L’Associazione culturale “L’Aretè” - Circolo DLF Isernia dell'Associazione DLF Campobasso - è sorta come gruppo di amanti della parola e del gesto raccontati e recitati, veicoli di sentimenti, di emozioni, di tradizioni, di umanità perdute e, perché no, di messaggio ideologico, a tal fine utilizzando testi che attingono alla realtà e alla cultura popolare. La regia è di Giampaolo D’Uva.
CURRICULUM
La “Jurnata”, atto unico in vernacolo d’Isernia, magistralmente scritto da Franco Ciampitti negli anni ‘30 e per la prima volta rappresentato in teatro dopo 80 anni circa dalla sua stesura. E’ un pregevole monologo sostenuto da una “vis comica” inusuale che ha permesso numerose rappresentazioni dal 1996 al 2007 in teatro e all’aperto nei due capoluoghi Isernia e Campobasso e in vari centri molisani.
“Ricordando”, atto unico scritto da Giampaolo D’Uva nel quale due amici, servendosi di foto d’epoca, conducono lo spettatore attraverso vicoli, piazze, e ritrovi caratteristici del loro paese e questi, come d’incanto si popolano di personaggi veraci, genuini, sanguigni che riconosciuti e citati per il soprannome, animano e fanno rivivere i fatti e gli aneddoti che li videro protagonisti.
“E’ menute Celecstrine”, tre atti e un prologo per voce femminile, scritti negli anni ‘20 da Vincenzo Viti, fine interprete della realtà popolare. La commedia, in vernacolo, racconta di un mondo semplice e contadino che attingeva coraggio nei Santi e in Dio per fronteggiare le sofferenze di cui la vita certo non era avara, con l’emigrazione in terre lontane e col duro lavoro dei campi. Anche di questo spettacolo numerose sono state le repliche seguite alla prima rappresentazione tenutasi nel dicembre ’99 al teatro “La Strada” di Isernia.
La messa in scena di “Mo’ ze sposa Celesctrine”, brillante commedia dello scrittore isernino Sabino d’Acunto, si è realizzata partendo dalla esigenza di recuperare un importante testo della tradizione teatrale isernina e molisana. Gli artisti, guidati da Giampaolo D’Uva, hanno compiuto un lavoro ermeneutico, che è l’obiettivo principe dell’Associazione, impegnandosi nel difficile tentativo di coniugare ricerca e divertimento, riflessione e sorriso. E’ un percorso, quello dell’Aretè, che, seppure con fresca leggerezza, tenta di recuperare un vissuto esperienziale comune ad una Italia agricola ed artigiana che ancora non guardava la TV e non alimentava i suoi figli a “pop corn” e “sms”. Le donne, madri e mogli, erano simili a quelle nate dalla penna di Sabino d’Acunto, còlte nell’affannosa ricerca di un avvenire migliore per i propri figli e di occasioni fortunate per l’intera famiglia. Gli uomini, delusi e colpiti da una guerra devastante e crudele, tentano di riappropriarsi dei loro rassicuranti strumenti di lavoro per ritornare così ad una tranquilla quotidianità. I giovani, piegati ma non vinti, sono rappresentati nel mentre realizzano una volontà di riscatto, monito e fiaccola per chi oggi stenta a trovare una progettualità personale e collettiva. Il lavoro del regista si fa garante e curatore di questa progettualità perché profondamente convinto che essa è la maniera unica e imprescindibile di fare “teatro amatoriale”.
Nella commedia “’Ssu matremonie nen z’ara fa!”, di Giampaolo D’Uva, regia Giampaolo D’Uva, Alessandro è un giovane laureando in Chimica Farmaceutica, che dichiara il suo amore alla tenera Angiolina. Questo matrimonio però è ostacolato dal padre di Alessandro, mastro Serafino Schioppetta, calzolaio che ambisce vedere accanto al suo brillante figliolo una donna almeno ricca. Anche Gennaro Cacace, impiegato dell’Ufficio delle Tasse e padre di Angiolina, si oppone alle nozze, dichiarando che non permetterà mai che sua figlia vada in sposa al figlio di un “baciapellecchia”. Questa la vicenda intorno alla quale si muovono personaggi carichi di una umanità ormai perduta da una società che ha sciolto l’individualità nella globalizzazione e ha sepolto un mondo di voci e di odori che noi, in questo come negli altri nostri lavori, caparbiamente tentiamo di ravvivare e condividere con altre comunità. Il ricordo ha un ruolo centrale nella vita di questa commedia: l’allucinata testimonianza del Professor De Santis, che piange la giovane figlia Matilde, morta durante il bombardamento della città di Isernia del 10 settembre 1943, si confonde con l’elemento storico e conferisce alla rappresentazione una sfumatura tragica, per altro confinata al termine del primo atto. Non si tratta più di un faticoso rielaborare psicologico; l’intento è quello di sorridere insieme a chi non ci appartiene più ma di cui però sentiamo teneramente la mancanza, come se fosse la nostra coperta di Linus: un nostro oggetto transizionale che appartiene perciò a quel campo intermedio dell’esperienza che è il campo dell’illusione, base della vita immaginativa.
Continuo il coinvolgimento in momenti culturali e progetti promossi da Enti e da Scuole, con la recitazione di poesie e la lettura di brani d’autore in lingua e in vernacolo.
INFORMAZIONI
Associazione Culturale “L’Aretè” - Circolo DLF Isernia
Via Maiorino 46, 86170 Isernia
Tel. 0865 411301 fax 0865 415517 cell. 380 7143544
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Associazione DLF Campobasso
Via G. Garibaldi 1, 86100 Campobasso
Tel. e fax 0874 414064
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.