“L’amico del popolo”, 8 marzo 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE FRESHMAN (Viva lo sport, USA, 1925), regia di Fred C. e Sam Taylor. Sceneggiatura: Sam Taylor, Ted Wilde, John Grey, Tim Whelan. Fotografia: Walter Lundin. Montaggio: Allen McNeil. Con: Harold Lloyd (The Freshman), Jobyna Ralston, Brooks Benedict, James Anderson, Hazel Keener, Joseph Harrington, Pat Harmon.

Nel 1990 il film è entrato nella Lista di film preservati nel National Film Registry presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Nel 2000 l'AFI lo ha inserito al 79º posto nella lista delle cento migliori commedie americane di tutti i tempi.

Harold va all'Università: rispetto agli altri studenti, il giovane è molto goffo ma tutti, per prenderlo in giro, lo trattano come uno di loro. Al college, il gioco più popolare è il football. Harold, che vuole emulare il campione locale per conquistare così la bella Peggy, agli allenamenti si dà molto da fare per entrare nella squadra e poter giocare in campo. Ma è inguaribilmente imbranato. Tuttavia l'allenatore, che non ha cuore di deluderlo, lo mette in panchina. Durante la partita, Harold è smanioso di mettersi in gioco e l'allenatore lo fa giocare. Inizialmente, combina un disastro, ma poi riesce a portare la squadra alla vittoria guadagnandosi la popolarità.

“The Freshman si può praticamente riassumere in una riga”, ricordava Harold Lloyd. “Un ragazzo, ossessionato dall’idea di diventare lo studente più popolare del suo college, fa ogni sforzo per riuscirci ma sbaglia tutto.” Lloyd lavorava senza copione, ma si avvaleva di più autori di gag di qualsiasi altro comico dell’epoca. “I suoi gagmen stavano seduti in una stanza, su sedie di tela, intorno a un lungo tavolo da cucina”, raccontava Lewis Milestone, che diresse brevemente Lloyd in The Kid Brother. “Arrivavano al mattino con l’espressione cupa di chi odia il mondo; non dicevano neppure buongiorno. Se ne stavano lì a leggere riviste. Poi sentivano abbaiare i cani di Harold. Nascondevano le riviste e Harold entrava. Uno di loro si alzava in piedi e indicava un collega, dall’altra parte del tavolo, dicendo: ‘Lui ha avuto un’idea eccezionale’. ‘Benone,’ diceva Harold, ‘Sentiamo, sono tutt’orecchi.’ Naturalmente il malcapitato non aveva nessuna idea, ma era stato tirato in ballo e doveva tirar fuori qualcosa. Così cominciava a balbettare, e allora si mettevano a parlare anche gli altri: volevano far colpo sul capo, perché era Harold Lloyd. E da tutto questo veniva fuori una gag.”
“Lloyd era sempre presente,” ricordava il suo amico John Meredith. “Bisogna essere onesti, dipendeva tutto da Harold Lloyd. Se piaceva a lui, la gag si faceva; se non gli piaceva, non si faceva.”
Con tutti i suoi svantaggi, il sistema dei gagmen consentì a Lloyd di iniziare un film partendo da uno spunto che era poco più di una partita di football, per terminare poi con un’opera giudicata da molti il suo capolavoro.
“Siamo andati a Pasadena, dove si tenevano tutti gli incontri del Rose Bowl”, ricordava Lloyd, “e siamo rimasti lì a lavorare due o tre giorni; ma per qualche motivo la cosa non ha funzionato, o non ci è venuta l’ispirazione, così alla fine ho detto alla troupe, ‘Ragazzi, lasciamo perdere; non possiamo girare il film in questo modo. Devo studiare il personaggio, conoscerlo e sentirlo, altrimenti non riusciremo a esprimere quella che per me è la sostanza di questa storia’. Così abbiamo scartato il materiale che avevamo girato. Non avevamo ancora un copione, ma siamo tornati e abbiamo rifatto The Freshman completamente. Ripensandoci, è stato meglio così”.

Hal Roach rivendicò la paternità dell’idea originale. Ma un ovvio spunto di partenza è rappresentato piuttosto da un film di Charles Ray ancora esistente e intitolato The Pinch Hitter (1917), benché tra le due pellicole passi la stessa differenza che corre tra una Ford T e una Pierce-Arrow. Non fu però Charles Ray a citare in giudizio Lloyd per plagio, bensì uno scrittore di nome H. C. Witwer, autore della serie Leather Pushers della Universal. Costui aveva inviato un racconto ambientato in un college a Lloyd, il quale aveva passato il testo ai propri gagmen. Il loro giudizio fu negativo, ma non dimenticarono la storia e invitarono Witwer ad ascoltare il loro abbozzo. Egli fu prodigo di lodi, ammise la superiorità del loro lavoro e li invitò anzi ad attingere, se lo desideravano, alle gag contenute nel suo racconto. Ma quando The Freshman diventò il film comico di maggior successo mai realizzato (o quasi), Witwer intentò un’azione legale. Solo nel 1933 la Harold Lloyd Corporation ottenne un verdetto abbastanza favorevole. “Perché mai Lloyd avrebbe dovuto pagare 40.000 dollari per far lavorare al suo film uno squadra di scrittori, se il testo c’era già e si poteva acquistare e copiare per una somma assai inferiore?” si legge nella sentenza del tribunale. “Una tale possibilità non pare credibile.” Come tanta gente di cinema, Lloyd non era stato all’università; l’aveva invece frequentata uno dei suoi gagmen. Il talento di Sam Taylor (un ex Fordham) era così evidente che Lloyd lo promosse al ruolo di regista, di solito in coppia con Fred Newmeyer. Insieme realizzarono Safety Last!, Girl Shy, For Heaven’s Sake, ecc., poi Taylor passò a dirigere John Barrymore, Norma Talmadge, Mary Pickford e Douglas Fairbanks.

Fra tutti i film di Lloyd, The Freshman è quello che più si avvicina alla satira vera e propria eppure non è satirico perché è chiaro che Lloyd crede nella società di cui si prende gioco. Egli riesce a persuaderci che il mondo di cui desidera entrare a far parte è assolutamente degno di fiducia e rispetto, nonostante tutti i soprusi e le crudeltà cui lo sottopone. È forse questo uno dei motivi per cui il film risultava tanto inquietante agli occhi degli studenti negli anni Sessanta e Settanta; questo, e il fatto che The Freshman assume rapidamente il respiro di un’epica dell’imbarazzo. Quando Harold saluta facendo un saltello come ha visto fare al cinema, il padre commenta con la moglie: “Temo che se Harold imiterà quell’attore quando è al college, gli spezzeranno il cuore o il collo.” È l’ultimo momento di compassione del film; da qui in poi, il trattamento riservato a Harold è feroce, soprattutto nelle sequenze di allenamento. Per queste scene Lloyd fece ricorso a veri giocatori di football, uno dei quali ci ha raccontato che Lloyd si era servito di una controfigura. Tuttavia, realizzando il documentario The Third Genius, esaminammo il film con la massima attenzione, e concludemmo senza il minimo dubbio che Lloyd aveva interpretato l’intera scena di persona (forse dopo aver osservato le controfigure). “In quella scena avevo impiegato qualcuno dei nostri ragazzi” rievocò Lloyd, “che erano veramente rudi. Quando ti colpivano te ne accorgevi; i veri giocatori di football invece non ti facevano male.” Lloyd credeva molto nelle anteprime. Nella prima di esse, tutto filò liscio fino al ballo del college, quando il vestito di Harold comincia a disintegrarsi. Mancava qualcosa. Alla seconda anteprima, risultò evidente che cosa mancava. I gagmen (e la sceneggiatrice Frances Marion, sua cara amica) insistevano perché Harold perdesse i pantaloni. “Naturalmente” raccontava Lloyd “è uno dei momenti culminanti della sequenza. È come scivolare su una buccia di banana; se non monti sulla buccia di banana, devi avere una ragione altrettanto divertente per non farlo”. Per quasi tutti i film comici il ballo sarebbe stato un adeguato punto culminante, ma Lloyd ha ancora in serbo per noi la partita di football. Una gag dopo l’altra, ci convinciamo che Harold è un idiota incurabile, fino a quando scocca l’ultimo minuto di gioco: allora egli rincorre il giocatore col pallone, gli balza in groppa, gli strappa il pallone e sfreccia via a velocità incredibile schivando gli avversari come se avesse gli stivali delle sette leghe, mentre la cinepresa attraversa il campo davanti a lui.
“Una parte della scena fu girata durante una vera partita di football”, ricordava Lloyd. “Una delle partite più importanti dell’anno, tra le università di Stanford e della California. Fu l’unica occasione in cui una troupe cinematografica ebbe il permesso di girare durante una partita di football: lavorammo prima della partita, ma con gli spettatori già presenti, e nell’intervallo tra i due tempi. Rinunciarono alle loro consuete marce, e affidarono tutto a noi; in tutte le scene che si vedono, c’è qualcosa che avevamo già provato e preparato, e poi girato durante la vera partita. Avete presente il momento in cui corro, perdo la scarpa e mi sembra di sentire il fischio dell’arbitro? Quella scena è stata effettivamente girata durante la partita.”
Le riprese del match vennero effettuate al Memorial Stadium dell’Università della California, sulle colline sopra Berkeley. Geoffrey Bell, il futuro storico del cinema, si trovava allora sulle tribune: “Si pensa sempre al cinema comico come a uno spettacolo spontaneo, che accade quasi per caso. Invece il lavoro e la pianificazione necessari per questa semplice scena, il numero dei tecnici, la quantità delle cineprese impiegate, la serietà e l’impegno che tutti dimostravano mi impressionarono molto.

“Negli anni Venti, a mio parere, Lloyd era il più grande. Per me egli superava tutti gli altri grazie alla sua accessibilità. C’era in lui una freschezza spontanea davvero amabile. Anche per questo, credo, quando entrò allo stadio fu salutato da un applauso così entusiastico: tutti si identificavano in lui”.

(Kevin Brownlow nel Catalogo 2013 delle Giornate del Cinema Muto)

8 marzo 1971 muore Harold Lloyd, attore, regista e produttore americano (nato nel 1893)

 

Una poesia al giorno

Il ribelle, di Juana de Ibarbourou

Caronte: io sarò uno scandalo sulla tua barca.
Mentre le altre ombre pregheranno, gemeranno o piangeranno,
e sotto il tuo sguardo da sinistro patriarca
timide e tristi, sottovoce, supplicheranno,

io andrò come un’allodola cantando lungo il fiume
e inonderò la tua barca col mio profumo selvaggio,
e illuminerò le onde dell’oscuro ruscello
come una lanterna azzurra che illumini il cammino.

Per quanto tu non voglia, per quanti sinistri lampi
mi lancino tuoi occhi, maestri di terrore,
Caronte, io sulla tua barca sarò come uno scandalo.

Ed esausta d’ombra, di coraggio e di freddo,
quando vorrai lasciarmi sulla riva del fiume
saranno le tue braccia a depormi come conquista di vandalo.

REBELDE

Caronte: yo seré un escándalo en tu barca.
Mientras las otras sombras recen, giman o lloren,
Y bajo tus miradas de siniestro patriarca
Las tímidas y tristes, en bajo acento, oren,

Yo iré como una alondra cantando por el río
Y llevaré a tu barca mi perfume salvaje,
E irradiaré en las ondas del arroyo sombrío
Como una azul linterna que alumbrara en el viaje.

Por más que tú no quieras, por más guiños siniestros
Que me hagan tus dos ojos, en el terror maestros,
Caronte, yo en tu barca seré como un escándalo.

Y extenuada de sombra, de valor y de frío,
Cuando quieras dejarme a la orilla del río
Me bajarán tus brazos cual conquista de vándalo.


 

Juana de Ibarbourou, all'anagrafe Juanita Fernández Morales (Melo, 8 marzo 1895 - Montevideo, 15 luglio 1979), è stata una poetessa e scrittrice uruguaiana.

 

Un fatto al giorno

8 marzo 1910: L'aviatore francese Raymonde de Laroche diventa la prima donna a ricevere una patente di guida. Raymonde de Laroche, pseudonimo di Élise Roche, (Parigi, 22 agosto 1882 - Le Crotoy, 18 luglio 1919), è stata un'aviatrice e attrice teatrale francese. È ricordata tra i pionieri dell'aviazione per essere stata la prima donna ad ottenere un brevetto di volo, l'8 marzo 1910.

“Figlia di un idraulico, attrice sotto il nome di Raymonde de La Roche, dopo parecchi viaggi in mongolfiera, nel 1909 impara a pilotare un biplano da un ingegnere che lavora per il costruttore Charles Voisin. Anche se Voisin le avrebbe vietato di prendere i comandi da sola, ci prova lo stesso e resta in aria per 270 metri. La rivista «Flight» la proclama “First Aviatress of the World” (nonché baronessa, un titolo che conserverà sulla stampa internazionale). L’8 marzo 1910, a Eliopoli, in Egitto, è la prima donna a ottenere il brevetto di pilota, il trentaseiesimo rilasciato dalla Federazione aeronautica internazionale (FAI). Poco dopo ha un grave incidente a Mourmelon, vicino a Reims, ma l’anno dopo si riprende e partecipa alla riunione aviatoria di San Pietroburgo (dov’è applaudita dallo zar Nicola II), Budapest e Rouen. Nel 1913 batte il record di durata in volo e di distanza in circuito chiuso, aggiudicandosi la coppa Femina, e ha un altro incidente, di macchina questo, in cui muore Charles Voisin. Durante la guerra mondiale, alle donne è vietato volare perché sarebbe troppo pericoloso, si mette a disposizione dell’esercito e porta in automobile gli ufficiali tra le retrovie e il fronte. Nel 1919, batte due record femminili, diventa la prima donna “collaudatrice” e precipita con un prototipo all’aeroporto di Le Crotoy.
C’è la sua statua al Musée de l’Air et de l’Espace, nell’aeroporto del Bourget, vicino a Parigi, che ogni anno organizza un week-end al femminile in coincidenza con l’8 marzo”.

(Enciclopedia delle donne)

Immagini:

 

Una frase al giorno

“L'attuale ideologia pachistana riguardante il ruolo dei sessi considera gli uomini come coloro che guadagnano il pane per la famiglia, mentre il mondo delle donne spesso è letteralmente confinato tra le pareti domestiche, dove sono madri e mogli. Le disuguaglianze tra i sessi sono indiscutibili prendendo atto delle statistiche: oggi vi sono soltanto 65 donne alfabetizzate ogni cento uomini. La tradizione ostacola l'accesso alla scuola media, secondaria e universitaria delle bambine, particolarmente nelle aree rurali. Il tessuto sociale pachistano sta sperimentando un cambiamento sostanziale: vi è una battaglia in corso per il futuro del Pakistan, paese che attualmente si trova davanti a un bivio e deve scegliere tra la strada delle riforme o la strada che riconduce al passato”.

(Benazir Bhutto, Karachi, 21 giugno 1953 - Rawalpindi, 27 dicembre 2007)

Benazir Bhutto è stata una politica pakistana. Ha ricoperto per due volte la carica di Primo ministro: dal 1988 al 1990 e dal 1993 al 1996. La Bhutto morì il 27 dicembre 2007 in un nuovo attacco suicida avvenuto al termine di un suo affollato comizio a Rawalpindi, a circa 30 km dalla capitale Islamabad: nell'attentato morirono almeno 20 persone e altre 30 rimasero ferite. Mentre saluta la folla affacciata al tettuccio della sua Toyota blindata, un poliziotto si avvicina e le spara con la pistola, qualche istante dopo un attentatore si fa esplodere vicino all'auto che resiste all'urto. L'esplosione fa strage fra le migliaia di persone radunate per assistere al comizio. Trasportata immediatamente in ospedale, la leader pakistana dell'opposizione morì poco dopo a causa della gravità delle ferite riportate, in parte dovute anche al violento spostamento d'aria causato dall'esplosione”.

(Wikipedia)

 

Un brano musicale al giorno

Francesca Caccini: Lasciatemi Qui Solo

Bellissimo brano musicale di Francesca Caccini, detta la Cecchina (Firenze, 18 settembre 1587 - Lucca o Firenze, dopo il giugno 1641), figlia di Giulio Caccini, fu prima autrice di un'opera completa.

“Le cantanti per lungo tempo non poterono esibirsi in pubblico: «nei primi secoli di vita della chiesa cristiana, le donne furono parte attiva nelle cerimonie, ma in seguito le autorità religiose si opposero all’utilizzazione delle voci femminili. Con la costruzione di chiese, basiliche e monasteri la musica divenne una pratica esclusiva dei monaci e dei musicisti di professione. Le suore cantavano all’interno dei loro conventi e nei secoli successivi incrementarono le attività musicali fino ad incorrere in una serie di misure restrittive attuate da numerosi papi». Solo gli uomini potevano divenire Maestro di Cappella o Maestro di corte. È solo nei conventi o nelle famiglie di musicisti che le donne vengono iniziate ad una istruzione musicale che va oltre il vezzo e il passatempo consono alle fanciulle. Inoltre la maggior parte dei manoscritti e anche molte delle prime pubblicazioni musicali del 1500 e del 1600 rimasero anonime: soltanto alla fine del 1600 le donne cominciarono a firmare le proprie opere.

Francesca Caccini rappresenta un’eccezione per il suo tempo. Nasce nella corte Medicea, primogenita in una famiglia di musicisti: il padre, Giulio Caccini, musico di corte, cantante e compositore; la sorella, Settimia, cantante; la madre, Lucia Gagnolanti, è definita valente cantatrice d’ignoto casato. Anche la donna che Giulio sposerà dopo la morte della moglie, Margherita Benevoli della Scala, sarà una cantante. La corte Medicea viene ricordata per la magnificenza degli spettacoli e per la vivacità culturale che vi si incoraggia. Firenze è la culla delle nuove forme del dramma musicale: il melodramma è nato, spetta alla corte consacrarlo. I Medici applaudirono le prime opere della Camerata Fiorentina. A loro spetta il vanto, scrive M. G. Masera, di aver protetto con eccezionale liberalità i musicisti più insigni, di aver accolto i cantanti più celebrati. All’età di tredici anni Francesca si esibisce, forse per la prima volta, in pubblico, cantando nel Concerto Caccini (formato dal padre, dalla sorella e dalla matrigna) in occasione del matrimonio di Maria dei Medici con Enrico IV, Re di Francia. Venne immediatamente notata per la sua bellissima voce e richiesta anni dopo, dalla stessa Maria dei Medici, alla corte del Re. Ma i Medici fiorentini le rifiutarono il permesso. Francesca Caccini oltre a distinguersi come cantante, viene istruita dal padre alle lettere; scrive poesie in latino e in volgare, apprende le lingue straniere: canta in francese e in spagnolo. Apre una scuola di canto, e dal 1619 già si parla delle sue discepole. Suona il liuto, il chitarrinetto e il clavicembalo e all’età di diciotto anni inizia a comporre. «La Caccini soprattutto s’impone come solista, cantando anche in francese e in spagnolo, sicché il re la loda come ottima cantatrice, ritenendola superiore a tutte le francesi e dichiara il concerto Caccini migliore di ogni altro. Enrico IV avrebbe voluto trattenere a corte la Caccini, ma sebbene suo padre avesse infine acconsentito, il granduca di Toscana - al quale Giulio aveva scritto per chiedergli il permesso di lasciare la figlia maggiore alla corte francese - non vuole privarsi di lei». Delle sue poesie nulla è giunto fino a noi, ma grande fu la sua fama ed il successo di cantante e anche di compositrice: iniziò a musicare le poesie di Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del Grande Michelangelo - amico anche di Artemisia Gentileschi, di poco più grande di Francesca, la quale si dipingerà come liutista -, il quale ricevette spesso dai Medici l’incarico di scrivere libretti per musica con Francesca Caccini. Collaborarono insieme per anni, legati da una grande amicizia, definita da alcuni amore, documentata da una fitta corrispondenza. La Caccini scrisse madrigali, ballate, variazioni, musica per voce, e la prima opera melodramma composta da una donna La liberazione di Ruggero. Attivissima collaboratrice negli spettacoli di corte, come esecutrice di musica sacra e profana, nel 1607 entra ufficialmente nell’organico di corte e diventa la musicista più pagata: passa dai 10 ai 20 Scudi mensili. Dal fitto epistolario con il Buonarroti emerge chiara la passione per la composizione: si confida, chiede consigli per eventuali pubblicazioni, informa del successo o meno delle rappresentazioni: «Non mi sono scordata del debito ch’io aveva di scrivere a V. S. ma si bene sono stata impedita da infinite occupazioni le quali mai non lascerebbono me s’io talvolta non le fuggissi. (...) Basta che in me prima mancherà la vita e il desiderio di studiare e l’affetto che ho sempre portato alla virtù perché questa vale più d’ogni tesoro e d’ogni grandezza».

Nel 1615, durante il Carnevale, rappresenta al palazzo Pitti il Ballo delle Zigane, interamente musicato da lei, di cui è pervenuto solo il libretto, ma del quale sappiamo che si alternavano brani esclusivamente strumentali a parti corali e ad arie solistiche. In quel periodo di lei si scrive: «Qui ella è udita per meravigliosa e senza contraddizione, et in pochi giorni la fama sua è sparsa». Scrive sempre la Masera: «Le virtuose soprattutto formavano il vanto di Pitti: non v’era gusto maggiore, che quello di udire una di queste leggiadre artiste... la Caccini fu veramente la regina delle cantanti medicee, segnalandosi non solo per l’angelica voce e la scuola eccezionale, ma per il suo genio che doveva assegnarle un posto nella schiera non troppo numerosa delle compositrici italiane». Nel 1618 viene pubblicato il suo primo libro di musica ad una e due voci. Si sposa con il cantante Giovan Battista Signorini, ma questo matrimonio sembra non aver avuto grande importanza nella sua vita «essendo essa stipendiata dai Medici parve opportuno di accasarla con un cantante della corte che, del resto, era uomo di scarsa genialità, faceva parte della musica da camera e guadagnava 13 scudi al mese». Indubbiamente fu forte l’influenza del padre sulle sue prime composizioni, ma nella sua prima Opera Romain Rolland riconoscerà, secoli dopo, l’espressione di una delicata individualità di insigne artista, che «riflette già l’influsso del genio di Monteverdi e per questo la Caccini rimarrà vicina a noi più degli altri compositori fiorentini dell’epoca sua». Viaggiò in tournée, accompagnata spesso dal marito, per le corti italiane ed europee, rappresentando a Varsavia, in onore del principe ereditario polacco Ladislao Sigismondo, proprio la sua prima opera La liberazione di Ruggiero dall’isola di Alcina, che porterà la dedica al futuro re. È la prima opera italiana scritta da una donna, e la prima ad essere rappresentata all’estero. Un episodio che dà conto del carattere della Cecchina viene riportato da Antonio Magliabecchi. Nei suoi ricordi inediti la dichiara valente nel cantare e nel recitare, ma la dice «altrettanto fiera ed irrequieta». È proprio in relazione a questa sua prima opera che nacquero baruffe e litigi con il poeta di corte, Andrea Salvadori, il quale rifiutò di scrivere per la Caccini il libretto. Il Salvadori scrisse versi pungenti contro Saracinelli, il nuovo librettista, e la compositrice. Lei per risposta lo mise in ridicolo come amante dai facili successi, e riuscì a far naufragare la rappresentazione di una sua favola (Jole ed Ercole) dicendo che era una satira contro il principe. Si cominciò a far deduzioni poco lusinghiere sul carattere della Caccini, che fu detta vendicativa e dispettosa. Alla fine del 1626 il marito muore e con questa morte si perdono le tracce anche della Caccini. Si sa soltanto che prestò servizio fino al 1628 nella corte medicea ma nulla di preciso si sa più della sua vita. Rimane un unico ricordo di un contemporaneo che scrive: «Ella si rimaritò in un lucchese lasciando il servizio di queste Altezze et morì di cancro alla gola.»

Dal 1640 non è più ricordata come vivente. Nonostante la fama ed il successo di cui si è detto già nel 1700 la Cecchina cade nell’oblio, rotto nel 1847 da un articolo pubblicato nella Gazzetta Musicale di Milano e da successivi studi storici e filologici”.

(In Enciclopedia delle donne)

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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