“L’amico del popolo”, 24 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

JUDEX (Francia, 1916), regia di Louis Feuillade. Sceneggiatura: Louis Feuillade, Arthur Bernède. Fotografia: André Glatti, Léon Klausse. Con: René Cresté, Musidora, René Poyen, Édouard Mathé, Gaston Michel, Yvonne Dario.

Judex è un serial cinematografico del 1916. Il film, in 12 episodi, venne girato nel 1914 ma, a causa della guerra, non venne distribuito fino alla fine del 1916.
“Dodici episodi (seguiti nel 1918 da altri dodici che andarono sotto il titolo di La nouvelle mission de Judex) delle avventure di Judex, campione rocambolesco della giustizia, in lotta contro il male rappresentato dal banchiere Favraux. Judex, come Fantomas, agisce in una realistica scenografia parigina che fornisce alle sue avventure un singolare, e forse involontario, retroterra sociopsicologico. Inoltre, Louis Feuillade e il suo interprete René Cresté ebbero il merito di dar vita ad un eroe cinematografico originale: a differenza di un Rocambole o di un Fantomas, Judex, con la sua cappa nera, la sua bellezza fatale e il suo cappello a larghe tese, non aveva debiti con la letteratura: la sua nascita e il suo successo strepitoso erano tutti dovuti alla 'nuova arte'.”

(MYmovies.it)

JUDEX (Francia, 1916), regia di Louis Feuillade

Il serial Judex (1916)

JUDEX (Francia, 1916), regia di Louis Feuillade

 

Una poesia al giorno

Cantar de emigração, basata sui versi della poetessa galiziana ‎‎Rosalía de Castro (1837-1885), dalla ‎raccolta “Follas novas” del 1880.‎ Traduzione, adattamento e musica di José Niza (1938-2011), medico, compositore e deputato ‎portoghese.‎

(Album “Cantaremos” del 1970).‎

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

Tens em troca
órfãos e órfãs
tens campos de solidão
tens mães que não têm filhos
filhos que não têm pai

Coração
que tens e sofres
longas ausências mortais
viúvas de vivos mortos
que ninguém consolará

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

Tens em troca
órfãos e órfãs
tens campos de solidão
tens mães que não têm filhos
filhos que não têm pai

Coração
que tens e sofres
longas ausências mortais
viúvas de vivos mortos
que ninguém consolará

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

Tens em troca
órfãos e órfãs
tens campos de solidão
tens mães que não têm filhos
filhos que não têm pai

Coração
que tens e sofres
longas ausências mortais
viúvas de vivos mortos
que ninguém consolará

Este parte,
aquele parte
E todos, todos se vão
Galiza ficas sem homens
Que possam cortar teu pão

(Traduzione italiana di Riccardo Venturi, 11 dicembre 2012)

Un murale per Rosalia De Castro

CANTO DI EMIGRAZIONE

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane

Hai, in cambio,
orfani e orfane‎,
hai campi abbandonati
hai madri senza figli
e figli senza padri

Cuore
che hai e soffri
lunghe assenze mortali
vedove di morti viventi
che nessuno consolerà

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane.

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane.

Hai, in cambio,
orfani e orfane‎,
hai campi abbandonati
hai madri senza figli
e figli senza padri

Cuore
che hai e soffri
lunghe assenze mortali
vedove di morti viventi
che nessuno consolerà

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane.

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane.

Hai, in cambio,
orfani e orfane‎,
hai campi abbandonati
hai madri senza figli
e figli senza padri

Cuore
che hai e soffri
lunghe assenze mortali
vedove di morti viventi
che nessuno consolerà

Questo parte,
quello parte
e tutti, tutti se ne vanno
Galizia, resti senza uomini
che possan tagliarti il pane.

24 febbraio 1837: nasce Rosalía de Castro, poetessa spagnola (morta nel 1885)

 

Un fatto al giorno

24 febbraio 1525: battaglia di Pavia, dove un esercito spagnolo sconfigge un esercito francese. La battaglia di Pavia fu combattuta il 24 febbraio 1525 durante la guerra d'Italia del 1521-1526 tra l'esercito francese guidato personalmente dal re Francesco I e l'armata imperiale, costituita principalmente da fanteria spagnola e lanzichenecchi tedeschi, di Carlo V guidata sul campo da Fernando Francesco d'Avalos e Carlo di Borbone. La battaglia si concluse con la netta vittoria dell'esercito dell'imperatore Carlo V; lo stesso re Francesco I venne catturato. La battaglia segnò un momento decisivo delle guerre per il predominio in Italia e affermò la temporanea supremazia di Carlo V; dal punto di vista della storia militare la battaglia è importante perché dimostrò la schiacciante superiorità della fanteria spagnola organizzata nel tercio e soprattutto delle sue formazioni di archibugieri che distrussero con il fuoco delle loro armi la famosa cavalleria pesante francese.
La battaglia di Pavia segnò anche un momento di passaggio nelle strategie militari, che saranno d'ora in poi caratterizzate dal largo utilizzo delle armi da fuoco.
La Battaglia di Pavia segna un momento di importante mutamento nella composizione delle truppe, una sorta di Rinascimento Militare che prevedeva ora una distribuzione più omogenea della fanteria, della cavalleria come dell'artiglieria, visibile contemporaneamente nelle armate francesi e in quelle spagnole.
E se durante il Medioevo, la cavalleria pesante aveva composto principalmente gli eserciti, tra il XIII e il XVI secolo, questa disposizione cambiò sensibilmente a favore di una vera e propria evoluzione nell'intera arte bellica rinascimentale, che comprese non solo le tattiche della cavalleria, bensì anche le nuove strategie adoperate dalle fanterie di picchieri svizzeri, che ora si trovavano a fronteggiare la nuova minaccia delle armi da fuoco delle artiglierie.
Un vero e proprio innovamento nelle ars bellica avviene dunque durante le guerre d'Italia, in particolare nel primo ventennio del XVI secolo, con l'affinamento dell'uso delle bombarde, ora montate su affusti e ruote, e l'utilizzo più largo di armi da fuoco individuali, gli archibugi”

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”.

(Fidel Alejandro Castro Ruz, Birán, 13 agosto 1926 - L'Avana, 25 novembre 2016, rivoluzionario, politico e statista cubano).

Fidel Alejandro Castro Ruz, Birán, 13 agosto 1926 - L'Avana, 25 novembre 2016

Castro venne sottoposto a un intervento chirurgico intestinale, e il 31 luglio 2006 delegò le sue funzioni presidenziali al fratello Raúl.[317] Nel febbraio 2007 Raúl annunciò che la salute di Fidel stava migliorando e che stava prendendo parte a importanti questioni governative. Nello stesso mese Fidel prese parte allo show radiofonico di Hugo Chávez, Aló Presidente. Il 21 aprile Castro incontrò Wu Guanzheng, appartenente al Comitato permanente dell'ufficio politico del Partito Comunista Cinese. Il 15 e 16 settembre il Movimento dei paesi non allineati tenne il suo 14° vertice a L'Avana, dove Fidel venne nominato segretario generale.
In una lettera del febbraio 2008 Castro annunciò di non voler accettare i ruoli di Presidente del Consiglio di Stato e di Comandante in Capo che gli sarebbero stati proposti durante l'Assemblea Nazionale di quel mese, affermando: "Sarebbe tradita la mia coscienza se assumessi una responsabilità che richiede mobilità e devozione totale, che non sono in condizioni fisiche da offrire". Il 24 febbraio 2008 l'Assemblea nazionale del potere popolare votò all'unanimità Raúl come presidente. Descrivendo il fratello come "non sostituibile", Raúl propose che Fidel continuasse ad essere consultato sulle questioni di maggiore importanza, una mozione approvata all'unanimità dai 597 membri dell'Assemblea Nazionale.

Immagini:Comandante”, film documentario su Fidel Castro, di Oliver Stone.

24 febbraio 2008: Fidel Castro si ritira da Presidente di Cuba e dal Consiglio dei Ministri dopo 32 anni. Rimane come capo del Partito Comunista per altri tre anni.

 

Un brano musicale al giorno

L'ORFEO: Favola in Musica di Claudio Monteverdi (Jordi Savall)

24 febbraio 1607: L'Orfeo di Claudio Monteverdi, prima grande opera nella storia della Lirica, punto di partenza fondamentale per lo sviluppo del genere nei secoli successivi, viene rappresentato per la prima volta.

Il libretto è opera di Alessandro Striggio il Giovane (1535-1590) e si basa sul lavoro di "L'Euridice" di Rinuccini, che aveva già costituito la base per le opere di Peri e Caccini. Striggio estese il poemetto di Rinuccini in un libretto di cinque atti, con un significato teatrale più drammatico ed eccitante.

Claudio Monteverdi (1567-1643)

L'ORFEO: Favola in Musica (1607), di Claudio Monteverdi (1567-1643).
Rappresentazione di Jordi Savall con La Capella Reial de Catalunya nel Gran Teatro del Liceo di Barcellona, 2002)

Interpreti:

  • Montserrat Figueras (La Música)
  • Furio Zanasi (Orfeo)
  • Arianna Savall (Eurídice)
  • Sara Mingardo (La Mensajera)
  • Cécile van de Sant (La Esperanza)
  • Antonio Abete (Caronte)
  • Adriana Fernández (Proserpina)
  • Daniele Carnovich (Plutón)
  • Fulvio Bettini (Apolo)
  • Marília Vargas (Ninfa)
  • Francesc Garrigosa, Carlos Mena, Gerd Türk, Iván García

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k