L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
L'AGE D'OR (Francia, 1930), regia di Luis Buñuel. Sceneggiatura: Luis Buñuel, Salvador Dalí da scritti del Marquis de Sade. Fotografia: Albert Duverger. Montaggio: Luis Buñuel. Musica: Luis Buñuel, Georges Van Parys. Con: Jean Aurenche, Jacques B. Brunius, Luis Buñuel, Jean Castanier, Pancho Cossío, Simone Cottance, Xaume De Maravilles, Marie Berthe Ernst, Juan Esplandiu, Pedro Flores, Claude Heymann, Valentine Hugo, Jean-Paul Le Chanois, Marval, Jacques Prévert, Paul Éluard.
"L'âge d'or è un film del 1930 diretto da Luis Buñuel. Si tratta del secondo film del regista spagnolo, anche questo spiccatamente surrealista e sceneggiato insieme a Salvador Dalí, come il precedente Un chien andalou - Un cane andaluso (1929). È stato proiettato anche in occasione dell'Esposizione internazionale surrealista di Tenerife del 1935. Il film narra i tentativi di una coppia di amanti di "consumare" la propria relazione romantica. Essi però sono continuamente frustrati dai valori borghesi e dai tabù sessuali imposti da istituzioni autoritarie quali famiglia, chiesa, e società."
(Wikipedia)
“Il secondo film Buñuel lo può girare grazie al successo di Un chien andalou. Anche questa è un'impresa extraindustriale, frutto del mecenatismo del visconte Charles de Noailles. Il surrealismo ha ormai trovato nel trentenne spagnolo Luis Buñuel (Calanda, Aragona, 22 febbraio 1900) il suo vate cinematografico: se ne serve per le sue battaglie - memorabile sarà quella in occasione dei tumulti provocati dai giovani dell'Action française nel cinema dove si proietta il film - e lo serve nella sua ricerca di uno stile. Dai 17 minuti (muti) del cortometraggio “benedetto” da Breton, passiamo ai 60 (sonori) di L'âge d'or, opera a modo suo regolare, che dispone di un bilancio di un milione di franchi e di un piano di lavorazione del quale sono previste quattro settimane in interni (nei teatri di Billancourt), alcuni giorni di esterni alla periferia di Parigi e un trasferimento a Cadaqués in Spagna per la sequenza iniziale. Le circostanze non potrebbero essere più favorevoli. Il visconte ama le arti, non pone vincoli a Buñuel. Una libertà provvisoria, che ha tutta la precarietà dei fatti “irregolari” e tutta la bellezza dell'imprevisto e dell'infrazione. La libertà del surrealismo: un momento felice in cui il grido della ribellione può uscire non soltanto dalle pagine della letteratura ma anche dallo schermo di un'arte che i surrealisti considerano il mezzo espressivo più congeniale ai loro principi. Nei confronti di Chien andalou, L'âge d'or si segnala per una organizzazione più rigorosa dei processi psicologici presi a oggetto del film. La libertà delle associazioni d'idee resta intatta, ma il ritmo al quale si susseguono - più disteso - permette allo spettatore di “leggere” meglio tra le pieghe degli eventi e di decifrarne con minore fatica (minore incertezza) il significato. Non è un caso che contro L'âge d'or si siano scatenati gli squadristi fascisti dell'Action française e non soltanto i borghesi offesi nel loro buongusto: ciò vuol dire che la provocazione politica ha colto nel segno. Qui si mette in discussione il potere, apertamente. Sornione, secondo uno stile qui appena abbozzato (in attesa di precisarsi nei film maggiori, trent'anni dopo), Buñuel inizia con uno squarcio di documentario sugli scorpioni. Poi, sui dirupi di un paesaggio sassoso, vediamo un gruppo di vescovi assorti in preghiera. Nei pressi si aggirano folcloristici banditi. Uno di loro entra in una baita a scuotere i compagni, li trascina fuori, ma quelli cadono a uno a uno esausti (l'infrazione “tradizionale” e anarchica è fuori gioco). Un corteo di barche attracca in una insenatura. Ne scendono dignitari, militari, preti e suore. Passano davanti al luogo dove c'erano i vescovi: ci sono rimasti gli scheletri e i paludamenti (non è la vecchia Chiesa che conta, coi suoi riti, ma il nuovo potere economico-militare). Il dignitario in capo sta per pronunciare un discorso (vedremo che si tratta della posa della prima pietra della “città eterna”, simbolo del potere e della religione) quando un grido di donna lo interrompe. Una ragazza si dibatte per il piacere tra le braccia di un uomo. Gli scherani agguantano l'uomo, mentre la donna al gabinetto medita. La “città eterna” che ora stanno fondando può anche crollare (crollare nel desiderio dei ribelli). L'uomo è trascinato per le strade, la donna in casa si strugge per lui: va in camera sua, dove sul letto è sdraiata una vacca, siede davanti allo specchio, il vento (del desiderio) le agita i capelli. L'uomo mostra un documento ai suoi custodi, che lo liberano. “I marchesi X” interrompe una didascalia “si apprestano a ricevere gli ospiti”, in una villa presso Roma (la “città eterna” sempre in piedi, eppure da sempre morta). Arriva anche l'uomo, che si sbarazza di alcune importune megere, e trascina in giardino la donna. Fremono d'amore, si abbrancano. Sul più bello li interrompono: il ministro vuole lui al telefono. L'uomo va, lo manda al diavolo, e quello muore, appiccicato al soffitto. In giardino, una orchestra suona (Wagner, Tristano e Isotta), finché il vecchio maestro barbuto non si secca e si allontana. La donna lo vede e lo bacia con trasporto. La gelosia sconvolge l'uomo che, a casa, sventra un cuscino di piume, getta dalla finestra un pino in fiamme, un aratro, un vescovo, una giraffa. Didascalia: “Tornavano i sopravvissuti del castello di Selliny”. Siamo alle sadiane Centoventi giornate. Il film si conclude con la figura dì Cristo che avanza sul ponte levatoio del castello, rientra per uccidere una ragazza insanguinata apparsa sulla soglia, ne esce vecchissimo. Una croce, brevissimi accordi di un paso doble. Il 28 novembre 1930, allo Studio 28 (dove aveva trionfato Un chien andalou), cominciano le proiezioni del film, con l'esito che si è detto. Buñuel ha di nuovo levato un inno all'amore, inteso stavolta non solo come trasgressione della morale borghese ma anche come rivolta totale contro il potere. Il surrealismo come arma di lotta, e come beffa. Dunque, doppiamente intollerabile”.
(Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978)
“Secondo film surrealista di Bunuel, ideato con Salvador Dali come Un chien andalou (1929), non ha una continuità narrativa anche se vi si possono individuare un prologo, un epilogo e un filo conduttore, l'amore folle che butta l'uno nelle braccia dell'altra un uomo (G. Modot) e una donna (L. Lys) che non potranno unirsi mai. Disponibile scena per scena alle più varie interpretazioni e in linea con l'ideologia surrealista, è un pamphlet visionario contro i pilastri della borghesia capitalista (la Chiesa, lo Stato, l'esercito) e sostiene che soltanto la forza sovversiva del desiderio e dell'amore è accettabile. Lo fa con un fuoco di fila di invenzioni visive fondate sull'esasperazione, l'indegnità, l'assurdo, pur rifiutando, in nome di un realismo "oggettivo", i procedimenti formali dell'avanguardia del tempo. "... è un'opera fortemente tesa alla creazione di un nuovo linguaggio, un linguaggio articolato secondo i dettami del Secondo Manifesto del Surrealismo di cui Bunuel e Dali furono tra i firmatari e che è contemporaneo al film.
Finanziato dal visconte Charles de Noailles che rischiò la scomunica, fu proiettato per 6 giorni allo Studio 28 di Parigi, bersaglio di un'incursione di squadristi di destra che lo devastarono. Pochi giorni dopo il prefetto Chiappe lo vietò. Uscì in pubblico soltanto nel 1950 a New York e nel 1951 a Parigi.
(Auro Bernardi)
“L'âge d'or film (1930) surrealista, diretto dal regista cinematografico L. Buñuel (1900-1983), ideato e scritto da Buñuel e S. Dalí (1904-1989), violenta polemica contro i valori consacrati. La dissacrazione si attua a livello dello stesso linguaggio e l'immagine gioca un ruolo libidico reificandosi in forme simboliche che irrompono violentemente. L'iconoclastia antiborghese e l'irreligiosità divengono pretesto per una messinscena frantumata con iterazioni ossessive e sarcastiche”.
(Treccani)
Il film:
- L'Age D'Or, 1930 www.youtube.com 1
- e anche www.youtube.com 2
Il 22 febbraio 1900 nasce Luis Buñuel, regista e produttore ispano-messicano (morto nel 1983).
Una poesia al giorno
I sogni di un bambino, di Antonio Machado.
C'era un bambino che sognava,
un cavallo di cartone.
Apri gli occhi il bimbo
e più non vide il cavallino,
un cavallino bianco.
Il bimbo tornò a sognare;
per il crine l'afferrava...
Ora non mi sfuggirai!
Appena l'ebbe afferrato,
il bimbo si svegliò.
Aveva chiuso il pugno.
Il cavallino volò!
Serio serio restò il bimbo
pensando che non è vero
un cavallino sognato.
“Antonio Machado è stato un grandissimo poeta morto drammaticamente nell’anno in cui si conclude la guerra civile, 1939. Nell’anno in cui invece la guerra ebbe inizio, nel 1936 ci fu l’omicidio di un altro grande autore: Garçia Lorca. La morte di Machado ebbe un’eco fortissima nel mondo letterario, perché negli anni della guerra civile era stato un grande animatore di dibattiti letterari e politici e fervido oppositore dei fascismi europei.
Il magistero di Machado oltre ad essere poetico fu anche politico. La creazione poetica del poeta spagnolo si sviluppa in un percorso che possiamo dividere in tre parti; la prima coincide con la prima raccolta Soledades pubblicata nel 1903, la seconda corrisponde a Campos De Castilla del 1912, la terza coincide con la raccolta Nuevas Canciones del 1924. Dopo queste pubblicazioni, il suo percorso diventa complesso e accidentato, peculiare di Machado che scriverà poesie e prose che riunirà nel Canzoniere apocrifo, attribuito a diversi eteronimi (creando delle personalità letterarie a cui dà una dignità letteraria, e a cui affiderà delle riflessioni poetiche). Accanto al Canzoniere apocrifo, Machado continua a scrivere liriche anche durante la guerra, che poi verranno chiamate poesie sciolte, non organizzate dall’autore. La tensione alla riedizione delle singole raccolte è sottomessa alla creazione di un’opera complessiva e attraverserà tutta la vita di Machado ritorna sempre sulle sue raccolte.
Come ha osservato Cesare Segre, parlare della poesia di Machado significa parlare di un sistema di varianti. Quando il poeta sceglie una variante interviene sul sistema intero della sua poetica. In tutte le raccolte ritroviamo infatti sempre gli stessi simboli in un sistema di immagini, come ad esempio l’immagine del limone, letto da Machado come simbolo dell’infanzia andalusa, assumerà altre sfumature nel tempo e si perpetuerà in tutta la vita letteraria”.
(Articolo completo in www.900letterario.it)
Il 22 febbraio 1939 muore Antonio Machado, poeta e autore franco-spagnolo (nato nel 1875).
Un fatto al giorno
22 febbraio 1848: in Francia inizia la rivoluzione che porterà alla conclusione della monarchia di Orléans (1830-1848) e alla creazione della Seconda Repubblica francese. La Rivoluzione del 1848 in Francia, a volte conosciuta come la Rivoluzione di febbraio (révolution de Février), è compresa nell’ondata di rivoluzioni nel 1848 in Europa.
“Nel corso degli anni la monarchia di Filippo d'Orleans, che aveva conquistato il potere nel 1830, aveva sempre più acuito il suo carattere antioperaio e antidemocratico; ciò era avvenuto malgrado la politica di compromesso (detta del “giusto mezzo”) attuata dal ministro Guizot, che finì per scontentare sia l'alta borghesia finanziaria, corrotta e sfrenatamente affarista, sia la media e piccola borghesia e, principalmente, i ceti operai. Questi ultimi vennero di fatto esclusi politicamente e costretti alla disoccupazione e alla fame; infatti la politica inflazionistica e corrotta dei gruppi al potere aveva provocato una profonda crisi economica che investiva la produzione industriale. L'opposizione delle masse piccolo - borghesi e operaie si muoveva rivendicando una riforma elettorale a suffragio universale e non più ristretta ai possidenti e ai ricchi borghesi.
La rivoluzione scoppiò il 22 febbraio 1848 proprio a seguito di un divieto, da parte delle forze dell'ordine, di una manifestazione per la riforma elettorale. Come nelle tradizioni della storia francese dalla grande rivoluzione in poi, in pochi giorni Parigi fu in mano al popolo; in testa all'insurrezione questa volta erano le forze repubblicano - radicali e socialiste.
Il vero protagonista della rivoluzione che combatté nelle piazze fu il proletariato cittadino, che aveva già una sua espressione politica nel partito socialista. Si formò un governo provvisorio con socialisti, radicali, repubblicani moderati che proclamò la “Repubblica Sociale”. Al centro dei problemi si pose quello del lavoro; i primi decreti ufficiali riguardarono infatti la riduzione della giornata lavorativa a 10 ore, l'allargamento del diritto di voto a tutta la popolazione maschile, l'abolizione della pena di morte per i reati politici.
Il governo provvisorio fece il primo esperimento di collaborazione governativa tra borghesia e proletariato, il quale era rappresentato al governo dal deputato socialista Louis Blanc e dall'operaio Alexandre Martin detto Albert. Ben presto però questa possibilità di programma e di azione comune si rivelò impraticabile. Per i problemi del lavoro si formò una commissione specifica, la Commissione del Lussemburgo, presieduta da Blanc e Albert, che così vennero allontanati dal governo di cui facevano parte; gli “ateliers nationaux” (fabbriche nazionali), speciali organismi che avrebbero dovuto occuparsi del problema dell'occupazione, si ridussero a degli uffici di collocamento in grado soltanto di dare assistenza o lavori precari ai disoccupati.
In realtà l'apparato dello Stato e le leve del potere economico restavano interamente nelle mani dei borghesi moderati, ed in questa situazione le rivendicazioni operaie e la Commissione del Lussemburgo apparvero presto come elementi di turbamento rispetto ai compiti, non certo facili, della creazione di una repubblica borghese. La paura del comunismo si fece viva anche tra le forze democratiche creando un clima politico che portò all'Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, una maggioranza di repubblicani di destra. Questi ultimi furono eletti soprattutto con i voti dei contadini piccolo - proprietari, cui un'abile propaganda borghese e clericale aveva prospettato il pericolo della perdita della loro proprietà sulla terra. Per questi motivi la Repubblica Sociale venne liquidata dalla Seconda Repubblica, costituita nel novembre 1848. I socialisti furono, in seguito ad una legge speciale, esclusi dal governo e gli “ateliers nationaux” chiusi. Le condizioni politiche resero inoltre possibile quella sanguinosissima repressione militare che, diretta dal generale Eugène Cavaignac, soffocò nel sangue l'insurrezione operaia del giugno 1848, lasciando sulle piazze migliaia di morti. Tremila operai furono fucilati senza processo, i centri organizzativi del movimento furono dispersi. La Repubblica francese imboccava così la strada dell'involuzione autoritaria che avrebbe portato per la seconda volta in Francia all'affermazione del potere personale di un capo“.
(Homolaicus - La Rivoluzione di Febbraio in Francia).
- Immagini: 1848, Revolution in France
Una frase al giorno
“Ancora la nostra generazione a scuola ha appreso più cose su Serse, Dario e Cambise, su re barbarici a noi del tutto indifferenti, che su Leonardo, Volta, Franklin, Montgolfier e Gutenberg. Eravamo tenuti a sapere a memoria ogni minima battaglia, ma nei testi non c'era una riga su chi aveva costruito le prime ferrovie o inventato la chimica moderna. Eravamo intenzionalmente tenuti all'oscuro circa gli apporti culturali dei popoli a noi vicini e sapevamo soltanto in quali battaglie e sotto quali generali li avevamo affrontati sul campo.”
(Stefan Zweig, traduzione Emilio Picco da Tempo e mondo, 2014)
Questa frase serve da monito alla scuola italiana dove la stessa non cultura è stata da anni scelta per una scuola primaria sempre più imbarbarita nei contenuti di Storia e Geografia, con il chiaro scopo denunciato da Zweig: via libera ai fascismi e ai nazismi, via libera al disprezzo dell’altro...
Stefan Zweig (Vienna, 28 novembre 1881 - Petrópolis, 23 febbraio 1942) fu uno scrittore, drammaturgo, giornalista, biografo e poeta austriaco naturalizzato britannico. All'apice della sua carriera letteraria, tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo è stato mediatore fra le culture, animato da sentimenti pacifisti e umanisti; è noto come autore di novelle e biografie. Politicamente era internazionalista, cosmopolita ed europeista, e come ebreo laico, considerava il sionismo nazionalista di Theodor Herzl un'idea errata, propugnando una pacifica assimilazione degli ebrei. Oppositore fermo dei totalitarismi, lasciò l'Europa dopo l'avvento al potere del nazionalsocialismo, rifugiandosi infine in Brasile dove si suicidò nel 1942.
Immagini:
- Stefan Zweig - Paraíso Utópico
- Documentaire sur Stefan Zweig (sub. español)
Un brano musicale al giorno
Hugo Wolf (1860-1903) "Morgenstimmung" (Morning Mood, 1896). Versi di Robert Reinick. Baritono: Dietrich Fischer-Dieskau. Pianoforte: Gerald Moore. Registrazione del 1959.
Morgenstimmung
Bald ist der Nacht ein End' gemacht,
Schon fühl' ich Morgenlüfte wehen.
Der Herr, der spricht:» Es werde Licht!
«Da muß, was dunkel ist, vergehen.
Vom Himmelszelt durch alle Welt
Die Engel freudejauchzend fliegen;
Der Sonne Strahl durchflammt das All.
Herr, laß uns kämpfen, laß uns siegen!
Morning Mood (traduzione Emily Ezust)
Soon night will reach its end;
already I feel the morning breezes blowing.
The Lord, he says: "Let there be light!"
Then all that is dark must disappear.
From Heaven's vault through all the world
the angels fly, cheering with joy;
rays of sunlight blaze through the universe.
Lord, let us struggle, let us win!
22 febbraio 1903 muore Hugo Wolf, compositore austriaco, nato nel 1860.
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org