“L’amico del popolo”, 16 giugno 2017

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

CARAMBOLAGES (Tre morti per Giulio, Francia, 1963), regia di Marcel Bluwal, tratto dall'omonimo romanzo di Fred Kassak. Sceneggiatura: Pierre Tchernia. Fotografia: André Bac. Musiche: Gerard Calvi. Con: Alfred Adam, Louis de Funès, Sophie Daumier, Anne Tonietti, Michel Serrault, Jean-Claude Brialy.

“La storia si svolge in un edificio di lusso di dieci piani in cui l'agenzia "321" ha la sua sede centrale. La società organizza e assicura le vacanze dei suoi clienti. Norbert Charolais, il Direttore Generale è un uomo distante e, tra i dipendenti, il giovane Paul Martin mostra ambizione e astuzia. Quest'ultimo è fidanzato con Danielle, la figlia di uno dei suoi superiori, Brossard, che spera presto di rimpiazzare quando l'altro andrà in pensione - scoperto però che l'età di pensionamento è stata posposta, Paul dovrà ottenere la promozione in altri modi, dato che ha un gran bisogno di soldi, viste anche le prossime nozze con Danielle. Allora decide di accorciare i tempi sopprimendo Charolais. Ammazzatolo, senza nessun problema il nostro ambizioso personaggio è nominato al posto che stava cercando. Sennonché tutti i suoi superiori sembrano essere vittime di una serie di eventi terminali stranamente simili e Paul si ritrova Presidente e Direttore Generale. Ma per quanto tempo...?

“Carambolages, titolo in italiano Tre morti per Giulio, è rara cosa nel cinema francese: un mix di commedia noir e di farsa vaudeville guarnita da un'amara spolverata di satira sociale. Forse il film lancia la sua rete un po' troppo ampiamente, nel tentativo di ottenere risate, ma la scoppiettante commedia sembra funzionare, grazie soprattutto ai geniali faccia-a-faccia tra il genio comico Louis de Funès e Jean-Claude Brialy, l'allora beniamino della nouvelle vague francese che si stava facendo un nome nel cinema mainstream. La trama riesce ad essere sia caotica che prevedibile, una storia di carriera che deve certo qualcosa alla commedia Sangue blu (1949) con Alec Guinness, ma l'umorismo è instancabile - vale la pena di guardare il film solo per vedere Brialy rincorrere maniacalmente un rana troppo agile. Quando fece questo film, Louis de Funès era ben lungi ancora dall'essere il tesoro nazionale che era destinato a diventare dopo la sua elevazione meteoritica verso la celebrità coi film della serie dei Gendarmi di Saint-Tropez (iniziata nel 1964) e di Fantômas (1964 in poi). Carambolages è stato comunque uno dei suoi trionfi ante gloriam, in cui ha perfezionato il personaggio per il quale è ormai più noto - il dirigente pestifero che maltratta tutti coloro che gli girano intorno e che tuttavia in qualche modo riesce a mantenere la nostra simpatia mentre il mondo cospira per dargli la sua giusta penitenza. Il de Funès di Carambolages è quello che il pubblico francese avrebbe poi affollato le sale a milioni per guardarlo in pellicole come Le folli avventure di Rabbi Jacob (1973) o L'ala o la coscia? (1976) - un attore comico di grande talento all'altezza del suo gioco. In teoria la stella principale del film non dovrebbe essere de Funès ma Jean-Claude Brialy, una delle giovani leve cinematografiche associate alla Nouvelle Vague grazie ad apparizioni in film che vanno da Claude Chabrol in Le Beau Serge (1958) a Jean-Luc Godard in Une femme est une femme (1961), con un ruolo cameo in Les 400 coups di Truffaut (1959). Brialy non aveva il fascino tradizionale di altre stelle dell'epoca, in particolare Alain Delon (che fa una breve ma splendida apparizione alla fine di questo film), e sembra curiosamente fuori luogo nelle frivolezze di Carambolages. Tuttavia, la sua naturale predisposizione per la commedia lo assiste felicemente e, con la complicità dello sceneggiatore Michel Audiard, si trasforma in una delle sue interpretazioni più divertenti, ma anche delle sue più agghiaccianti. Alcuni pregiati contributi di supporto da parte di Michel Serrault e Sophie Daumier (á la Brigitte Bardot) mantengono la commedia sempre sulla cresta dell'onda e, anche se il film non arriva a raggiungere il suo pieno potenziale comico, è pur sempre una divertente commedia - sebbene la maggior parte delle gag ruoti intorno persone che cadono sfracellandosi da grandi altezze, o saltino in aria con bombe incendiarie fatte in casa.”

(Wikipedia)

“Questo tema viene nuovamente affrontato nel film di Constantin Costa-Gavras intitolato Cacciatore di teste, ma trattato questa volta in maniera drammatica. Il film rievoca anche Sangue blu con Alec Guinness, dove gli eredi scompaiono uno dopo l'altro per poter accedere al titolo di Lord e alla fortuna della famiglia. Michel Serrault interpreta un ispettore di polizia borioso e con manie di potere. Veterano della Gestapo francese, si lamenta che la polizia non può utilizzare la tortura del waterboarding. Durante la festa organizzata dalla 321 maltratta alcuni ospiti e pretende persino di torturare l'ambasciatore della Birmania. Bernard Blier era stato inizialmente contattato per il ruolo di Charolais. Da notare l'apparizione dispetto Alain Delon verso la fine del film. Guy Bedos viene erroneamente citato nei titoli di coda, dato che non appare nel film."

(Wikipedia)

CARAMBOLAGES (Tre morti per Giulio, Francia, 1963), regia di Marcel Bluwal

 

Una poesia al giorno

Congedo del viaggiatore cerimonioso, di Giorgio Caproni

Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.

Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.

Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.

Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.

Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.

Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.

Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.

Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.

(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.

Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.

Lasciatemi, vi prego, passare.

Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).

Dicevo, che era bello stare
insieme. Chiacchierare.

Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.

Ci siamo - ed è normale
anche questo - odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.

Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.

Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.

Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.

Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.

Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.

Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.

Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.

Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.

Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione,
calma, senza sgomenti.

Scendo. Buon proseguimento.

 

Un fatto al giorno

16 giugno 1961: Rudolf Nureyev chiede asilo all'aeroporto Le Bourget di Parigi. Il 16 giugno 1961 Nureyev faceva il suo grande “salto verso la libertà”. Erano gli anni cruciali della guerra fredda - nel mese di agosto dello stesso anno venne alzato il muro di Berlino - e l’avvenimento fortemente mediatizzato ebbe una risonanza clamorosa: un giovane, geniale danzatore del Kirov aveva osato sfidare il terribile KGB e le autorità sovietiche e tutto l’Occidente, entusiasta, si infiammò per l’eroica impresa di Rudolf.

  • Tchaikovsky, Il lago dei cigni. Sigfried: Rudolf Nureyev. Odile/Odette: Margot Fonteyn. Balletto dello Staatsopern di Vienna. Coreografie: Rudolf Nureyev. Orchestra Sinfonica di Vienna. Direttore: John Lanchbery 

Rudolf Nureyev

Una frase al giorno

“Uno pensa sempre d'aver dato più di quel che ha ricevuto, ma per dare bisogna aver qualcosa dentro”.

(Rudolf Nureyev)

 

Un brano al giorno

Natalie Dessay, Karine Deshayes, Haendel, Dixit Dominus, "De torrente". 

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org