“L’amico del popolo”, 24 novembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

A KING IN NEW YORK (Un re a New York, Gran Bretagna, 1957), scritto, diretto, musicato e interpretato da Charlie Chaplin. Fotografia: Georges Périnal. Montaggio: John Seabourne Sr. Con: Joy Nichols, Dawn Addams, Robert Arden, Maxine Audley, Phil Brown, Clifford Buckton, Michael Chaplin, Robert Cawdron, Jerry Desmonde, Alan Gifford, Harry Green, Sidney James, Oliver Johnston, Vincent Lawson, Lauri Lupino Lane, George Truzzi, Shani Wallis, George Woodbridge, Joan Ingrams, John McLaren, Nicholas Tannar, Macdonald Parke, Charlie Chaplin.

Un Re, deposto da una rivoluzione, è costretto a lasciare il suo regno europeo e si rifugia nel paese della libertà, gli Stati Uniti d'America. A New York l'ex re si trova imprigionato nella libera vita della città americana; appena sceso dall'aereo, ha dovuto lasciarsi prendere le impronte digitali, più tardi, al cinema e al ristorante trova soltanto violenza, frastuono e danze selvagge. Lo si invita ad un pranzo per dar modo a telecamere nascoste di fargli svolgere, a sua insaputa, un'azione pubblicitaria. Responsabile di questa gherminella è Anna Kay; ma quand'ella si presenta per offrirgli un lauto compenso ed un regolare contratto, egli la respinge bruscamente. Uno spiacevole incidente costringe l'ex re a prendere in considerazione offerte del genere: il suo primo ministro è fuggito, derubandolo di tutto il denaro. Ora il povero re spodestato deve mettersi al servizio della pubblicità e per far la propaganda a favore di certi ormoni si sottopone ad un'operazione che gli sfigura il volto: un'altra operazione gli ridarà la sua faccia. Invitato a visitare una scuola, egli si meraviglia dei sistemi d'educazione, che vi sono applicati: si ferma a parlare con uno dei ragazzi, di nome Rupert, e scopre in lui un fanatico, che manifesta urlando le sue idee anarcoidi. Quando viene a sapere che i genitori del ragazzo, ex comunisti, arrestati su denuncia del Comitato per le attività antiamericane, sono in prigione, l'ex re prende con sé il ragazzo; ma questo gesto generoso gli tira addosso parecchi guai. Egli stesso viene convocato per discolparsi davanti al Comitato; ma poi viene lasciato libero. Ormai ne ha abbastanza dell'America; prima di partire, va a salutare Rupert, e trova che ha perduto la sua baldanza. Per ottenere la libertà dei genitori, ha rivelato ai giudici i nomi di certi comunisti. Rupert è tutto vergognoso e piangente; e l'ex re lo conforta esprimendo la speranza che anche in America le cose cambieranno.

“E quale migliore omaggio rendere a un artista di cinema, nel mezzo di questo ventesimo secolo, che citare queste parole di Rossellini dopo la visione di Un re a New York: È il film di un uomo libero!”

(Jean-Luc Godard. Da Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano, 1971)

“Un re a New York è grande film, - scommetto che ci vorranno circa 10 anni prima che esso sembri buffo in prospettiva. Circa ogni due anni noi sogniamo, nel nostro sonno ti incontriamo. Perché non vai ancora avanti & fai un altro film & fotti tutti.”

(Allen Ginsberg. Da Filmculture n. 40, primavera 1966)

“D’accordo: Charlot non ci fa più ridere. Ma i critici, al contrario, non finiscono di divertirmi! Ciò che è più comico nel loro resoconto, come in tutti quelli negativi su A king in New York, sono le allusioni alla debolezza della sceneggiatura. Sarebbe come rimproverare al Nuovo Testamento di essere privo di suspense. Non è a caso che cito il Nuovo Testamento: il re Shahdow, monarca spodestato, arriva a New York dopo esser riuscito a salvare la pelle e i fondi della tesoreria reale. L’indomani apprende che il suo primo ministro ha tagliato la corda con tutto il malloppo”.

(François Truffaut)

“Divertente, letale freccia avvelenata contro quegli Stati Uniti che, sin da quando era L’Emigrante, hanno fatto sentire l’inglese Chaplin come un ospite indesiderato, lasciando che raccogliesse gli allori finché il successo era stratosferico, pronti a colpirlo alle spalle non appena scemava la sua popolarità: in esilio in Svizzera a causa della Commissione per le attività antiamericane, l'autore gira in Inghilterra questa farsa allegorica con un alter-ego regale che finisce con il “subire” l'american-way-of-life. Gli Stati Uniti sono dominati dal fracasso, da giovani scalmanati nel ballo, da un cinema (occhio ai trailers!) che vive di violenza fine a se stessa e morbosità gratuite, dalla televisione come occhio sul mondo che tutto controlla, dalla stampa sciacalla e manipolatrice, dalla pubblicità che ha ridotto qualsiasi rapporto ad una questione di dollari e marketing creando effimere stelle di massa, dal progresso che permette di comprare la giovinezza (irresistibile il riso trattenuto di Chaplin con la plastica facciale). I ragazzini vengono mal educati, il maccartismo ha creato un clima di terrore, avvilendo anche Il Monello che, stavolta, è rappresentato da un piccolo genio che si chiede: "Bisogna essere comunisti per leggere Carlo Marx?"
Chaplin demistifica la libertà d'un paese avvinghiato su se stesso, ma lo fa con invidiabile leggerezza, a parte un finale "esagerato" (sia davanti alla commissione che nella forzata chiusura malinconica) che è il segno tangibile d'una legittima voglia di rivincita. Se lo stile del regista non vuole mai rinunciare ai modi del cinema muto (vedi la sequenza d'apertura, gli sguardi in macchina da presa, la scenetta comica nel night club), quest'opera, sottovalutata, è molto moderna e lungimirante nel suo j’accuse”.

(Niccolò Rangoni Machiavelli)

 

Una poesia al giorno

"Troppo tardi", di Flor Bela de Alma da Conceição.

Quando infine arrivasti, per vederti
Si aprì la notte in magico chiaro di luna
E per riconoscere il suono dei tuoi passi
Si pose il silenzio, intorno, ad ascoltare...

Arrivasti, infine! Miracolo da far perdere la ragione!
Si vide in quell'ora ciò che non può essere:
In piena notte, la notte illuminarsi
E fiorire le pietre del sentiero!

Baciando la sabbia d'oro dei deserti
Ti avevo cercato invano! Braccia aperte,
Piedi nudi, occhi ridenti, la bocca in fiore!

E son cent'anni che ero fresca e bella!
E la mia bocca morta grida ancora:
Perché arrivasti tardi, o mio Amore?

"Tarde de mais"

Quando chegaste enfim, para te ver
Abriu-se a noite em mágico luar;
E para o som de teus passos conhecer
Pôs-se o silêncio, em volta, a escutar...

Chegaste, enfim! Milagre de endoidar!
Viu-se nessa hora o que não pode ser:
Em plena noite, a noite iluminar
E as pedras do caminho florescer!

Beijando a areia de oiro dos desertos
Procurara-te em vão! Braços abertos,
Pés nus, olhos a rir, a boca em flor!

E hà cem anos que eu era nova e linda!
E a minha boca morta grita ainda:
Por que chegaste tarde, ó meu Amor?

 

Un fatto al giorno

24 novembre 1947: “Paura Rossa”. Dopo essersi rifiutati di cooperare con il Comitato della Camera per le Attività Anti-americane, riguardo alle accuse di influenza comunista nell'industria del cinema, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti vota 346 a 17 l'approvazione delle citazioni di oltraggio del Congresso contro i cosiddetti Hollywood 10. L'espressione "Paura rossa" (in inglese Red Scare) è stato applicato a due distinti periodi di intenso anticomunismo nella storia degli Stati Uniti: dal 1917 al 1920 e durante i primi anni cinquanta. Entrambi i periodi furono caratterizzati da una diffusa paura dell'influenza dei comunisti sulla società statunitense e dell'infiltrazione comunista nel governo. Queste paure spronarono investigazioni aggressive e (particolarmente nel periodo 1917-1920) la carcerazione di persone che si riteneva fossero motivate dall'ideologia comunista o associate a movimenti politici comunisti o socialisti”.

(Wikipedia)

Attori, giornalisti e scrittori accusati di attività antiamericane e filocomuniste finiscono sulla lista nera Hollywood 10 che scatena una caccia alle streghe negli studios di Hollywood. La "paura rossa", così è definito questo periodo di intenso anticomunismo negli USA, vede tra i sospettati Marylin Monroe, Gary Cooper, Charlie Chaplin.

(teleborsa.it)

“Red scare (ingl. «paura rossa») Nome di due campagne contro il radicalismo di sinistra negli Stati Uniti. La prima, accentuatasi tra il 1919 e il 1920, rappresentò lo sviluppo delle iniziative per soffocare il dissenso neutralista e pacifista durante la Prima guerra mondiale. Promossa dal procuratore A. Mitchell Palmer, prese di mira immigrati anarchici, socialisti e comunisti con l’intento di prevenire una replica della rivoluzione bolscevica negli Stati Uniti. Comportò l’arresto di circa 9000 presunti sovversivi e la deportazione di oltre 500, trovando un’ultima eco nella condanna a morte e nell’esecuzione di Sacco e Vanzetti. La seconda costituì il riflesso della Guerra fredda in politica interna e si dipanò dal 1947 al 1954, incoraggiata dalle reiterate accuse demagogiche lanciate dal senatore J.R. McCarthy a partire dal 1950. Si propose di eliminare le ipotetiche infiltrazioni di comunisti nell’amministrazione federale e creò un clima inquisitorio di caccia alle streghe con ricadute in tutti gli ambiti della società, provocando arresti e licenziamenti, che colpirono alcune migliaia di persone, nonché richieste grottesche di giuramenti di lealtà anticomunista”.

(Treccani)

Immagini

 

Una frase al giorno

“Non c’è realtà più grande per chi si sveglia dal sonno di un’esistenza mortale del sogno che abbiamo sognato dormendo”.

(Dalton Trumbo, Montrose, 9 dicembre 1905 - Los Angeles, 10 settembre 1976)

E’ stato uno sceneggiatore, regista e scrittore statunitense. Nel 1953 il premio Oscar per il miglior soggetto - “Best Story” in inglese - fu vinto da Ian McLellan Hunter, sceneggiatore di Vacanze romane. L’Oscar per il miglior soggetto del 1956 lo vinse invece Robert Rich per il film La più grande corrida. Né Hunter né Rich avevano scritto quelle sceneggiature: Hunter era un prestanome e Rich proprio non esisteva. Le sceneggiature di Vacanze romane e La più grande corrida le aveva scritte Dalton Trumbo, uno dei più prolifici e meglio pagati sceneggiatori della Hollywood degli anni Quaranta. Trumbo aveva pensato e scritto quelle due storie ma non aveva potuto firmarle perché nel 1947 era diventato uno degli Hollywood Ten: dieci professionisti del cinema statunitense che furono sospettati di simpatie comuniste e furono quindi sospesi e boicottati da Hollywood per anni”.

 

Un brano al giorno

Manuel Cardoso: Magnificat Secuni Toni 

Manuel Cardoso (11 dicembre 1566 - 24 novembre 1650) fu compositore e organista portoghese.

 


Ugo Brusaporco

Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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