“L’amico del popolo”, 5 novembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

ZWEI MÜTTER (Due madri, Germania, 2013) scritto e diretto da Anne Zohra Berrached. Foografia: Friede Clausz. Montaggio: Denys Darahan. Musica: Jasmin Reuter Con: con Karina Plachetka, Sabine Wolf, Florian Weber, Maarten Van Santen.

Il matrimonio tra Katja e Isabella procede a gonfie vele: le due donne sono felici e si amano come non mai. Ben presto il desiderio di maternità si fa spazio dentro di loro: entrambe sanno che la nascita di un figlio completerebbe la loro unione. Scopriranno, come molte altre coppie lesbiche, che persino nella civile Germania quello che dovrebbe essere un diritto può assumere i contorni di un incubo. Dopo aver ricevuto numerose risposte negative da altrettante cliniche d’inseminazione, dovranno iniziare un trattamento costoso e con scarse possibilità di successo. La scoperta di un sito su cui poter scegliere un donatore, per poi impiantare il seme, rappresenta un’inattesa speranza per le due donne, sempre più in crisi. A Katja e Isabella non rimane che iniziare a selezionare il padre di loro figlio, valutando le richieste spesso onerose di alcuni di loro. Ma è davvero ciò che vogliono entrambe? Dramma teso e claustrofobico, reso ancora più efficace dalla fotografia livida.

(TGLFF)

“Il matrimonio tra Katja e Isabella è legato da un amore profondo tra le due e procede felicemente. Ben presto cominciano ad avvertire la necessità di rendere il loro rapporto ancora più completo grazie alla decisione di avere un bambino. La procedura che permette alla coppia di diventare genitori si rivela però essere più complicata e onerosa di quanto si aspettassero. Il percorso cominciato dalle due metterà a dura prova anche il loro rapporto e metterà in luce la mancanza di diritti per le coppie omosessuali anche in un contesto civile e progressista come quello tedesco. Zwei Mütter è un film doloroso dove la questione legata ai diritti delle coppie omosessuali si intreccia alle questioni strettamente intime e personali delle due protagoniste mettendo in evidenza come le questioni legate all’omogenitorialità siano ancora intrise di discriminazioni e pregiudizi”.

(Panorama Queer - SICILIA QUEER filmfest)

 

Una poesia al giorno

Si dirada di nubi 1820, di Aleksandr Sergeevič Puškin (Mosca, 6 giugno 1799, 26 maggio del calendario giuliano - San Pietroburgo, 10 febbraio 1837, 29 gennaio del calendario giuliano)

Редеет облаков летучая гряда.
Звезда печальная, вечерняя звезда,
Твой луч осеребрил увядшие равнины,
И дремлющий залив, и черных скал вершины;
Люблю твой слабый свет в небесной вышине:
Он думы разбудил, уснувшие во мне.
Я помню твой восход, знакомое светило,
Над мирною страной, где все для сердца мило,
Где стройны тополы в долинах вознеслись,
Где дремлет нежный мирт и темный кипарис,
И сладостно шумят полуденные волны.
Там некогда в горах, сердечной думы полный,
Над морем я влачил задумчивую лень,
Когда на хижины сходила ночи тень -
И дева юная во мгле тебя искала
И именем своим подругам называла.

1820

Si dirada di nubi lo strato scorrente.
O stella della sera, stella così dolente,
Il tuo raggio inargenta le pianure sfiorite,
Il golfo che sonnecchia e le rocce annerite.
Amo la tenue luce nell’alto del cielo,
Essa ha tolto ai pensieri il loro greve velo.
Ricordo il tuo spuntare, ogni cosa splendeva
Sul quieto paese, dove tutto al cuore piaceva,
Dove il pioppo nelle valli si levava armonioso,
Dove sonnecchia il mirto e il cipresso tenebroso,
E dolci frusciano l’onde di meridione.
Là un tempo sui monti, il cuore in meditazione,
Trascinavo la mia indolenza taciturna,
Quando sui tetti calava l’ombra notturna
E una fanciulla nella nebbia ti cercava,
E alle amiche il tuo nome pronunciava.

Aleksandr Sergeevič Puškin

Domenica 5 novembre, nel pomeriggio, a San Giovanni Lupatoto, nell’ambito della manifestazione “Poesie nel dì domenica 2017/2018. Antologia, l’800” dedicata alla Grande Madre Russia, è stato possibile ascoltare un’antologia delle poesie di Aleksandr Sergeevič Puškin, interpretata da Ugo Brusaporco, che sarà replicata a Mosca il prossimo anno.

 

Un fatto al giorno

5 novembre 1916: il massacro di Everett. “Il 5 novembre 1916, due barconi carichi di lavoratori e membri dell'IWW si mise in viaggio da Seattle ad Everett (Washington) per partecipare ad una manifestazione in favore dello sciopero dei lavoratori della Shingle Mill di Everett ed in favore del Primo Emendamento della Costituzione, che era stato severamente, arbitrariamente ristretto dallo sceriffo della contea sotto l'influenza dei “baroni del legno”. I lavoratori della Shingle Mill erano da tempo in sciopero perché i proprietari della fabbrica si erano rifiutati di concedere un aumento dei salari nonostante i profitti dell'azienda fossero in crescita. I membri dell'IWW videro nello sciopero un'opportunità per organizzare e prestare appoggio ai lavoratori in lotta. Furono ad Everett per parlare in favore degli scioperanti e contro i proprietari delle fabbriche e del sistema economico che rappresentano.
Il 30 ottobre del 1916 nella stazione ferroviaria di Beverly Park si verificarono gravi scontri con i lavoratori. I Wobblies organizzarono un nuovo ritorno a Everett per domenica 5 novembre. Il barcone che portava i lavoratori e i sindacalisti, il piroscafo Verona, venne accolto al porto dallo sceriffo Donald MacRae che chiese immediatamente loro: «Chi sono i vostri capi?» L'intero carico di Wobblies gridò: «Noi tutti!». Immediatamente dopo, qualcuno (mai identificato) iniziò a sparare e cinque lavoratori della nave presto giacevano a terra morti o morenti. Probabilmente un'altra dozzina furono uccisi in acqua dopo che il piroscafo si era rovesciato. Anche due deputati, Jefferson Beard e Charles Curtiss, furono assassinati con degli spari alla schiena”.

(Anarchopedia)

Immagini:

 

Una frase al giorno

“I nemici avrebbero avuto la vittoria se avessero avuto chi sa vincere”.

(Gaio Giulio Cesare, 100 a.C. - 44 a.C., militare, politico e storico romano)

 

Un brano al giorno

Attilio Ariosti: LUCIO VERO, "Vorreste o mie pupille". Di Vivica Genaux, Andrés Gabetta e Cappella Gabetta.

Attilio Malachia Ariosti

Attilio Malachia Ariosti è nato a Bologna il 5 novembre 1666. Ebbe una ricca educazione musicale; fu violinista, violista, organista, compositore e librettista. Nel 1688 prese i voti presso l'ordine dei Serviti assumendo il nome di frate Ottavio. Nel 1693 divenne organista nella chiesa dell'ordine di S. Maria dei Servi a Bologna; fu in questo periodo che si dedicò alla composizione di oratori e pastorali, solo più tardi si affacciò anche al mondo teatrale. Viaggiò molto: da Mantova a Venezia e da qui iniziò la sua formazione europea che, dal mondo musicale veneziano, grazie agli accordi tra il duca di Mantova e l'Elettrice di Brandeburgo Sofia Carlotta, conobbe la corte di Berlino (presso la quale probabilmente incontrò per la prima volta Haendel). La sua cattiva condotta lo portò ad essere richiamato dai suoi superiori e a lasciare Berlino. Nel 1703 si recò a Vienna, ma ancora la sua dubbia condotta gli portò l'allontanamento dall'Austria ed anche il bando dallo Stato Pontificio. Forse nel 1715 si recò a Parigi e nella Germania del Sud; un anno dopo era a Londra dove restò fino al 1728. Probabilmente A. Ariosti venne chiamato a Londra dalla Royal Accademy grazie all'interessamento di Haendel. A Londra il suo operato incontrò una notevole fortuna; la sua prima testimonianza è datata 12 luglio 1716: durante una rappresentazione dell'opera “Amadigi” di Haendel al King's theatre di Haymarket, A. Ariosti si esibì con la viola d'amore negli intervalli tra gli atti (è stato annunciato anche dalla stampa contemporanea: “...una nuova sinfonia composta dal celebre Signor A[t]tilio Ariosti nella quale egli suonerà un nuovo strumento chiamato viola d'amore”). In seguito divenne uno dei compositori stabili della Royal Accademy assieme ad Haendel e Bononcini. Purtroppo gli ultimi anni della sua vita non sono molto chiari: morì in Inghilterra nel 1729 o in Spagna nel 1740”.

(Articolo completo in servidimaria.net. Nello stesso sito si trova anche la testimonianza riportata qui sotto)

“AL LETTORE. Per voi soli o Signori Sottoscriventi dilettanti della Musica, e del Violino, sono le seguenti accordature per disporvi all'applicazione della Viola d'Amore, conforme il metodo da me trovato, e del quale mi chiedete aver cognizione: vi troverete adunque una regola di trattarle, che in parte si uniforma a quella del suddetto stromento. E perché era necessario, di farne prima una pratica avanti di dar di mano a quello, Io ve le ho chiaramente insinuate sopra del Violino, e vi servirà questa per istradarvi con franchezza a quello. Eccovi il merito delle seguenti composizioni, o per meglio dire lezioni, per facilitarvi il possesso di quelle, che in breve darovvi sopra la viola d'Amore; ed all'ora conoscerete essere stata necessità, e non capriccio l'havervi introdotto a quella cognizione per la via, e per la pratica del Violino senza la quale non potreste riuscirvi, che con molta pena.”

(Attilio Ariosti)

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k