“L’amico del popolo”, 17 giugno 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

A KISS FOR CINDERELLA (Usa, 1925), regia di Herbert Brenon. Soggetto di James M. Barrie. Scene di Willis Goldbeck, Townsend Martin. Cast: Betty Bronson - Cinderella (Jane), Esther Ralston - Fairy Godmother, Dorothy Cumming - Queen, Tom Moore - Policeman, Flora Finch - Customer, Ivan Simpson (come Ivan F. Simpson) - Mr. Cutaway, Edna Hagen - Gretchen, Dorothy Walters - Mrs Maloney.

Cinderella è una piccola serva che lavora come donna delle pulizie presso un artista al tempo della prima guerra mondiale. Una sera, la ragazza dimentica di spegnere le luci durante un raid aereo, suscitando i sospetti di un agente di polizia che si mette a controllarla. Il poliziotto scopre così che lei, nel suo tempo libero, si prende cura di quattro orfani di guerra. Il giovane si innamora della ragazza e l'aiuta con i bambini. Una notte, Cinderella si addormenta nella neve, sognando zucche magiche, fate madrine e fate buone. Il freddo la fa cadere malata. L'agente allora le chiede di sposarlo: lei, grata, acconsente a diventare sua moglie.

(Wikipedia)

“Il trionfo commerciale di Peter Pan convinse Brenon e la Paramount ad adattare un altro testo teatrale di James Matthew Barrie per il Natale 1925: la storia (senz'altro meno lieta della precedente) di una bambina che si prende cura degli orfani di guerra nei quartieri più miserabili di Londra. L'immaginazione prende il sopravvento sulla realtà in una strepitosa sequenza che mescola elementi del racconto di fate al crudo realismo dell'esistenza quotidiana. (L'effetto di movimento concitato fu ottenuto per mezzo di un'enorme piattaforma rotante.) Attenzione: la data d'uscita riportata dal catalogo dell'AFI non è esatta; il film uscì per 10 giorni al Rivoli di New York, a partire dal Natale 1925.

(In www.mymovies.it)

A KISS FOR CINDERELLA (Usa, 1925), regia di Herbert Brenon

Il film:

17 giugno 1867 nasce Flora Finch (morta il 4 gennaio 1940) che è stata una attrice teatrale e cinematografica di origine inglese, che ha recitato in oltre 300 film muti, di cui oltre 200 per la compagnia cinematografica di Vitagraph Studios.

A KISS FOR CINDERELLA (Usa, 1925), regia di Herbert Brenon

 

Una poesia al giorno

Trotz alledem, di Ferdinand Freiligrath

Das war 'ne heiße Märzenzeit,
trotz Regen, Schnee und alledem!
Nun aber, da es Blüten schneit,
nun ist es kalt, trotz alledem!
Trotz alledem und alledem,
trotz Wien Berlin und alledem,
ein schnöder, scharfer Winterwind
durchfröstelt uns trotz alledem!

Die Waffen, die der Sieg uns gab,
der Sieg des Rechts trotz alledem,
die nimmt man sacht uns wieder ab,
samt Kraut und Lot und alledem!
Trotz alledem und alledem -
trotz Parlament und alledem -
wir werden uns're Büchsen los,
Soldatenwild trotz alledem!

Und wenn der Reichstag sich blamiert,
professorhaft trotz alledem,
und wenn der Teufel reagiert
mit Huf und Horn und alledem!
Trotz alledem und alledem -
es kommt dazu, trotz alledem,
daß rings der Mensch die Bruderhand
dem Menschen reicht trotz alledem.

Doch sind wir frisch und wohlgemut
und zagen nicht trotz alledem!
In tiefer Brust des Zornes Glut,
die hält uns warm, trotz alledem!
Trotz alledem und alledem,
es gilt uns gleich trotz alledem!
Wir schütteln uns, ein garst'ger Wind,
doch weiter nichts, trotz alledem!

So füllt denn nur des Mörsers Schlund
mit Eisen, Blei und alledem.
Wir halten uns auf unserm Grund,
wir wanken nicht trotz alledem,
trotz alledem und alledem,
und macht ihr's gar, trotz alledem,
wie zu Neapel dieser Schuft:
das hilft erst recht, trotz alledem!

Nur was zerfällt, vertretet ihr!
Seid Kasten nur, trotz alledem!
Wir sind das Volk, die Menschheit wir!
Sind ewig drum, trotz alledem,
trotz alledem und alledem!
So kommt denn an, trotz alledem!
Ihr hemmt uns, doch ihr zwingt uns nicht -
unser die Welt, trotz alledem!

MALGRADO TUTTO

Era un caldo giorno di marzo,
malgrado la pioggia, la neve e tutto!
Ma ora, che nevican germogli,
ora è freddo, malgrado tutto.
Malgrado tutto e tutto quanto,
malgrado Vienna, Berlino e tutto,
un vento invernale, pungente, vile
ci raggela dentro, malgrado tutto!

L’arma che ci diede vittoria,
l’arma del diritto, malgrado tutto,
poco a poco ci sta venendo tolta,
assieme al pane, al lavoro e a tutto!
Malgrado tutto e tutto quanto,
malgrado il parlamento e tutto –
tirerem fuori i nostri schioppi
divenendo soldati, malgrado tutto!

E se il Reichstag si rende ridicolo
professoralmente, malgrado tutto,
e se poi il diavolo reagisce
con corna, zoccoli e il resto tutto!
Malgrado tutto e tutto quanto -
succede, già, malgrado tutto
che qua e là la mano fraterna dell’uomo
vien porta all’uomo, malgrado tutto.

E allor stiam svegli e di buon animo,
e non ci scoraggiamo, malgrado tutto!
Nel profondo del petto arde l’ira
che ci tien caldi, malgrado tutto!
Malgrado tutto e tutto quanto,
ci va pur bene, malgrado tutto!
E ci agitiamo, un vento impetuoso
ma ancora nulla, malgrado tutto!

Riempite allor la bocca del mortaio
con ferro, piombo e tutto quanto.
Sul nostro terreno rimarremo,
non vacilliamo, malgrado tutto.
Malgrado tutto e malgrado tutto,
tenetevi pronti, malgrado tutto,
come con quella canaglia a Napoli:
aiuta proprio, malgrado tutto!

Quel che va in pezzi, sostenetelo!
Siate giudiziosi, malgrado tutto!
Noi siamo il popolo, l’umanità!
E ci saremo per sempre, malgrado tutto,
malgrado tutto e malgrado tutto!
Venite allora, malgrado tutto!
Ci ostacolate, ma non ci fermate –
e il mondo è nostro, malgrado tutto!

(Versione italiana di Riccardo Venturi)

17 giugno 1810 nasce Ferdinand Freiligrath, poeta e traduttore tedesco (morto nel 1876)

“Pochi giorni prima che, nella “Strage di Giugno” parigino del 1848, decine di migliaia di lavoratori fossero massacrati, ed ancor prima che tale avvenimento fornisse il modello ai generali reazionari Windischgraetz (a Vienna), Wrangel e Brandenburg (a Berlino) per le loro attività controrivoluzionarie, il celebre poeta tedesco Ferdinand Freiligrath - il “Trombettiere della Rivoluzione” - scrisse la sua poesia “Trotz alledem” (Malgrado tutto). Fu riprodotta, tra gli altri, nella “Neue Rheinische Zeitung” pubblicata da Karl Marx e adattata alla melodia scozzese settecentesca “Lady Mackintosh’s Reel” del poeta nazionale scozzese Robert Burns (ed anche il testo è del resto palesemente ispirato a A Man's a Man for a' that). La poesia di Freiligrath proviene da un periodo in cui il “marzo caldo”, la “rivoluzione” borghese, era già terminato da due mesi; ma le sue conseguenze erano ancora visibili. Nonostante la formazione di un parlamento (il “Parlamento dei Professori”), il potere effettivo era rimasto inalterato nelle mani dei re e dei prìncipi dei vari stati tedeschi. Un secolo e mezzo dopo la libertà non è ancora assicurata, e i diritti per i quali si è lottato sono continuamente minacciati. Wolf Biermann e Hannes Wader hanno, indipendentemente l’uno dall’altro, cercato di descrivere le attuali condizioni della società dal loro punto di vista, servendosi proprio di questa poesia e canzone simbolo del 1848 tedesco.”

(In www.antiwarsongs.org)

17 giugno 1810 nasce Ferdinand Freiligrath, poeta e traduttore tedesco (morto nel 1876)

 

Un fatto al giorno

17 giugno 1244: dopo la disputa di Parigi, ventiquattro carri merci di manoscritti religiosi ebrei furono bruciati a Parigi.

“La storia del Talmud riflette in parte la storia dell'ebraismo che persiste in un mondo di ostilità e persecuzione. Quasi allo stesso tempo che i savoraim babilonesi davano gli ultimi ritocchi alla redazione del Talmud, l'imperatore Giustiniano emetteva il suo editto contro la deuterosis (raddoppio, ripetizione) della Bibbia ebraica Viene dibattuto se, in questo contesto, deuterosis significa Mishnah o Targum: nella letteratura patristica, la parola è usata in entrambi i sensi. Questo editto, dettato da zelo cristiano e sentimento anti-ebraico, fu il preludio agli attacchi contro il Talmud, concepiti nello stesso spirito e con inizio nel XIII secolo in Francia, dove lo studio del Talmud era allora fiorente.
L'accusa contro il Talmud proposta dal convertito al cristianesimo Nicholas Donin, portò alla prima disputa pubblica tra ebrei e cristiani, e al primo rogo di copie del Talmud a Parigi nel 1242. I falò di copie del Talmud continuarono, ripetutamente.
Pochi anni prima, il 25 giugno 1240, si era svolto a Parigi il primo "processo al Talmud", scatenato da una denuncia di Nicolas Donin (m. 1287), un ebreo divenuto francescano dopo essersi convertito al Cristianesimo nel 1235, che era stato espulso da una scuola ebraica nel 1225. Il processo aveva avuto luogo davanti al cancelliere della Sorbona, Eudes de Châteauroux. Da parte ebraica era presente il responsabile della scuola talmudica parigina Yehiel de Paris (m. 1286), lo stesso che 15 anni prima aveva espulso Donin, oltre a Moïse de Coucy, Juda ben David e Samuel ben Salomon. Donin aveva citato diversi brani del Talmud per mostrare come esso incitasse all'eresia e all'odio contro i cristiani, come fosse pieno di bestemmie, come autorizzasse l'ebreo a derubare il «goyim». Donin, inoltre, sosteneva che il Talmud avrebbe accusato i non ebrei di omosessualità, di adulterio, e di zoofilia. I rabbini, inoltre, sarebbero stati responsabili di distorsioni della Bibbia, al fine di far prevalere le loro interpretazioni talmudiche. Il Talmud, quindi, sarebbe da loro considerato una "alia lex" superiore alla legge di Mosè, la Torah.
Il processo portò alla confisca dei libri ebraici. Il 20 giugno 1242 ne furono bruciati 24 carretti nella piazza de grève.”

(Wikipedia)

“Nel Medioevo le comunità ebraiche sono esposte a vessazioni, persecuzioni e sfruttamento economico.
Mal conosciuto negli ambienti cristiani, il Talmud è diventato ben presto il bersaglio preferito. A Parigi, nel 1240, è istruita una parodia di processo, cui segue il rogo solenne di 24 carri di copie del Talmud, sequestrate agli ebrei. Da quel momento, e per secoli, il Talmud è vietato in molti luoghi”.

(In spazioinwind.libero.it)

Il Talmud

“Il Talmud è il testo normativo ed esegetico base dell’ebraismo, la cosiddetta Legge orale, dapprima tramandata oralmente poi fissata per iscritto fra il III e il V secolo d.C. Esso è composto dalla Mishnà, scritta in ebraico, che risale al 220 d.C. e comprende gli insegnamenti rabbinici di commento alla Torà (il Pentateuco) fino a tutto il II secolo, e dalla Ghemarà (complemento), composta in ebraico e in aramaico, che raccoglie le opinioni dei maestri successivi, fino al V secolo. Oltre al Talmud babilonese, redatto nelle Accademie babilonesi di Pumpedita e di Sura e terminato nel V secolo, esiste anche un Talmud palestinese, meno esteso, redatto nel IV secolo. Il Talmud babilonese penetrò in Occidente attraverso l’Italia meridionale, sede di importanti insediamenti ebraici già nel primo millennio, sostituendovi la precedente influenza della cultura talmudica palestinese. La pagina del Talmud è complessa: al centro, il testo talmudico vero e proprio, composto dalla Mishnà e dalla Gemarà, e tutto intorno i commenti dei Maestri medievali, dai Rashi ai Tosafisti. La prima edizione a stampa del Talmud fu pubblicata a Venezia nel 1523 dallo stampatore cristiano Daniel Bomberg, grazie all’opera di studiosi ebrei e convertiti. Il Talmud ha avuto nel mondo cristiano una storia molto travagliata ed è stato oggetto di accuse, censure, sequestri, roghi, che arrivano quasi fino all’oggi. L’attenzione della Chiesa si appuntò sui testi talmudici nel XIII secolo, cioè nel periodo della nascita degli ordini mendicanti e dell’Inquisizione medioevale. È in quel momento, mentre cresce anche la spinta a convertire gli ebrei, che esso comincia a suscitare accuse e persecuzioni. Viene visto come una Legge Nuova rispetto alla Legge scritta, la Torah, condivisa da ebrei e cristiani, e soprattutto viene accusato di bestemmia, cioè di attacchi anticristiani. E ancora, le accuse di bestemmia riguardano le parti narrative, haggadiche del Talmud, come quelle in cui Dio viene descritto mentre, ad esempio, per riposarsi della Creazione, gioca a palla con il Leviatano. Togliere agli ebrei il loro principale strumento esegetico appare inoltre come un mezzo efficace per spingerli al fonte battesimale. Nel 1240, dopo un processo davanti al re e all’Università di Parigi, esso viene arso pubblicamente in Place de Gréves, il luogo delle esecuzioni capitali. Materialmente, più di diecimila volumi finirono in cenere. Sono anni in cui la Chiesa e i frati, tuttavia, ritengono possibile emendare il Talmud dalle sue “bestemmie” e vedono in alcune sue parti l’adombramento dei principali dogmi cristiani. Per questo, a parte il papa avignonese Giovanni XXII, nessun pontefice portò avanti in maniera radicale l’attacco al Talmud fino alla metà del Cinquecento, quando Giulio III lo bruciò pubblicamente nel 1553, in un rogo vastissimo in Campo de’ Fiori. Esso sarà messo all’Indice sotto Paolo IV, nel 1559, di nuovo riammesso per essere emendato da Sisto V, poi definitivamente condannato. Da allora in poi, il mondo ebraico italiano, non solo lo Stato della Chiesa quindi ma in genere l’area italiana in cui l’influsso di Roma era più forte, vivrà senza poter leggere, studiare, possedere, interpretare il più importante dei suoi strumenti esegetici. Un testo invece che è alla base degli studi ebraici altrove, in Germania, in Polonia, in Russia. Il Talmud venne ancora dato alle fiamme a Venezia e in molte altre città italiane. Nel 1601, un nuovo grande rogo del Talmud e di testi cabbalistici si realizzò a Roma. Sul Talmud si concentrano gli strali oltre che dell’antigiudaismo cattolico anche di quello protestante: gli insulti di Lutero contro il Talmud e i libri ebraico sono infatti violentissimi. Anche l’antisemitismo otto-novecentesco fece dell’attacco al Talmud uno dei suoi cavalli di battaglia. Il Talmud era accusato di incitare all’odio contro i non ebrei, di sostenere l’omicidio rituale dei bambini cristiani, la profanazione dell’ostia e altri antichi topoi antiebraici ripresi e vivificati nel clima del tardo Ottocento. È l’epoca di testi come L’ebreo talmudista di August Rohling (1871) o del romanzo antisemita Biarritz di Hermann Goedsche (1868), che ritroviamo tra i protagonisti del romanzo di Umberto Eco Il cimitero di Praga. Il Talmud è ormai divenuto il bersaglio del moderno antisemitismo. Che il testo del Talmud appaia ora in traduzione italiana (vedi box), disponibile alla lettura di tutti, o almeno di chi è in grado di comprenderlo, reperibile negli scaffali delle librerie, non è quindi solo un risultato importantissimo dal punto di vista culturale, ma è anche la vittoria definitiva sulle accuse che lo hanno colpito dal Medioevo fino a ieri. Un segnale forte del clima che dal Concilio in poi si è creato nei rapporti tra ebrei e cristiani, ma anche una risposta all’antisemitismo che va crescendo intorno a noi. Il Talmud, uno dei testi fondativi della nostra cultura, non è più solo riservato agli ebrei ma entra a far parte della cultura di tutti”.

(Anna Foa)

 

Una frase al giorno

“Se, come quasi sempre accade, la musica sembra esprimere qualcosa, questa è soltanto un'illusione”

(Igor' Fëdorovič Stravinskij, anglicizzato e francesizzato in Igor Stravinsky, Lomonosov, 17 giugno 1882 - New York, 6 aprile 1971)

(Igor' Fëdorovič Stravinskij, anglicizzato e francesizzato in Igor Stravinsky, Lomonosov, 17 giugno 1882 - New York, 6 aprile 1971)

Igor Stravinsky è stato un compositore, pianista e direttore d'orchestra russo naturalizzato francese nel 1934, poi divenuto statunitense nel 1945. È considerato uno dei più importanti e influenti compositori del XX secolo.

  • Un ascolto: Bychkov dirige Stravinsky - Scherzo fantastique, Op. 3, 1908. WDR Symphony Orchestra di Colonia, Semyon Bychkov direttore d'orchestra, registrato alla Philharmonic di Colonia nel 2008.

 

Un brano musicale al giorno

Charles Gounod, “Fernand”. Composta da un giovane musicista di appena 20 anni, la cantata ha meritato al suo autore un soggiorno di diversi anni a Villa Medici a Roma e senza dubbio la carriera di Gounod ne è stata fortemente influenzata. 

Video delle prove, con France Duval, Guy Bélanger, Bruno Laplante, in vista della prima registrazione mondiale, nel marzo 2001, della cantata a tre voci di Charles Gounod, che gli valse il primo Gran Premio di Roma nel 1839.

Zelmire: France DUVAL, soprano
Alamir: Guy BÉLANGER, ténor
Fernand: Bruno LAPLANTE, baryton
Al piano: Sylvain DOYON

Charles-François Gounod (17 giugno 1818 - 17 o 18 ottobre 1893) fu un compositore francese, meglio conosciuto per la sua Ave Maria, basato su un'opera di Bach, così come la sua opera Faust. Un'altra opera di Gounod è ancora rappresentata da Romeo e Giulietta. Gounod morì a St. Cloud nel 1893, dopo una revisione finale delle sue dodici opere. I suoi funerali si sono svolti nella chiesa della Madeleine, con Camille Saint-Saëns che suona l'organo e Gabriel Fauré che dirige. Fu sepolto nel cimitero di Auteuil a Parigi».

(Wikipedia)

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k