“L’amico del popolo”, 31 gennaio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

EN EFFEUILLANT LA MARGUERITE (Miss spogliarello, Francia, 1956), regia di Marc Allégret. Sceneggiatura: Marc Allégret, Roger Vadim. Fotografia: Louis Page. Montaggio: Suzanne de Troeye. Musiche: Paul Misraki. Con: Con Brigitte Bardot, Daniel Gélin, Darry Cowl, Jacques Dumesnil, Mischa Auer, Robert Hirsch.

“Agnese Dupont è la figlia di un rispettabile colonnello di Vichy. La sua passione per la scrittura la porta a scrivere, sotto pseudonimo, lo scandaloso libro erotico Sfogliando la margherita, il quale riscuote uno strepitoso successo senza però trarne un profitto economico. Riferita la verità al padre, dopo una sua sfuriata, Agnese fugge di casa per raggiungere Parigi con lo scopo di strappare un contratto per un suo nuovo manoscritto. Nel treno che la porta alla capitale incontra Daniel e Roger, due giornalisti, che la salvano dalla multa per essere sprovvista di biglietto, e tra Daniel e Agnese nasce una reciproca simpatia.
Arrivata a quella che crede essere l'abitazione del fratello Uberto, scopre solo in seguito, dopo aver venduto un preziosissimo manoscritto originale di Honoré de Balzac per comperarsi dei vestiti, che il posto è l'abitazione-museo del celebre scrittore, in cui Uberto vi lavora in qualità di guida turistica. Per ricavare la somma necessaria per ricomprare il libro, Agnese si iscrive al concorso Miss spogliarello, una gara di strip-tease. Nel locale interessato intravede da dietro le quinte i due giornalisti; per non farsi riconoscere decide di indossare una maschera e di esibirsi con lo pseudonimo di Lolita. Dopo l'esibizione, che suscita un'ovazione, Daniel si reca in camerino per conoscere la donna che ha fatto girare la testa all'intera platea. Riuscito ad avvicinarla, le dichiara di essersi innamorato e che rinuncerebbe a qualsiasi donna per lei, provocando in Agnese un forte dolore.
Divenuta una celebrità, Lolita arriva in finale, organizzata nel casinò della sua Vichy. Qui incontra ancora Daniel, che dichiara a Lolita di essere innamorato di Agnese, che si rivela essere la stessa persona. Venuto a conoscenza della presenza di Agnese, il colonnello si precipita al casinò, dove si riconcilia con la figlia e conosce il futuro genero”.

EN EFFEUILLANT LA MARGUERITE (Miss spogliarello, Francia, 1956), regia di Marc Allégret

(Wikipedia)

EN EFFEUILLANT LA MARGUERITE (Miss spogliarello, Francia, 1956), regia di Marc Allégret“Il 27 febbraio del 1957 il film iniziò a essere pubblicizzato in Italia per la sua imminente uscita nelle sale. Su tutta Roma erano affissi grandi manifesti pubblicitari raffiguranti Brigitte Bardot in abiti succinti; in particolare due di essi vedevano la Bardot nuda coperta da una grande mano bianca e un altro in cui era raffigurata in quattro pose. Tali manifesti furono due dei tanti che provocarono l'ira del pontefice papa Pio XII, esternata il 5 marzo in un discorso di Quaresima contro l'immoralità. A causa dello scalpore suscitato i manifesti vennero immediatamente sequestrati il 7 marzo; quelli già affissi coperti sulle parti rappresentanti Brigitte Bardot. Inoltre venne intentata una causa da parte dell'avvocato ed ex deputato democristiano Agostino Greggi contro i capi uffici diffusione della casa distributrice sulla base di una petizione firmata da circa tredicimila persone.
A supporto, sull'amoralità del film, Giulio Andreotti, che sulle pagine di Concretezza, di cui era direttore, si definì stupito dalla concessione alla distribuzione da parte del consiglio di revisione cinematografica, sostenendo che il film potesse esercitare una funzione deleteria, e che quindi non avrebbe dovuto essere ammesso in circolazione”.

EN EFFEUILLANT LA MARGUERITE (Miss spogliarello, Francia, 1956), regia di Marc Allégret

 

Una poesia al giorno

Para los que llegan a las fiestas, di Rubén Bonifaz Nuño (da “Los demonios y los días”, 1956 - Traduzione e cura di Tomaso Pieragnolo)

Per quelli che giungono alle feste
avidi di tenere compagnie,
e incontrano coppie impenetrabili
e gentili ragazze sole che fanno paura
- poiché uno non sa ballare, ed è triste -;
quelli che si isolano con un bicchiere
di acquavite oscura e melanconica,
e odiano fino in fondo la propria miseria,
l’invidia che sentono, i desideri;

per quelli che sanno con amarezza
che della donna che bramano rimane loro
solamente un chiodo infisso nella spalla
e qualcosa di tenue ed acre, come l’aroma
che serba il rovescio di un guanto dimenticato;

per quelli che furono invitati
una volta; quelli che indossarono
il meno guasto dei loro due vestiti
e furono puntuali; e in una porta
già molto dopo l’arrivo di tutti
seppero che non si sarebbe compiuto
l’appuntamento, e tornarono disprezzandosi;

per quelli che guardano da fuori,
di notte, le case illuminate,
e a volte vorrebbero essere dentro:
dividere con qualcuno tavola e coperta,
vivere con figli felici;
e poi comprendono che è necessario
fare altre cose, e che vale
molto di più soffrire che essere vinto;

per quelli che vogliono muovere il mondo
con il loro cuore solitario,
che per le strade si affaticano
camminando, chiari di pensamenti;
per quelli che calpestano i propri fallimenti e seguono;
per quelli che soffrono con coscienza,
perché non saranno consolati
coloro che non avranno, coloro che non possono ascoltarmi;
per quelli che sono armati, scrivo.

Rubén Bonifaz Nuño (Córdoba, 12 novembre 1923 - Mexico D. F., 31 gennaio 2013)

Rubén Bonifaz Nuño (Córdoba, 12 novembre 1923 - Mexico D. F., 31 gennaio 2013) è stato un poeta e un classicista messicano.

In lingua originale:

PARA LOS QUE LLEGAN A LAS FIESTAS

Para los que llegan a las fiestas
ávidos de tiernas compañías,
y encuentran parejas impenetrables
y hermosas muchachas solas que dan miedo
- pues uno no sabe bailar, y es triste -;
los que se arrinconan con un vaso
de aguardiente oscuro y melancólico,
y odian hasta el fondo su miseria,
la envidia que sienten, los deseos;

para los que saben con amargura
que de la mujer que quieren les queda
nada más que un clavo fijo en la espalda
y algo tenue y acre, como el aroma
que guarda el revés de un guante olvidado;

para los que fueron invitados
una vez; aquéllos que se pusieron
el menos gastado de sus dos trajes
y fueron puntuales; y en una puerta
ya mucho después de entrados todos
supieron que no se cumpliría
la cita, y volvieron despreciándose;

para los que miran desde afuera,
de noche, las casas iluminadas,
y a veces quisieran estar adentro:
compartir con alguien mesa y cobijas
vivir con hijos dichosos;
y luego comprenden que es necesario
hacer otras cosas, y que vale
mucho más sufrir que ser vencido;

para los que quieren mover el mundo
con su corazón solitario,
los que por las calles se fatigan
caminando, claros de pensamientos;
para los que pisan sus fracasos y siguen;
para los que sufren a conciencia,
porque no serán consolados
los que no tendrán, los que no pueden escucharme;
para los que están armados, escribo.

 

Un fatto al giorno

31 gennaio 1945: il soldato dell'esercito degli Stati Uniti, Eddie Slovik, viene giustiziato per diserzione, la prima esecuzione di un soldato americano dopo la guerra civile.

Edward Donald Slovik (Detroit, 18 febbraio 1920 - Sainte-Marie-aux-Mines, 31 gennaio 1945)

Edward Donald Slovik (Detroit, 18 febbraio 1920 - Sainte-Marie-aux-Mines, 31 gennaio 1945) è stato un militare statunitense di origine polacca, appartenente alla 28th Infantry Division. Slovik è noto per essere stato l'unico soldato statunitense giustiziato per diserzione dai tempi della seconda guerra mondiale.

Execution of Private Slovik (1974), di Lamont Johnson. Con: Martin Sheen, Mariclare Costello, Ned BeattyDurante la seconda guerra mondiale furono condannati per diserzione 21 000 soldati americani ed emesse 49 condanne a morte, ma Slovik fu l'unico soldato per cui la condanna venne eseguita, mediante fucilazione, il giorno 31 gennaio 1945 presso il villaggio francese di Sainte-Marie-aux-Mines, in Alsazia. La vedova, Antoinette Wisniewski, ha fatto richiesta a sette Presidenti degli Stati Uniti d'America della riabilitazione post mortem, che tuttavia non è stata mai accordata.

  • Sul caso esiste un libro: William Bradford Huie, La fucilazione del soldato Slovik, Rizzoli, 1955.
  • E un film: Execution of Private Slovik (1974), di Lamont Johnson. Con: Martin Sheen, Mariclare Costello, Ned Beatty

 

Una frase al giorno

“Non era facile unificare le etnie e modernizzare un Paese come la Jugoslavia, e bisogna ammettere che il maresciallo Tito ha realizzato un'opera straordinaria. Dio voglia che i suoi successori si dimostrino altrettanto capaci”.

(Mohammad Reza Pahlavi, 1919 - 1980, Scià d'Iran).

31 gennaio 1946: la Jugoslavia adotta la nuova costituzione federale, sul modello di quella sovietica. Si costituiscono le repubbliche di Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia

 

Un brano al giorno

Il Carnevale di Venezia, di Giochino Rossini

VOICES - Landesjugendchor Vorarlberg al concerto "Celebrating Voices" il 2 novembre 2013; Direttore: Oskar Egle.
Librettista: Rossini, Paganini, D'Azeglio, Lipparini. Quartetto vocale, con accompagnamento ad libitum di pianoforte, composto nel 1821 a Roma per le maschere del Carnevale.

Il testo:

Siamo nati, siamo nati,
per campar di cortesia;
in giornata d’allegria
non si niega carità!
Donne belle, donne care!
Per pietà, non siate avare!
Fate a poveri ciechietti
un tantin di carità!
Siamo tutti poverelli
che suonando i campanelli
che scuotendo li batocchi
col do, re, mi, fa, sol, la,
domandiam la carità!
Deh! soccorreteci, donnette amabili!
Siate benefiche col miserabili!
Noi siamo poveri di buona bocca,
siam pronti a prendere quel che ci tocca.
Deh! soccorreteci, per carità,
che carnevale, morendo sta!

Giovacchino Antonio Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Passy, 13 novembre 1868)

“Roma, Carnevale 1821. Tutto è pronto per la prima di Matilde di Shabran, un melodramma giocoso di Rossini. Peccato che, scherzo del destino, il giorno della vigilia muoia il direttore. Sì, un gran bel guaio. Beh, insomma, Rossini supplicò Paganini di sostituire il defunto direttore e l’opera venne fatta ugualmente. Non fu esattamente un successo, ma nonostante questo i due colleghi si apprestarono a festeggiare assieme il Carnevale organizzando una mascherata memorabile: assieme ad altri due amici, misero assieme quattro versacci, Rossini li musicò, si travestirono e andarono a far furore in giro, prima in due o tre case, poi al Corso, poi la notte al Festino...”

(da Il Carnevale di Venezia di Gioacchino Rossini: un Quartetto nato per divertissement)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k