“L’amico del popolo”, 1 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE INFORMER (Il traditore, USA, 1935), regia di John Ford. Scritto da: Liam O'Flaherty. Sceneggiatura: Dudley Nichols, Lamar Trotti. Fotografia: Joseph H. August. Montaggio: George Hively. Musiche: Max SteinerCon Victor McLaglen, Heather Angel, Preston Foster, Margot Grahame, Wallace Ford, Una O'Connor, Donald Meek, J. M. Kerrigan, Dennis O'Dea, Jack Mulhall, Gaylord Pendleton, Robert Parrish, Joe Sawyer, Grizelda Harvey, Frank Moran, Arthur McLaglen, Francis Ford, May Boley, Barlowe Borland, Leo Cabe, Clyde Cook, D'Arcy Corrigan, Neil Fitzgerald.

  • Oscar Miglior Regia, Miglior Attore, Miglior Sceneggiatura Non Originale, Miglior Colonna Sonora.

Dublino, primi anni Venti. Da tempo fiancheggiatore del Sinn Fein, il movimento di liberazione irlandese che si batte contro il dominio inglese, Gypo Nolan (McLaglen) ha nella sua condizione di disoccupato il problema numero uno. Già in difficoltà a sbarcare il lunario, per Nolan le cose precipitano quando viene a sapere che a causa della povertà, la sua amata Katie Madden (Grahame) ha deciso di prostituirsi. Successivamente Nolan deve anche subire l’espulsione dall’IRA per essersi rifiutato di eseguire un ordine. Accecato dalla rabbia, alle autorità inglesi Nolan denuncia Frankie McPhillip (Ford), suo ex compagno.

THE INFORMER (Il traditore, USA, 1935), regia di John Ford

“Verso il 1920, nell'Irlanda in lotta contro gli inglesi, Gypo (Victor McLaglen.) denuncia un "sinnfeiner", finisce per venir smascherato e per morire in una chiesa. Nonostante la scarsa fiducia dei produttori nell'impresa, il film venne accolto "come il più importante contributo all'arte del film dopo il sonoro" (Lewis Jacobs). Ne scrisse lo sceneggiatore: "Il simbolismo è buono soltanto quando il pubblico non s'accorge di esso. Perciò, quando ci occupammo di un personaggio come Gypo, traditore per ignoranza, per ristrettezza mentale, pensammo che dovevamo esprimere proprio questa sua condizione”.

(Georges Sadoul)

“Nel 1922, durante la ribellione dei Sinn Fein irlandesi contro gli inglesi, uno dei primi, Gypo Nolan, tradisce un amico - che sarà ucciso - per venti sterline. Gypo accusa un altro, e spende il denaro in sbornie. Infine, il tribunale dei ribelli ne ottiene la confessione, ma Gyvo fugge in casa di una prostituta per la quale gli interessava avere il denaro. Anche questa lo respinge come traditore: raggiunto infine dagli ex compagni e ferito, si trascina penosamente in una chiesa e muore. Unanimemente considerato uno fra i migliori film di Ford, se non forse il migliore, Il traditore ebbe a protagonista un attore che con Ford recitò molto frequentemente, ma sempre in parti di carattere, Victor McLaglen”.

(Gian Piero dell'Acqua)

Il 1° febbraio 1894 nasce John Ford, regista e produttore americano (morto nel 1973).

THE INFORMER (Il traditore, USA, 1935), regia di John Ford

 

Una poesia al giorno

Ballade des äußeren Lebens (1903), di Hugo von Hofmannsthal

Und Kinder wachsen auf mit tiefen Augen,
Die von nichts wissen, wachsen auf und sterben,
Und alle Menschen gehen ihre Wege.

Und süße Früchte werden aus den herben
Und fallen nachts wie tote Vögel nieder
Und liegen wenig Tage und verderben.

Und immer weht der Wind, und immer wieder
Vernehmen wir und reden viele Worte
Und spüren Lust und Müdigkeit der Glieder.

Und Straßen laufen durch das Gras, und Orte
Sind da und dort, voll Fackeln, Bäumen, Teichen,
Und drohende und totenhaft verdorrte...

Wozu sind diese aufgebaut? und gleichen
Einander nie? und sind unzählig viele?
Was wechselt Lachen, Weinen und Erbleichen?

Was frommt das alles uns und diese Spiele,
Die wir doch groß und ewig einsam sind
Und wandernd nimmer suchen irgend Ziele?

Was frommts, dergleichen viel gesehen haben?
Und dennoch sagt der viel, der ”Abend” sagt,
Ein Wort, daraus Tiefsinn und Trauer rinnt

Wie schwerer Honig aus den hohlen Waben.

 

Ballata della vita esteriore

E crescono bambini dai profondi occhi
che nulla sanno, crescono e muoiono,
e tutti gli uomini percorrono la loro via.

E dolci divengono i frutti acerbi
e di notte cadono a terra come morti uccelli
e per poco vi giacciono prima di marcire.

E sempre soffia il vento, e sempre di nuovo
ascoltiamo e diciamo tante parole,
e proviamo gioia e torpore nelle membra.

E strade corrono attraverso i campi, e luoghi
vi sono, qui e là, pieni di luci, d’alberi, di stagni,
ora minacciosi, ora spettralmente aridi...

Perché esistono? e mai uguali gli uni
agli altri? e sono di numero infinito?
Che cosa alterna il riso, il pianto, il pallore?

A che ci giova tutto questo e questi giochi?
A noi che siamo adulti ed eternamente soli
e, pur vagando, cerchiamo ancora una meta.

Che giova aver visto così tante cose?
Eppure dice molto chi dice “sera”,
parola che un senso profondo e dolore stilla

come greve miele dal cavo d’un alveare.

Hugo von Hofmannsthal

Hugo von Hofmannsthal (Vienna, 1 febbraio 1874 - Rodaun, presso Vienna, 15 luglio 1929) è stato uno scrittore, drammaturgo e librettista austriaco.

“Nel gruppo dei poeti che, poco dopo il '90, radunati intorno ai Blätter für die Kunst, reagirono contro il naturalismo, opponendovi una raffinata poesia satura di delicate e ricche esperienze culturali, ispirate al senso della sovranità dell'arte e delle profondità della vita, Hugo von Hofmannsthal comparve, non ancora ventenne, come "il fanciullo miracoloso, a cui natura aveva dato, come a nessun altro, il dono del canto”. [...] La materia della poesia è "morbida, pesante e preziosa come materia di arazzo", l'ispirazione è nativa, ingenua la felicità del canto. La poesia della voluttà e della morte, della malinconica ebbrezza del sognare, della dolorante dolcezza del vivere vi trova, in immagini di fastoso colore e in versi di moderna squisita fattura, accenti di pieno, giovanile abbandono”.

(Treccani)

 

Un fatto al giorno

1° febbraio 1968: durante la guerra del Vietnam, l'esecuzione dell'ufficiale Viet Cong Nguyễn Văn Lém, da parte del capo della polizia nazionale vietnamita meridionale Nguyễn Ngọc Loan è filmata e fotografata in un'iconica fotografia scattata da Eddie Adams.

General Nguyễn Ngọc Loan Executing a Viet Cong Prisoner in Saigon

Nguyễn Ngọc Loan (Thu Duc, 11 dicembre 1930 - Burke, 14 luglio 1998) è stato un militare e politico vietnamita. Fu il capo della Polizia Nazionale della Repubblica del Vietnam. I buddisti di Hué, il 12 marzo 1966 e nei giorni successivi, iniziarono una manifestazione di protesta, chiedendo che si indicessero elezioni per dare al paese un governo civile. La protesta sfociò in una rivolta violenta che si diffuse a Sud, lungo le città costiere: ai portuali e impiegati si unirono bande di giovani che incendiavano le automobili e devastavano i negozi. A ciò si aggiunsero le truppe del generale Nguyen Thi Chanh, unitesi ai rivoltosi.
Il premier Ky in un primo tempo acconsentì a dare le dimissioni e Thich Tri Quang invitò i suoi seguaci a cessare i tumulti ma Ky in seguito ci ripensò e mandò a Danang il colonnello Nguyen Ngoc Loan, che con carriarmati rastrellò la città, fece massacrare parecchie centinaia di soldati ribelli e oltre cento civili.
Nguyễn Ngọc Loan fu un generale di brigata dell'Esercito della Repubblica del Vietnam, accusato di essere sanguinario a seguito di un fatto di cronaca immortalato in una fotografia che fece il giro del mondo.
Nguyễn, infatti, giustiziò sommariamente e brutalmente Nguyễn Văn Lém, un prigioniero Viet Cong, di fronte ad un cameraman dell'NBC e ad un fotografo dell'Associated Press: Eddie Adams il 1° febbraio del 1968; benché taciuta alla pubblica opinione, l'accusa nei confronti del Viet Cong sommariamente giustiziato era quella di avere assassinato alcuni famigliari del generale Loan. La foto (che cattura "Il Generale Nguyễn Ngọc Loan mentre giustizia un prigioniero Viet Cong a Saigon") e il filmato divennero due delle più famose immagini giornalistiche che iniziarono a cambiare l'opinione pubblica americana riguardo l'intervento nella Guerra del Vietnam del proprio Paese.
Lasciò il Vietnam durante la caduta di Saigon, nel 1975. Nonostante fosse accusato di avere violato palesemente la Convenzione di Ginevra, non fu mai perseguito per crimini di guerra grazie alla protezione degli Stati Uniti d'America. Si rifugiò in Virginia ed aprì un ristorante pizzeria, ma dovette venderlo dopo che il suo passato fu di nuovo di dominio pubblico nel 1991, quando un cliente abituale gli scrisse "sappiamo chi sei" su una porta del suo ristorante. È morto di cancro il 14 luglio 1998 a Burke, in Virginia, un sobborgo di Washington (distretto di Columbia). È stato sposato a Chin Mai, dalla quale ha avuto cinque figli.

Nguyễn Ngọc Loan (Thu Duc, 11 dicembre 1930 - Burke, 14 luglio 1998)

Il Generale mentre giustizia un prigioniero a Saigon (General Nguyễn Ngọc Loan Executing a Viet Cong Prisoner in Saigon) è una fotografia scattata da Eddie Adams il 1° febbraio 1968 che mostra il capo della Polizia Nazionale della Repubblica del Vietnam Nguyễn Ngọc Loan giustiziare l'ufficiale Viet Cong Nguyễn Văn Lém a Saigon durante l'Offensiva del Têt. La fotografia di Adams mostra il momento in cui il proiettile è stato esploso; il Việt Cộng morto, con la bocca contratta in una smorfia ed i capelli ancora mossi dallo sparo, non ha ancora cominciato a cadere. Il fatto venne immortalato anche da un cameraman dell'NBC, ma la fotografia di Adams rimane l'immagine del fatto per antonomasia, che fece il giro del mondo sulle prime pagine di tutti i giornali.

Il viet cong Nguyễn Văn Lém era stato arrestato dopo che aveva tagliato la gola ad un ufficiale sud vietnamita, a sua moglie e a sei dei suoi figli(uno dei quali sopravvisse) per essersi rifiutato di mostrare ai vietcong come operare dei carri armati che erano stati catturati da questi; di conseguenza, in base alla Convenzione di Ginevra del 1949, l’ufficiale vietcong Nguyễn Văn Lém aveva violato lui stesso le leggi di guerra in merito ai prigionieri e non portando con sé un'arma e una divisa che stabilisse la sua appartenenza, non poteva essere considerato come prigioniero di guerra, ma semmai come franco tiratore, dove per le leggi internazionali, il franco tiratore che si macchia di crimini di guerra può essere giustiziato dagli organi competenti [...].
Quando venne interrogato da Oriana Fallaci, durante la sua degenza in ospedale dovuta ad una ferita alla gamba, sul motivo dell'esecuzione del prigioniero, la risposta fu la seguente: "[...] Non aveva l'uniforme. E io non riesco a rispettare un uomo che spara senza indossar l'uniforme. Perché è troppo comodo: ammazzi e non sei riconosciuto. Un nordvietnamita io lo rispetto perché è vestito da soldato come me, e quindi rischia come me. Ma un vietcong in borghese... [...]"
La fotografia di Adams vinse il premio Pulitzer nel 1969, benché successivamente il fotografo disse di rammaricarsi dell'effetto che poi ebbe, l'immagine si trasformò in un'icona pacifista: «Brutta luce, brutta composizione: brutta foto. Scattai una volta sola, il ragazzo cadde a terra schizzando sangue dappertutto, mi voltai dall'altra parte. Quell'immagine non dice tutta la storia. Il generale fuggì negli Stati Uniti: faceva il pizzaiolo vicino a New York e la gente andava a insultarlo.»
Per quanto riguarda il Generale Loan e la sua famosa fotografia, Eddie Adams in seguito scrisse sul Time: «Il generale uccise il Viet Cong; io uccisi il Generale con la mia macchina fotografica. Le immagini fotografiche sono le armi più potenti del mondo. La gente ci crede, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto mezze-verità. Ciò che la fotografia non ha detto era: 'che cosa avreste fatto voi se foste stati il Generale in quel momento, in quel posto e in quel giorno caldo, ed aveste catturato il cosiddetto cattivo dopo che avesse fatto fuori, due o tre soldati americani?' come fate a sapere che non avreste tirato il grilletto voi stessi?»
Adams, anni più tardi, chiese pubblicamente scusa a Loan ed alla sua famiglia per il disonore che aveva provocato loro. Quando il Generale Loan morì, Adams lo elogiò come eroe di una giusta causa.
La foto fece comprendere al pubblico americano, più di ogni altra inchiesta, che il governo sud vietnamita non era un governo democratico, ma una dittatura corrotta e militarista, in cui il valore della vita umana non godeva di alcuna considerazione. Accuse che potevano essere legittimamente rivolte anche al Vietnam del Nord, ma proprio questa indistinguibilità morale, agli occhi dell'opinione pubblica americana, contribuì a rendere la guerra del Vietnam un inutile spreco di vite umane e di denari dei contribuenti”.

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“L'unico motivo per cui vengono a vedermi è che io so che la vita è fantastica - e sanno che lo so”. (The only reason they come to see me is that I know that life is great - and they know I know it).

(Clark Gable)

William Clark Gable (1 febbraio 1901 - 16 novembre 1960)

William Clark Gable (1 febbraio 1901 - 16 novembre 1960) è stato un attore cinematografico americano vincitore di un Oscar. Il suo ruolo più famoso fu nel film del 1939 “Via col vento”, in cui recitò con Vivien Leigh. Nel 1999, l'American Film Institute ha nominato Gable tra le più grandi stelle maschili di tutti i tempi, classificandosi al numero 7.

"Combat America" è stato prodotto, scritto, diretto e narrato da Clark Gable mentre era in missione con l'ottava Air Force.

 

Un brano musicale al giorno

Johan Joachim Agrell. Concerto per oboe in Si bemolle maggiore. Helsinki baroque orchestra. Registrato nel settembre 2008.


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k