Una donna del ‘46

Hobby Scrittura
Grandezza Carattere

Da giorni ne parlava e riparlava. Tra le due sembrava lei la ragazzina. Io ventuno anni appena compiuti, lei, per essere nonna, ancora giovanissima nell’aspetto e soprattutto nello spirito. La mattina di quella domenica di tarda primavera era splendida, tiepida e soleggiata con una leggera brezza che invogliava a vestirsi bene ed uscire per fare qualcosa di speciale.

Nonna aveva indossato il completo bianco e blu che amava tanto sfoggiare nella bella stagione e nelle occasioni importanti, con il colletto di pizzo fatto a mano, scarpe e borsa in tinta ed i capelli raccolti in un composto ed elegante chignon.

Per me aveva confezionato un grazioso abitino stile “charleston” color pastello che sottolineava la mia figura slanciata e sottile, abbinato a guanti corti bianchi e sandaletti in tinta. Prima di uscire un filo di mascara a me, un velo di rossetto a lei ed un ultimo controllo alla carta di identità da poco rinnovata. La foto sul documento non ci rendeva giustizia. Sembravamo due malviventi. La realtà, invece, decisamente più gradevole.

Io mi recavo a votare per la prima volta e la nonna, avvertendo la mia ansia, si era offerta di accompagnarmi. Lungo la strada ben conosciuta che ci avrebbe portato a quella che era stata la mia scuola media, nonna ripeteva, più che altro a se stessa, raccomandazioni a quel punto superflue. «Sono stata sciocca a mettere il rossetto… devo prestare attenzione a non sporcare la scheda altrimenti verrà invalidata».

E mentre camminavamo con passo sicuro e deciso, mi raccontava quando nel 1946 le donne andarono a votare per la prima volta. Alcune erano entusiaste e spavalde e non avevano esitato un attimo a cogliere l’opportunità del voto come una rivalsa meritata e dovuta, rispetto ad una condizione che fino a quel momento le aveva viste sempre in secondo piano. Altre invece, indecise fino all’ultimo, troppo preoccupate della disapprovazione dei propri compagni, che le avrebbero preferite relegate attorno al focolare e senza “troppi grilli per la testa”.

Ci aveva poi pensato nonna a convincerle, con quel piglio deciso che era una sua spiccata caratteristica.

Lei aveva quarantadue anni ed assieme ad amiche e vicine di casa si era avviata al seggio fin dal primo mattino. La fila era impressionante, i tempi di attesa lunghissimi. Le più organizzate si erano portate uno sgabello da casa, altre qualche fetta di pane e salame avvolte in un cartoccio e riposte con cura sul fondo della sporta per la spesa. «Erano tempi duri - mi diceva - c’era un intero paese da ricostruire, la miseria era tanta, ma avevamo spirito e voglia di rimboccarci le maniche. Soprattutto noi donne, che avevamo faticato e rischiato quanto gli uomini e adesso eravamo lì, in fila davanti ai seggi, con gli stessi diritti dei nostri mariti… alla pari, consapevoli di poter finalmente dire: Sono una donna ed ho votato!».

Fuori dal portone della scuola, amici di partito di mio padre, che mi conoscevano fin da piccola mi avevano incoraggiato a “votare bene” con un sorriso paterno e rassicurante. In famiglia ne avevamo parlato e discusso, ma le idee erano comunque chiare: i genitori avevano una tradizione da rispettare, io giovane studentessa avevo portato una fresca ventata di conoscenza ed ottimismo. Non restava che entrare nella famosa cabina. Una modesta lampadina ad incandescenza pendeva dalla parete in compensato vagamente odoroso di resina. Prevaleva all’interno un sentore di acqua di colonia e di sudore… evidentemente non ero l’unica ad essere emozionata. Nonna era nella cabina accanto. Silenziose e veloci facemmo il nostro dovere. La scheda sembrava conoscesse a memoria la strada per ripiegarsi da sola e la vedemmo scomparire in un cubo di legno vecchio, consunto e pieno di ditate.

«La signorina… ha votato» - sentenziò il Presidente di seggio. Il groppo alla gola si era definitivamente sciolto. Lungo i corridoi facce conosciute ed amiche e vigorose strette di mano si alternavano in un allegro e festoso andirivieni dalle aule nelle quali avevo lasciato tre anni indimenticabili della mia adolescenza.

Come sempre mia nonna trovava il modo e l’occasione per addolcire ogni evento e mi propose, per festeggiare, una capatina nella pasticceria “del centro” per un caffè ed una pastarella alla crema.

Accolsi la proposta con entusiasmo. Mi ritrovai nuovamente nella luce accecante e tiepida della tarda mattinata e, mentre osservavo due giovani militari di piantone alla sede, che sorseggiavano annoiati un caffè in attesa dell’ora di pranzo, avrei voluto dire loro, con voce chiara e squillante, in memoria di tutte quelle donne che hanno fatto la storia della nostra Repubblica «Sono una nipote ed ho votato!»

 

 

INFORMAZIONI

Marisa Aneghini e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.