“L’amico del popolo”, 23 marzo 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE SUNCHASER (Verso il sole, USA, 1996), regia di Michael Cimino. Sceneggiatura: Charles Leavitt. Fotografia: Douglas Milsome. Montaggio: Joe D'Augustine. Musiche: Aaron Copland, Maurice Jarre. Con: Woody Harrelson, Jon Seda, Anne Bancroft.

Brandon “Blue” Monroe è un giovane navajo di sedici anni che sta scontando una duplice condanna per omicidio. Quando scopre che il tumore incurabile di cui è affetto non gli lascia che un mese di vita, decide che la sua unica speranza è quella di raggiungere un lago situato tra le montagne sacre di cui tempo prima gli ha parlato un antico sciamano. Preso in ostaggio il suo medico curante, il dottor Michael Reynolds, intraprenderà insieme a lui un lungo viaggio che lo condurrà attraverso i deserti dello Utah e dell’Arizona fino ai monti del Colorado: un vero e proprio percorso iniziatico e spirituale che cambierà le vite di entrambi. Presentato in concorso al Festival di Cannes.

“Imperfetto e grandioso, Michael Cimino torna dopo i sei anni d'assenza seguiti a Ore disperate e lotta ancora contro la propria fama di regista “maledetto” perché industrialmente inaffidabile quanto a suo tempo Erich von Stroheim, ancora una volta si batte e polemizza contro quello che definisce l'autentico sabotaggio del sistema hollywoodiano ai suoi danni: se è vero quanto dice del modo riduttivo e avaro con cui Verso il sole rischia di venir distribuito negli Stati Uniti, sarebbe davvero come prendere un film e metterlo nel cassonetto.”

(Lietta Tornabuoni)

“Generoso, estremo, ellittico: così è, da sempre, Michael Cimino. Meglio: tanto generoso da rischiare l'ingenuità, tanto estremo da sfidare l'inverosimiglianza, tanto ellittico da sfiorare l'afasia narrativa. Le sue qualità, infatti, sono anche i suoi difetti. D'altra parte, sono proprio i suoi difetti che sorreggono le sue qualità. Il suo cinema “bello” - Una calibro 20 per lo specialista (1974), Il cacciatore (1978), I cancelli del cielo (1980), L'anno del dragone (1985), Ore disperate (1990) - è generoso, estremo ed ellittico perché, temerariamente, rischia 1'ingenuità, sfida l'inverosimiglianza, sfiora l'afasia narrativa.”

(Roberto Escobar)

“Dov'è il sole? Non, ovviamente, l'astro che permette la nostra vita: la domanda avrebbe in questo caso ben facile risposta. Si tratta piuttosto di scoprire dove risiede quella luce spirituale capace di dar senso all'esistenza, quel misterioso polo di attrazione in grado di vincere l'orrore del male e della morte. Al di là della linea d'ombra, la pienezza dell'essere. “Piccoli” quesiti, ai quali tenta di accostarsi con temerario coraggio Michael Cimino in Verso il sole. Un coraggio che ci costringe a un immediato moto di simpatia: forse la risposta sarà banale, ma non è banale interrogarsi, e non è cosa di tutti i giorni assistere a un film che cerca di andare al di là del puro spettacolo.”

(Luigi Paino)

“Comincia come un thriller, ma immediatamente vira verso il road movie a sfondo esistenziale e iniziatico: film come se ne facevano negli anni '70, tutti intrisi della malinconia del mito americano irrimediabilmente compromesso, della disperazione e del sogno. Il film si apre in immagini di una bellezza maestosa e straziata. Solo nel finale, quando il mito prende corpo, il film sembra appannarsi.”

(FilmTV)

 

Una poesia al giorno

Autoritratto, di Yun Dong-ju, poesia tradotta da Ugo Brusaporco

Solo, costeggio i piedi della montagna
verso il pozzo isolato accanto alla risaia e vi guardo dentro.
Nel pozzo la luna lucente, le nuvole ammassate,
il cielo vasto e blu e il sibilo del vento ed è autunno.
E c'è un uomo.
Mi allontano, odiandolo per una ragione che non conosco.
Ripensandoci, ho compassione per lui.
Torno indietro e guardo dentro. È sempre lì.
E di nuovo vado via, odiandolo.
Ripensandoci, ne sento la mancanza.
Nel pozzo la luna lucente, le nuvole ammassate,
il cielo vasto e blu e il sibilo del vento ed è autunno
e c'è un uomo, come un ricordo."

 

Un fatto al giorno

23 marzo 1849: a sera la pioggia cominciò a cadere fittissima, mentre l’esercito piemontese si ritirava in disordine all’interno di Novara. Le truppe, ridotte allo sbando, erano state appena sconfitte dall’esercito austriaco, che si stava nel frattempo accampando fuori città. Quando calò il buio il caos aumentò. La divisione del generale Bes, arrivata sotto Novara, venne cannoneggiata dai bastioni, perché scambiata per austriaca. Fuoco amico. Nella notte la città fu teatro di gravi disordini e violenze. Ai soldati mancavano i viveri, e i più animosi e spregiudicati tra di loro si diedero al saccheggio. Dovette intervenire la cavalleria, che caricò e falciò un buon numero di depredatori in uniforme. Era il 23 marzo 1849. La battaglia di Novara chiuse nel modo più desolante, per il regno di Sardegna, una guerra durata appena quattro giorni, anche se annunciata già dal 12 marzo. Il 20 marzo l’esercito piemontese aveva varcato il Ticino a Boffalora, avanzando fino a Magenta, con l’obiettivo di strappare agli austriaci una Milano dalla quale ci si attendeva una nuova insurrezione. Ma il giorno dopo i sabaudi patirono la controffensiva asburgica e furono sconfitti a Mortara, dove gli austriaci fecero 2000 prigionieri. Quello che la mattina del 23 marzo affrontò le truppe di Radetzky nei dintorni di Novara, in una battaglia che Chrzanowski aveva immaginato come essenzialmente difensiva, era un esercito cresciuto troppo in fretta nei mesi precedenti, mal finanziato, scarso di quadri e dotato di pessimi servizi logistici. Lo comandava un uomo che conosceva poco il Paese e quasi per nulla la sua lingua. Ma, soprattutto, i militi si sentivano demotivati e avventatamente trascinati in una guerra, che non li accendeva di passione, dalla pressione congiunta della Camera dei deputati e di un re mosso soprattutto dalla bramosia di riscattare la sconfitta con la quale l’estate precedente s’era ingloriosamente conclusa la prima guerra d’indipendenza.

 

Una frase al giorno

“Aspetto la mia stella.”

Questo il motto che il Re Carlo Alberto fece incidere nel 1843 su una medaglia, che riproduceva un sigillo del 1373 appartenuto ad Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde. La versione originale del motto, in francese antico, è "Je atans mon austre".

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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