COMMEMORAZIONE DEI MARTIRI DI GRECO

Scuola Ferrovia
Grandezza Carattere

Milano, mercoledì 13 aprile 2022 - Nell’Officina OML del Deposito locomotive di Milano Greco, Via Ernesto Breda, 149, si è svolta l’annuale cerimonia in ricordo dei Martiri di Greco. Il 13 aprile è stato dunque un giorno di triste memoria nel rievocare i fatti del luglio 1944, nello stesso tempo un giorno di festa perché possiamo celebrare la pace che, da allora, viviamo nel nostro Paese.

Erano presenti alla cerimonia: funzionari del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, dirigenti e maestranze dell’Officina OML, il vice Sindaco di Sesto San Giovanni, autorità ecclesiastiche e numerose rappresentanze delle istituzioni pubbliche.

Questa commemorazione ricorda il valore storico del Deposito, all’interno del quale si sono svolte azioni eroiche per combattere il nemico, che si era impossessato dell’Officina con l’unico scopo di garantire l’efficienza dei mezzi di trazione atti alla composizione dei convogli, destinati a tristi destinazioni.

Rievocazione storica

La cerimonia ha rievocato i tragici fatti del luglio 1944. Nella notte tra il 26 e 27 giugno 1944, quattro patrioti misero in atto una coraggiosa azione di sabotaggio contro gli occupanti tedeschi che presidiavano il Deposito Locomotive di Milano Greco; al fine di ostacolare il più possibile la marcia dei treni diretti ai campi di concentramento, facendo esplodere delle cariche di tritolo. Ciò provocò la distruzione di 2 locomotori, 5 locomotive, un trasformatore elettrico e un deposito di carburante. Dopo qualche giorno i nazifascisti arrestarono 40 ferrovieri considerati antifascisti e, tra questi, il 15 luglio decisero di fucilarne tre: Antonio Colombo, Carlo Mariani e Sirio Marzetti.

Il Progetto Scuola Ferrovia dell’Associazione DLF Milano

Il Dopolavoro Ferroviario, con il suo Progetto Scuola Ferrovia, ormai da 19 anni organizza la partecipazione a questa celebrazione di giovani studenti che, nell’occasione, portano il loro contributo storico-culturale. Ad onorare questa ricorrenza è stata invitata la scuola secondaria di 1° grado “Trevisani Scaetta”, la quale ha partecipato con la presenza di 22 alunni e 4 docenti, classe 2B, dello ICS Paolo e Larissa Pini, di Via Stefanardo da Vimercate 14, a Milano.

Gli studenti, prima di entrare in Officina hanno dovuto indossare il giubbetto antinfortunistico e l’elmetto protettivo, prescritti dalle vigenti norme sulla sicurezza. Vederli tutti in gruppo è stata anche una bella immagine scenografica. Quattro di loro sono saliti sul podio ed hanno espresso i loro pensieri, rivolti al passato sugli orrendi episodi della guerra, e al presente con l’auspicio di un futuro migliore. Hanno esordito con i seguenti brani di lettura “Caro Diario”, “Per ciascuno di noi”, “Speranza”.  Uno di loro ha letto una poesia di propria composizione, sul tema della ricorrenza.

Su molte facce dei presenti si si è potuta leggere l’emozione.

I ragazzi, dal canto loro, hanno vissuto una giornata didattica fuori dell’aula scolastica, si sono immersi nella storia, anche dolorosa, ed hanno saputo riversare il loro interesse entusiasta verso la tecnologia ed il progresso, che hanno potuto vedere dietro le quinte, nel corso della breve visita nei reparti dell’Officina. Guidati da due tecnici che hanno illustrato ogni singolo tipo di lavorazione necessario per mantenere in piena efficienza i giganti della rotaia. Per loro è stata un’esperienza indimenticabile.

Quante emozioni in un solo giorno

Grazie all’intesa tra Fondazione FS Italiane, Rotabili d’Epoca, e la Dirigenza dell’OML, i nostri studenti hanno avuto l’opportunità di visitare il meraviglioso treno a vapore stazionato per l’occasione sui binari del parco annesso al Deposito. Il percorso didattico per la scolaresca è stato guidato dallo Staff di condotta del convoglio stesso: Macchinista e Fuochista per la parte riguardante la locomotiva a vapore, dove gli studenti, a turno, in gruppi di 5-6, hanno seguito le lezioni del Maestro. All’interno delle carrozze e nella parte rimanente i ragazzi sono stati guidati dal personale viaggiante: Capo Treno e Bigliettaio.

Per gli studenti, per i docenti e per tutti i partecipanti, questa tradizionale ricorrenza, ha dato l’opportunità di conoscere non solo i luoghi di lavoro dei ferrovieri, ma anche la loro storia. Da non dimenticare.

 

 

BRANI DI MEMORIA

Siamo a Greco Milanese. Torniamo indietro a più di mezzo secolo, quando era ancora ben riconoscibile la Cascina de’ Pomi, Segnano, Segnanino, le Quattro strade e la Fornasetta, con i suoi aspetti di vita nella metà del Novecento.

Greco era un Comune autonomo, un paese fino al 1923, da quella data fu inserito nel Comune della Città di Milano. Divenne una zona importante per la strada ferrata, in diretto collegamento con la nuova Stazione Centrale, che fu inaugurata nel 1931. Gran parte del territorio di Greco è occupato dall’intreccio di binari che divergono in diverse direzioni, dallo Scalo ferroviario al Magazzino Approvvigionamenti, dalle Officine riparazioni al Deposito locomotive, formando un tutt’uno con la vicina Stazione Greco-Pirelli.

Oggi, con la creazione del “Polo Universitario della Bicocca”, che ha occupato il posto della Pirelli; con l’arrivo di Docenti e ricercatori, con l’apertura del Teatro degli Arcimboldi, la Greco industriale che aveva già soppiantato quella agricola, cede il passo alla Greco del “terziario avanzato” e della cultura.

 

 

GRECO, LUOGO DI BATTAGLIA

Tutti gli anni commemoriamo i nostri caduti, presso il luogo dove si sono svolti questi tragici fatti, siamo quindi portati a raccontare la storia degli eventi mostruosi che la guerra ha prodotto, descrivendo i luoghi, la zona, il quartiere.

Greco: un piccolo lembo della periferia milanese, isolato dalla città da un fascio di binari che lo taglia in due. E’ una borgata che non ha nulla di attraente, le case hanno perso colore sotto il fumo delle locomotive che ha reso grigio e uniforme tutto ciò che sfiora: il ponte, la strada, le cascine. L’atmosfera di guerra che vi respira ha reso più triste e sconsolato il luogo.

In paese è giunta altra gente: volti duri, ostili, diffidenti, sono gli uomini della Feldgendarmerie, del genio ferroviario della Wehrmachi, della contraerea delle SS. incaricati di sorvegliare le grandi Officine di riparazione ferroviaria di Greco.

I ferrovieri lavorano sotto lo sguardo delle sentinelle con la sensazione di muoversi come in un campo di concentramento, conversano a bassa voce, attenti a interrompere il loro sussurro al sopraggiungere di chi potrebbe essere una spia, ascoltando la cantilena metallica delle ruote che passano sui binari. Il lungo interminabile nastro di lacrime dei carri merci piombati e sprangati, dai quali giungono fievoli e terribili invocazioni di aiuto e biglietti disperati. La disperazione di Auscluvitz, di Belsen, di Mauthausen, perché su quei carri viaggiavano i martiri della resistenza italiana destinati ai campi di sterminio.

Questo è Greco della primavera del 1944 che, pur sembrando un’isola dimenticata a ridosso di un parco ferroviario, è invece un bersaglio vitale nello scontro fra i giganti. Vi passano le ferrovie anulari che circondano Milano, smista il traffico ferroviario in tutte le direzioni dello scacchiere italiano controllato dai tedeschi.

I partigiani di tutta Europa sono all’offensiva, sabotano, attentano, colpiscono, distruggono, isolati o in gruppo e, pagano con la vita come i soldati al fronte, silenziosi e tenaci. Non colpiscono alla cieca: studiano gli obiettivi, preparano i piani, addestrano gli uomini, sempre più decisi, perseveranti, inflessibili.

Greco è vitale per il comando tedesco, è dunque qui che il sistema di comunicazione della IV Ehrmarcht deve essere colpito, è qui che la resistenza intende colpire, è qui che dovrà operare la terza brigata Rubini, uno dei reparti organizzativi dei partigiani milanesi. La terza brigata Rubini non esiste più perché i gappisti che la componevano o sono caduti o hanno dovuto essere allontanati perché individuati dalla polizia nazifascista.

Il compito di riorganizzare le fila è affidato a Visone, comandante dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) di Torino, egli non può emettere bandi di reclutamento, ma sa dove trovare i suoi uomini. Si mescola ai ferrovieri, si avvicina per istinto alle anime semplici, giovani, indipendenti, capaci d’impegnarsi in una battaglia oscura e mortale, di lottare per tutti con cuore generoso, senza chiedere, senza nulla pretendere,

Ottoboni, Guerra, Bottani, Conti - quattro ferrovieri, sono i gappisti della Brigata Rubini ricostituita. Prima d’allora non hanno avuto occasione di partecipare a nessun’operazione, sono quattro esperti operai che lavorano proprio all’Impianto ferroviario di Greco.

Visone non ha dubbi, quei volti giovani, spesso anneriti dal fumo, quegli occhi intelligenti e vivaci che hanno fatto la loro scelta senza esitazioni, consapevoli del pericolo e della responsabilità saranno loro a condurre la battaglia dei binari e dovranno vincerla, non soltanto essere pronti a morire. Dovranno far saltare il Deposito, innescare le micce in tutte le locomotive, di notte, eludendo la sorveglianza delle sentinelle e vi si preparano, coscienziosamente sotto la guida di chi, da una casistica di attentati senza fine, ha appreso la difficile arte, guidato da una sorta d’istinto del pericolo.

Arriva la sera del 26 giugno e Visone sa che la preparazione tecnica è a punto in ogni dettaglio, quella psicologica sarà completa, quando tutti riuniti centellineranno il tempo che li separa dall’esecuzione. Sono riuniti e la sera è arrivata, dopo tanti giorni, quasi senza accorgersene. Fino a quel giorno la loro vita era fatta di lavoro e di casa, l’Officina, i genitori, gli amici, qualche ragazza. Fra un’ora avrebbero dovuto combattere la loro battaglia, vestiti da ferrovieri.

In quel momento Visone s’aspettava la crisi, la crisi eterna dell’uomo che si dibatte fra le maglie del destino e cerca di eluderlo o almeno di controllarlo, di difendere la sua vita. Ottoboni aveva paura, anche gli altri tre l’avevano, ma Ottoboni non la nascondeva, batteva i denti, pallido, guardava nel vuoto. Era appoggiato alla finestra e disse: “Voi parlate di disciplina, di sangue freddo, di decisione, di audacia. È vero che tremo. Sono giovane ed è la prima volta. Ripenso al mio compagno e mi vengono i brividi, e poi mi dispiacerebbe morire così, con tutta la vita ancora da vivere… ma farò quello che devo fare”.

La fece e lo fecero anche gli altri tre.

Era una serata piena di stelle, ideale per uscire con la ragazza, ma è il momento, scatta all’azione: i quattro approfittano del cambio delle sentinelle, penetrano nello scalo di Greco, per un po’ procedono insieme, poi si separano. Le sentinelle appena montate in servizio sono lì, sarebbe facile, con un colpo di pistola eliminarle, ma gli spari darebbero l’allarme e l’impresa andrebbe a vuoto.

Si studiano un po’ le abitudini delle sentinelle. Ecco, ora è l’istante buono. I quattro si muovono dalle loro postazioni, si avvicinano alle locomotive. Bisogna deporre nel forno le cariche di tritolo e innescare le micce, dall’accensione allo scoppio passano venti minuti, bisogna evitare ogni perdita di tempo. Guerra trova una locomotiva con il forno acceso, non può mettervi la carica. Bene, scende da quella e sale su un locomotore elettrico, vi pone la carica e accende la miccia.

Ecco, improvvisamente, mentre millimetro su millimetro la brace rossastra avanza verso la carica, delle grida in tedesco. Sono stati scoperti? È stato dato l’allarme?

Non c’è più tempo, bisogna fuggire, Guerra pone la sua ultima carica nel serbatoio dell’olio dello scalo. Poi fuggono, fuggono senza più prudenza. Le grida nello scalo si moltiplicano, ma sono troncate da una prima esplosione. I quattro, ormai, si trovano di nuovo insieme, lontani dallo scalo. Gli scoppi si susseguono, uno dietro l’altro, quattordici esplosioni. I tedeschi credono dapprima che si tratti di un bombardamento, mettono in funzione le loro armi contraeree, ma nel cielo non c’è nessun apparecchio.

I quattro si separano, Ottoboni, nel rincasare, s’imbatte in una pattuglia repubblichina, osservano i suoi documenti, tutto bene. Se ne può tornare a casa, i denti non gli battono più. Poi la reazione. Per giorni e giorni i tedeschi cercano di scoprire gli autori dell’attentato, creano un clima di terrore, nulla da fare, anche chi sa non parla.

Il 16 luglio, venti giorni dopo l’attentato, un furgone carcerario giunge a Greco. Sono le nove del mattino ed è una bella giornata. Nei campi attorno alle cascine di Greco i papaveri macchiano di un colore vivo e allegro il grano che attende solo la mietitura. Dal furgone scendono tre ferrovieri, i loro nomi: Colombo, Mariani, Marzetti. Chi sono? Sono antifascisti. I tedeschi hanno detto di aver trovato loro addosso dei manifestini. Loro tre pagheranno.

Davanti ai compagni di lavoro, obbligati ad essere presenti, dai mitra dei nazisti, Colombo, Mariani e Marzetti saranno fucilati. Non importa se non si è scoperto chi ha compiuto l’attentato; non importa se i tre non hanno compiuto altro reato che quello d’essere ferrovieri e italiani.

Devono pagare, devono salvare il Comandante della piazza di Milano, che ha ricevuto un cicchetto dai suoi superiori. Cadono sotto gli occhi dei quattro gappisti responsabili, che in quel momento capiscono che il loro istante più difficile non è stato quello, di venti giorni prima, quando facevano saltare il deposito di Greco.

Ora tre di loro compagni di lavoro si sacrificano al loro posto. Dinanzi a quel sacrificio prenderanno impegno di proseguire la lotta, sempre più tenace, perseverante, inflessibile.

 

di Sante Mazziero

Tratto da “La guerra dei GAP”

 

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