“L’amico del popolo”, 3 settembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

STORMY MONDAY (Stormy Monday - Lunedì di tempesta, Gran Bretagna/USA,1988), scritto, diretto e musicato da Mike Figgis. Fotografia: Roger Deakins. Montaggio: David Martin. Con: Melanie Griffith, Tommy Lee Jones, Sting, Sean Bean, James Cosmo, Mark Long, Brian Lewis, Andrzej Borkowski.

Cosmo, un uomo di affari americano di incerta reputazione, sbarca a Newcastle in Inghilterra. D'accordo con le Autorità locali, ha deciso di comprare e demolire tutto il centro storico cittadino, per installare a scopo speculativo fast-food e botteghe redditizie, dando con ciò una mano - a suo dire - ai disoccupati inglesi. Ma c'è Finney a sbarrargli la strada: è il proprietario di un locale dove si suona il jazz e si raduna piacevolmente molta gente. Alle dipendenze di Finney lavora come uomo di fatica un giovane irlandese, Brendan che, sentiti per caso una sera in un bar due scagnozzi di Cosmo parlare d'un attentato da fare a Finney stesso per indurlo a firmare la cessione del locale, preavverte il suo principale, che nel proprio ufficio manda in fumo il losco piano, sbeffeggiando i due armati. Brendan si è fatta un'amica in Kate, cameriera di un caffè e già amante dell'americano. La ragazza si è innamorata del giovanotto, Cosmo lo sa e, mentre Newcastle è in festa, con bandiere e majoretters, a celebrare la "settimana dell'amicizia anglo-americana", il boss, spera di raggiungere un triplice scopo: realizzare l'affare programmato, punire a tutti i costi quel Finney che gli è da sempre tenacemente contro e spedire negli Stati Uniti (ma in realtà all'altro mondo) la sua ex-pupa e lo spasimante. Gli andrà male su tutta la linea: la resistenza di Finney ha la meglio e i due giovani restano a Newcastle e ci restano vivi. Cosmo rimpatria con i suoi dollari e a Newcastle il vecchio centro storico rimane qual'era, con i suoi vecchi edifici, ma anche con le sue tradizioni migliori.
“A Newcastle durante l'American Week (manifestazione per promuovere l'amicizia e i commerci fra Inghilterra e Usa) un industriale americano, che ha rapporti non ignoti con la malavita, cerca di mettere le mani, con metodi intimidatori, su un night club della città. Ma il proprietario del night (Sting, per la prima volta in un ruolo di eroe) glielo impedisce. Dramma giallo divertente e ben raccontato, cui aggiunge sapore una robusta carica di veleno contro i cugini americani”

(Mymovies.it)

“Esordio cinematografico per Mike Figgis, regista che nella sua carriera raramente è riuscito a risultare concreto ed anche in questo caso lascia qualche dubbio, ma ciò nonostante riesce anche ad essere abbastanza accattivante, un po’ per alcuni temi trattati (in tal senso si va sul sicuro), un po’ per il cast di qualità che è riuscito a mettere insieme. Cosmo (Tommy Lee Jones) è un uomo d’affari che giunge a Newcastle con l’obiettivo di acquisire un intero quartiere per riciclare denaro sporco a fini immobiliari. Qui però trova la resistenza di Finney (Sting) che non vuole mollare il suo Key Club dove da poco ha cominciato a lavorare Brendan (Sean Bean), il quale si è appena invaghito di Kate (Melanie Griffith), dama di compagnia a pagamento di Cosmo durante la sua permanenza sul suolo inglese. Pellicola dai connotati noir, che scorre in maniera un po’ troppo semplice per colpire fino in fondo, ma che possiede anche alcune qualità importanti, a partire da un inquadramento complessivo congeniale, tra la diversità dei punti di vista sugli affari (il capitalismo americano verso la passione europea), una storia d’amore tra due aitanti sex symbol (la già lanciata Melanie Griffith e un fresco Sean Bean) e la musica jazz che viene più volte sfruttata per creare l’atmosfera. Una confezione abbastanza elegante, che prevede anche l’ingresso di assassini, con gli affari in primo piano, un Tommy Lee Jones assai poco rassicurante in ogni sua mossa (assai lontano dai panni di giusto che più volte ha ricoperto negli ultimi anni), uno Sting fascinoso (e chi potrebbe essere più adatto per figurare come gestore di un locale di musica di qualità in quel periodo?), un po’ di tensione inevitabile, anche se soprattutto quando si tirano le fila della vicenda si poteva essere assai più incisivi, mentre la love story ripercorre coordinate più volte usate nel cinema tipico degli anni ottanta. Un film dunque non indimenticabile, ma con le sue cose da ricordare, tra le altre Newcastle è una buonissima location per la vita sociale proposta, con una costruzione forse fin troppo ordinata che però non prevede quel salto di qualità necessario per emergere maggiormente. Discreto”.

(FilmTV)

STORMY MONDAY (Stormy Monday - Lunedì di tempesta, Gran Bretagna/USA,1988), scritto, diretto e musicato da Mike Figgis

 

Una poesia al giorno

Sonnet composed upon Westminster Bridge, di William Wordsworth

Earth has not anything to show more fair:
Dull would he be of soul who could pass by
A sight so touching in its majesty:
This City now doth, like a garment, wear
The beauty of the morning; silent, bare,
Ships, towers, domes, theatres, and temples lie
Open unto the fields, and to the sky;
All bright and glittering in the smokeless air.
Never did sun more beautifully steep
In his first splendour, valley, rock, or hill;
Ne’er saw I, never felt, a calm so deep!
The river glideth at his own sweet will:
Dear God! the very houses seem asleep;
And all that mighty heart is lying still!

La terra non può mostrare nulla di più bello:
Sciocco sarebbe colui che ignorasse
Una vista così toccante nella sua grandezza:
Questa Città ora indossa, come un abito
La bellezza del mattino; silenti, nudi,
Navi, torri, cupole, teatri e templi giacciono
Dischiusi sui campi, e sotto il cielo;
Tutti chiari e scintillanti nell'aria tersa.
Giammai il sole immerse più magnificamente
Nel suo primo splendore, valli, rocce, o colline;
Giammai io vidi, nè sentii, una così profonda calma!
Il fiume scorre secondo la sua dolce volontà;
Mio Dio! le case stesse sembrano dormire;
E tutto quel possente cuore, calmo giace!

 

Un fatto al giorno

3 settembre 301: San Marino, una delle nazioni più piccole del mondo e la più antica repubblica del mondo ancora in esistenza, è fondata da San Marino. La Repubblica di San Marino è uno Stato senza sbocco al mare dell'Europa meridionale situato nel centro-nord della penisola italiana, al confine tra le regioni italiane dell'Emilia-Romagna (provincia di Rimini) e delle Marche (provincia di Pesaro e Urbino). Ha un'estensione territoriale di 61,19 km² popolati da 33 191 abitanti. La capitale è Città di San Marino, la lingua ufficiale è l'italiano e gli abitanti sono chiamati sammarinesi. La leggenda fa risalire la fondazione della Repubblica a un tagliapietre originario di Arbe, in Dalmazia, di nome Marino. Egli giunse a Rimini nel 257 d.C. dove lavorò fino a quando, per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani ad opera dell'Imperatore Diocleziano, dovette fuggire. Si rifugiò sul Monte Titano. Personalità carismatica e taumaturgo, sul monte Marino riuscì a coagulare intorno a sé una piccola comunità di cui divenne il punto di riferimento. Il Monte Titano gli fu donato dalla proprietaria, Donna Felicita (o Felicissima) per ringraziarlo di aver guarito il figlio malato. C'era il territorio, c'era la popolazione. Il senso di coesione e indipendenza fu trasfuso alla comunità da Marino. Si narra che le sue ultime parole prima di morire fossero: "Relinquo vos liberos ab utroque homine". Era il 301 d.C. e il seme dell'indipendenza era stato gettato. Poiché il terreno era fertile, germogliò.

 

Una frase al giorno

“Chi è felice farà felici anche gli altri, chi ha coraggio e fiducia non sarà mai sopraffatto dalla sventura!”

(Annelies Marie "Anne" Frank, 1929-1945, diarista olandese).

3 settembre 1944, Olocausto: Anna Frank e la sua famiglia sono caricati sul treno che li porterà ad Auschwitz, dove arriveranno tre giorni dopo.

 

Un brano al giorno

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k