“L’amico del popolo”, 1 marzo 2023

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno VII. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

TILLIE'S PUNCTURED ROMANCE (Il fortunoso romanzo di Tillie, US 1914), diretto e prodotto da Mack Sennett. Sceneggiatura: Hampton Del Ruth, Craig Hutchinson, Mack Sennett. Il film è basato sul musical teatrale Tillie's Nightmare, scritto da Edgar Smith e composto da Alfred Baldwin Sloane. Fotografia: Hans F. Koenekamp, Frank D. Williams. Produzione: Keystone Film Company. Cast: Marie Dressler (Tillie Banks), Mabel Normand (Mabel), Charles Chaplin (Charlie), Mack Swain (John Banks, padre di Tillie), Charles Bennett (Douglas Banks).

“Charles Chaplin interpreta un uomo di città donnaiolo che incontra Tillie (Marie Dressler) in campagna dopo un litigio con la sua ragazza (Mabel Normand). Quando si accorge che il padre di Tillie (Mack Swain) ha un patrimonio molto elevato per i suoi operai, la convince a fuggire con lui. In città, incontra la donna che già frequentava e cerca di aggirare la complicazione per rubare i soldi di Tillie. Fa ubriacare Tillie in un ristorante e le chiede di lasciargli il portafoglio. Dato che è ubriaca, lei accetta e lui scappa con la sua vecchia fidanzata e i soldi.

Più tardi, quel giorno, i due vedono in un cinema Keystone un film intitolato "Il destino di un ladro" (che, ironia della sorte, è un melodramma, un tipo di film che la Keystone non produceva) che illustra il loro furto sotto forma di una commedia morale. Entrambi si sentono in colpa e lasciano il cinema. Mentre è seduto su una panchina del parco, un fattorino (Gordon Griffith) gli chiede di comprare un giornale. Lo fa e legge la storia dello zio Banks di Tillie (Charles Bennett), un milionario morto durante una spedizione in montagna. Tillie viene nominata unica erede ed eredita tre milioni di dollari. L'uomo lascia la fidanzata sulla panchina del parco e corre al ristorante, dove Tillie è ora costretta a lavorare per mantenersi, perché è troppo imbarazzata per tornare a casa. Lui la prega di riprenderlo e lei, sebbene all'inizio sia scettica, crede che lui la ami davvero e si sposano. Si trasferiscono nella villa dello zio e organizzano una grande festa, che finisce in modo orribile quando Tillie trova il marito con la sua vecchia fidanzata, introdottasi clandestinamente in casa e che lavora come una delle loro cameriere.

Quando nel 1914 l'impresario di slapstick Mack Sennett propose di adattare per lo schermo la commedia di Broadway del 1910 L'incubo di Tillie, arruolò la star di immenso successo della produzione teatrale, l'allora 45enne Marie Dressler, per interpretare l'ingenua Tillie Banks. La Dressler ricevette un enorme compenso di 2.500 sterline a settimana e avrebbe dovuto avere anche una parte dei profitti di Kessler e Baumann, ma questi ultimi passarono il contratto di distribuzione alla Alco, annullando il contratto di Dressler con K&B e costringendo Dressler a fargli causa. La situazione fu ulteriormente complicata dal fallimento della Alco, dovuto principalmente al pagamento eccessivo dei diritti di distribuzione: 100.000 sterline. Lo stipendio di Chaplin era di gran lunga inferiore a quello di Dressler, sicuramente al di sotto dei 1.000 dollari a settimana, tanto che all'inizio del 1915 chiese un aumento a 1.000 dollari a settimana.

Il comico Charles Chaplin, che lavorava nello studio di Sennett dal dicembre 1913, fu scelto per recitare al fianco di Dressler nel ruolo di Charlie, un playboy senza scrupoli. Sebbene il personaggio caratteristico di Chaplin, "Charlot", fosse già stato ben sviluppato in altri film di Sennett a uno o due rulli (all'epoca era già apparso in più di 30 cortometraggi nel ruolo di Charlot), qui abbandona la parte del vagabondo dal carattere dolce per interpretare un cattivo. Il contrasto tra il minuscolo Chaplin e "l’ingombrante" Dressler, aumenta l'assurdità della loro accoppiata.

Il film, la cui realizzazione costò all'incirca 50.000 dollari (1,2 milioni di dollari nel 2015), era basato sulla commedia di Broadway Tillie's Nightmare (L'incubo di Tillie), con la quale la Dressler ebbe un grande successo, a Broadway e in tournée negli Stati Uniti, dal 1910 al 1912. La Dressler avrebbe riproposto la commedia con una propria compagnia itinerante.

Dopo la prima del 21 dicembre 1914 al Republic Theatre di Los Angeles, il film ebbe un enorme successo. Poiché la Mutual Film Corporation, distributrice di tutti i cortometraggi Keystone, non era attrezzata per gestire i lungometraggi, Tillie divenne l'unica produzione Keystone a essere distribuita dalla neonata (e di breve durata) Alco Film Corporation. Rimase nelle sale per anni, venendo continuamente rielaborato e accorciato e, molto più tardi, con l'aggiunta di colonne sonore ottiche con musica, effetti sonori e narrazione.”

(In wikipedia.org)

 

“Il film fu un successo straordinario e fu accolto in modo principalmente positivo dalla critica. Il sito Rotten Tomatoes ha raccolto sei recensioni di cui cinque positive, con un voto medio di 6,4. In particolare venne notato il contributo di Chaplin, che da allora fu nel mirino di quasi tutti i produttori. Charles R. Condon scrivendo per Motography definì il film "il Cabiria della commedia", scrivendo che "l'umorismo genuino è la nota dominante in ogni scena" e che i protagonisti diventano "più divertenti ad ogni bobina". In particolare Condon si soffermò su Chaplin, affermando che su di lui "cade la maggior parte dell'azione, e probabilmente nessuno sullo schermo è in grado di renderla più divertente di questo inimitabile comico". George Blaisdell su Moving Picture World lodò il cast di protagonisti, le scenografie e la fotografia. Variety scrisse che "le buffonerie di Chaplin [...] sono un elemento essenziale alla riuscita del film" e che "il film è un po' troppo lungo, ma vale la pena aspettare l'esilarante finale comico.”

(In wikipedia.org)

“Grazie a un cast di sole stelle e a una miscela frizzante di ricercatezza e gag immediate, Tillie’s Punctured Romance è un film di riferimento nella storia del cinema per diverse ragioni. Oltre a rappresentare il debutto su grande schermo di Marie Dressler, nonché il primo lungometraggio di Mabel Normand e di Charlie Chaplin, questo film è ritenuto la prima commedia in lungometraggio della storia. La sua reputazione negli anni ha sofferto perché del film erano disponibili solo versioni ridotte e con tagli sostanziali. Il restauro di Tillie’s Punctured Romance ne offre ora una versione curiosamente ibrida. Gran parte dell’azione è ripresa frontalmente in studio, il che testimonia l’esperienza teatrale di Dressler e le radici di Chaplin nel music-hall. Ma ci sono anche molte scene girate in esterni e Sennett sfrutta abilmente fino a quattro diverse location. L’ultimo rullo del film è un crescendo comico: uno scontro a torte in faccia che si trasforma in confusione generale quando Tillie spara indiscriminatamente con una pistola e culmina in un inseguimento farsesco su un molo con i Keystone Kops impegnati per mare e per terra.”

(David Pendleton in festival.ilcinemaritrovato.it)

 

Charlie Chaplin

Attore e regista inglese (nasce il 16 aprile del 1889 a Londra), Charles Chaplin è stato uno dei più grandi interpreti del cinema mondiale.

Cresciuto tra estremi disagi e in condizioni finanziarie precarie, Charles e il fratello maggiore Sidney trascorsero due anni fra collegi e istituti per orfani a Lambeth. Il padre morì quando Charlie aveva dodici anni e la madre, affetta da turbe mentali, venne ricoverata in un istituto presso Croydon, dove morì nel 1928. Queste vicende non impedirono al piccolo Chaplin di apprendere proprio dalla madre l'arte del canto e della recitazione. I primi passi sul palcoscenico li mosse assieme a lei già all'età di cinque anni.

La sua carriera artistica mosse i primi passi nel mondo del circo, dove si affermò come fantasista negli spettacoli itineranti di Fred Karno. Ben presto il giovane Chaplin divenne, insieme a Stanley Jefferson (meglio conosciuto come Stan Laurel) uno degli attori più apprezzati della compagnia.
Nel 1909 iniziarono le tournée all'estero: dapprima a Parigi e, due anni dopo, negli Stati Uniti. Proprio lì Chaplin fu notato dal produttore Mack Sennett, che nel novembre 1913 lo mise sotto contratto per la casa cinematografica Keystone e con il quale girerà le sue prime comiche. È tra il 1914 ed il 1915 che nacque Charlot, il personaggio che lo renderà celebre. La sua giacchina lisa e stretta, i pantaloni troppo larghi, le scarpe abbondanti, l'inconfondibile bombetta ed il bastone di bambù rimarranno indelebili nell'immaginario collettivo.

Regista di se stesso (ma anche sceneggiatore, musicista e produttore della maggior parte dei suoi film) Chaplin passa la sua carriera a perfezionare il suo straordinario personaggio.
Dopo aver realizzato ben 35 cortometraggi con la Keystone, nel 1918 decise di mettersi in proprio e passò alla First National, con cui fece ben dieci film (fino al 1923). Fu proprio la First National - grazie anche all'interessamento del fratello Sydney, ormai suo procuratore - ad offrirgli un ingaggio da un milione di dollari, cachet mai guadagnato prima da un attore.

Ma è del 1919 il grande passo: insieme al regista David Wark Griffith, a Mary Pickford e Douglas Fairbanks, Chaplin fonda la United Artists. Da allora in poi curerà da solo ogni fase della sua produzione cinematografica, attorniato da un gruppo di fedelissimi collaboratori.

La consacrazione come star avvenne nel 1921 quando diresse e interpretò Il monello, nel quale fece debuttare il piccolo Jackie Coogan. Chaplin è ormai una star di livello mondiale. Personaggio pubblico, universalmente acclamato, affianca a una sfavillante vita pubblica un'intensa vita privata, che lo porterà al centro delle cronache rosa e non solo. Quattro matrimoni - con Mildred Harris nel 1918, con Lita Grey nel 1924, con la grande Paulette Goddard nel 1936 e infine con Oona O'Neill (figlia del grande drammaturgo) nel 1943: dieci figli (otto dalla sola Oona) -, numerose relazioni, spesso burrascose.

Per quasi 30 anni, fino al 1952, Chaplin lavorò costantemente per la United Artists, e girò otto film, i più importanti della sua carriera. Tra questi, nel 1925, La febbre dell'oro, considerato una delle sue opere meglio riuscite.

Nonostante il sonoro si fosse ormai affermato definitivamente a Hollywood fin dal 1927, Chaplin non ne fu interessato sino alla fine degli anni 30; un particolare curioso per un artista che avrebbe enfatizzato poi con la musica i suoi migliori lavori. Girò infatti nel 1931 Luci della città, completamente muto e solo accompagnato dalla musica, e cinque anni dopo Tempi moderni, un altro capolavoro del cinema muto.

La presunta origine ebraica e le esplicite simpatie per le idee e i movimenti di sinistra lo posero sotto il controllo dell'FBI sin dal 1922, portandolo nel 1947 di fronte alla Commissione per le attività antiamericane. Così il 19 Settembre del 1952 (mentre era in viaggio per Londra), gli venne annullato il permesso di rientro negli USA. Nel 1953 i Chaplin si stabilirono in Svizzera, presso Vevey, e Chaplin rientrerà negli USA solo nel 1972 per ritirare un tardivo Oscar alla carriera.

Charles Chaplin morì a Vevey, in Svizzera, il giorno di Natale del 1977 e lì fu sepolto. Due mesi dopo la sua morte, il 3 marzo 1978, il suo corpo fu trafugato in un tentativo di estorsione ai danni dei suoi familiari. Il piano tuttavia fallì; i malviventi furono catturati ed il corpo successivamente recuperato nei pressi del lago di Ginevra.

 

  • Un suo film ritrovato: Charlie Chaplin - The Professor (Rare unreleased film)

"Il professore" (The Professor) è un film comico muto americano del 1919, realizzato negli studi Chaplin per la First National Film Company, con protagonista Charlie Chaplin. Tuttavia, il film non fu mai distribuito e nemmeno completato. Chaplin abbandonò la produzione dopo aver terminato una sola sequenza: un'unica bobina. Chaplin non interpreta il suo solito personaggio di Charlot, ma il "Professor Bosco", uno sciatto uomo di spettacolo che porta con sé il suo circo di pulci quando alloggia in una locanda. Le pulci si liberano durante la notte e creano scompiglio.

The Professor. Diretto da Charlie Chaplin. Scritto da Charlie Chaplin. Prodotto da Charles D. Hall. Fotografia: Roland Totheroh. Cast: Charlie Chaplin, Professor Bosco. Albert Austin, uomo in Flophouse. Henry Bergman, Uomo barbuto a Flofouse. Tom Wilson, uomo in Flophouse. Tom Wood, uomo grasso a Flophouse.

1 marzo 1978: la bara di Charlie Chaplin viene trafugata da un cimitero svizzero.

 

Una poesia al giorno

I vecchi non dovrebbero mai dormire, di Nico Naldini (da Una striscia lunga come la vita, Marsilio, 2009)

I vecchi non dovrebbero mai dormire
mai andare a letto.
Ogni gesto è un dolore
tenuto segreto
che si rifà vivo.
Sollevare le lenzuola
mettere sul cuscino
un altro cuscino.
Quale ricordo lieto
potrà aprire la porta ai sogni?
No, solo gaffes irrimediabili
perché ancora tutto brilla
di luci mondane
con una spiegazione
per ogni fallimento.
Un rifugio non c’è
nemmeno nell’angolo
più fresco del letto
che fa presto a inumidirsi
non di lacrime ma di sudore
perché è il corpo che piange.

 

Domenico Naldini (Casarsa della Delizia, 1 marzo 1929 - Treviso, 9 settembre 2020) è stato uno scrittore e poeta italiano.

“Mercoledì 9 settembre 2020, a metà mattinata, mi ha chiamato Ilem, la signora che da un paio d’anni con pazienza e dedizione segue Nico Naldini: “Corri, Nico sta male, gli manca il respiro.” Quando sono giunto a casa sua, dopo dieci minuti, Nico era morto, scivolato via, in un attimo. Sono entrato nella stanza, era lì supino, sotto le lenzuola, la bocca aperta e la testa reclinata. Per un momento, ho avuto la sensazione che si sarebbe scosso dal sonno, si sarebbe schiarito la voce e mi avrebbe rimproverato per essere arrivato tardi.

Avevo conosciuto Nico più di vent’anni fa. Era stato Goffredo Fofi a indirizzarmi da Naldini - stava per uscire l’antologia del Meridiano Mondadori dedicata a Comisso - ne nacque una bella intervista per “Lo straniero” e insieme un’amicizia. Mi telefonava quasi ogni giorno e spesso andavo a trovarlo, lo accompagnavo lungo le vie di Treviso, città amata e odiata che era diventata il suo ultimo rifugio, dopo aver vissuto a Trieste, Milano, Roma. La città di Giovanni Comisso, di cui Nico era stato amico, nonché biografo, curatore delle opere per Longanesi, e fondatore, insieme a Cino Boccazzi, degli Amici di Comisso.

Nico Naldini era nato a Casarsa, nel 1929, cugino di Pier Paolo Pasolini, suo primo maestro, che lo aveva guidato alla conoscenza e alla pratica della poesia durante i terribili anni tra il 1943 e il 1945, quando le due famiglie, quella di Naldini e quella di Pasolini, era sfollate da Casarsa al piccolo borgo di Versuta. L’esperienza era poi continuata, negli successivi alla fine della guerra, nell’appassionante avventura dell’ “Academiuta di lenga furlana”, tra simbolismo europeo ed ermetismo italiano. Nico Naldini dunque nasce poeta, e in fondo, lo resterà sempre.

L’altro maestro fu indubbiamente Giovanni Comisso, che conobbe nel 1950, proprio lo stesso in cui Pasolini parte per Roma. Comisso fu indubbiamente più vicino a lui dal punto di vista emotivo e ideale, incarnando per lui “una polarità di leggerezza psicologica e di solarità, contrapposta a quel modello venerato - ma esigente e talvolta plumbeo - che costituiva Pasolini”, ha scritto Francesco Zambon. In una poesia della maturità, I vevi doj amis (in La curva di San Floreano, Einaudi 1988) si legge: Il prin al era sior / di resultùms / di estàs e di fluns / di fantas ch’a si spojavin / coma anzui ch’a svualin. // L’altri al era puarèt /dur par sé / sensa requie di un dì / sensa amour / al veva un gioldi crepàt / un vivi insumiàt / di frus assasins. (Il primo era ricco di sorgenti/ di estati e di fiumi / di ragazzi che denudavano / come angeli che volano. // L’altro era povero / duro per sé / senza pace di un giorno / senza amore /aveva un godere crepato / un vivere sognato / di fanciulli assassini.) Un duplice ritratto che non ha bisogno di alcun commento.

Grazie a Comisso, Naldini va a lavorare a Milano, alla Longanesi, dove conosce Goffredo Parise, nato nello stesso anno, il 1929, con cui stringerà una duratura amicizia, terminata solo con la morte prematura di Parise, nel 1986, a cui dedica un libro intenso, Il solo fratello. Ritratto di Goffredo Parise, (Archinto 1989). Sono anni di sordina letteraria, con poche sporadiche apparizioni, ma intensi in quanto amicizie: oltre a Parise, a Milano Naldini frequenta Eugenio Montale, Vittorio Sereni, Carlo Emilio Gadda. Nei primi anni ‘70, annoiato dalla routine del lavoro editoriale, si sposta a Roma, come direttore di produzione per Federico Fellini e Bernardo Bertolucci. Frequenta Sandro Penna, Elsa Morante, Alberto Moravia.

L’assassinio di Pier Paolo Pasolini è un trauma profondo e per Naldini, che si allontana dal cinema e da Roma, inizia una sorta di seconda vita. Si dedica inizialmente alla curatela delle lettere di Giacomo Leopardi, uscite per Garzanti nel 1982, per passare poi alla biografia di Giovanni Comisso (Vita di Giovanni Comisso, Einaudi 1985), un capolavoro per stile e capacità rievocativa. Cura poi le lettere di Pasolini per Einaudi (1986-1988) che gli chiederà di scriverne anche la biografia (Pasolini, una vita, 1989). A metà degli anni ’90, esce un libro autobiografico, Il treno del buon appetito (Guanda 1995), nel quale si ritrovano riuniti le figure degli amici e dei maestri, insieme ai suoi amori omoerotici, quei ragazzi che sono stati da sempre il suo pensiero principale. L’alfabeto degli amici, uscito nel 2004 per L’ancora del mediterraneo, è un affresco in cui si affollano personaggi grandi e piccoli, annotazioni pungenti, rapidi schizzi, ricordi capricciosi osservati attraverso un pertugio, quasi uno sguardo in tralice.

Sebbene si fosse stabilito a Treviso a partire dagli anni ‘80, per molti mesi all’anno si rifugiava in un piccolo paese vicino a Tunisi, inseguendo i fantasmi del desiderio, quei giovani magrebini che popolano le sue ultime produzioni poetiche. Una stagione feconda, quest’ultima, infatti, perché riprende a scrivere in versi, in una ritrovata felicità di scrittura: Occasionalmente altro (Manni, 1999), Piccolo romanzo magrebino (Manni 2002), I confini del paradiso. Racconto in versi (L’ancora del mediterraneo) sono alcuni dei titoli comparsi in quegli anni.

L’ultimo libro di Naldini è uscito l’anno scorso, Quando il tempo si ingorga, per la cura di Francesco Zambon con una nota di Franco Zabagli (2019, Ronzani editore), e raccoglie prose e ricordi, confermando il ruolo di testimone di un Novecento oramai divenuto passato remoto, e insieme restituisce il brivido dell’Eros che ha attraversato, prima ancora che le pagine la vita stessa. Uno sguardo, come scrive Franco Zabagli, “che affonda negli incorporei fenomeno del passato, e ogni tanto se ne distoglie per considerare il presente con ilare, severa, anarchica autorevolezza.”

Nico era uno stupendo affabulatore, brillante e malizioso, arguto quando l’argomento gli stava a cuore, mai lezioso, a volte tagliente, a tratti tranchant: durante le nostre camminate, gli piaceva raccontarmi delle esperienze nel mondo del cinema, specie con Federico Fellini, amava meno parlare del mondo della poesia, troppe le invidie e le maldicenze, ma se gli chiedevo di Eugenio Montale, allora si illuminava e si abbandonava a una serie di aneddoti sapidi e spassosi. Mi sembrava di partecipare anch’io, quasi, a quel mondo. La sua vena narrativa aveva sempre bisogno di un pubblico attento - fosse anche una sola persona -, guai a distrarsi, guai a interromperlo. Perfino Abel Ferrara era rimasto soggiogato ascoltandolo parlare di Pasolini, quel giorno in Vineria a Treviso, con Nico che, tra un bicchiere e l’altro, declamava la bontà dei vini al regista statunitense che stava disintossicandosi dall’alcol e beveva solo acqua minerale. Pasolini, l’amatissimo cugino ma anche presenza ingombrante, col cui fantasma Nico non ha mai smesso di fare i conti, ma anche di difenderlo da ogni appropriazione indebita, da ogni manovra meschina (e lo ha fatto nel modo più consono: scrivendo libri bellissimi).

Era un uomo privo di mezze misure, o amava o odiava, non nascondeva le sue antipatie, che erano istintive. A volte poteva essere insofferente, umorale, bizzoso, diventare ossessivo: allora chiamava al telefono anche dieci volte di seguito, finché le sue ansie non si placavano in qualche modo. Ma alla fine, gli si perdonava tutto: quando Nico era in vena, era l’uomo più affabile si potesse immaginare e la sua generosità ti conquistava. Ho conosciuto pochi uomini altrettanto liberi, e innamorati della bellezza, che identificava con la gioventù: i corpi dei giovani, mi confidava, erano tutto per lui, erano la vita nelle sue manifestazioni più belle, l’eleganza, la destrezza, il guizzare dei muscoli sotto la maglietta di un ragazzo. Subire l’orrida vecchiaia, vedere il corpo consumarsi giorno dopo giorno è stato un perfido contrappasso. Detestava le fedi religiose e la credenza in un dio giudice che promette castighi e premi. L’umanità è così disgraziata di suo, mi diceva, che bisogno c’è di un dio castigatore?”

(Nicola De Cilia in gliasinirivista.org)

 

"Documentario radiofonico sul Friuli, andato in onda il 08-04-1953, nel programma PAESAGGI E SCRITTORI. Il testo, di Pier Paolo Pasolini, racconta il Friuli attraverso un viaggio in treno che parte da Venezia, e invita l'ascoltatore ad osservare dall'immaginario finestrino del treno."

 

Un fatto al giorno

1 marzo 1562: Massacro di Wassy. Decine di Ugonotti vengono massacrati dai cattolici a Wassy, in Francia sotto il potere della regina di Francia Caterina de' Medici, segnando l'inizio della prima guerra di religione.

 

“La strage di Wassy (1 marzo 1562) fu l'uccisione di un gran numero di protestanti francesi (ugonotti) avvenuta nella località di Wassy, nel nord-est della Francia. Essa diede origine alle tre guerre di religione che tormentarono la Francia dal 1562 al 1563, dal 1567 al 1568 e dal 1568 al 1570, con brevi intervalli di relativa tranquillità.

Con l'assunzione della reggenza in nome del figlio Carlo alla fine del 1560, la regina madre Caterina de' Medici volle porre un freno all'influenza ormai eccessiva che la famiglia dei duchi di Guisa aveva assunto sul governo di Francia con il regno del figlio Francesco. Proclamò quindi l'editto di Saint-Germain, detto anche editto di gennaio (17 gennaio 1562), con il quale veniva consentita agli ugonotti, fino ad allora perseguitati, la libertà di culto fuori delle città, anche se con certe limitazioni. I Guisa si dichiararono contrari a queste concessioni, che ritenevano un pericoloso cedimento della corona al nemico.

Il primo di marzo del 1562 una gran folla di protestanti, circa seicento, si riunì a Wassy per celebrare il culto. Un assembramento così grande era contrario a quanto stabiliva l'editto e dovette essere sorvegliato, per ragioni di sicurezza, da truppe armate. Incaricato del controllo del rispetto delle norme era il duca Francesco I di Guisa, allora comandante delle truppe governative. L'escalation della situazione a Wassy, spontanea o provocata ad arte, andò ben oltre le intenzioni della reggente al trono, Caterina.

Il duca di Guisa giunse a Wassy di passaggio (secondo fonti dei circoli cattolici di allora, rientrava da Joinville, ove si era recato, accompagnato da numerosi armati, a far visita alla madre) mentre si teneva questa grossa assemblea religiosa protestante nei pressi di un fienile. Le versioni sullo svolgimento dei fatti divergono.

Secondo fonti ugonotte, il massiccio intervento delle truppe del duca contro inermi fedeli ebbe luogo dopo un vivace scambio di parole e si trasformò presto in un massacro.

Secondo fonti cattoliche, invece, gli ugonotti attendevano indisturbati al loro culto mentre in una chiesa cattolica nei pressi si svolgeva una messa. Improvvisamente la messa sarebbe stata disturbata dall'esterno da urla di ugonotti radicali ed a nulla sarebbero servite le richieste dei cattolici: gli ugonotti avrebbero continuato a disturbare il culto dal piazzale della chiesa. Dopo un vivace scambio di parole si sarebbe giunti alla baruffa, al lancio di pietre ed infine agli spari.

La conseguenza immediata di tutto ciò fu l'uccisione di 23 fedeli ugonotti ed il ferimento di un altro centinaio di questi.

Entrambe le parti utilizzarono ampiamente questo episodio per scopi propagandistici al fine di mostrare l'intolleranza della parte avversa. Al di là delle versioni di parte, è assai probabile che nei pressi del fienile, ove si svolgeva il culto protestante, o di fronte alla chiesa, ove si svolgeva quello cattolico, si sia scatenata prima una rissa verbale, degenerata poi in combattimento armato.

A seguito di quella strage vi fu la definitiva perdita di tutti gli incarichi di stato da parte della famiglia dei duchi di Guisa. Il duca Francesco I di Guisa fu assassinato da un seguace dell'ammiraglio ugonotto Gaspard II de Coligny l'anno successivo. Giovanni Calvino da Ginevra sollecitò ad evitare ulteriori provocazioni contro lo Stato francese. Tre brevi guerre di religione si susseguirono in territorio francese, alternate ad altrettanto brevi periodi di pace. Dieci anni dopo un'altra strage di ugonotti ebbe luogo a Parigi, nota con il nome di "Notte di San Bartolomeo".

(In wikipedia.org)

 

Una frase al giorno

“Noi abbiamo costruito questa società non per ledere la libertà personale, ma perché la persona umana si senta realmente libera. L'abbiamo costruita nell'interesse di una effettiva libertà personale, di una libertà senza virgolette. Per me è difficile immaginare quale può essere la "libertà personale" di un disoccupato che ha fame e non trova lavoro. La libertà effettiva si ha soltanto là dove è abolito lo sfruttamento, dove non c'è oppressione di una persona da parte di un'altra, dove non c'è disoccupazione e accattonaggio, dove l'uomo non trema al pensiero che domani potrà perdere il lavoro, l'abitazione, il pane. Soltanto in tale società è possibile una libertà personale, e qualsiasi altra libertà, effettiva e non fittizia”

(Iosif Stalin citato in “L’equiparazione fra i totalitarismi e la criminalizzazione del socialismo”, senzatregua.it)

 

STALIN, Josif Vissarionovič, (Gori, 18 dicembre 1878-Mosca, 5 marzo 1953) è stato un rivoluzionario, politico e militare sovietico.

Anche se rimane ancora incerta, a tutt'oggi, la parte effettiva avuta da S., nella suprema direzione strategica della guerra, le rivelazioni e gli attacchi sferrati contro di lui nel corso del XX e del XXII congresso del partito comunista sovietico (1956 e 1961) hanno messo in luce le sue gravissime responsabilità, in ordine alla difesa del paese, per la grande "epurazione" che eliminò, con fucilazioni e lavori forzati, gli esponenti maggiori dell'esercito, a cominciare dal maresciallo Tuchačevskij e accanto a lui 13 su 15 generali d'armata, 62 su 85 generali di corpo d'armata, 110 su 195 generali di divisione, 220 su 4006 generali di brigata, ecc. A questo si aggiunsero le pesanti repressioni in sede politica, tutto un costume di dittatura senza uguali che - ben individuato e denunziato in Occidente - ha trovato un'esplicita conferma dai due congressi del Partito Comunista sovietico.

Tuttavia, al di là di queste critiche postume, non c'è dubbio che vanno riconosciute a S. notevoli capacità ed energia nella condotta della guerra, nella scelta degli uomini e, quindi, nello sfruttamento politico e diplomatico della vittoria. Ideali nuovi o rinnovati, quali la coscienza di patria e relativa esaltazione del passato russo (da Pietro il Grande a Caterina II a Suvorov, ecc.), certa solidarietà slava, la restaurazione del patriarcato di Mosca, ecc. furono gli elementi della "tradizione" russa che S., con la guerra, volle riaffermare quali molle ideali per giungere alla vittoria. Questa consentiva all'URSS di spingere ben innanzi le sue frontiere statali e più avanti ancora - con l'instaurazione di regimi comunisti nell'Europa Orientale - quelle politiche. Così quella formula ideologica del "socialismo in un solo paese" che aveva segnato un limite agli sviluppi rivoluzionari in senso comunista, si apriva verso nuovi orizzonti territoriali, segnati dalla preoccupazione, divenuta ossessiva, della "sicurezza".

Una volta raggiunti questi risultati all'indomani della guerra, S. tornava su posizioni di conservazione, limitando al massimo i rapporti con l'Occidente, e cercando di rendere definitivi i risultati raggiunti. A questo servì la cosiddetta "guerra fredda" delineatasi sin da Potsdam. Stalin, con la collaborazione di V. Molotov, di Vis̄inskij, di Zdanov, fra il 1948 e il 1952, che rappresentò il periodo di più aspra tensione fra i due "blocchi" (sottolineata dalla lunga crisi di Berlino, dalla defezione iugoslava, dal colpo di stato a Praga, ecc.) condusse una politica aspra, dura, logorante contro tutte le posizioni dell'Occidente, dall'Europa al Medio Oriente, all'Oriente Estremo, lungo tutta la fascia di contatto fra i due "mondi", non senza puntare in Africa sul risveglio dei popoli coloniali. La morte di lui apriva una fase nuova, almeno sul momento, nella politica sovietica, interna ed estera. Dopo tanti anni di dittatura staliniana la sua grande personalità, l'impronta da lui data a tutta la vita russa premevano troppo ancora sull'atteggiarsi delle coscienze, sul costume, su tutta la vita del paese, perché non si sentisse la necessità di staccare gli animi dal mito di Stalin. Questo compito si assunse - appena consolidatosi al potere - N. Chruščëv, che nella sua famosa relazione al XX Congresso del partito comunista (14-25 febbraio 1956) svolse una critica aspra e dura allo stalinismo, riaffermando il principio leniniano della "direzione collettiva" contro quel "culto della personalità" che aveva circondato Stalin sino alla morte e minacciava, come mito, di rendere precario il potere dei suoi successori. Queste critiche diventarono vere e proprie rivelazioni cinque anni più tardi, nel XXII Congresso del partito, al termine del quale fu deciso di togliere il corpo imbalsamato di Stalin dal mausoleo sulla Piazza Rossa e di eliminare dalla toponomastica le denominazioni di città e altre entità geografiche dedicate al suo nome.”

(Angelo TAMBORRA - Enciclopedia Italiana - III Appendice, 1961)

Immagini:

1° marzo 1953: Iosif Stalin viene colpito da un attacco di cuore; morirà quattro giorni dopo.

 

Un brano musicale al giorno

Gustav Mahler, Sinfonia n. 3 in re minore, direttore: Dimitri Mitropoulos

  1. Kräftig-Entschieden
  2. Tempo di minuetto. Sehr mäßig
  3. Comodo. Scherzando. Ohne Hast
  4. Sehr langsam. Misterioso
  5. Lustig im Tempo und keck im Ausdruck
  6. Langsam. Ruhevoll. Empfunden

Lucretia West, Contralto
Coro maschile della cattedrale di Colonia
Coro femminile della WDR Radio
WDR Orchestra Sinfonica
Dimitri Mitropoulos, direttore

Colonia, 24.10.1960

 

Dimitris Mitropoulos (greco: Δημήτρης Μητρόπουλος; Atene, 1 marzo 1896-Milano, 2 novembre 1960) direttore d'orchestra, pianista e compositore greco. Trascorse gran parte della sua carriera negli Stati Uniti. Dimitri Mitropoulos nacque ad Atene, figlio di Yannis e Angelikē Mitropoulos. Fin da piccolo si dimostrò portato alla musica e dagli undici ai quattordici anni tenne degli incontri informali presso casa sua ogni sabato pomeriggio discutendo di musica. In quel periodo scrisse la sua prima composizione datata, una sonata per violino e pianoforte ormai persa. Studiò musica al conservatorio di Atene, poi a Bruxelles, infine a Berlino con Ferruccio Busoni come insegnante. Tra il 1921 e il 1925 fu l'aiutante di Erich Kleiber a Berlino.

Nel 1930, durante un concerto con la Berlin Philharmonic Orchestra, fu tra i primi a dirigere l'orchestra e a suonare il pianoforte contemporaneamente nel Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 (Prokof'ev). Nel 1932 dirige la prima esecuzione assoluta nel Conservatorio Ellenico Nazionale di Atene del 1°, 4° e 5° movimento della "Greek Suite" di Petros Petridis.

Al Teatro La Fenice di Venezia nel 1933 e nel 1934 suona il pianoforte e dirige un concerto.

Nel 1936 fece il suo debutto negli Stati Uniti con la Boston Symphony Orchestra, dal 1937 al 1949 dirige l'Orchestra Sinfonica di Minneapolis e nel 1947 prese la cittadinanza americana. Nel 1938 dirige la prima esecuzione assoluta nella Severance Hall di Cleveland del Concerto per violino e orchestra di Ernest Bloch con Joseph Szigeti. Nel 1941 dirige le prime esecuzioni assolute nell'University of Minnesota's Northrop Auditorium di Minneapolis della Sinfonia in mi bemolle maggiore di Paul Hindemith e nella Carnegie Hall di New York della Sinfonia n. 1 di David Diamond. Nel 1942 dirige la prima esecuzione assoluta nella Carnegie Hall di "Statements: Militant, Cryptic, Dogmatic, Subjective, Jingo, Prophetic" di Aaron Copland e nel 1947 la prima assoluta della Sinfonia n. 4 op. 113 di Ernst Krenek.

Dal 1949 al 1958 dirige la New York Philharmonic.

Al Teatro alla Scala di Milano dirige nel 1952 Wozzeck con Tito Gobbi ed Italo Tajo, nel 1953 due concerti, nel 1954 Elettra (Strauss) con Ramón Vinay ed Arlecchino di Ferruccio Busoni con Giulietta Simionato, Rolando Panerai e Fernando Corena e due concerti e nel 1956 e nel 1957 due concerti.
Ancora per il Teatro La Fenice dirige nel 1954 l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in due concerti nel Teatro Verde di San Giorgio Maggiore (isola) e nel 1956 i Wiener Philharmoniker.

A Salisburgo dirige nel 1954 due concerti con i Wiener Philharmoniker, nel 1956 Don Giovanni (opera) con Cesare Siepi, Lisa Della Casa, Corena e Walter Berry, un concerto con Robert Casadesus ed uno con musiche di Hector Berlioz, nel 1957 Elettra, un concerto con Casadesus ed uno con i Wiener Philharmoniker, nel 1958 Vanessa di Samuel Barber con Rosalind Elias, un concerto con Zino Francescatti ed uno con Glenn Gould e la Orchestra reale del Concertgebouw, nel 1959 Das Buch mit sieben Siegeln Oratorio di Franz Schmidt con Fritz Wunderlich e nell'agosto 1960 un concerto con i Berliner Philharmoniker e la Sinfonia n. 8 (Mahler) con Hermann Prey.

Al Metropolitan Opera House di New York debutta nel dicembre 1954 con il balletto Vittorio di Giuseppe Verdi e Salomè (opera) con Vinay. Nel 1955 dirige Un ballo in maschera con Richard Tucker, Leonard Warren, Marian Anderson e Roberta Peters e Tosca con Renata Tebaldi, nel 1956 Boris Godunov (opera), Manon Lescaut con Corena, Ernani con Mario Del Monaco e Cesare Siepi e dirige Maria Callas nel II Atto di Tosca all'Ed Sullivan Show, Madama Butterfly con Licia Albanese, Daniele Barioni e la Elias e Carmen (opera), nel 1957 Die Walküre ed Eugene Onegin, nel 1958 la prima assoluta di Vanessa di Barber con la Elias, Gianni Schicchi, Cavalleria rusticana (opera) e Pagliacci (opera) e nel 1960 Simon Boccanegra. In questo teatro diresse 208 rappresentazioni fino al 30 aprile 1960.

Nel 1957 dirige la prima rappresentazione nel Teatro Comunale di Firenze di "Ernani" con Anita Cerquetti, Del Monaco, Ettore Bastianini e Boris Christoff.

Morì il 2 novembre 1960 alla Scala, poco dopo l'inizio delle prove della Sinfonia n. 3 (Mahler).

Nel 1990 l'album Berg, Wozzeck - Dimitri Mitropoulos/New York Philharmonic Orchestra con Eileen Farrell del 1951 per la Columbia Masterworks vince il Grammy Hall of Fame Award. Nel 1999 l'album Mahler, Symphony No. 1 In D Major "Titan" - Minneapolis Symphony Orchestra/Dimitri Mitropoulos del 1940 per la Columbia (Sony) vince il Grammy Hall of Fame Award.”

(In wikipedia.org)

 

Direttore: Dimitri Mitropoulos
Orchestra: Wiener Staatsoper
Coro: Wiener Staatsoper

  • Il Marchese di Calatrava, Ludwig Welter
  • Leonora di Vargas, Antonietta Stella
  • Don Carlo, Ettore Bastianini
  • Don Alvaro, Giuseppe di Stefano
  • Preziosilla, Giulietta Simionato
  • Fra Melitone, Karl Dönch
  • Curra, Annemarie Ludwig
  • Padre Guardiano, Walter Kreppel
  • Mastro Trabuco, Hugo Meyer-Welfing
  • Un Chirurgo, Franz Bierbach
  • Un Alcalde, Harald Pröglhoff

 

1° marzo 1896 nasce Dimitri Mitropoulos, direttore d'orchestra, pianista e compositore greco (morto nel 1960).

 

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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