“L’amico del popolo”, 8 settembre 20178

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

MAN HUNT (Duello mortale, USA, 1941), regia di Fritz Lang. Sceneggiatura: Dudley Nichols dal romanzo "Rogue Male" di Geoffrey Household. Fotografia: Arthur C. Miller. Montaggio: Allen Mcneil. Musiche: Alfred Newman. Con: Joan Bennett, John Carradine, Walter Pidgeon, George Sanders, Ludwig Stössel, Heather Thatcher, Roddy McDowall.

Un abile cacciatore ha l'occasione di uccidere Adolf Hitler ma fallisce - perché il suo fucile è scarico - e viene catturato dai nazisti. Riesce a scappare e a rifugiarsi in Inghilterra, aiutato prima da un bambino poi da una prostituta. A Londra si libera delle spie tedesche che lo vogliono uccidere e si arruola nell'aviazione inglese per farsi paracadutare in Germania e tentare di nuovo il colpo.
“Interessante e controverso film di Lang, progetto in origine rifiutato da John Ford. Sotto un'ambigua viceda di spionaggio, Lang mette in scena dilemmi più morali che politici, tenendo sempre altissima la suspence.”

(FilmTV)

“Un noir bellico serrato e avvincente, dalle atmosfere notturne e ansiogene, perfettamente funzionali allo stile di Lang. Ed è proprio l'elegante e sinuosa messa in scena del regista tedesco a compensare le mancanze di uno script farraginoso in cui Lang ritrova comunque il tema, a lui molto caro, del potenziale killer nascosto in qualsiasi uomo, sfruttandone a pieno le intrinseche potenzialità. Sul tutto aleggiano un'aura di pericolo imminente e costante, nonché una tensione latente magistralmente dosata e tenuta alta senza un attimo di stanchezza narrativa. Almeno due le sequenze da antologia: lo straordinario inseguimento in metropolitana (con un gioco di luci e ombre dal taglio prettamente espressionista) e il duello finale tra Thorndike e Quive-Smith, messa in scena di un conflitto che non si può che risolvere senza vincitori, sottolineando una volta di più la ferma convinzione langhiana di un'impossibile distinzione netta e inequivocabile tra Bene e Male. Primo film fortemente antinazista firmato da Lang, seguito, in una ideale tetralogia, da Anche i boia muoiono (1943), Il prigioniero del terrore (1944) e Maschere e pugnali (1946). Il soggetto, tratto da un romanzo di Geoffrey Household, venne inizialmente proposto a John Ford che però rifiutò. Il personaggio di Joan Bennet è una prostituta, il che diede diversi problemi in fase di censura: per aggirare il Codice Hays si usarono diversi escamotage, come l'inserimento di una macchina da cucire nell'appartamento della ragazza, come a suggerirne una diversa professione.”

(Long Take)

“Durante una vacanza in Baviera, aristocratico inglese, esperto di caccia e abile tiratore, decide di eliminare Adolf Hitler, ma quando il Führer è nel mirino, ormai convinto di farcela, prende troppo tempo. Catturato dalle SS, è sottoposto a tortura; poi, grazie all'aiuto di una prostituta che rimane uccisa dalla Gestapo, riesce a fuggire per tornare in Inghilterra, dove si arruola nella RAF, ormai deciso a farsi paracadutare in Germania per tentare nuovamente l'attentato.
Dal romanzo ´Rogue Male´ di Geoffrey Household sceneggiato dall'esperto Dudley Nichols, è il primo dei tre film antinazisti di Fritz Lang, cui seguiranno Anche i boia muoiono (1943) e Maschere e pugnali (1946). Thriller al cardiopalmo, senza un attimo di tregua; sfila via in ossequio all'ideologia personale del regista tedesco e al consolidato sistema espressionista, che mette in luce il distinguo caratteriale dei protagonisti e un iridescente diversificazione ambientale caratterizzata in forme riconducibili ad altrettante tematiche di base: foresta tedesca (paura), pianura inglese (pace), Londra avvolta dalla nebbia (pericolo). Ma è la ripresa interna quella maggiormente esposta al senso pratico della minaccia, special modo attraverso l'intera sequenza della nave e quella claustrofobica del tunnel. Il disegno narrativo, pur appoggiato a concetti fantasiosi (l'attentato a Hitler, riuscito, compiuto da un paracadutista non si è mai verificato nella storia), pone in essere un’altra tesi molto cara a Lang, nella quale ogni uomo, anche il più mite, nasconde nel proprio intimo un inarrestabile influsso omicida. Bella galleria di personaggi, ottimamente interpretati da attori all'altezza. Cupa fotografia di Arthur Miller e musica di Alfred Newman”.

(Duello mortale - Film Noir - Kolossal A Confronto)

MAN HUNT (Duello mortale, USA, 1941), regia di Fritz Lang

 

Una poesia al giorno

Leningrado nel marzo del 1941, di Anna Achmatova (traduzione Michele Colucci)

Ленинград в марте 1941
Cadran solaire на Меньшиковом доме.
Подняв волну, проходит пароход.
О, есть ли что на свете мне знакомей,
Чем шпилей блеск и отблеск этих вод!
Как щелочка, чернеет переулок.
Садятся воробьи на провода.
У наизусть затверженных прогулок
Соленый привкус - тоже не беда.

Cadran solaire sulla casa di Ménšicov.
Passa un battello, levando un'onda.
Oh, c'è al mondo qualcosa a me più nota
del bagliore di guglie, del luccichio di queste acque?
Come una fessura, nereggia un vicolo.
Passeri si posano sopra i fili.
E in passeggiate imparate a memoria
non è sventura un sapore di sale.

 

Un fatto al giorno

8 settembre 1941: seconda guerra mondiale, inizia l'assedio di Leningrado da parte dell'esercito nazista “L'assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale è stata una delle più cocenti sconfitte nel grandioso progetto di guerra lampo di Adolf Hitler. Malgrado la Wehrmacht avesse progettato di concludere un assalto diretto in sei/otto settimane, inaspettatamente incontrò molta resistenza, trasformando l'assalto in un assedio che durò 2 anni e 5 mesi, dall'8 settembre 1941 al 18 gennaio 1944, senza che i tedeschi riuscissero a concludere nulla”.

(Wikipedia)

8 settembre 1941: assedio di Leningrado da parte dell'esercito nazista

  • L'assedio di Leningrado www.raistoria.rai.it
  • L'assedio di Leningrado (1 di 4): www.youtube.com
  • Attacco a Leningrado - Film completo in italiano, di Aleksandr Buravskiy. Con Mira Sorvino, Armin Mueller-Stahl, Olga Sutulova. Kate Davies. Giornalista di guerra, si ritrova "prigioniera" in una Leningrado assediata. Ad aiutarla una giovane e idealista funzionaria di polizia...

 

Una frase al giorno

“Si pensa comunemente che di solito i conservatori siano i vecchi, e che gli innovatori siano i giovani. Ciò non è del tutto vero. Il più delle volte, conservatori sono i giovani. I giovani, che han voglia di vivere ma che non pensano e non hanno il tempo di pensare a come si debba vivere, e che perciò si scelgono come modello quel genere di vita che v'era prima di loro”.

(Lev Nikolàevič Tolstòj, 1828-1910, scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo)

 

Un brano al giorno

Edith Piaf (Édith Giovanna Gassion, 1915-1963, cantante francese): Non, je ne regrette rien
Charles Dumont musica, Michel Vaucaire parole.

Non, rien de rien, non, je ne regrette rien
Ni le bien qu'on m'a fait, ni le mal
Tout ça m'est bien égal
Non, rien de rien, non, je ne regrette rien
C'est paye, balaye, oublie, je me fous do passe

Avec mes souvenirs j'ai allume le feu
Mes chagrins, mes plaisirs,
Je n'ai plus besoin d'eux
Balaye les amours avec leurs trémolos
Balaye pour toujours
Je réparas a zéro

Non, rien de rien, non, je ne regrette rien
Ni le bien qu'on m'a fait, ni le mal
Tout ça m'est bien égal
Non, rien de rien, non, je ne regrette rien
Car ma vie, car me joies
Aujourd’hui'hui ça commence avec toi

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k