L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno V. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
È il primo film ad aver vinto l'Oscar al miglior film nel 1929. È inoltre l'unico film muto ad aver vinto questo premio, oltre che l'unico in assoluto a vincere l'Oscar ai migliori effetti tecnici.
WINGS (US, 1927), regia di William A. Wellman. Prodotto da Lucien Hubbard, Adolph Zukor, Jesse L. Lasky, B.P. Schulberg, Otto Hermann Kahn (non accreditato). Scritto da Titles: Julian Johnson. Sceneggiatura di Hope Loring, Louis D. Lighton. Storia di John Monk Saunders. Musica di J.S. Zamecnik (non accreditato). Fotografia Harry Perry. A cura di E. Lloyd Sheldon. Lucien Hubbard (non accreditato). Cast: Clara Bow (Mary Preston), Charles "Buddy" Rogers (Jack Powell), Richard Arlen (David Armstrong), Jobyna Ralston (Sylvia Lewis), Gary Cooper (cadetto), Arlette Marchal (Celeste), El Brendel (Patrick O'Brien), Cannoniere Smith (sergente), Richard Tucker (comandante), Julia Swayne Gordon (Mrs. Armstrong), Henry B. Walthall (Mr. Armstrong), George Irving (Mr. Powell ), Hedda Hopper (Mrs. Powell), Margery Chapin [Wellman] (contadina), Gloria Wellman (contadinella), Charles Barton (soldato investito dall'ambulanza), William Wellman (fante morente nell'avanzata finale), Roscoe Karns (Lt. Cameron), Frank Clarke (il capitano), Dick Grace, Rod Rogers, Bill Taylor, Paul Mantz, Hoyt Vandenburg, Hal George, Frank Andrews, Clarence Irvine, Earl E. Partridge, SR Stribling (piloti)
“Nel 1917, in una piccola città di provincia americana, il giovane Jack Powell armeggia con la sua automobile ma, in realtà, sogna di poter un giorno volare. Mary, la ragazza della porta accanto, è innamorata di lui ma Jack corteggia invece la bella Sylvia, una sofisticata signorina di città, che lui invita a salire in auto. Lei accetta, anche se il suo cuore batte per David, il rampollo di una ricca famiglia locale. Quando scoppia la guerra, sia Jack che David partono arruolati: Sylvia mette una sua foto in un medaglione che vorrebbe dare a David ma Jack crede che sia per lui e lei non ha il coraggio di dirgli la verità. David ci resta male, ma lei lo rassicura: anche se ha dato il medaglione a Jack, il suo cuore appartiene a lui. Al momento della partenza, Jack quasi si scorda di salutare Mary, ma poi torna indietro e le affida la sua auto, che lei aveva aiutato a decorare con una stella dipinta sulla portiera. David, invece, porta con sé, come portafortuna, un vecchio giocattolo, un orsacchiotto di peluche.
Al campo base, dove Jack e David si ritrovano per il corso di formazione, tra i due - che si sentono rivali - all'inizio non corre buon sangue. Poi, però, dopo un incontro di pugilato, i ragazzi diventano amici. Conoscono un altro giovane aviatore, molto esperto, il cadetto White che, vedendo l'orsetto di David, dichiara che molti aviatori si affidano a qualche portafortuna ma che "quando il tuo tempo arriva, non puoi far altro che accettarlo". White lascia i due nuovi amici per un'esercitazione, ma il suo aereo ha un incidente e lui resta ucciso.
In Francia, Jack dipinge il suo aereo con il disegno di una stella, come aveva già fatto con la sua automobile. Nel corso del loro primo combattimento aereo, si trovano a combattere con il capitano Kellermann, un famoso asso dell'aviazione tedesca che è alla testa della sua squadriglia denominata Flying Circus. Kellermann, cavallerescamente, risparmia la vita a David, al quale si è inceppata da mitragliatrice. Jack, che si è separato dalla sua formazione, è attaccato da due Fokker ma riesce ad atterrare in un campo, dove però, per salvarsi, è costretto ad abbandonare l'aereo. Nel frattempo, Mary - che ha imparato a guidare la Shooting Star, l'auto lasciatale da Jack - si è arruolata volontaria nei corpi motorizzati femminili e viene inviata anche lei in Francia dove guida le ambulanze. Il villaggio dove si trova viene attaccato da un Gotha, il più potente dei bombardieri tedeschi, ma in soccorso arrivano gli aviatori americani che abbattono il Gotha e due aerei di scorta. Mentre la squadriglia alleata vola via, Mary vede la stella su uno degli aerei e si rende conto che a bordo c'è Jack.
Festeggiati come eroi, agli aviatori viene concessa una licenza a Parigi. Jack, sconvolto dagli orrori della guerra, si dà alla pazza gioia e, alle Folies Bergère, Mary lo rintraccia completamente ubriaco. La ragazza vorrebbe dirgli che il congedo è stato soppresso e che lui deve presentarsi quanto prima al comando, in vista di un attacco generale. Ma Jack, che neanche la riconosce, vede solo una soldatessa che lo importuna e la manda via. La ragazza si rifugia nelle toilette delle signore, dove si sfoga piangendo. Un'assistente la consiglia di usare "lo zucchero" al posto dell'"aceto"... Lei, seguendo il suggerimento, si toglie gli abiti militari e indossa un seducente costume dello spettacolo: riesce così ad attirare l'attenzione di Jack che la segue in camera dove però si mette a dormire. Prima di potersi cambiare di nuovo, Mary è sorpresa dalla polizia militare che la prende per una prostituta. Arrestata, viene rimandata in patria con disonore mentre Jack, che non ricorda niente della notte di baldoria, ritorna alla sua unità.
Al campo, Jack legge sul giornale del rimpatrio di Mary e se ne meraviglia. Uno degli altri aviatori, il tenente Cameron, insinua che la ragazza si sia comportata in maniera licenziosa ma il suo commento suscita la reazione irata sia di Jack che di David. Quest'ultimo, vedendo il calore con il quale Jack difende Mary, spera che l'amico abbia dimenticato Sylvia. Ma Jack gli mostra il medaglione che lui crede destinato a lui: mentre lo apre, la foto della ragazza cade a terra e, nel retro, David legge la dedica che era stata indirizzata a lui e che Jack non ha mai letto. Per non ferirlo, non vuole fargliela vedere: la disputa tra i due amici viene interrotta dall'ordine che ricevono di salire immediatamente a bordo dei loro aerei. Nessuno dei due porta con sé il proprio portafortuna: né Jack, che non ha più il medaglione di Sylvia, né David, al quale cade di tasca il suo orsetto.
Il compito della squadriglia area è quello di proteggere i soldati a terra dagli attacchi nemici. Durante l'azione, David finisce oltre le linee nemiche, perdendo l'aereo. Riesce però ad eludere la cattura e, dopo una notte passata nascondendosi, all'alba riesce a rubare un Fokker da un campo d'aviazione con il quale vuole tornare alla base. Jack, credendo che l'amico sia morto, giura di vendicarlo. La mattina, impegnato con la squadriglia a difendere le truppe di soldati impegnati sul terreno, vede arrivare un Fokker nemico ma non si rende conto che a pilotarlo è David. Questi cerca di farsi riconoscere, ma senza risultato e, per sfuggire agli attacchi di Jack, il Fokker va a schiantarsi contro il muro di una chiesa. Finalmente Jack si rende conto di aver colpito l'amico: scende a terra e raccoglie le ultime parole di David che, prima di morire, lo perdona.
Il dolore e la vergogna per aver ucciso l'amico accompagnano Jack quando questi torna a casa, accolto come un eroe, con parate e festeggiamenti. Ora il suo dovere è quello di recarsi dai genitori dell'amico, per chiedere il loro perdono. A loro consegna la medaglia di David e il suo orsetto. Più tardi, Mary viene a sedersi vicino a lui in macchina e i due parlano per ore. Scende la sera e, nel cielo compare una stella cadente, come la shooting star, il disegno che gli ha portato fortuna. Jack, allora, si rende conto di essere innamorato da sempre di Mary.”
(In wikipedia.org)
“Scritto da un pilota d’aereo e diretto da un altro pilota, Wings colse il momento culminante dell’ondata di entusiasmo popolare per l’aviazione: nel maggio 1927 Lindbergh aveva compiuto la sua trasvolata atlantica. Wellman riuscì a infondere alle scene di aerei in volo un afflato di grandezza epica; rifiutò di girarle nel sicuro ambiente dello studio, e spedì gli attori in aria, affidandoli a piloti esperti. (Richard Arlen aveva volato con il Royal Canadian Flying Corps, ma Buddy Rogers non sapeva assolutamente nulla di aeroplani).
Al momento opportuno i piloti sparivano dalla vista e gli attori azionavano cineprese comandate a distanza: come ricordò poi Buddy Rogers, “ero il regista, l’operatore, facevo tutto io… per poco più di cento metri, naturalmente.” Harry Perry, il direttore della fotografia, aveva ai propri ordini una folta squadra di operatori. Le riprese dall’alto delle scene di battaglia vennero girate dalla cima di una torre di oltre trenta metri, mentre in basso il terreno era sconvolto dal fuoco dell’artiglieria; la Seconda Divisione dell’esercito degli Stati Uniti, che aveva partecipato alle originali azioni di guerra, fu utilizzata per le riprese della grande offensiva, girate in esterni presso San Antonio, in Texas. Parecchi dei piloti che presero parte al film sarebbero poi diventati generali nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Un pilota rimase ucciso. “Pensavamo che questo avrebbe fermato definitivamente il film”, ricorda Lucien Hubbard, “ma l’ufficiale incaricato di dirigere le operazioni si limitò a dire ‘Per noi è normale. Qualcuno si ammazza sempre durante l’addestramento…’ ”.
Wellman, l’unico regista della Paramount che avesse combattuto come pilota in guerra, si trovò a dover combattere con la produzione per assicurarsi effetti visivi indispensabili, come le nuvole nelle scene di battaglia aerea: “Se non c’è niente sullo sfondo, non c’è senso della velocità; per questo ci vogliono le nuvole; con il cielo azzurro gli aerei sembrano uno sciame di mosche!” Le settimane spese ad aspettare le nuvole costarono un patrimonio alla Paramount, ma il film fu un successo sensazionale.
“Quando il regista non lavorava al film”, riferiva il Motion Picture Magazine del settembre 1927, “era impegnato, insieme al produttore, a superare le divergenze politiche dei militari, a placare le gelosie che opponevano le varie sezioni del servizio, a pacificare la truppa scalpitante con barili di birra e spettacoli cinematografici, a offrire cene e balli agli aviatori, a conciliarsi ufficiali furibondi con uno sfoggio di abilità diplomatica che sarebbe bastato a scongiurare la Grande Guerra.” A completare il quadro, giunse in città la troupe che stava girando per la Paramount The Rough Riders, l’epico film di Victor Fleming, con ogni uomo che sperava in un appuntamento con Clara Bow.
Wings migliora invecchiando, e scene che in passato potevano apparire ingenue ed eccessivamente sentimentali ora sembrano parte integrante della loro epoca. Clara Bow interpreta Mary, la ragazza della porta accanto innamorata di Jack e dell’automobile che lui si è costruito in casa. Durante l’addestramento, Jack si scontra con Dick, che però diventerà in seguito il suo migliore amico (in una scena i due recitano insieme a Gary Cooper). Jack e Dick giungono in Francia; anche Mary, che si è arruolata volontaria, si trova al fronte come conducente di ambulanza. I due ragazzi, decorati, ottengono una licenza: Parigi, finalmente! Mary arriva a sua volta a Parigi, dove trova Jack, ubriaco, tra le braccia di un’altra ragazza; riesce a strapparlo alla rivale, ma viene arrestata e spedita a casa dalla polizia militare. Giunge l’ordine di tornare alla base per la grande offensiva. Dick, abbattuto, viene preso prigioniero; fugge su aeroplano tedesco e Jack lo abbatte nuovamente. Jack atterra di fronte a un cimitero militare e smonta dall’aereo davanti a una distesa di migliaia di croci bianche, senza sapere che il suo amico giace morente.
A parte questo tocco pacifista, le didascalie insistono piuttosto su concetti come “la strada verso la gloria” e “i più valorosi tra i valorosi”. Wellman fa giostrare la cinepresa nel vasto campo di battaglia con entusiasmante fluidità. Anche per gli standard odierni, le soluzioni sceniche da lui proposte sembrano particolarmente audaci; e la sovrimpressione della colonna di migliaia di uomini in marcia verso un orizzonte in cui viene raffigurato in split-screen il loro annientamento, è un momento degno del J’accuse di Abel Gance (1919).
A parte la normale imbibizione (riprodotta nella copia Photoplay seguendo le indicazioni di un copione d’epoca), nelle copie originali, quando gli aeroplani si incendiavano si vedevano fiamme scarlatte, e nelle scene clou lo schermo si allargava, grazie al Magnascope, all’intero proscenio. Nel 1928 la pellicola fu integrata con effetti sonori (il rombo dei motori degli aerei e le raffiche delle mitragliatrici).
Wings vinse il primo Oscar per gli “eccezionali meriti produttivi”, ma ciò non impedì al ministero della Guerra di infuriarsi per l’enorme costo della cooperazione che aveva offerto. “Una bella guerra” dissero al ministero “sarebbe stata preferibile a un altro film.”
Il produttore Howard Hughes guardò ripetutamente Wings prima di realizzare il successivo film epico dedicato all’aviazione, Hell’s Angels (1930)”.
(Kevin Brownlow in www.cinetecadelfriuli.org)
- Il film: Wings in: backtothepastweb.wordpress.com
11 gennaio 1927: Louis B. Mayer, capo dello studio cinematografico Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), annuncia la creazione dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, in un banchetto a Los Angeles, California.
“L'idea di un'accademia delle scienze e delle arti cinematografiche nacque con Louis B. Mayer, dirigente della Metro-Goldwyn-Mayer, il cui scopo inizialmente era creare un'organizzazione dedicata alla mediazione di controversie lavorative nel settore cinematografico. Le prime personalità che Mayer incontrò per discutere della nascita di una tale organizzazione, furono l'attore Conrad Nagel, il regista Fred Niblo e il capo della Alliance of Motion Picture and Television Producers, Fred Beetsonto. Queste personalità, d'accordo con Mayer, stabilirono che l'organizzazione sarebbe stata aperta solo a persone coinvolte in uno dei cinque rami del settore cinematografico: attori, registi, sceneggiatori, tecnici e produttori.
In seguito Mayer raccolse un gruppo di trentasei persone coinvolte nel settore della cinematografia, invitandole a un banchetto formale all'Hotel Ambassador di Los Angeles, che si sarebbe tenuto in data 11 gennaio 1927. Durante la serata Mayer presentò ai suoi ospiti quella che lui chiamava International Academy of Motion Picture Arts and Sciences ("Accademia internazionale delle scienze e delle arti cinematografiche"), e oggi tutti gli ospiti di Mayer di quell'evento vengono considerati come i fondatori dell'Academy. La parola International ("Internazionale") venne abbandonata prima della stesura degli articoli dello Statuto dell'Academy, articoli che furono depositati il 4 maggio 1927.
La prima riunione ufficiale dell'Academy si è tenuta il 6 maggio 1927, è la prima riunione organizzativa si è tenuta l'11 maggio. In quest'ultima riunione Douglas Fairbanks fu eletto primo presidente dell'Academy, Fred Niblo divenne il primo vice-presidente e fu stampato il primo elenco dei membri, composto da 230 personalità. Durante la stessa notte dell'11 maggio venne anche conferita la prima appartenenza onoraria, a Thomas Edison. Inizialmente l'Academy era suddivisa in cinque gruppi, o branche, che saranno destinate a aumentare col tempo: le branche degli attori, dei registi, degli sceneggiatori, dei tecnici e dei produttori.
Le preoccupazioni iniziali dell'Academy avevano a che fare con il lavoro in ambito cinematografico. Tuttavia, col passare del tempo, l'organizzazione tese ad allontanarsi dalle trattative e dal coinvolgimento in arbitrati per la gestione del lavoro. Il collocamento iniziale dell'Academy era al 6912 Hollywood Boulevard. Nel novembre 1927 l'Academy si trasferì al Roosevelt Hotel, all'indirizzo 7010 Hollywood Boulevard; in questo stesso mese l'Academy iniziò anche la compilazione di una libreria completa di pubblicazioni e periodici occupantisi del settore cinematografico e provenienti da tutto il mondo.”
(Articolo completo in wikipedia.org)
Una poesia al giorno
A week, di Thomas Hardy
On Monday night I closed my door,
And thought you were not as heretofore,
And little cared if we met no more.
I seemed on Tuesday night to trace
Something beyond mere commonplace
In your ideas, and heart, and face.
On Wednesday I did not opine
Your life would ever be one with mine,
Though if it were we should well combine.
On Thursday noon I liked you well,
And fondly felt that we must dwell
Not far apart, whatever befell.
On Friday it was with a thrill
In gazing towards your distant vill
I owned you were my dear one still.
I saw you wholly to my mind
On Saturday – even one who shrined
All that was best of womankind.
As wing-clipt sea-gull for the sea
On sunday night I longed for thee,
Without whom life were waste to me!
La settimana (traduzione in claraserra.wordpress.com)
Lunedì notte chiusi la mia porta
pensando: «non sei come prima»
non mi importava non trovarci più.
Martedì mi parve intravvedere
qualcosa in te non proprio di banale
nel cuore, nel volto, nelle idee.
Mercoledì non pensavo che avremmo
mai diviso la vita, anche se
non avremmo legato poi male.
Giovedì mi piacevi e sentivo
che, qualunque cosa avvenisse,
non dovevo restare lontano.
Venerdì trasalii nel sentire,
guardando da lungi il villaggio,
che l’amata mia ancora eri tu.
Sabato ti vidi tutta intera
nella mia mente - e come in uno scrigno
il meglio della donna chiuso in te.
Come un gabbiano con le ali mozze
anela il mare, così io ti volevo,
la notte di domenica, perché la vita è spreco vuoto senza te.
“HARDY, Thomas fu un romanziere e poeta inglese, nato il 2 giugno 1840 a Upper Bockhampton, presso Stinsford (Dorsetshire), morto a Max Gate, presso Dorchester, l'11 gennaio 1928. Fece gli studî a Dorchester e al King's College di Londra. A Londra tornò dal 1862 al '67 per seguirvi gli studî d'architettura; ma l'interesse per la letteratura gli fece abbandonare la sua prima professione. Dal 1865 al '68 scrisse parecchi versi, pubblicati solo molto più tardi (Wessex Poems, 1898). Nel frattempo aveva conosciuto il romanziere G. Meredith, che lo incoraggiò nei suoi primi tentativi verso la prosa narrativa. E appunto l'influsso del Meredith che si sente nell'intreccio macchinoso del primo romanzo di H., Desperate Remedies, pubblicato anonimo nel 1871. Ma l'anno seguente, al romanzo d'intreccio, di cui pur doveva dare altri saggi, ne seguì uno (Under the Greenwood Tree), pubblicato ancora anonimo, in cui prevale lo studio di caratteri e d'ambienti. Questi due romanzi, come il terzo, A Pair of Blue Eyes (1873), pubblicato col suo nome, non ebbero grandi accoglienze: il primo largo successo H. l'ottenne, nel 1874, con Far from the Madding Crowd, in cui l'ambiente e i personaggi appaiono già visti nella relazione reciproca che sarà approfondita nel seguito della sua opera. H. aveva intanto preso dimora in quella campagna del Dorsetshire che appare nei suoi romanzi col nome di Wessex, e non se ne mosse più se non per brevi soggiorni a Londra e qualche viaggio sul continente, fra cui uno, nel 1887, in Italia.
La cura della costruzione, la complessità degli svolgimenti e soprattutto l'aura poetica dei racconti di H. sono ancora sulla linea della grande arte narrativa dell'epoca vittoriana; ma in H. cercheremmo invano la visione tranquilla di Meredith, come nella sua ironia non c'è più l'immediatezza e bonarietà dell'ironia del Dickens. H. è anzi uno dei maggiori esponenti di quella rivolta contro il vittorianesimo e i suoi valori stereotipati, la quale caratterizzò la letteratura inglese nell'ultimo decennio del secolo scorso. Con la maturità di mezzi dell'arte vittoriana H. esprime una coscienza diversa e più tormentata. L'insieme d'idee e di convenzioni che formano la nostra esistenza sociale e che i vittoriani sostanzialmente accettavano, è per lui in contrasto insanabile col corso della natura e porta a un conflitto perenne delle tendenze e della volontà dell'uomo contro l'ambiente.
Per mutare questa esistenza, l'uomo non può far nulla: l'ambiente naturale e sociale è più forte della volontà del singolo e segue il suo cammino, sospinto da un fato che tra l'uomo e le cose non fa distinzione e su cui le nostre aspirazioni, anche le più alte, non hanno presa. Si è perciò molto parlato d'un pessimismo del H.; ma anche nei racconti dove più si trova l'elemento ironico - come Far from the Madding Crowd, in cui Bathseba, donna virtuosa, dopo aver respinto tre innamorati finisce per sposare un cattivo soggetto; o come parecchie novelle, specie quelle raccolte nel 1894 col titolo Life's Little Ironies (dove è la bellissima The Son's Veto) - l'ironia è dolorosa e piena di simpatia umana. E così nei romanzi, fin nei più cupi, dalla stessa profondità di rappresentazione delle passioni, del dolore e della lotta vana contro il destino, scaturisce implicita l'affermazione del valore etico della vita. Anziché di pessimismo, sembra quindi più esatto parlare di fatalismo.
Elemento fondamentale dell'arte di H. è dunque la lotta inutile dell'individuo contro l'oscura potenza del fato che muove il mondo. E poiché l'amore accentua ed esalta in modo particolare l'individualità, è appunto nell'amore che il conflitto della volontà e della natura umane contro il destino trova maggior rilievo. È per questa via che i romanzi di H. rientrano nella categoria dei cosiddetti sex novels. Accanto a remissività addolorate di donne che al fato soccombono e accanto a creature che sono una sola fiamma di dedizione talvolta eroica, egli ci presenta figure prive d'ogni elevatezza morale o addirittura malvagie. Ma anche quando la donna è strumento di tortura nelle mani del destino, ne è, allo stesso tempo, vittima. Da questo doppio aspetto, che toglie loro ogni responsabilità, deriva la profonda vitalità e il doloroso impasto umano che rendono così appassionanti le donne dei suoi romanzi.
Il fatalismo di H. non appare però fin da principio accentuati al massimo. In Under the Greenwood Tree vi sono ancora serenità e chiarezza in toni di vita campestre, e l'ironia che il destino suscita nello scrittore in Far from the Madding Crowd non implica ancora una catena di conseguenze così implacabilmente fatale che il fermo intervento della volontà umana non potrebbe infrangerla. Ma già in The Return of the Native (1878) la morsa del destino si stringe assai di più. Tuttavia in questo romanzo, come nell'altro The Mayor of Casterbridge (1886), se i personaggi subiscono conseguenze lontane e imprevedibili delle loro colpe, di colpe precise si può ancora parlare. Ma dove il destino impera e si vale di qualunque caso e azione indipendentemente dal loro valore morale, è nei due grandi romanzi con cui H. ha chiuso la sua opera narrativa: Tess of the d'Ubervilles (1891), il più popolare, e Jude the obscure (1895), il suo capolavoro. Colpevolezza e innocenza, tutto qui serve per manifestarsi al destino cieco, la cui presenza assume in questi romanzi, specie nel secondo, la grandiosità e il mistero d'una rivelazione.
Questa organica visione della vita che progressivamente si sviluppa e approfondisce ingenera talora l'impressione di un'insistenza eccessiva e d'origine programmatica, ma conferisce anche a tutta l'opera narrativa di H. un'intima unità col carattere di una grande epica moderna. Nella tecnica dei due romanzi maggiori si riscontra qualche influsso dei grandi romanzieri francesi ai quali è dovuta, in H., anche la minuzia un po' trita di talune descrizioni cui avrebbe dato maggior efficacia una più sintetica scelta dei particolari. Tanto più in quanto la bellezza della prosa di H. consiste in una grande intensità e lucidità dell'espressione a cui bastano quasi sempre mezzi semplici.
Quando si credeva dai contemporanei che la sua arte avesse detto l'ultima parola, H. trovò la via di conciliare la lirica con l'epica dei suoi racconti. Dal confluire delle due attività nacque The Dynasts (pubblicato in tre parti, rispettivamente nel 1904, 1906, 1908). In questo dramma epico, come H. stesso l'ha chiamato, sono rappresentate le vicende della lotta inglese contro Napoleone, ma gli avvenimenti storici vi si ampliano, assumono portata e significazione universale: Napoleone stesso è strumento del destino che spinge ciecamente tutte le cose umane, e in questo si avvicina, per quanto possibile, ai personaggi della tragedia di Sofocle. Questa concezione è espressa dal poeta sia nelle didascalie sia nel coro di "intelletti fantasmici" che accompagna e commenta l'azione. Audace nel procedimento tecnico, il dramma - sintesi di tutta la visione hardyana del mondo e della vita - è l'opera sua di maggior valore. Anche il verso sciolto vi è trattato con grande maestria.
Dopo l'ultima parte dei Dynasts apparve il volume di liriche Time's laughingstocks and other verses (1909) e da allora H. si dedicò esclusivamente alla poesia (i due volumi narrativi: The Well Beloved, 1897 e A Changed Man, 1913, sono raccolte di racconti pubblicati sparsamente alcuni anni innanzi). Postumo è uscito il volume di poesie Winter Words (1928) seguito dai Memoirs (1928), scritti in terza persona ma palesemente autobiografici e di notevole interesse per la conoscenza del poeta.
La sua lirica è una personalissima mescolanza di linguaggio parlato e letterario, che gli consente varietà e sottigliezza di sfumature, sebbene comporti disuguaglianze spesso eccessive. Ad essa H. ricorre per esprimere la sua concezione della vita in una forma sintetica e quindi più intensa; perciò la sua poesia nasce frequentemente da uno stato riflesso.
La sola sua opera poetica basterebbe certo a dargli fama; ma soprattutto come romanziere H. conserverà un posto importante nella letteratura inglese. Tutti i suoi romanzi si svolgono nella regione del Wessex che non aveva segreti per lui. Questo paesaggio però non è sentito come caratteristica locale o folkloristica: nel piccolo Wessex egli vide, come in uno specchio, riflettersi in sintesi tutto il mondo della natura e tutta la vita umana. A ogni modo, fu questa creazione poetica d'un paese, operata da H., la causa prima del larghissimo uso di colore locale che c'è nell'arte narrativa inglese contemporanea.”
(In www.treccani.it)
- Il primo film italiano tratto da una sua novella "The Romantic Adventures of a Milkmaid": Una romantica avventura, con Assia Noris e Gino Cervi, 1940. Regia di Mario Camerini
Un fatto al giorno
11 gennaio 1943: l'anarchico italo-americano Carlo Tresca viene assassinato a New York City.
“Carlo Tresca (Sulmona, 9 marzo 1879 - New York, 11 gennaio 1943) è stato un sindacalista, giornalista, editore, anarchico, antifascista e drammaturgo italiano naturalizzato statunitense. Fu editore di giornali e leader del movimento operaio negli Stati Uniti. Tresca nacque a Sulmona, in provincia dell'Aquila, il 9 marzo del 1879. Laureato in Giurisprudenza, Carlo Tresca fu attivo in Italia come segretario di settore della Federazione dei Lavoratori Italiani nelle Ferrovie ed editore del quotidiano Il Germe. Si trasferì negli Stati Uniti nel 1904, per sfuggire ad una condanna al carcere inflittagli per la sua attività politica in Italia. Si stabilì a Filadelfia, dove divenne editore de Il Proletario, pubblicazione ufficiale della Italian Socialist Federation (I.S.F.), la Federazione locale dei Socialisti. Tresca appoggiò lo spostamento dell'orientamento politico della I.S.F. verso il Sindacalismo rivoluzionario.
Tresca divenne una figura importante tra gli italo-americani nel suo tentativo di fermare i tentativi da parte di Benito Mussolini di organizzare gli immigranti italiani in gruppi di appoggio al Fascismo. A quel tempo, Tresca dirigeva un giornale antifascista, Il Martello, in cui bollava Mussolini come un nemico di classe e traditore (questa accusa faceva riferimento alle origini sindacali del movimento fascista). Le attività politiche di Tresca venivano tenute d'occhio da Roma, mentre, negli Stati Uniti, egli era strettamente sorvegliato dal governo americano. Nel 1926, i fascisti tentarono di assassinare Tresca con una bomba durante un comizio. Egli faceva parte del comitato di difesa di Sacco e Vanzetti, accusati di omicidio, e interveniva spesso in loro difesa attraverso comizi ed articoli.
Durante gli anni trenta, Tresca divenne un esplicito oppositore del comunismo sovietico e dello stalinismo, in particolare dopo che l'Unione Sovietica aveva progettato la distruzione del movimento anarchico in Catalogna e in Aragona durante la Rivoluzione spagnola. In precedenza, Tresca aveva appoggiato i bolscevichi, dal momento che uno stato comunista sarebbe stato preferibile ad uno Stato capitalista, e quindi considerando i comunisti sovietici come alleati nella lotta contro il fascismo.
All'inizio del 1938 Tresca accusò pubblicamente i sovietici del rapimento di Juliet Poyntz per prevenire la sua defezione dall'apparato segreto del Partito Comunista statunitense. Tresca rivelò che, prima che sparisse, la Poyntz gli aveva parlato del suo disgusto per il Terrore instaurato da Stalin.
Nel 1941 Tresca, confidò a Max Eastman che Nicola Sacco era colpevole del crimine di cui era stato accusato, mentre Bartolomeo Vanzetti era innocente.
A New York, Tresca iniziò anche una campagna pubblica di opposizione alla mafia nel suo settimanale Il Martello. Tresca era consapevole del rischio che correva per la propria vita. In conclusione di un articolo pubblicato poco prima della sua morte, Tresca dichiarò: «Morris Ernst, il mio avvocato, sa tutto. Sa che se un antifascista viene aggredito o ucciso, l'istigatore è Genrose Pope» (questa era evidentemente un'accusa a Generoso Pope, un potente uomo politico di New York, di origine italiana, apertamente filofascista e con contatti con il boss Frank Costello, che già controllava i periodici italo-americani Il Corriere d'America e Il Progresso Italo-Americano)...”
(Articolo completo in wikipedia.org)
“Con il Caso Tresca, si identificano la serie di indagini e controversie seguite all'omicidio a New York, nel gennaio del 1943, dell'anarchico ed antifascista italiano Carlo Tresca. Tale caso riguarda i rapporti tra Cosa nostra e Fascismo fra le due guerre mondiali coinvolgendo importanti capi mafiosi e futuri tali, come Vito Genovese, Carmine Galante e Frank Garofalo, fuoriusciti italiani negli Stati Uniti d'America, e i tentativi di rompere l'unito fronte antifascista, che, in quegli anni, presso grossi centri statunitensi, stava assumendo sempre più importanza.
Ezio Taddei bersagliere ed anarchico, amico di Tresca, il primo a denunciare i possibili mandanti ed esecutori dell'assassinio di Carlo Tresca, nel suo libro sul caso, molto lapidariamente afferma: «I responsabili del delitto, secondo le ammissioni di un agente dell'Ufficio Narcotici, erano due boss della mafia, Frank Garofalo e Carmine Galante, latitanti da anni».
Lo stesso fa Piero Calamandrei stigmatizzando l'assassinio di Carlo Tresca con queste parole «Tra i quali, del tutto nuovo, ci pare quello dell'assassinio negli Stati Uniti del giornalista antifascista Carlo Tresca: assassinio operato dalla mafia...»
Carlo Tresca venne ucciso la notte dell'11 gennaio del 1943. Dirigeva il giornale anarchico Il Martello; la situazione della diaspora anarchica negli Stati Uniti era diversa da quella di altre organizzazioni strutturate politicamente in senso anche burocratico-organizzativo come Giustizia e Libertà e quindi la comunità anarchica era coesa attorno a tutto un gruppo di giornali di tendenza anarchica tra i quali il Martello.
«Dove ovviamente, se con GL si indica un'entità politica definita e strutturata, seppure in forma non partitica, la dizione di movimento anarchico va invece intesa in maniera estensiva, tale da comprendere, oltre al gruppo parigino, che a partire dal 1927 ha dato vita a un organo di stampa, La Lotta Umana, poi La Lotta Anarchica, che si richiama al programma dell'Unione Anarchica Italiana, anche tutto un insieme di circoli, gruppi, piccoli nuclei di militanti sparsi in diverse località d'Europa e d'America, tenuti assieme da un vincolo pressoché esclusivamente politico-ideale e dal canale di collegamento rappresentato da giornali quali Il Risveglio di Ginevra, Studi Sociali di Montevideo, Il Martello e L'Adunata dei Refrattari di New York.».
Quando venne assassinato si trovava insieme a Giuseppe Calabi, membro della Mazzini Society, della quale Tresca era uno dei leader più rispettati. Avevano atteso all'uscita della redazione del Martello alcuni collaboratori che non erano venuti, militanti del comitato di agitazione antifascista appartenente alla Mazzini Society di New York. Insieme lavoravano attorno ai cosiddetti "comitati della vittoria" che stavano sorgendo fra le comunità italiane degli Stati Uniti, al cui interno le forze antifasciste pensavano già alla futura formazione di un governo provvisorio in esilio, confidando anche in una rapida soluzione del conflitto dopo l'8 settembre del 1943. Infatti si prevedeva a breve scadenza uno sbarco alleato in Italia, tenendo conto che lo sviluppo del conflitto in Nordafrica, ormai nettamente favorevole alle forze antifasciste e antinaziste.
Lo storico Mauro Canali, le cui ricerche contribuirono a sollevare il caso Silone, potendo aver a disposizione la documentazione desecretata dell'OSS è pervenuto alla conclusione che gli investigatori americani avessero subito individuato la pista giusta per individuare gli assassini di Tresca, ovvero Carmine Galante e Frank Garofalo che agirono su ordine di Vito Genovese, in quel momento in Italia e con ottimi rapporti sia con Mussolini che con altri personaggi di spicco del fascismo.
«Recentemente, nel 2001, Mauro Canali - lo storico divenuto famoso per la sconvolgente rivisitazione dei rapporti fra Ignazio Silone e il fascismo - che ha avuto accesso alla "desecretata" documentazione americana è arrivato alla conclusione che la polizia aveva visto giusto. L'ordine di assassinare Tresca partì da Roma, dai gerarchi fascisti, braccio esecutore fu la mafia del boss Vito Genovese e del suo picciotto Carmine Galante che poi diventerà capo regime della famiglia di Joseph Bonanno»
La notte in cui Tresca fu ucciso stava aspettando anche Vanni Montana, il fiduciario Luigi Antonini, presidente dell'Italian-American Labor Council e Giovanni Sala, militante dell’Amalgamated Clothing Workers of America. Tresca, pur volendo la costituzione del comitato antifascista all'interno della Mazzini Society, era assolutamente contrario che vi facessero parte antifascisti dell'ultima ora, coloro che lo sono diventati dopo il bombardamento di Pearl Harbour. Non tutti i componenti dell'organismo dirigente erano d'accordo con la tesi di Tresca, quindi, proprio quella notte doveva esserci un incontro chiarificatore. Tresca era acerrimo nemico di Generoso Pope, che in quel periodo era proprietario e direttore di due giornali sostenitori del fascismo, Il Progresso italo-americano ed il Corriere d'America, per cui era assolutamente contrario all'ingresso di Pope nel comitato. In sintesi Tresca era convinto che Pope fosse un agente del fascismo negli Stati Uniti, addestrato sia per seminare zizzania fra gli antifascisti che servire da delatore.
Inoltre Tresca, in forte contrasto con Armando Borghi contrario all'idea di un fronte unito con i comunisti, pur essendo anarchico, era propenso all'ingresso dei comunisti nel comitato antifascista, incluso anche il suo vecchio nemico Vittorio Vidali, che peraltro stava già lavorando per un fronte unito. Tresca aveva aiutato Vidali nella fuga dai fascisti, ma le vicende della Guerra di Spagna, con i sanguinosi scontri fra comunisti stalinisti da una parte e gli anarchici e poumisti dall'altra, avevano allontanato e reso nemici i due vecchi compagni di lotta, ciò non impediva che Tresca comunque appoggiasse l'ingresso dei comunisti nel "Comitati per la Vittoria".
Stando alle documentazioni raccolte da Mauro Canali si deduce come i sospetti di Tresca nei confronti di Generoso Pope avessero un fondamento: negli archivi fascisti è stato trovato uno scritto, datato 26 novembre 1934, nel quale il console italiano riferisce che il Pope si sta illudendo di poter creare con le sue azioni spaccature all'interno della dirigenza dell'International Ladies Garment Workers' Union (ILGWU), pubblicando sui suoi giornali articoli di Luigi Antonini, Arturo Giovannitti, Serafino Romualdi e di militanti dell'organizzazione Stampa Libera. D'altro canto, sempre il Pope, aveva indetto una sottoscrizione per sostenere lo sforzo bellico fascista nel conflitto italo-etiopico, inoltre aveva indicato nel corso delle celebrazioni della vittoria fascista al Madison Square Garden, in Mussolini, come il più grande uomo al mondo. Nel 1941, questi fatti inducono la Mazzini Society a chiedere al Dipartimento di Giustizia statunitense un'indagine sul comportamento di Pope. La reazione del Pope, avvenuta nel settembre del 1941, fu quella di prendere pubblicamente distanza dal regime fascista. Il Martello ovviamente è in prima linea nella campagna contro il Pope, che rischiava anche un sequestro di beni, e di qui, il suo "spontaneo" allontanamento dal regime fascista. Avvicinatosi il Pope alla Mazzini Society, Tresca è uno dei principali oppositori al suo ingresso. Tuttavia può contare sull'appoggio sia di Vanni Montana che di Luigi Antonini, i quali sostengono che, se nei comitati unitari antifascisti, Comitati della Vittoria, possono entrare i comunisti ci può essere posto anche per un antifascista dell'ultima ora qual era il Pope.
Fra i tanti nemici che Tresca si era fatto negli anni a causa della sua instancabile attività, Generoso Pope è forse il più potente, in quanto legato alla mafia newyorkese, ed in particolare a Frank Garofalo, di cui erano noti gli atti intimidatori nei confronti degli avversari del Pope.
Precedentemente Tresca, nel 1934, aveva pubblicato contro il Pope articoli che rivelavano sue pressioni ai danni di Girolamo Valenti per il lavoro svolto su Stampa Libera. Il mezzo coercitivo era indicato nell'intervento del mafioso Frank Garofalo, e Tresca ribadiva nel suo scritto, che proprio per la pericolosità del mafioso, il Valenti rischiava aggressioni fisiche, ed anche peggio, se non avesse smesso di denunciare fatti in cui il Pope era coinvolto. Inoltre ribadiva che, sempre Pope, era in ottimi rapporti con individui, quali Frank Costello, altra figura di spicco della malavita newyorkese, padrino del figlio di Pope, nonché con Lucky Luciano e Vito Genovese.
I rapporti denunciati dal Tresca tra Pope e la mafia, furono poi accertati agli inizi degli anni cinquanta da una commissione senatoriale statunitense, presieduta da Kefauver, costituita con il compito di indagare sul crimine organizzato…”
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“I RIBELLI DI SULMONA A CARLO TRESCA
Commemorazione del sindacalista, scrittore e anarchico sulmonese promossa dai giovani della Valle Peligna alla vigilia del suo compleanno.
Sulmona - Il 9 marzo 2017, in occasione della ricorrenza della nascita di Carlo Tresca, sindacalista, giornalista, scrittore, anarchico, antifascista di Sulmona, dalle ore 18:00 la cittadinanza è invitata a partecipare ad un incontro aperto in Piazza Tresca per ricordare il nostro concittadino con fiori, letture, musiche, poesie e interventi liberi. L’attività di Tresca come collaboratore ed editore di storiche riviste anarchiche come Il Germe e Il Martello, il suo impegno in prima linea per la liberazione di Sacco e Vanzetti, la sua opposizione al regime fascista e a quello staliniano attirarono sulla sua persona l'attenzione di molti nemici, fino al tuttora misterioso assassinio dell’11 Gennaio 1943 avvenuto a New York lungo la Fifth Avenue. "Riteniamo che la figura di Carlo Tresca sia fortemente simbolica per tutti coloro che agiscono concretamente in difesa della libertà, della giustizia sociale, della solidarietà e del bene comune. “Il compleanno di Carlo Tresca è la festa dei ribelli, dei rivoluzionari, dell'azione diretta per l'uguaglianza e la libertà. È il compleanno di chi preferisce la lotta concreta alle dispute ideologiche, l'unione dei lavoratori contro l'oppressione, senza sterili divisioni ed ostilità.
Abbiamo bisogno di ispirarci al grande esempio di Carlo Tresca che lottò sempre e con la stessa passione rivoluzionaria a Sulmona come a New York. Giovani sulmonesi, avete la fortuna di poter respirare la stessa aria di questo formidabile rivoluzionario: aprite i polmoni e in marcia, inesorabile marcia battaglia su battaglia. Incrociate lo sguardo di Carlo nel busto della Villa Comunale, lo sguardo puntato contro il seminario diocesano, a sfidare l'eterno oscurantismo che incatena il popolo alla sua schiavitù.
Che sia la festa dell'individuo libero e solidale, artista dell'azione, amante della vita che lotta e non s'arrende. Non conta la grandezza della città in cui vivi: grande deve essere il cuore rivoluzionario e festeggiare il compleanno di Carlo è promettere che sempre nuovi battiti ribelli agiteranno i nostri petti. Auguri!”
(Andrea D’Emilio in: centroabruzzonews.blogspot.com)
Una frase al giorno
“A chi non ama, niuna cosa piace”.
(Pietro Bembo, Venezia, 20 maggio 1470 - Roma, 18 gennaio 1547, fu un letterato, filologo, umanista, poeta ed ecclesiastico)
Pietro Bembo ebbe un importante ruolo per quanto riguarda la questione della lingua. Regolò per primo in modo sicuro e coerente la lingua italiana fondandola sull'uso dei massimi scrittori toscani trecenteschi. Contribuì potentemente alla diffusione in Italia e all'estero del modello poetico petrarchista. Pietro Bembo nacque a Venezia nel 1470, figlio primogenito di uno dei più autorevoli senatori della Serenissima; era quindi destinato, secondo la tradizione, a intraprendere la carriera politica, ma presto la abbandonò per dedicarsi esclusivamente all'impegno letterario.
Appartenente a una nobile famiglia veneziana, fin dalla gioventù Pietro Bembo ebbe modo di costruirsi una solida formazione e reputazione letteraria grazie ai contatti con l'ambiente paterno e, in seguito, all'amicizia con Ludovico Ariosto e alla consulenza per Aldo Manuzio. Il suo merito principale fu quello di contribuire potentemente alla «codificazione dell'italiano scritto», uniformato al modello boccacciano, nell'opera che più di tutte lo ha reso famoso, «la grammatica più importante dell'intera storia dell'italiano», ossia le Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua (1525). Parimenti decisivo fu il suo ruolo nella diffusione in tutta Europa del modello poetico petrarchista. Nominato cardinale nel 1539 da papa Paolo III, morì a Roma nel 1547.
- Guarda e ascolta: Prose della volgar lingua, di Pietro Bembo
Un brano musicale al giorno
Reinhold Glière, Concerto in Mi bemolle maggiore per arpa e orchestra op. 74. (1938)
I. Allegro moderato
II. Tema con variazioni
III. Allegro giocoso.
Sinfonia della città di Mosca "Filarmonica russa"
Direttore: Sergey Tararin
Solista: Elizaveta Bushueva (arpa)
Moscow International House of Music, Svetlanov Hall, 3 febbraio 2011
Reinhold Moritzevich Glière, al secolo Reinhold Ernest Glier (11 gennaio 1875 [O.S. 30 dicembre 1874] - 23 giugno 1956), è stato un compositore dell'Impero Russo e dell'Unione Sovietica, di origine tedesca e polacca.
Nel 1900 si diplomò al Conservatorio con un'opera-oratorio in un atto, Il Cielo e la Terra, ispirata a un testo di Lord Byron (Earth and Heaven), per la quale ricevette una medaglia d'oro in composizione. L'anno seguente accettò una cattedra presso la Scuola di Musica Gnessine di Mosca. Nel 1902 Taneev trovò per Glière due allievi privati: Nikolaj Mjaskovskij e l'undicenne Sergej Prokof'ev.
Ancora prima di terminare i suoi studi, Glière si era già cimentato con tutti i grandi generi musicali (con l'eccezione, forse, del balletto e del concerto), che lo affascineranno per tutto il corso della sua carriera. Egli compose così il suo Primo sestetto d'archi, op. 1 (1898), dedicato a Taneev, il Primo quartetto d'archi, op. 2 (1899), l'Ottetto d'archi, op. 5 (1900), dedicato a Hřímalý, e la Prima sinfonia, op. 8 (1899-1900).
Nel 1905 partì per un soggiorno di due anni a Berlino, dove studiò con il compositore e direttore d'orchestra Oskar Fried. Qui scrisse la sua Seconda sinfonia, op. 25 (1907), dedicandola a un altro rinomato direttore d'orchestra, Serge Koussevitzky, che la diresse con l'Orchestra filarmonica di Berlino l'anno successivo. Nel 1908, tornato a Mosca, Glière fece la sua prima apparizione pubblica come direttore d'orchestra in occasione dell'esecuzione del suo poema sinfonico Sirene, op. 33. Nel 1910 pubblicò la sua Terza sinfonia, op. 42, la monumentale Il'ja Muromec, dedicata a Aleksandr Glazunov.
Nel 1913 ritornò a Kiev per insegnarvi composizione nella locale Scuola di musica, che poco dopo venne elevata al rango di Conservatorio, come Conservatorio di Kiev. L'anno seguente Glière ne divenne direttore. Qui ebbe come allievi, fra gli altri, Levko Revutsky, Borys Lyatoshynsky e Vladimir Dukelsky (che diventerà ben noto in Occidente come Vernon Duke).
A partire dal 1920 insegnò composizione al Conservatorio di Mosca, dove rimarrà (in modo discontinuo) sino al 1941. Egli vi formò un gran numero di compositori, fra i quali Aram Chačaturjan, Lev Knipper, Boris Aleksandrov, Aleksandr Davidenko e Aleksandr Mosolov.
Nel 1923 fu invitato a Baku dal Commissariato per l'Educazione dell'Azerbaigian per comporre il prototipo di un'opera nazionale azera. Il risultato della sua ricerca etnografica fu l'opera Shakh-Senem, op. 69, in cui l'eredità musicale classica russa, da Glinka a Skrjabin, si combina con materiale folklorico e alcuni orientalismi sinfonici.
Reinhold Glière fu presidente del comitato organizzatore dell'Unione dei compositori sovietici dal 1938 al 1948. Prima della Rivoluzione aveva già ricevuto per tre volte il prestigioso Premio Glinka (per il Primo sestetto d'archi, per Sirene e per la Terza sinfonia), e anche negli ultimi 20 anni della sua vita ottenne numerosi importanti riconoscimenti, fra cui quello di "Artista del Popolo" dell'Azerbaigian (1934), della Russia (1936), dell'Uzbekistan (1937) e dell'URSS (1938) e 3 Premi Stalin: il primo nel 1946 per il suo Concerto per soprano di coloratura e orchestra, il secondo nel 1948 per il suo Quarto quartetto d'archi e l'ultimo nel 1950 per il balletto Il cavaliere di bronzo…. »
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Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
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Ugo Brusaporco
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