“L’amico del popolo”, 30 marzo 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

HENRY: PORTRAIT OF A SERIAL KILLER (Henry - Pioggia di sangue, USA, 1985 /1990), regia di John McNaughton. Sceneggiatura: Richard Fire, John McNaughton. Fotografia: Charlie Lieberman. Musica: Ken Hale, Steven A. Jones, Robert McNaughton Con: Michael Rooker, Tom Towles, Tracy Arnold, David Katz, Anne Bartoletti, Mary Demas, Erzsebet Sziky

Henry ha avuto un'infanzia difficile e costellata di traumi. Ora è un giovanotto introverso e mite all'apparenza. In realtà è un serial killer sessuofobo che dissemina la città di cadaveri. Con Henry vive Otis, suo ex compagno di prigionia che, saputo dell' "attività" di Henry, comincia a emularlo in modo, se possibile, ancora più feroce. Ai due si aggrega presto Becky, sorella di Otis, che ben presto si innamora di Henry. Quando Otis, ubriaco ed eccitato, tenta di violentarla, Henry lo uccide e, con il solito rituale, ne seziona il cadavere e lo butta nel fiume. A questo punto Henry e Becky partono insieme, ma...

“Una donna va a trovare il fratello Otis. Conosce così Henry che convive col fratello e che noi abbiamo già visto in azione. All'inizio del film infatti assistiamo a un "giro" in automobile del protagonista che, con una tranquillità e una determinazione da far spavento, uccide a destra e a manca senza una ragione. La donna scopre "soltanto" che lui ha ucciso la madre che tradiva il padre paralitico. Otis diventa nel frattempo complice di Henry in alcuni omicidi e in uno stupro (girato chiaramente come citazione di Arancia meccanica). Quando una sera Otis assale la sorella per violentarla lei si difende colpendolo e Henry lo finisce. Scapperanno in auto con il cadavere fatto a pezzi in una valigia. Giunto da noi in notevole ritardo questo film dal linguaggio cinematografico duro e scarno è divenuto oggetto di culto. Dopo aver visto Henry, Scorsese ha deciso di produrre il suo terzo film. In Francia è stato a lungo censurato per il finale che vede ancora a piede libero il killer. In Italia è stata aggiunta una didascalia dove si dice che Henry ora è nella cella della morte. Un finale-verità che assomiglia a un incubo, ma il terrore è reale”.

(Tiziano Sossi)

“Henry è un serial killer dai modi apparentemente gentili che uccide soprattutto donne: il suo coinquilino Otis, invece, è più malato e morboso di quel che sembra. La sorella di Otis, Becky, arriva a Chicago per stare a vivere un po’ con loro: ma il fratello, che ha iniziato a uccidere con Henry, rovinerà questo strano idillio carico, tuttavia, di tensione elettrica. Basandosi parzialmente sulle confessioni reali di Henry Lee Lucas, omicida seriale catturato e giustiziato, McNaughton non ambisce a entrare nella testa malsana di un assassino per tentare di spiegare la ragione dei suoi gesti. Anzi, minimizzando i suoi traumi infantili che possono in parte spiegare le sue tare, è ben conscio che la follia può essere qualcosa di totalmente illogico e, allo stesso tempo, di estremamente lucido: così, si limita a registrare la sua vita come si trattasse di un documentario, aggiungendo però inserti o personaggi di finzione (come, appunto, quelli di Otis e Becky) per aumentare l’effetto simpatia nei suoi confronti e, per contro, la sua sconvolgente impassibilità nel recidere vite umane. In anticipo sul Patrick “American Psycho” Bateman di Bret Easton Ellis, senza nessuna pretesa di morale o di critica sociologica e con una teoria sulla rappresentazione della violenza molto meno compiaciuta ed esibita di quel che comunemente si dice, McNaughton arriva molto a fondo nell’analisi della banalità del male, giungendo a sfiorare il concetto di orrore puro: azzeccati l’approccio ruspante, lo stile controllato ma assolutamente non sadico e la fotografia di grana grossa che fanno tanto cinema americano di genere fine anni ‘70/primi ’80. Girato nel 1986 ma tanto scomodo da essere distribuito soltanto nel 1990; in Italia è arrivato più tardi ancora, nel 1992, con un titolo che più deficiente e fuorviante non si potrebbe, anche se è conosciuto pure come Henry - Ritratto di un assassino di serie, altrettanto insipiente nella sua totale traduzione letterale. Forse diventato piuttosto celebre perché ha incuriosito il fatto che è il film che, in Caro diario, scatena l’invettiva di Nanni Moretti - che come critico è un discutibilissimo propugnatore di un cinema edificante e teraupetico - contro alcuni critici cinematografici, rei di osannare pellicole come questa per timore di sembrare retrogradi”.

(Roberto Donati)

“Ispirato alla storia vera di Henry Lee Lucas, Henry - Pioggia di sangue è un cinico e spietato ritratto della follia che si può annidare in ogni individuo. Lo stile narrativo è di tipo documentaristico: non ci sono particolari evoluzioni della cinepresa, ma forse è proprio la serietà con cui la storia viene narrata a rendere il tutto ancora più disturbante e credibile. Siamo abituati da altre pellicole che parlano di pazzi omicidi a schierarci comunque dalla parte della giustizia (a meno che non stiamo assistendo alle mirabolanti imprese di Hannibal Lecter o a uno slasher movie, dove le vittime sono teenager americani noiosi e viziati e quindi ci si trova inconsciamente a tifare per un Jason qualunque...). In questo caso invece Henry è vittima di una società degradata e questo con il tempo lo ha portato ad integrarsi per forza in essa. Il modo disinvolto con cui egli stesso descrive all’amico Otis (magistralmente interpretato dal grande Tom Towles, attore il cui volto è noto anche per altri film come il remake La notte dei morti viventi o La Casa dei 1000 Corpi), i metodi per uccidere una persona e passare inosservati, oltre ad essere veramente agghiacciante, mostra il punto di non ritorno della nostra società contemporanea e in questo senso non si può non provare simpatia per questo personaggio, se non addirittura sincera ammirazione, nonostante Henry non faccia sicuramente sfoggio né di cultura né di sentimenti di pietà o pentimento. Forse è proprio il suo modo di comportarsi così spontaneo che rende inevitabile sentirsi portati dalla sua parte, per quanto questa idea può essere aberrante. La violenza stessa non è invadente, bensì viene mostrata come fosse un hobby o un gioco trasgressivo (l’omicidio nel sottopassaggio è in questo senso emblematico), ed è proprio questo a provocare in chi osserva un senso di profondo disagio. Il tutto viene poi sicuramente accentuato grazie all’attore che interpreta Henry, Michael Rooker (Freeway Killer, Hypothermia, Il respiro del diavolo, Slither), che risulta veramente credibile nel ruolo dello psicopatico a tal punto che il suo volto può rimanere tranquillamente impresso nella nostra memoria accanto alla parola "assassino". All’epoca in cui uscì, il film divise inevitabilmente i giudizi del pubblico in modo netto tra coloro che rimasero impressionati positivamente per la lucidità con cui viene trattata la figura del tipico serial killer americano, e quelli che per lo stesso motivo lo ritennero dannosissimo e pericoloso. La verità sta certamente nel mezzo e senza scendere nelle polemiche che tanto andavano di moda nel periodo fine anni ’80 riguardo i valori morali che i giovani potessero trarre da film di questo tipo, sicuramente Henry - Pioggia di sangue è una di quelle pellicole che lasciano il segno non tanto per le scene gore, che anche se presenti in piccole dosi ma ben girate (la bottiglia piantata nell’occhio e l’accoltellamento multiplo finale sono da cineteca dell’orrore...) senza dubbio non hanno un ruolo fondamentale. A toccare in profondità nell’animo dello spettatore sono le atmosfere malsane che si respirano per tutta la durata del film e la crudezza con cui vengono esplorate certe tematiche scomode, dalla violenza della società contemporanea alla tossicodipendenza. Pertanto è un’opera che può lasciare perplessi, disgustati o forse anche affascinati, ma sicuramente deve essere trattata con estrema cautela. Henry - Pioggia di sangue: consigliata la visione a tutti coloro che credono che nella realtà quotidiana non si possa annidare l’orrore se non con il soprannaturale...”

(Pietro Bucari)

“Realizzato nel 1986 dall’esordiente John McNaughton con un budget di 125.000 dollari, Henry - Pioggia di sangue rimase bloccato dalla censura statunitense per più di tre anni. Il comitato della Motion Pictures Association of America che valuta la fruibilità delle pellicole decise infatti che il film era troppo violento per meritarsi una “R” (i minorenni entrano se accompagnati) e nessun taglio sarebbe stato sufficiente per fargliela meritare. Così, nel 1990 Henry fu distribuito nel circuito indipendente senza visto della censura (ossia bollato “X”: nessuno di 17 anni o meno è ammesso in sala) e finì nella lista dei dieci migliori film dell’anno secondo Time, USA Today e Chicago Tribune. Girato come un documentario, con finte interviste a protagonisti e testimoni della vicenda, Henry pioggia di sangue è la drammatizzazione di una serie di fatti realmente accaduti. Ma, come recita un cartello esposto all’inizio del film, non vuole essere la rappresentazione fedele di una storia vera. La pellicola è comunque in parte basata sulle confessioni di una persona di nome Henry, molte delle quali furono in seguito ritrattate. Per quanto invece riguarda Otis e Becky, il film è puramente immaginario. Fin dall’angosciante musica che accompagna i titoli di testa, e dall’immagine del cadavere di una donna nuda stesa in un bosco, sono ben chiare le intenzioni di Henry pioggia di sangue. E dall’inquadratura successiva, quella di Henry che fa tranquillamente colazione in una tavola calda, è chiaro il modo. McNaughton vuole realizzare un ritratto freddo, quasi distaccato, del suo serial killer, e proprio questa freddezza è la grande forza del film. La pellicola spaventa e fa inorridire proprio per via della normalità, della consuetudine, con la quale la violenza si inserisce nella vita per altri versi normale ancorché travagliata del protagonista. L’interpretazione di Michael Rooker nel ruolo del protagonista rende alla perfezione l’idea di un uomo pesantemente disturbato che appare comunque normale ad un osservatore esterno. Nonostante l’apparenza, il suo Henry è veramente un mostro, come al cinema se ne sono visti pochi, e questo è più che sufficiente per dare allo spettatore una forte sensazione di inquietudine. Alcuni critici italiani dell’epoca, però, riuscirono a non notare la vera natura del personaggio protagonista, finendo così per essere il bersaglio degli strali di un regista noto nostrano”.

(Alberto Cassani)

HENRY: PORTRAIT OF A SERIAL KILLER (Henry - Pioggia di sangue, USA, 1985 /1990), regia di John McNaughton

 

Una poesia al giorno

Spirea, di Kathleen Jamie

Secondo la tradizione certe poete gaeliche
venivano sepolte a faccia in giù...

Così la seppellirono, e si volsero verso casa,
un salmo uggioso
li avvolgeva come nebbia,

non sapevano che il liquido
che gocciolava dalle sue labbra
si sarebbe fatto strada là sotto,

e impigliati nella sua treccia
grigia che lentamente si scioglieva
c’erano semi estivi:

spirea, balsamo bastardo,
segni di onestà, che già
cominciavano a strisciare

verso la luce, mostrandole,
giunto il momento,
come dissotterrarsi –

emergere e salutarli,
bocca giovane, di nuovo piena
di terra, e sputo, e poesia.

(Da “La casa sull’albero”, Poesie scelte di Kathleen Jamie, Ladolfi, 2016, cura e trad. it. Giorgia Sensi)

Kathleen Jamie

 

Un fatto al giorno

E’ datato 30 marzo 1815 il proclama di Rimini, un appello con il quale Gioacchino Murat, insediato sul trono di Napoli da Napoleone Bonaparte, dopo aver dichiarato guerra all'Austria si rivolse agli italiani, chiamandoli alla rivolta contro i nuovi padroni e presentandosi come alfiere dell'indipendenza italiana, nel tentativo di trovare alleati nella sua disperata battaglia per conservare il trono. In realtà il proclama venne emesso da Gioacchino Murat il 12 maggio con la falsa data del 30 marzo e fu rivolto ai napoletani dopo la disfatta di Tolentino, che segnò la fine del Regno di Murat su Napoli. Il proclama colpì positivamente Alessandro Manzoni, che compose una canzone dal titolo omonimo la quale tuttavia rimase incompiuta in seguito all'esito negativo della campagna militare di Gioacchino Murat.

Il Proclama di Rimini, di Alessandro Manzoni

O delle imprese alla più degna accinto,
signor che la parola hai proferita,
che tante etadi indarno Italia attese;
ah! quando un braccio le teneano avvinto
genti che non vorrian toccarla unita,
e da lor scissa la pascean d'offese;
e l'ingorde udivam lunghe contese
dei re tutti anelanti a farle oltraggio;
in te sol uno un raggio
di nostra speme ancor vivea, pensando
ch'era in Italia un suol senza servaggio,
ch'ivi slegato ancor vegliava un brando.

Sonava intanto d'ogni parte un grido,
libertà delle genti e gloria e pace!
ed aperto d'Europa era il convito;
e questa donna di cotanto lido,
questa antica, gentil, donna pugnace
degna non la tenean dell'alto invito:
essa in disparte, e posto al labbro il dito,
dovea il fato aspettar dal suo nemico,
come siede il mendico
alla porta del ricco in sulla via;
alcun non passa che lo chiami amico,
e non gli far dispetto è cortesia.

Forse infecondo di tal madre or langue
il glorioso fianco? o forse ch'ella
del latte antico oggi le vene ha scarse?
o figli or nutre, a cui per essa il sangue
donar sia grave? o tali a cui piú bella
pugna sembri tra loro ingiuria farse?
Stolta bestemmia! eran le forze sparse,
e non le voglie; e quasi in ogni petto
vivea questo concetto:
liberi non sarem se non siam uni:
ai men forti di noi gregge dispetto,
fin che non sorga un uom che ci raduni.

Egli è sorto per Dio! Sí, per Colui
che un dí trascelse il giovinetto ebreo
che del fratello il percussor percosse;
e fattol duce e salvator de' suoi,
degli avari ladron sul capo reo
l'ardua furia soffiò dell'onde rosse;
per quel Dio che talora a stranie posse,
certo in pena, il valor d'un popolo trade;
ma che l'inique spade
frange una volta, e gli oppressor confonde;
e all'uom che pugna per le sue contrade
l'ira e la gioia de' perigli infonde.
Con Lui, signor, dell'Itala fortuna
le sparse verghe raccorrai da terra,
e un fascio ne farai nella tua mano.

 

Una frase al giorno

“Non sempre ciò che vien dopo è progresso”

(Alessandro Manzoni)

 

Un brano da ascoltare

Anita Cerquetti, “Casta Diva” dalla “Norma” di Vincenzo Bellini: quando la poesia di una voce incontra quella della musica... un bacio indimenticabile.

 

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org