“L’amico del popolo”, 10 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE EAGLE (L’aquila nera, USA, 1925) di Clarence Brown. Dalla novella “Dubrovsky” di Alexander Pushkin. Sceneggiatura: Hans Kraly, George Marion Jr. Fotografia: George Barnes. Montaggio: Hal C. Kern. Con: Rodolfo Valentino, Vilma Banky, Louise Dresser, Albert Conti, James A. Marcus.

Oggetto di chiare avances da parte della zarina, il tenente Dubrovskij lascia l'esercito, diventando poi un fuorilegge quando, tornato a casa, scopre che il padre ha perso tutte le sue proprietà. Alla testa di un manipolo di cavalieri, Dubroski difende la causa dei poveri e degli oppressi sotto il nome di Aquila nera, il bandito mascherato. In queste vesti incontra Masha, la bella figlia dell'uomo che ha espropriato di tutti i beni la sua famiglia. L'Aquila si innamora della giovane, ma deve combattere il suo sentimento per poter portare a termine la vendetta contro il padre di lei. La zarina Caterina, alla fine, lo reintegrerà nel suo rango e nei suoi possedimenti.

Rodolfo Valentino in THE EAGLE (L’aquila nera, USA, 1925) di Clarence Brown"The Eagle è un film da non perdere per i fan di Rodolfo Valentino. Soprannominato “il piumino rosa da cipria” dagli uomini americani gelosi del suo ascendente sulle donne, Valentino tornò sullo schermo dopo due anni di assenza, dimostrandosi credibile sia come smargiasso eroe d’azione che come grande amatore.
Nominalmente basato su un racconto incompiuto di Puškin, The Eagle era in realtà un adattamento di The Mark of Zorro (Il segno di Zorro), con l’azione spostata nella Russia di Caterina la Grande. Valentino vi interpreta Dubrovsky, un ufficiale della guardia imperiale che attira le attenzioni dell’imperatrice. Rifiutando sdegnosamente le avance di Caterina, è costretto ad abbandonare precipitosamente la corte onde evitare la collera reale. Tornato a casa, trova i possedimenti paterni usurpati da un signore della guerra, Kyrilla. Dubrovsky giura vendetta. Con il nome di “Aquila Nera”, diviene in breve tempo il salvatore di coloro che soffrono sotto il dispotico giogo di Kyrilla. Fedele al proprio personaggio, Dubrovsky/Valentino trova anche il tempo per corteggiare la vivace figlia del suo nemico, Masha.
Il film dispiega alcuni tra i maggiori talenti disponibili nella Hollywood degli anni venti. Il regista Clarence Brown ricorre a svariati abbellimenti tecnici, tra cui una spettacolare carrellata da un capo all’altro di un’enorme tavola da banchetto. La fotografia di George Barnes, davvero magistrale, conferisce al film un’atmosfera di sinistra suggestione. Le scenografie di William Cameron Menzies sono in linea con lo stile sontuoso dei tardi anni venti. E tutto ciò viene esaltato alla perfezione in questa copia magnifica, ricavata direttamente dal negativo originale. L’autenticità storica fu ignorata, specialmente nella foggia dei costumi, per non tradire le aspettative delle ammiratrici di Valentino. Photoplay Magazine scrisse: “Nel suo nuovo film, Valentino cambia personaggio tre volte, ed ognuno di essi è un Valentino di smagliante fascino”. Insolitamente, in The Eagle, il suo sense of humour ha libero corso. E Valentino si dimostra parimenti abile nell’eludere le avances della sua imperatrice come nel balzare al volo su un cavallo in corsa. Le sue partner, la leggiadra Vilma Banky e la matriarcale Louise Dresser, costituiscono il contrasto ideale in questo scanzonato divertissement."

(Kevin Brownlow, Patrick Stanbury, Catalogo delle Giornate del Cinema Muto, 2009)

Il 10 febbraio 1837, 29 gennaio del calendario giuliano, muore Aleksandr Sergeevič Puškin sublime poeta, magnifico scrittore, uomo leggendario.

 

Una poesia al giorno

Negli anni un giorno o l’altro, di Boris Pasternak, 1931,

Negli anni un giorno o l’altro in un concerto
Mi soneranno Brahms, - proverò la nostalgia.
Trasalirò, ricorderò l’unione di sei cuori,
I passeggi, i bagni, l’aiola di casa mia.
La fronte dritta della pittrice, timida come sogno,
Con un sorriso mite, un beato sorriso,
Un sorriso immenso e chiaro, come globo,
Il sorriso della pittrice, la fronte e il viso.
Mi soneranno Brahms, - mi abbandonerò,
Ricorderò l’acquisto di provviste e grano,
I gradini del terrazzo e l’arredo delle stanze,
Mio fratello, mio figlio, l’aiola, l’ontano.
La pittrice macchiava l’erba coi colori,
Le cadeva la tavolozza, metteva nelle tasche
Gli arnesi da disegno e i pacchetti di veleno,
Che si chiamano «Basma» e promettono l’asma.
Mi soneranno Brahms, - mi abbandonerò,
Ricorderò l’ostinata sterpaglia, l’ingresso e il tetto,
Il balcone semioscuro e il vivaio delle stanze,
Il sorriso, le ciglia, la bocca e l’aspetto.
E di colpo avrò gli occhi umidi di pianto
E sarò zuppo prima ancora d’essermi sfogato.
Dalle fessure usciranno i dintorni, i volti,
Gli amici, la famiglia, l’amaro passato.
E cinto il canto, come si cinge un albero,
Formeranno un cerchio sul prato intermezzo,
Come ombre, quattro famiglie gireranno
Con un puro, come l’infanzia, motivo tedesco.

Il 10 febbraio 1890 nasceva Boris Pasternak il papà del Dottor Zivago, romanzo imprescindibile.

 

Un fatto al giorno

10 febbraio 1947: l'Italia cede la maggior parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia.

I trattati di Parigi furono dei trattati di pace firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale. La sottoscrizione dei trattati fu preceduta da una conferenza di pace che si svolse parimenti a Parigi, tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946. I trattati vennero firmati tra gli Alleati vincitori della Seconda guerra mondiale, ovvero Stati Uniti d'America, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia, Polonia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Grecia e altri, e gli sconfitti alleati della Germania all'interno delle potenze dell'Asse: Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria e Finlandia.

L'esclusione della Germania dalle nazioni firmatarie ebbe una chiara valenza di diritto internazionale, avendo subito la nazione tedesca il fenomeno della debellatio in seguito all'occupazione totale del suo intero territorio e alla conseguente soppressione di qualsiasi governo. La Germania non era dunque più un soggetto di diritto internazionale e pertanto non poteva firmare alcun trattato, le sue sorti anche territoriali essendo affidate a semplici ordinanze militari delle quattro potenze occupanti.

L'Italia, oltre a restituire i territori francesi, jugoslavi e greci occupati durante la guerra, cedeva:

  • alla Francia: il comune di Tenda e parte dei comuni di Briga (vedi anche Briga Alta), Valdieri (frazione di Molliera) e Olivetta San Michele (le frazioni di Piena e di Libri); la vetta del Monte Chaberton, quella della Cima di Marta e le fortificazioni sulla sommità del Monte Saccarello, venivano inclusi in territorio francese anche una buona porzione del versante Italiano dell'Altopiano del Monginevro ad eccezione di Clavière che resta in territorio italiano, il bacino superiore della Valle Stretta del monte Thabor, il colle del Moncenisio e la parte meridionale, al di là dello spartiacque, del colle del Piccolo San Bernardo;
  • alla Jugoslavia: Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa, gran parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano, e l'alta valle dell'Isonzo;
  • all'Albania: l'isolotto di Saseno;
  • al Territorio Libero di Trieste: la città di Trieste coi comuni circostanti e la parte dell'Istria non ceduta alla Jugoslavia (TLT, Stato indipendente mai costituitosi, previsto dall'articolo 21 del trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate del 1947. Nel 1975, tramite il trattato di Osimo, Italia e Jugoslavia incorporarono formalmente le zone A e B del TLT);

L'Italia cedeva inoltre tutte le sue colonie:

  • l'arcipelago del Dodecaneso passava alla Grecia;
  • la Concessione italiana di Tientsin passava alla Cina;
  • la Libia passava sotto occupazione inglese (divenne indipendente nel 1951);
  • la Somalia Italiana passava sotto occupazione inglese, poi sotto amministrazione fiduciaria ONU sotto controllo italiano fino al 1960;
  • l'Eritrea diventava parte dell'Etiopia l'Etiopia ritornava ufficialmente indipendente, anche se i territori sotto amministrazione britannica, come la regione dell'Ogaden, venivano ceduti solamente nel 1954;
  • l'Albania ritornava indipendente nei confini del 1940 (lo era già dal 1943).

A tutte le nazioni sconfitte venne imposto di pagare delle compensazioni monetarie come risarcimento dei danni provocati durante la guerra (le cifre sono in dollari americani del 1938). All'Italia 360 milioni, di cui:

  • 125 alla Jugoslavia;
  • 105 alla Grecia;
  • 100 all'Unione Sovietica;
  • 25 all'Etiopia;
  • 5 all'Albania.

Le nazioni sconfitte si impegnarono a prendere tutte le misure necessarie per garantire alle persone al di sotto della loro giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione, di stampa e pubblicazione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione; nessuna sanzione poteva essere presa contro cittadini che, fin dall'inizio della guerra, avevano appoggiato gli Alleati o avevano svolto azioni partigiane.
I Governi delle nazioni sconfitte si impegnarono inoltre a prevenire il riemergere di organizzazioni fasciste o di qualunque altro tipo, sia politiche che militari o semi-militari”.

(Wikipedia)

I trattati di Parigi furono dei trattati di pace firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale

Ecco il 10 febbraio da far dimenticare.

 

Una frase al giorno

“Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”.

(Bertolt Brecht)

Eugen Berthold Friedrich Brecht (Augusta, 10 febbraio 1898 - Berlino Est, 14 agosto 1956)

Nato Eugen Berthold Friedrich Brecht (Augusta, 10 febbraio 1898 - Berlino Est, 14 agosto 1956), è stato un drammaturgo, poeta, regista teatrale e saggista tedesco naturalizzato austriaco “Figura emblematica del teatro moderno, Brecht ha segnato la sua epoca come autore drammatico, teorico della messa in scena, poeta, narratore, militante politico, cineasta. Lo sviluppo dello stile epico, legato al suo nome, l’utilizzo dello “effetto di straniamento” che impedisce allo spettatore di identificarsi nell’attore, la teoria della “drammaturgia non aristotelica” ha contribuito a trasformare la sua opera in un modello teorico che oscura spesso la ricchezza della sua lingua e della sua creazione poetica. Quest'opera costituisce una delle eredità più prestigiose del teatro tedesco: vi sono poche messe in scena attuali che non portino la traccia della sua influenza”.

(In lafrusta.homestead.com)

 

Un brano musicale al giorno

Adelina Patti canta “Voi che sapete”, di Wolfgang Amadeus Mozart, da Le nozze di Figaro.

Adela Juana María "Adelina" Patti (Madrid, 19 febbraio 1843 - Brecon, 27 settembre 1919) è stata un soprano italiano.

Adela Juana María Nata in Spagna e cresciuta negli Stati Uniti da famiglia italiana, è considerata uno dei più grandi soprani di coloratura del XX secolo. Una voce dal timbro cristallino e, allo stesso tempo, vellutata e rotonda, al punto da riuscire ad andare dal do basso al fa sopracuto: è questo uno dei giudizi principali sul canto di Adelina Patti, il soprano che sin dall'infanzia ebbe la possibilità di "respirare" musica ed opera lirica.

(Opera libera)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k