“L’amico del popolo”, 1 maggio 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA (Italia, 1968) regia di Nelo Risi, ispirato al libro omonimo di Marguerite Sechehaye, il cui titolo originario sarebbe meglio tradotto come "Il caso Renée". Sceneggiatura: Nelo Risi, Fabio Carpi. Fotografia: Giulio Albonico. Montaggio: Cleofe Conversi. Musiche: Ivan Vandor.

La giovane diciottenne Anna, manifestando fin da piccola deviazioni patologiche, viene condotta dai ricchi genitori in varie cliniche specializzate che non riescono però a guarirla. Dopo vari e successivi tentativi di cura, Anna, condotta in Svizzera, viene affidata ad una psichiatra, madame Blanche, la quale, in seguito ad una lunga e paziente opera di ricostruzione psichica - condotta con metodi non tradizionali e con trasporto affettivo fuori dal comune - riesce a riportarla alla normalità.

“Nelo Risi ha avuto una sicura intuizione scegliendo l’argomento del suo ultimo film: Diario di una schizofrenica. Infatti la schizofrenia è una delle malattie dell’epoca (l’altra è il cancro); o meglio certi caratteri della schizofrenia (come, per esempio, la fuga dalla realtà, il regresso al pensiero primitivo e paleologico, il processo di desocializzazione) sono attuali perché riflettono, come in uno specchio deformante, tendenze culturali e psicologiche proprie delle società moderne. La schizofrenia è certamente una malattia”.

(Alberto Moravia)

Anna ha diciotto anni ed è affetta fin dall'infanzia da una patologia mentale che nessuna cura è riuscita a risolvere. I suoi genitori non vogliono lasciare nulla di intentato. Anna viene portata in Svizzera, dove è presa in cura da madame Blanche, una psichiatra che utilizza metodi non tradizionali e grande partecipazione affettiva. Sarà lei a guarirla. All'uscita il film, che ebbe come consulente lo psicologo Franco Fornari, provocò grande ammirazione.

Il film è tratto dall’omonimo di Marguerite A. Sechehaye. È la storia di una ragazza di 17 anni, di famiglia altoborghese, con sindrome schizofrenica, che ha tentato il suicidio. Ricoverata in una clinica sarà presa in cura da una psicoterapeuta, M.me Blanche, che le dedicherà molta attenzione. Durante la terapia emergerà che i problemi della ragazza sono correlati alla difficoltà della madre a prendersi cura di lei nell’infanzia. La ragazza ha un miglioramento solo quando i genitori si convinceranno ad affidare totalmente la figlia a M.me Blanche. Nelo Risi, fratello del più famoso Dino, per la sceneggiatura si avvalse della consulenza anche di Franco Fornari.

“Anna, una diciassettenne di ottima famiglia è schizofrenica. Sembra che non esistano cure per la sua malattia fino a quando, ricoverata in una clinica svizzera viene affidata a M.me Blanche, una psicoterapeuta dai metodi poco convenzionali che prende a cuore il caso della ragazza. La donna scopre che alla base della malattia c'è il rifiuto di Anna da parte della madre che, neonata, non volle allattarla al seno. Solo quando M.me Blanche riuscirà a convincere i genitori di affidarle totalmente Anna, la ragazza potrà guarire ritrovando una figura di “madre buona” proprio in quella della dottoressa.
Il dato più interessante che emerge da Diario di una schizofrenica, oltre a quello straordinario di una ricostruzione quanto mai fedele di una terapia psicanalitica (operazione ardua e raramente affrontata con spirito scientifico dal cinema), è quello relativo all'atteggiamento della famiglia della ragazza nei confronti della malattia. Impietosamente viene descritta l'incapacità dei genitori di reagire alla schizofrenia della figlia che, anzi, per molti versi, sembra porsi come una sorta di dato acquisito, contro il quale non valga la pena lottare. L'accettazione passiva dell'ospedalizzazione di Anna è indice più che della ricerca di una terapia valida per curare la ragazza, di una sorta di cristallizzazione della malattia all'interno del limbo protetto e ovattato della lussuosa casa di cura. E questo anche se la schizofrenia di Anna non è di origine endogena, non è provocata da cause organiche, ma da una serie di ragioni dipendenti dalle dinamiche interne alla sua famiglia come un padre distratto e assente, una madre egoista, fredda nei confronti della figlioletta, incapace di attivare una qualche forma di compensazione affettiva all'impossibilità di allattarla al seno (è da questo evento apparentemente secondario che dipende la genesi della malattia della ragazzina).
La famiglia di Anna, vero punto di origine della malattia, semplicemente non vuole mettersi in discussione, riconsiderare le proprie dinamiche interne, proprio perché nella ragazza ha trovato colei sulla quale è possibile riversare i malesseri di tutto il nucleo lasciando sostanzialmente immutato il ruolo di ciascuno dei suoi membri ritenuti sani”.

(www.associazioneminerva.net)

La Cineteca Nazionale gli dedicò una retrospettiva nel gennaio del 2009: «Nelo Risi, classe 1920, uno dei massimi poeti italiani del secondo Novecento, laureato in Medicina come il fratello Dino, si avvicina al cinema alla fine degli anni quaranta con il cortometraggio Ritorno nella valle. L'amore per il documentario, così come l'attenzione pignola e attenta al dato reale lo accompagnano per tutta la vita. Ma il regista-poeta, accanto ai cosiddetti lavori d'impegno sociale, realizza per conto della Olivetti alla fine degli anni cinquanta dei documentari d'animazione in anticipo sui tempi per un'estetica pop che farà scuola. Il suo esordio nel cosiddetto film di finzione avviene nel 1961 con l'episodio Ragazze madri del zavattiniano Le italiane e l'amore. Il sodalizio artistico e sentimentale con la scrittrice, poetessa e a sua volta cineasta Edith Bruck lo porta a realizzare, subito dopo aver diretto l'interessante e appassionante film televisivo La strada più lunga, il film d'esordio, lo struggente e toccante Andremo in città. [...] A questo film ne seguiranno diversi altri che segnano, come il suo percorso poetico, tappe importanti di un modo personalissimo e originale di fare arte all'insegna di un illuminismo tutto lombardo e da un disgusto sempre crescente per la cosiddetta società dei consumi: da Diario di una schizofrenica, raro e riuscito film psicoanalitico girato in Italia, al ritratto femminile di una donna in crisi in Ondata di calore e all'omaggio da poeta alla poesia di Rimbaud con Una stagione all'inferno, fino al manifesto manzoniano sprovvisto di Provvidenza La colonna infame. [...] Di se stesso e sul suo essere poeta e cineasta scrive: "A vent'anni un uomo di grande gusto, l'editore Giovanni Scheiwiller, mi accolse tra i suoi autori stampando un libriccino dal titolo Le opere e i giorni che risentiva fortemente della lettura di Saint-John Perse più che di Esiodo. Fu il mio debutto letterario, non rilevato da nessuno. Il cinema venne casualmente, nell'immediato dopoguerra quando ogni giovane era alla ricerca di se stesso oltreché di un lavoro. Due documentari di fama (l'olandese J. Ferno e l'inglese americanizzato R. Leacock) vennero in Italia per realizzare un cortometraggio sulla valle del Po che testimoniasse dei disastri della guerra. Mi unii a loro rinunciando definitivamente alla carriera di medico, altro versante familiare già abbandonato da mio fratello Dino. [...] Già, la poesia e il cinema su una formazione grosso modo scientifica; avevo almeno il vantaggio di non finire professore di Lettere in qualche liceo della Repubblica. Poi magari ti viene il rimpianto di non aver studiato, che so, filologia romanza alla Normale di Pisa... allora ti chiudi in casa con la finestra che dà sul muro di fronte a organizzare un libro di versi che hai incasellato mentalmente per mesi, oppure traduci l'Edipo Re sulla scorta di un "bigino" ritrovato in un angolo basso della libreria. Tutto questo può sembrare uno svago da ricchi, con la poesia non si campa, così cerco di continuare il mio discorso sotto altra forma: per anni ho operato nel campo del documentario e delle inchieste televisive prediligendo "il reale", poi lavorando su "l'immaginario" nei film di finzione scoprendo che il cinema non è poi così lontano dalla poesia, un'immagine e poi un'altra e un'altra ancora... un verso e poi un verso e un altro ancora. A volte le regole del cinema facilitano la scrittura, e viceversa».
La storia è centrata su tre donne: una madre ancora giovane, piacente, egoista e fatua, che ha respinto la figlia come un ingombro quando è venuta al mondo [...] e non ha voluto o potuto allattarla; una figlia che sin dalla primissima infanzia soffre del mancato amore materno [...] fino al punto che perderà la ragione; un'analista, donna sulla cinquantina dotata di una straordinaria carità umana, che lotta in due direzioni: contro la famiglia e contro il mondo accademico che non crede alla bontà del suo esperimento. Tre personalità distinte: l'isterica, la dissociata, la scientifica. Un triangolo di odio - delirio - amore, direbbe il soffietto pubblicitario. Un film non psicologico ma analitico, con un lato sperimentale da non sottovalutare.

(Cineteca Nazionale)

Opera seconda del regista e poeta Nelo Risi [...], Diario di una schizofrenica è ispirato a un memoriale scientifico assai noto in Francia scritto dalla psicologa svizzera Marguerite Andrée Séchéhaye. Sceneggiato da Risi con la collaborazione di Fabio Carpi e la consulenza scientifica di Franco Fornari, il film fu interpretato nel ruolo della protagonista Anna da un'attrice francese agli esordi, Ghislaine D'Orsay, e venne apprezzato da pubblico e critica in occasione della sua anteprima alla mostra di Venezia del 1968. Selezionato per l'Oscar, non fu poi accettato per cavilli burocratici, con il pretesto che non era uscito nelle sale, e fu sostituito da La ragazza con la pistola di Monicelli. Nel 1970 ha ottenuto un Nastro d'Argento per la sceneggiatura.

(Maria Coletti)

“Nato a Bologna nel 1930, Gian Vittorio Baldi dopo essere stato stagista alla televisione francese in qualità di cameraman e montatore, nel 1954 inizia a lavorare alla RAI, dove vi rimane fino al 1958. In questo periodo realizza Cinquantanni - Storia d'Italia dal 1898 al 1948. Nel '58 inizia a girare documentari e cortometraggi e comincia a promuovere iniziative a favore del documentario (nel 1960 fonda l'Istituto Italiano del Documentario). Tra le sue opere del periodo si possono ricordare La notte di San Giovanni, Il pianto delle zitelle (Leone d'oro quale miglior cortometraggio a Venezia 1959) Via dei Cessati Spiriti, La casa delle vedove (Leone d'oro per il cortometraggio a Venezia 1960 e Nastro d'argento per il miglior cortometraggio italiano nel 1961 e nomination all'Oscar), Luciano - Via dei Cappellari, Ritratto di Pina, Il bar di Gigi. Nel 1961 dirige La prova d'amore, episodio del film collettivo Le italiane e l'amore, voluto e organizzato da Cesare Zavattini, mentre l'anno dopo esordisce nel lungometraggio con Luciano segnalandosi come uno dei registi più personali del cinema italiano. Sempre nel 1962 fonda la IDI Cinematografica, una società di produzione che nel corso di circa tredici anni realizzerà importanti pellicole quali: Trio di Gianfranco Mingozzi, Cronaca di Anna Magdalena Bach di Jean Marie Straub e Daniel Huillet, Diario di una schizofrenica di Nelo Risi, L'amore coniugale di Dacia Maraini, Porcile di Pier Paolo Pasolini, Baltagul di Mircea Muresan, Appunti per un'Orestiade africana di Pier Paolo Pasolini, Quattro notti di un sognatore di Bresson. Nel 1964 è tra i promotori dell'Association Internazionale des Documentaristes (presidente è John Grierson, vice presidente Joris Irivens e Baldi segretario generale) e dirige l'episodio Fiammetta del collettivo Le adolescenti, a cui fanno seguito Fuoco! (1968), La notte dei fiori (1970), L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale (1974) Anni duri (1977) un film inchiesta per la tv, Mi ricordo ancora (1980), Anni luce (1985) un film di montaggio, e Zen - Zona Esposizione Nord (1988). Nel suo curriculum rientrano anche l'insegnamento di Filmologia all'Università di Bologna - dal 1977 al 1980 - e la raccolta di racconti "Varianze", pubblicato dall'editore Moby Dick nel 1995”.

(Comune di Cesena - Cinema San Biagio - Fondo GV. Baldi)

DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA (Italia, 1968) regia di Nelo Risi

 

Una poesia al giorno

da “Amica mia nemica”, di Nelo Risi

La mano sul ramo
sulle tette sul coso
sullíoro e trac!
chi non tira al suo vantaggio?
ho colto la vita dall'albero
di ogni frutto ho fatto conserva
quello che è stato è stato

Il curriculum è aperto: facile
dire che tutto è uno scialbo
museo maniacale comodo dire
che ho perso la faccia che ho
accomodato a mio modo la storia
in giro se ne parla per parlare

Da uomo d'ordine
che dell'ordine del mondo
ha fatto una sua fondata opinione
devo tener conto che dopo la grande
dopo la mondiale è nell'aria
una terza universale tanta
energia compressa dovrà pure espandersi!

Voli di bandiere stragi araldiche
le pulsioni più coatte
scaricate sugli inermi in ogni dove
nel Laos nel caos
magari un'isoletta un quarto turca
il resto greca un disegno autoritario

Biogeneticamente pare
non ho di che vantarmi
(e i traslati e le metafore?
Bello come un giglio
sant'Antonio lis de France
il vergine il pudico scala
al bianco

Mi gestisco mi appartengo
ora tendo al bordello ora
dipendo dalla famiglia amo
la donna serva (oh! il turchinetto
da bucato un rifarsi in sogno
amabilmente candido

Ho un carattere dominante
e dovrei cambiare? so so
che la mutazione Ë legge
fondamentale per averla
studiata sui conigli le piante
(metti nero su bianca
verrà fuori un meticcio

Una buona dentiera cannibalesca
e la carriera è aperta
titoli & azioni / burro & cannoni
nel lavoro sempre prima il profitto
(il privato è diverso dal sociale
anche se crea disagio in fabbrica

Un domenicano lunedì mi ha detto
"A ben guardare badi bene mi dia retta
il marxismo non è che un'eresia cristiana"
io ho provato a sciacquarmi la bocca
ma è un detersivo che ti mangia il tartaro
e dalle gengive gronda rosso (tutto sommato
un'esperienza deviante volevo fare contenta mia figlia

Notti in bianco
in solitudine davanti un bicchiere
in un pallore di luna funesto
albeggiare di tracce mnestiche
tra ornamenti e maschere)
(ti viene da piangere

Se ho un rimpianto è per le colonie
il mercato delle schiave un paio di moretti a letto
l'incontro con Livingstone i ladri con le mani mozze
il Congo di Leopoldo la Libia di Graziani le missioni
il mondo a nostra immagine ah l'Africa!
non c'è più in giro un mercenario
molto è perduto anche il guadagno facile

(Ho notato che la gente di colore
non suda affatto Io me ne sto sdraiato
ciononostante traspiro sempre Che sia
una questione di pelle?
di una cosa vado fiero
ella mia razza

Da quanto veleggio meno e vivo ritirato
mi lustro l'onore mi lavo il cervello
depongo fiori d'arancio in devozione
ai piedi del mio busto d'alabastro
somigliantissimo (dentro l'albume
di quegli occhi smorti
vegeta un sesso cagliato

Finirò con la benda sotto il mento
avvolto in un sudario rigido oltre il dovuto
l'ostia rappresa tra la lingua e il palato
e le mie ossa biancheggeranno
come frammenti di marmo pario
mentre l'Europa invasa)

Quello che è stato è stato

 

Un fatto al giorno

1° Maggio 1786: a Vienna, Austria, va in scena Le nozze di Figaro, ossia la folle giornata (K 492) è un'opera lirica di Wolfgang Amadeus Mozart. È la prima delle tre opere italiane scritte dal compositore salisburghese su libretto di Lorenzo Da Ponte. Musicato da Mozart all'età di ventinove anni, il testo dapontiano fu tratto dalla commedia Le mariage de Figaro di Beaumarchais (autore della trilogia di Figaro: Il barbiere di Siviglia, Le nozze di Figaro e La madre colpevole). L'opera è in quattro atti e ruota attorno alle trame del Conte d'Almaviva, invaghito della cameriera della Contessa, Susanna, sulla quale cerca di imporre lo "ius primae noctis". La vicenda si svolge in un intreccio serrato e folle, in cui donne e uomini si contrappongono nel corso di una giornata di passione travolgente, piena sia di eventi drammatici che comici, e nella quale alla fine i “servi” si dimostrano più signori e intelligenti dei loro padroni. L'intera vicenda può essere letta come una metafora delle varie fasi dell'amore: il paggio Cherubino e Barbarina rappresentano l'amore acerbo, Susanna e Figaro l'amore appena sbocciato, il Conte e la Contessa l'amore logorato dal tempo e senza più alcuna passione, Marcellina e Don Bartolo l'amore maturo.
Composta fra l’ottobre del 1785 e l’aprile del 1786, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, è la prima delle tre opere scritte dal compositore salisburghese su libretto di Lorenzo da Ponte. Una collaborazione straordinaria che avrebbe prodotto altri due capolavori del teatro lirico quali Don Giovanni e Così fan tutte. Un intreccio serrato e travolgente, in cui donne e uomini si contrappongono nel corso di una "folle giornata", ricca di eventi drammatici e comici e tale da consentire l’indagine musicale delle psicologie in gioco. Una satira sulle classi sociali privilegiate dell’epoca, ma anche un’acuta metafora delle diverse fasi dell’amore. L’opera, andata in scena per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 1° maggio 1786, è articolata in quattro atti, e narra, tra mille complicazioni, l’ardua ma vittoriosa difesa che Figaro, servitore del conte d’Almaviva, fa della propria fidanzata Susanna, insidiata dal capriccio del padrone, alla fine gabbato, deriso da tutti e costretto a consentire alle nozze dei due servi. Famoso è il monologo di portata rivoluzionaria in cui Figaro denuncia i soprusi della nobiltà.

 

Una frase al giorno

"Bere senza sete e far l'amore in ogni tempo, sono le uniche cose che ci distinguono dagli altri animali”.

(Pierre-Augustin de Beaumarchais)

 

Un brano al giorno

Era, Primer álbum del proyecto musical Era lanzado en el año 1998. Música de estilo medieval. Era es un proyecto musical del francés Eric Lévi. En este proyecto, gran parte de las canciones están basadas en el canto gregoriano medieval -en latín antiguo-, con una obvia relación a la música gregoriana.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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