L’uso di attribuire un nome alle locomotive risale alla nascita delle ferrovie. Nei primi tempi, le locomotive a vapore venivano “battezzate” singolarmente e, come le navi, ognuna aveva un nome proprio: spesso nomi di persone, di luoghi o mitologici. Successivamente, anche ad alcuni gruppi di locomotive fu assegnata, oltre ovviamente alla numerazione sociale, una denominazione collettiva, ma per lo più in maniera ufficiosa.
Spicca per originalità il caso delle nostre E.444, che aprì la strada ad un breve periodo in cui i gruppi di locomotive elettriche che le FS andavano mettendo in servizio ebbero una denominazione ufficiale.
Per le loro caratteristiche tecniche innovative, le E.444 furono particolarmente curate dalle Ferrovie anche sotto il profilo dell’immagine [1].
Il mensile “Voci della rotaia”, la rivista aziendale delle FS, indisse un concorso con un premio in denaro, per trovare un soprannome alle nuove macchine. Vi parteciparono 1948 ferrovieri e vinse la proposta “Tartaruga”, forse per il simpatico contrasto suggerito fra l’animale simbolo di lentezza e la locomotiva più veloce d’Italia, la prima in grado di raggiungere i 180 km/h (poi 200 km/h) in servizio regolare. Un’immagine relativa al lancio dell’iniziativa si può vedere all’indirizzo internet [2].
La pratica si ripeté a metà degli anni Settanta, in occasione dell’entrata in servizio del Gruppo E.656, battezzato “Caimano”, e nel 1979, per le prime locomotive elettroniche di serie, le E.633, che ricevettero la denominazione di “Tigri”, sempre attraverso la procedura del concorso tra i ferrovieri. Contro questa procedura, sospettata di essere poco trasparente, si espresse l’ing. Mascherpa in un vivace editoriale [3], contenente una lettera aperta rivolta al Direttore Generale delle FS.
Non sappiamo se quella istanza sia mai giunta al suo destinatario ma sta di fatto che, per le locomotive costruite negli anni successivi, le E.453/454, le E.402 e i Gruppi seguenti, il battesimo con nomi di animali non ebbe più luogo e le macchine rimasero, per così dire, anonime.
Ora, Tartarughe, Caimani e Tigri sono accomunati, oltre che dall’elegante livrea d’origine in grigio perla e blu orientale, mai più replicata su rotabili FS nuovi, dal trovarsi vicini, in questo inizio d’anno 2020, alla fine della loro carriera.
Dell’uscita di scena delle E.444 abbiamo già scritto in questa rubrica [4].
Le E.656 sono più giovani: le ultime unità costruite entrarono in servizio nel 1989 e trent’anni di lavoro sono un po’ pochi per una locomotiva elettrica; dispiace vedere accantonate macchine tecnicamente ancora piuttosto valide.
Alcune unità dovrebbero restare in uso per treni soccorso e servizi interni, come le “Tigri” di ultima generazione, le E.652, destinate ancora per un po’ di tempo al traino di convogli merci.
Meno longevi sono stati i “Tigrotti”, le E.620 delle Ferrovie Nord Milano, entrate in servizio nel 1984-85, sorta di versione ridotta a quattro assi delle “Tigri” FS, e già accantonate nel 2010.
Seppur il caso italiano risalti per importanza, per la quantità di locomotive con soprannomi “zoologici”, ricordiamo per concludere che pure la vicina Svizzera ha avuto i suoi felini su rotaie, le piccole macchine a vapore del Gruppo E3/3, che erano e sono conosciute come le “Tigrotte” (in tedesco, Tigerli).
[1] M. Chiara, “E.444: per sempre Tartaruga?”, Rivista I Treni, n. 408, novembre 2017
[2] www.flickr.com
[3] E. Mascherpa, “Il supplizio zoologico”, Rivista Italmodel Ferrovie, n. 227, giugno 1979
[4] www.superbadlf.it
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio Giacomo Rossi, autore dell’immagine a corredo del presente articolo, che riprende un “Caimano” precocemente invecchiato e a fine carriera.
Marco Galaverna
Questo articolo, come altri scritti dall’Ing. Marco Galaverna, socio DLF Genova e socio Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.), è stato utilizzato nell’ambito del Progetto Scuola Ferrovia dell’Associazione DLF Genova ed è stato tratto dalla rubrica “il treno nella storia”, nel numero 2 (Marzo-Aprile 2020) della rivista Superba DLF Genova.
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