braccio, così ti avvolsi in una coperta e ti portai fino nel tuo letto.

Quando giorni dopo tornasti in casa mia, decisi di insegnarti qualcosa. Fu un’idea spontanea quella di farti suonare la melodia di tua madre: mi si era ficcata in testa, non avrei saputo immaginare sul momento nulla di più semplice e nello stesso tempo carico di un qualche significato. Così con il tuo piccolo indice suonasti le note che ti suggerivo. Da quel giorno venisti a pranzo quasi sempre da noi, con grande dispiacere delle altre famiglie, perché ti eri innamorata del pianoforte.

Ora lo sai. Quella che suoni alla fine di ogni concerto è la melodia che compose tua madre, quasi per istinto, mentre tu dormivi sul divano e il mondo le crollava addosso. Con quelle poche note forse sperava di salvarti. Credo lo abbia fatto.

 

 

INFORMAZIONI

Antonio Agrestini
specialista in fuochi di paglia e buchi nell'acqua

web www.scartafaccio.it
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scartafaccio.itAntonio Agrestini è nato a Roma nei primi anni Settanta. Ha una formazione umanistica, di professione è programmatore informatico.
Ha studiato Lettere all'Università La Sapienza di Roma laureandosi con una tesi in Storia e Critica del cinema: I mille e un remake. Stratificazioni e migrazioni del soggetto cinematografico tra America ed Europa.
Ha pubblicato una raccolta di racconti in dialetto romanesco moderno intitolata Il coccodrillo mangiapiedi (Bibliotheka Edizioni, 2018).
É suo il racconto Ogni riferimento è puramente casuale contenuto in Spirito Noir Collection (Salani, 2012).
La rivista di psicologia Mente & Cervello ha pubblicato un suo racconto sul tema del lutto perinatale intitolato Le canzoni sono angeli (Mente & Cervello n. 85, Le Scienze, 2012), contenuto anche nell'omonima raccolta edita da Ipertesto Edizioni.
Nel 2019 con Giuliano Aloisi, Claudio Camilli e Andrea Ottaviani ha fondato i Pajata Funk. Antonio Agrestini è autore delle canzoni: sia della musica, sia dei testi.**