“L’amico del popolo”, 1 settembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

A IDADE DA TERRA (L’età della Terra, Brasile, 1980), scritto e diretto da Glauber Rocha. Fotografia: Pedro De Moraes, Roberto Pires. Montaggio: Carlos Cox, Ricardo Miranda, Raul Soares. Musiche: Rogério Duarte. Con: Maurício do Valle - Brahms, Jece Valadão - Il Cristo indiano, Antonio Pitanga - Il Cristo nero, Tarcísio Meira - Il Cristo militare, Geraldo Del Rey - Il Cristo rivoluzionario, Ana Maria Magalhães - Aurora Madalena, Norma Bengell - La regina delle Amazzoni, Danuza Leão - La moglie di Brahms, Carlos Petrovicho - Il diavolo, Mário Gusmão - Babalaô.

Quattro diverse rappresentazioni di Gesù Cristo. Uno pescatore, uno nero, uno conquistatore portoghese e un altro rivoluzionario. Cristo viene raccontato dalle parole del Nuovo Testamento e fatto risuscitare nel Terzo Mondo dai quattro Cavalieri dell'Apocalisse. Un ritratto del Brasile in una sinfonia di suoni e colori.
Il giorno in cui Pier Paolo Pasolini fu ucciso, Glauber Rocha pensò di realizzare un film sulla vita di Cristo nel Terzo Mondo. Cinque anni dopo vide la luce A Idade da Terra, che presenta quattro diverse rappresentazioni di Gesù Cristo: uno pescatore, uno nero, uno conquistatore portoghese e un altro rivoluzionario. Cristo viene raccontato dalle parole del Nuovo Testamento e fatto risuscitare nel Terzo Mondo dai quattro Cavalieri dell'Apocalisse. In forma di allegoria, il film presenta una visione personale del Brasile contemporaneo e della sua evoluzione, resa attraverso una sinfonia di suoni e colori. Ma non solo. "Questo film è un ritratto del Brasile e allo stesso tempo di me stesso", dichiarò Rocha in un'intervista rilasciata poco prima della sua morte improvvisa, avvenuta nel 1981, a 42 anni.

L’età della Terra è un film di Brasile del 1980, il genere drammatico, diretto da Glauber Rocha, ha avuto a lungo un grande impatto, i critici divisi e tirò intellettuali lode e registi, come lo scrittore Alberto Moravia e Michelangelo Antonioni regista che considera “una lezione di cinema moderno”. E' stato l’ultimo film di Glauber Rocha e che generato più polemiche nella sua carriera.

“Il film mostra un Cristo-pescatore, interpretato da Jece Valadão, un Cristo-nero, interpretato da Antonio Pitanga, mostra Cristo-conquistatore portoghese, interpretato da Tarcisio Meira e Cristo guerriero-Ogun Lampião, interpretato da Geraldo Del Rey, quattro cavalieri dell’apocalisse che ha risuscitato Cristo dal terzo mondo, raccontando il mito dai quattro evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, la cui identità è rivelata nel film quasi come un terzo testamento e pellicola assume un tono profetico, davvero biblico e religioso”.

(L'età della innocenza)

“Glauber Rocha è stato, in assoluto, uno dei più importanti registi brasiliani e latino americani del ventesimo secolo. Nato nel 1939 nello stato di Bahia, a vent'anni trova nel cinema la sua espressione artistica e dirige il suo primo cortometraggio. La sua filmografia annovera capolavori come Deus e o Diabo na Terra do Sol (1964), Terra em Transe (1967), Antonio das Mortes (1969), O cancer (1972), Claro (1975). Si impose come l'esponente più noto e originale del Cinema Novo brasiliano. Il movimento così denominato si era sviluppato nel milieu culturale riformista della presidenza di Joao Goulart (1961-1964) e fu l’espressione di un intreccio di fermenti diversi. Cinema politico, di vocazione sovversiva, capace di assimilare i discorsi estetici del neorealismo italiano e della nouvelle vague. Il capitolo della sua vita legato all'esilio cubano, (1971-72) è poco conosciuto ma ha coinciso con il grande fermento culturale e il dibattito sul ruolo delle arti. Con il film A Idade da Terra (1980) delineò con pienezza la sua rivoluzione audiovisiva contemporanea: la sintesi artistica, l'ispirazione, l'essenza di quel, per dirla con Fernando Birri, 'testamento del futuro', intriso di evoluzione nella sintassi dell'immagine e di implicito agire politico, così avanguardista e persino sovversivo agli occhi di molti detrattori. Le musiche, la scenografia, il senso avanzato della recitazione, le controversie nate in seno al festival veneziano (dove fu presentato in concorso) determinano l'estetica di quello che Rocha definì "cinema spaziale". Morì a 43 anni di broncopneumonia”.

(www.culturalatina.it)

A IDADE DA TERRA (Brasile, 1980), scritto e diretto da Glauber Rocha

 

Una poesia al giorno

Non abbiate fretta, ragazzi, di Izet Sarajlić (nato a Doboj nel 1930, è scomparso a Sarajevo il 2 maggio del 2002. Traduzione: Sinan Gudžević e Raffaella Marzano)

Non abbiate fretta di fare i poeti, ragazzi.
Restate quanto più a lungo possibile nella fase prepoetica.
Essere poeti nella vita non è lo stesso che essere poeti in un racconto.
La poesia, sono le disfatte.
Alla fine, vi aspettano, forse, davvero le rose,
ma per molto tempo - a destra e a sinistra - ci sono le spine.
Per la fama non abbiate fretta, restate invece giovani quanto più a lungo,
e solo quando non ne potrete più, proprio allora nascerà la poesia.

Ne žurite u pjesnike, mladici.
Ostanite što duže u predpjesnickoj fazi.
Biti pjesnik u životu nije isto što i biti pjesnik u prici.
Poezija, to su porazi.
Na kraju možda vas zarista cekaju ruže,
ali dugo je samo trnje, i slijeva i zdesna.
Ne žurite u slavu, mladicima ostanite što duže,
a kad ne mognete više, onda ce se i roditi pjesma.

 

Un fatto al giorno

1° settembre 1715: Luigi XIV, re di Francia, muore dopo aver regnato per 72 anni; il regno più lungo di qualunque altro monarca europeo.

“Luigi XIV re di Francia, fu detto il Grande (fr. le Grand) o il Re Sole (fr. le Roi Soleil). Tra 17° e 18° sec. la Francia di Luigi, il Re Sole, divenne la maggiore potenza europea. Sue grandi ambizioni furono di fare della Francia un paese fortemente unito sotto il controllo della Corona e di ridurre l'Europa sotto la sua egemonia: riuscì parzialmente nel primo scopo e fallì nel secondo”.

(Enciclopedia Treccani)

Immagini e racconti:

 

Una frase al giorno

“Il nostro Paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli dell'Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi”.

(Vittorio Emanuele II di Savoia, al secolo Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia, 1820-1878, primo re d'Italia)

 

Un brano al giorno

Inno delle nazioni, di Giuseppe Verdi. Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino. Tenore: Francesco Meli, testo: Arrigo Boito.

Arrigo Boito (librettista) e Giuseppe Verdi, da La Gazzetta di Parma, 1892

CORO DI POPOLO
Gloria pel cieli altissimi, Pei culminosi monti, Pei limpidi orizzonti Gemmati di splendor. In questo dí giocondo Balzi di gioia il mondo, Perché vicino agli uomini È il regno dell’Amor, Gloria! I venturi popoli Ne cantin la memoria, Gloria pei cieli! Gloria!
BARDO
Spettacolo sublime! ecco... dai lidi Remoti della terra, ove rifulge Cocentemente il sol, ove distende Bianco manto la neve, una migrante Schiera di navi remigar per l’acque Degli ampli oceani, ed affollarsi tutte Verso un magico Tempio, ed in quel Tempio Spandere a mille a mille i portentosi Miracoli del genio! E fuvvi un giorno Che passò furiando, quel bieco Fantasma della guerra; allora udissi Un cozzar d armi, un saettar di spade, Un tempestar di carri e di corsieri, Un grido di trionfo... e un uluante Urlo ... e colà ove fumò di sangue Il campo di battaglia, un luttuoso Campo santo levarsi, e un’elegia Di preghiere, di pianti e di lamenti... Ma in oggi un soffio di serena Dea Spense quell’ire, e se vi fur in campo Avversarii crudeli, oggi non v’ha In quel Tempio che Umana Fratellanza, E a Dio che l volle alziam di laudi un canto. Signor, che sulla terra Rugiade spargi e fior E nembi di fulgori E balsami d amor; Fa che la pace torni Coi benedetti giorni, E un mondo di fratelli Sarà, la terra allor. Salve, Inghilterra, Regina dei mari Di libertà vessillo antico! Oh, Francia, Tu, che spargesti il generoso sangue Per una terra incatenata, salve, oh Francia, salve! Oh Italia, oh Italia, oh Patria mia tradita, Che il cielo benigno ti sia propizio ancora, Fino a quel dí che libera tu ancor risorga al sole! Oh Italia, oh Italia, oh Patria mia!

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k