“L’amico del popolo”, 27 giugno 2019

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno III. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

SILURI UMANI (Italia, 1954), regia Antonio Leonviola (aiuto regista Carlo Lizzani). Soggetto: Marcantonio Bragadin. Sceneggiatura: Marcantonio Bragadin, Ennio De Concini, Gian Giacomo Cossa. Prodotto da: Carlo Ponti, Dino De Laurentiis. Musica: Angelo Francesco Lavagnino. Fotografia: Riccardo Pallottini. Montaggio: Renato Cinquini.
Cast: Raf Vallone: Carlo Ferri, Franco Fabrizi: Antonio, Ettore Manni: Marco, Andrea Checchi: Giorgio, Elena Varzi: Anna, Enrico Maria Salerno: Virgilio, Carlo Pedersoli: Magrini, Emilio Cigoli: Ammiraglio Bragadin.

Nella scuola per mezzi d'assalto della Marina Italiana vengono addestrati gli uomini che dovranno condurre gli audaci barchini contro gli sbarramenti e le navi nemiche. Quand'è giunta l'ora, gli uomini partono per destinazione ignota: un idrovolante li porta nell'isola di Stampalia. Là soltanto apprendono che dovranno assalire il porto di Suda, importante base, che accoglie le navi da guerra inglesi destinate a molestare ed impedire la navigazione delle navi italiane. Recatosi al comando, a Lero, il comandante dei mezzi d'assalto apprende che un convoglio italiano ha lasciato Tobruk: alcune unità nemiche, entrate nella baia di Suda, si preparano ad attaccarlo. Il comandante riparte per Stampalia a bordo di un sommergibile: quando questo emerge, in vista di Stampalia aerosiluranti inglesi appaiono all'orizzonte. Tra il sommergibile e le aerosiluranti ha luogo una lotta disperata: ben presto centrato da due siluri, il sommergibile affonda incagliandosi sul basso fondale. Da Stampalia gli uomini si portano sul luogo dell'affondamento: con sforzi sovrumani riescono a salvare marinai e ufficiali, tra i quali c'è il loro comandante. Il piano dell'attacco alla baia di Suda viene preparato nei minimi particolari. La sera del 25 marzo, con tempo bello i barchini d'assalto vengono messi in acqua a dieci miglia dalla costa di Suda. La prima e la seconda ostruzione vengono oltrepassate; i proiettori scrutano ininterrottamente lo specchio d'acqua del porto. Alle 4.30 si arriva alla terza ostruzione: è impossibile superarla. Uno dei piloti si lancia contro l'ostacolo per farlo saltare, andando incontro a sicura morte. Si ode il fischio dei marinai inglesi che danno la sveglia. Il comandante dà il via e i barchini sfrecciano veloci, nel silenzio del porto, verso i grandi bersagli ormai vicinissimi.

SILURI UMANI (Italia, 1954), regia Antonio Leonviola (aiuto regista Carlo Lizzani)

"Prodotto da Carlo Ponti e De Laurentiis, con l'assistenza tecnica e storica dell'ammiraglio Bragadin, il film fu girato nella primavera del 1954. Dopo che Leonviola, per contrasti con la produzione abbandonò il set a film quasi finito, le ultime scene furono girate dall'aiuto regista Carlo Lizzani.

SILURI UMANI (Italia, 1954), regia Antonio Leonviola (aiuto regista Carlo Lizzani)

Nel film è presente Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer. Emilio Cigoli, presente nel film nel ruolo dell'ammiraglio Bragadin, è doppiato da Mario Pisu, in quanto lui stesso doppia il protagonista del film, Raf Vallone. Il film uscì nelle sale in prima proiezione il 29 dicembre 1954."

(Wikipedia)

 

Un attore: "Carlo Pedersoli (31 ottobre 1929 - 27 giugno 2016), conosciuto professionalmente come Bud Spencer, era un attore italiano, nuotatore professionista e giocatore di pallanuoto. Era noto per i ruoli di commedia d'azione con il suo partner cinematografico di lunga data Terence Hill. Il duo "ha raccolto il plauso mondiale e ha attratto milioni di posti a teatro". Spencer e Hill sono apparsi, hanno prodotto e diretto oltre 20 film insieme. Nuotatore di successo in gioventù, ha conseguito una laurea in giurisprudenza e ha registrato numerosi brevetti. Spencer è diventato anche pilota di elicotteri e compagnia aerea commerciale certificata e ha supportato e finanziato molte organizzazioni di beneficenza per bambini, tra cui il Fondo per borse di studio Spencer."

 

Una poesia al giorno

Poem to My Uterus, di Lucille Clifton

You uterus
you have been patient
as a sock
while i have slippered into you
my dead and living children
now
they want to cut you out
stocking i will not need
where i am going
where am i going
old girl
without you
uterus
my bloody print
my estrogen kitchen
my black bag of desire
where can i go
barefoot
without you
where can you go
without me

Poesia per il mio utero, di Lucille Clifton

tu utero
sei stato paziente
come un calzino
mentre facevo scivolare dentro te
i miei figli vivi e quelli morti
adesso
ti vogliono tagliare via
calza di cui non avrò bisogno
dove sto andando
andando dove
vecchia ragazza
senza di te
utero
mia impronta insanguinata
mia cugina d’estrogeno
mia nera borsa di desiderio
dove posso andare
scalza
senza di te
dove puoi andare tu
senza di me

(In Nuovi poeti americani, Einaudi, 2006, traduzione italiana di Elisa Biagini)

Lucille Clifton (27 giugno 1936, Depew, New York, Stati Uniti - 13 febbraio 2010, Baltimora, Maryland, Stati Uniti)

La scrittrice Lucille Clifton (27 giugno 1936, Depew, New York, Stati Uniti - 13 febbraio 2010, Baltimora, Maryland, Stati Uniti), una delle più stimate poetesse afroamericane, nota per il mix di umorismo e profondità esistenziale nei suoi lavori, è morta in un ospedale di Baltimora all'età di 73 anni in seguito ad un tumore. Due volte finalista al premio Pulitzer e vincitrice del National Book Award, Clifton ha pubblicato 11 libri di poesie, dedicando gran parte della sua opera alla famiglia, ai successi e alle avversità della vita, ai sentimenti religiosi.

Clifton ha ricoperto l'incarico di ''poeta laureato'' dello Stato del Maryland dal 1979 al 1985, diventando la prima afroamericana a conquistare quel prestigioso posto. Attualmente era ''distinguished professor'' del St. Mary's College of Maryland, dove aveva insegnato letteratura. Oltre a poesie sparse pubblicate su varie riviste, in italiano era stato tradotto recentemente il suo libro ''Un certo Gesù'' (Medusa edizioni): in questa raccolta poetica Lucille Clifton tocca temi e personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento. La poetessa da' voce ad Adamo ed Eva, a Lucifero, a Maria, a Giuseppe e a Cristo, rappresentandoli in tutta la loro umanità e fisicità attraverso un tono che recupera la musicalità folk e jazz, unita a una profonda indagine psicologica e un'appassionata ironia a tratti melanconica (ma mai sentimentale).

Nata a Depew, nello stato di New York, le raccolte poetiche della Clifton comprendono ''Blessing the Boats: New and Selected Poems 1988-2000'' (2000), che ha ottenuto il National Book Award; ''The Terrible Stories'' (1995), nominato per il National Book Award; ''The Book of Light'' (1993); ''Quilting: Poems 1987-1990'' (1991); ''Next: New Poems'' (1987); ''Good Woman: Poems and a Memoir 1969-1980'' (1987), nominato per il premio Pulitzer; ''Two-Headed Woman'' (1980), vincitore del Juniper Prize dell’Universita' del Massachusetts; ''An Ordinary Woman'' (1974); ''Good News About the Earth'' (1972); ''Good Times (1969)''. Tra le sue opere in prosa figurano l’autobiografia ''Generations: A Memoir'' (1976) e venti storie per l’infanzia."

(In: www1.adnkronos.com)

 

Un fatto al giorno

27 giugno 1941: Le autorità romene lanciano uno dei più violenti pogrom nella storia ebraica nella città di Iaşi, provocando l'omicidio di almeno 13.266 ebrei.

"Il pogrom di Iași, in Romania, del 28 e 29 giugno 1941 fu uno dei più violenti pogrom della storia ebraica e venne scatenato dalle forze governative della città di Iași contro la popolazione ebraica. In accordo con quanto accertato successivamente dalle autorità rumene il pogrom portò alla brutale uccisione di almeno 13.266 ebrei.

La Romania fu alleata della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale e ne riprese le politiche antisemite. Nel periodo compreso tra il 1941 e il 1942 vennero pubblicate sul Monitorul Oficial (gazzetta ufficiale rumena) trentadue leggi, trentun decreti legge e diciassette risoluzioni governative tutte di stampo chiaramente antisemita. La Romania partecipò inoltre con la Germania all'invasione dell'Unione Sovietica.
Erano già circolate voci, enfatizzate dalla stampa del regime, che affermavano che paracadutisti sovietici erano atterrati nelle vicinanze di Iași e che gli ebrei stavano collaborando con loro. La settimana precedente il pogrom i segnali divennero sempre più minacciosi: le case dei residenti cristiani vennero contrassegnate da croci, gli ebrei furono costretti a scavare grandi fosse nel cimitero e i soldati iniziarono a fare irruzione delle case degli ebrei alla ricerca di "prove" del loro collaborazionismo con il nemico. Il 27 giugno le autorità accusarono ufficialmente la comunità ebraica di "sabotaggio" ed eccitarono falsamente l'odio di soldati e polizia riferendo loro che gli ebrei avevano attaccato i soldati per le strade.

Secondo un rapporto commissionato successivamente ed accettato dal governo rumeno, la partecipazione al pogrom che seguì fu molto estesa: "Coloro che parteciparono alla caccia all'uomo scatenata nella notte tra il 28 ed il 29 giugno furono in primo luogo i poliziotti di Iași sostenuti dalla polizia della Bessarabia e da unità della gendarmeria. Altri partecipanti furono soldati, giovani armati da agenti dell'SSI, e una folla tumultuosa che rubò ed uccise conscia di non dover rispondere delle proprie azioni... Oltre fornire informazioni sugli ebrei, guidando i soldati verso le case ed i rifugi degli ebrei, e spesso effettuando loro stessi irruzione, alcuni residenti rumeni di Iași presero parte agli arresti e alle umiliazioni nei confronti di convogli ebrei diretti verso Chestura. Coloro che perpetrarono tali crimini includevano vicini degli ebrei, appartenenti a movimenti antisemiti conosciuti e meno conosciuti, studenti, indigenti, ufficiali di bassa forza, ferrovieri, artigiani frustrati dalla concorrenza ebraica, impiegati, pensionati e veterani dell'esercito."

(Dal rapporto della Commissione internazionale dell'Olocausto in Romania)

Il pogrom di Iași, in Romania, del 28 e 29 giugno 1941 fu uno dei più violenti della storia ebraica

Rapidamente i soldati rumeni, la polizia e la plebaglia iniziarono il massacro degli ebrei e almeno 8.000 di essi vennero uccisi nelle prime fasi del pogrom. Le autorità rumene arrestarono inoltre altri 5.000 ebrei, convogliandoli verso la stazione ferroviaria, sparando a coloro che non si muovevano abbastanza velocemente e derubandoli di tutti i loro averi. Oltre 100 persone vennero stipate in ogni carro ferroviario e molti morirono di sete, inedia e soffocati a bordo dei due treni che, per otto giorni, viaggiarono attraverso la campagna rumena.

Il rapporto ufficiale cita: "Il treno della morte che lasciò Iași per Călărași, nel sud della Romania, che trasportava probabilmente più di 5.000 ebrei, solo 1.011 raggiunsero la loro destinazione vivi dopo sette giorni di viaggio. (La polizia rumena contò 1.258 corpi, tuttavia migliaia di morti vennero gettati dal treno in viaggio a Mircești, Roman, Săbăoani, ed Inotești). Il treno della morte diretto a Podu Iloaiei (a 15 chilometri da Iași) contava 2.700 ebrei alla partenza, dei quali solo 700 giunsero vivi. Nel rapporto ufficiale dell'epoca le autorità rumene riportarono che di 1.900 ebrei ufficialmente a bordo del treno "solo" 1.194 erano morti."

Il numero totale delle vittime del pogrom di Iași è sconosciuto, ma dovrebbe essere superiore al totale di 13.266 vittime identificate dal governo rumeno ed avvicinarsi alle 15.000 reclamate dalla comunità ebraica di Iași.
Nel 1976 un monumento fu eretto sul terreno davanti alla Sinagoga grande di Iași in memoria delle vittime del pogrom del 1941. Una lapide di marmo attaccato ad un obelisco portava l'iscrizione in rumeno: "In memoria delle vittime del pogrom fascista a Iasi del 28 e 29 giugno 1941." Dopo la caduta del regime comunista il monumento è stato rinnovato con una nuova iscrizione, in rumeno, inglese ed ebraico, che contestualizza la vicenda in modo più accurato: "In memoria degli oltre 13.000 ebrei, vittime innocenti del pogrom di Iași del 28-30 giugno 1941, durante il regine di Ion Antonescu. Noi non dimenticheremo!"

(in it.wikipedia.org)

Il pogrom di Iași, in Romania, del 28 e 29 giugno 1941 fu uno dei più violenti della storia ebraica

Immagini:

 

Una frase al giorno

"Poor human nature, what horrible crimes have been committed in thy name! Every fool, from king to policeman, from the flatheaded parson to the visionless dabbler in science, presumes to speak authoritatively of human nature. The greater the mental charlatan, the more definite his insistence on the wickedness and weaknesses of human nature. Yet, how can any one speak of it today, with every soul in a prison, with every heart fettered, wounded, and maimed?"

“Povera natura umana, che orribili crimini sono stati commessi nel tuo nome! Ogni sciocco, dal re al poliziotto, dal plebeo scaltro al dilettante visionario nella scienza, presume di parlare autorevolmente della natura umana. Più grande è il ciarlatano mentale, più precisa è la sua insistenza sulla malvagità e debolezza della natura umana. Eppure, come può qualcuno parlarne oggi, con ogni anima in una prigione, con ogni cuore incatenato, ferito e mutilato?”

(Emma Goldman, 27 giugno 1869 - 14 maggio 1940, è stata un'attivista e scrittrice politica anarchica e ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della filosofia politica anarchica in Nord America e in Europa nella prima metà del 20° secolo)

Emma Goldman (27 giugno 1869 - 14 maggio 1940)

"Nata nella provincia russa di Kovno (ora Kaunas, Lituania) e trasferitasi poi ancora fanciulla con la famiglia di origine israelita a San Pietroburgo, Emma Goldman conobbe un'infanzia difficile. L'ambiente familiare era dominato dalla figura autoritaria e conformista del padre, mentre il contesto sociale era caratterizzato da una latente ostilità nei confronti degli ebrei (la sua famiglia era di origine israelita). A soli quindici anni emigrò negli Stati Uniti d'America dove, piena di entusiasmo ed alla ricerca di se stessa, ebbe occasione di interessarsi tramite la stampa alle vicende giudiziarie seguite agli incidenti avvenuti a Chicago (4 maggio 1886) fra lavoratori in sciopero e polizia. Infatti, in seguito alla morte di alcuni poliziotti, erano stati arrestati cinque esponenti anarchici, particolarmente noti e combattivi, con l'evidente scopo di colpire il movimento di emancipazione dei lavoratori. Emma Goldman fu sconvolta dalla tragica fine dei cinque rivoluzionari che furono impiccati nella piazza di Haymarket (11 novembre 1887). L'episodio fu una della più indegne montature giudiziarie di quel periodo negli Stati Uniti. Emma sentì crescere in lei l'ammirazione per quegli uomini, per il loro comportamento coerente e fiero, per le loro idee. Le loro idee divennero le sue.

Entrò in contatto dapprima con Johann Most, un anarchico tedesco che curava la pubblicazione del periodico Freiheit (Libertà). Fu lui a scoprirne l'abilità oratoria e a spingerla a tenere le sue prime conferenze in russo ed in tedesco. In quel periodo Emma incontrò quell'Alexander Berkman (o Sasha, come lei amava spesso chiamare) che le fu compagno di lotta e d'amore per molti anni.
Nel 1892 Henry Clay Frick, padrone di alcune fabbriche siderurgiche a Homestead (Pennsylvania), senza riconoscere alcun sindacato od organizzazione del lavoro, minacciò il licenziamento di diversi operai e dichiarò il suo potere decisionale sui salari. Persino la stampa conservatrice lamentò i suoi metodi drastici e arbitrari. Durante uno sciopero numerosi lavoratori, tra cui un ragazzino, furono uccisi da crumiri armati fino ai denti, protetti dalle guardie di Pinkerton e guidati da Frick. Goldman e Berkman decisero di vendicare la morte di quegli operai. Emma procurò la pistola e discusse con il suo compagno l'azione. Il 23 luglio di quello stesso anno Alexander Berkman entrò nell'ufficio di Frick e gli sparò a bruciapelo. Non riuscì però ad ucciderlo e Frick rimase gravemente ferito. Il ventunenne attentatore anarchico fu arrestato, processato e condannato. Le reazioni del movimento anarchico negli Stati Uniti di fronte all'attentato di Berkman furono contrastanti. Ci fu chi addirittura arrivò a rifiutare solidarietà politica a Berkman. Fra questi Johann Most. Emma Goldman sempre decisa nel suo comportamento, troncò i rapporti con lui ed il suo gruppo.

Emma Goldman divenne da allora oggetto delle pericolose attenzioni della polizia, a causa della sua instancabile attività come oratrice e come conferenziera, chiamata ora in uno Stato ora in un altro a sostenere scioperi, ad informare sul sistema capitalistico, a diffondere i suoi ideali. Collaborò anche con riviste anarchiche. Nel 1894 fu condannata ad un anno di carcere sotto l'accusa di aver "incitato alla sovversione" un gruppo di disoccupati nel corso di un comizio. Da allora in poi anche la stampa cominciò ad occuparsi regolarmente di lei, delle sue attività, delle sue vicissitudini giudiziarie e le fu applicato il soprannome di Red Emma.
È impossibile anche solo dare un'idea della vitalità mostrata da questa rivoluzionaria giovane, entusiasta e, a detta di chi la conobbe, affascinante. Tutti i principali centri degli Stati Uniti e del Canada la ebbero veemente oratrice: teatri stracolmi di gente a Boston, a New York, a Montréal, così come ovunque la chiamassero gruppi di lavoratori in lotta. La polizia le impedì più di una volta di parlare, altre volte irruppe nella sala interrompendo il suo discorso e cercando di disperdere i partecipanti. I padroni dei teatri furono diffidati dal concedere i locali in occasione delle sue conferenze.

Nel 1906 Emma Goldman insieme con Alexander Berkman, appena uscito di galera, iniziò la pubblicazione del giornale anarchico Mother Earth (Madre Terra). L'anno successivo partecipò al Congresso Internazionale Anarchico tenutosi ad Amsterdam ed in quell'occasione conobbe molti militanti anarchici di primo piano provenienti da tutto il mondo. Particolare impressione esercitò su di lei la figura di Errico Malatesta.
Nel decennio successivo continuò la collaborazione con Berkman. Insieme si opposero al militarismo ed al fanatismo che accompagnò lo scoppio della Prima guerra mondiale ed a tal fine costituirono una Lega Anti-Coscrizione che intendeva spingere i giovani a rifiutare la cartolina-precetto ed a disertare. Naturalmente furono arrestati e condannati tutti e due ed espulsi dagli Stati Uniti. Fu così che si imbarcarono alla volta della Russia rivoluzionaria.

Sull'onda del loro entusiasmo, ed a causa delle scarse e confuse notizie che finora avevano avuto sul movimento rivoluzionario in Russia, Berkman e Goldman si illudevano che i bolscevichi altro non fossero che la punta di diamante del proletariato in lotta. Le stesse differenze fra la concezione anarchica e quella bolscevica della rivoluzione non erano ben chiare a loro. Fu un grave abbaglio. È la stessa Goldman a raccontare nella sua autobiografia, con la consueta onestà, la gelida accoglienza riservata ad alcune sue affermazioni invitanti alla collaborazione con i bolscevichi, nel corso di un'assemblea (già allora tenuta clandestinamente) degli anarchici di Pietrogrado. Goldman rimaneva scettica, quasi non credeva a quanto le andavano raccontando i compagni sulla vera situazione della Russia rivoluzionaria, parlando delle persecuzioni di Lenin e dei suoi seguaci contro gli anarchici ed i socialisti rivoluzionari. Rivelatore fu per lei il colloquio con Lenin, che ebbe la spudoratezza di "fare il tonto" quando Berkman gli chiese perché tanti anarchici si trovassero in galera: - noi abbiamo in galera solo banditi e machnovisti, non veri anarchici - gli rispose Lenin. Al di là della formale cordialità, la stima che Emma aveva conservata per i bolscevichi fino a quel momento cominciò a vacillare.

Ben più significativo fu invece il colloquio da lei avuto con il vecchio ed ammalato Pëtr Kropotkin. Il vecchio rivoluzionario le confermò quanto le avevano già detto tanti altri anarchici: la rivoluzione non era ancora stata sconfitta, c'erano ancora speranze, bisognava lottare. Ma non solo contro i nemici esterni, anche contro lo strozzamento che dall'interno i bolscevichi stavano effettuando contro le loro stesse parole d'ordine della prima ora.
Dopo la rivolta di Kronštadt (3-18 marzo 1921) repressa dall'Armata Rossa di Lev Trotsky, i due anarchici decisero di lasciare la Russia e di continuare altrove, in migliori condizioni, la lotta anarchica. Da allora l'attività di Emma Goldman riprese pur tra molte difficoltà, espulsioni, noie ed arresti. Fu a Stoccolma, a Monaco, in altre città finché si stabilì per un periodo a Londra. Nel 1936 fu a Barcellona, nella capitale dell'anarchismo catalano ed iberico, in occasione del comizio internazionale anarchico di solidarietà con la rivoluzione spagnola in corso.
Accanto ai rivoluzionari ed ai lavoratori accorsi da ogni dove c'era anche lei. La stessa che mezzo secolo prima aveva pianto la morte dei "martiri di Chicago" e si era ripromessa di continuare la lotta. Si stabilì poi definitivamente in Canada, dove morì nel 1940 in seguito ad un malessere che la colse durante una conferenza.

Emma Goldman (27 giugno 1869 - 14 maggio 1940)

Oltre alla specifica propaganda dell'ideale anarchico, Emma Goldman tenne diverse conferenze sull'emancipazione della donna, sull'uso dei contraccettivi ed il controllo delle nascite, al punto da poterla definire una femminista ante-litteram. Assieme a Voltairine de Cleyre precorse le idee di quel movimento che troverà poi il suo sviluppo negli anni sessanta del XX secolo.
«La storia - scriveva la Goldman - ci ha insegnato che ogni classe oppressa ha ottenuto la sua liberazione dagli sfruttatori solo grazie alle sue stesse forze. È dunque necessario che la donna apprenda questa lezione, comprendendo che la sua libertà si realizzerà nella misura in cui avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta, ma, tutto sommato, il diritto più importante è quello di amare e di essere amata. Se dalla parziale emancipazione si passerà alla totale emancipazione della donna, bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l'assurda concezione del dualismo dei sessi, secondo cui l'uomo e la donna rappresentano due mondi agnostici»

Ed a proposito della contraccezione, in una lettera inviata al compagno anarchico Max Nettlau scriveva: «Ho imparato che tutti gli uomini latini trattano ancora le loro mogli o le loro figlie come esseri inferiori e che le considerano semplici macchine da riproduzione, come facevano gli uomini dell'età della pietra... L'uomo più moderno si comporta ancora come Adamo, con le sue inibizioni verso la donna... Devo ancora incontrarla, questa donna che vuole avere tanti bambini. Ciò non significa che io abbia mai negato il fatto che la maggior parte delle donne vogliano avere un bambino, sebbene anche questo sia sempre stato esagerato dai maschi. Ho conosciuto un discreto numero di donne che, pur essendo femminili fino all'osso, non possedevano quello che dovrebbe essere l'innato spirito materno o desiderio di avere figli. Vi sono senza dubbio delle eccezioni. Ma come si sa le eccezioni confermano la regola. Ammettiamo pure che ogni donna voglia diventare madre, a meno che non sia ottusa ed ignorante e che non abbia un carattere esageratamente passivo, una donna vuole tanti figli quanti decide di averne. Certamente le abitudini e le tradizioni giocano una parte di enorme importanza nel creare desideri artificiali che possono diventare quasi una seconda natura. La Chiesa, in particolar modo la Chiesa cattolica, ha fatto il possibile per convincere la donna che essa deve sottostare a ciò che ha ordinato Dio riguardo alla riproduzione. Ma forse ti interesserà sapere che fra le donne che si rivolgono a cliniche specializzate nel controllo delle nascite, le donne cattoliche, incuranti dell'autorità esercitata su di loro dal clero, rappresentano una percentuale molto alta»"

(In it.wikipedia.org)

Emma Goldman (27 giugno 1869 - 14 maggio 1940)

  • Immagini: Chapter 1 | Emma Goldman | American Experience | PBS
  • Un film in cui si parla anche di lei: “Malatesta” (Film completo con sottotitoli in italiano). In questo film si possono apprezzare episodi realmente accaduti, alcuni filmati dell'epoca, nonché un imperdibile comizio di Emma Goldman. Regia: Peter Lilienthal. Sceneggiatura: Peter Lilienthal, Michael Koser e Heathcote Williams. Produttore: Manfred Durniok.

 

Un brano musicale al giorno

Napoléon Coste: Fantaisie Dramatique 'Le Depart', Op.31

Il chitarrista Tariq Harb suona questa magica fantasia del compositore e chitarrista francese del XIX secolo Napoléon Coste.

Napoléon Coste (27 giugno 1805 - 14 gennaio 1883)Claude Antoine Jean Georges Napoléon Coste (27 giugno 1805 - 14 gennaio 1883) è stato un chitarrista e compositore classico francese.

"Nato in un paesino al confine con la Svizzera, si trasferì prima a Valenciennes e poi a Parigi, dove trascorse il resto della sua vita. Il padre, ufficiale dell'esercito francese aveva pensato anche per il figlio la carriera militare, ma il giovane Coste, già all'età di sei anni, aveva cominciato a suonare la chitarra, che per la prima volta gli era stata insegnata dalla madre, e in poco tempo era diventato un virtuoso di questo strumento. Quindi, per poter intraprendere l'attività concertistica, si impose al pubblico di Parigi, città che insieme a Vienna era la capitale chitarristica del tempo. Infatti qui vi erano i più importanti chitarristi di tutto l'Ottocento, ovvero Ferdinando Carulli, Francesco Molino, Dionisio Aguado, Matteo Carcassi e Fernando Sor a Parigi, Mauro Giuliani a Vienna.
In pochi anni, Coste riuscì a inserirsi perfettamente in questo fecondo ambiente, tanto da diventare l'allievo prediletto del grande Fernando Sor. Napoléon Coste non si dedicò solo all'attività concertistica, ma, come gli altri suoi colleghi chitarristi, anche all'insegnamento della chitarra e alla composizione. Ed è proprio in questo campo che oggi viene ricordato come uno dei più significativi compositori per chitarra del romanticismo. La sua attività concertistica venne bruscamente interrotta quando, nel 1863, si ruppe il braccio destro, investito da una carrozza. Da questo momento in poi la composizione e l'insegnamento divennero le sue uniche ragioni di vita.

Napoléon Coste (27 giugno 1805 - 14 gennaio 1883)

Napoléon Coste è senz'alcun dubbio il più importante compositore per chitarra del romanticismo francese e, assieme a Giulio Regondi e a Johann Kaspar Mertz, appartiene alla triade dei maggiori autori di opere per chitarra di tutto il romanticismo. Questo è prova della sua genialità, poiché in quel periodo era molto più difficile ottenere l'attenzione di un pubblico sempre più esigente. Infatti, dopo il classicismo, quando cioè la chitarra era pienamente inserita negli ambienti musicali delle grandi capitali europee grazie ai suoi grandi maestri Giuliani, Carulli, Molino, Paganini e tanti altri, nel periodo romantico la chitarra cadde in una profonda crisi da cui ne uscì solo nel ventesimo secolo. In mezzo alle orchestre sinfoniche di Brahms e Bruckner, ma anche al nuovo pianoforte, la chitarra, con il suo timbro dolce e delicato, rischiò di scomparire dalla scena musicale francese. Il grande merito di aver tenuto in vita la chitarra in questo triste periodo del romanticismo francese, è soprattutto di Napoleon Coste che, con le sue particolari e ricercate armonie, ha creato un repertorio di ineguagliabile valore degno di essere ricordato accanto a compositori come Chopin, Liszt e Brahms.
Napoléon Coste viene inoltre ricordato per aver costruito una chitarra eptacorde, ovvero con una corda all'esterno della tastiera che funge da bordone, aumentando verso il grave l'estensione della chitarra."

(In it.wikipedia.org)

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k