“L’amico del popolo”, 12 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

TONI (Francia, 1935), regia di Jean Renoir. Sceneggiatura: Jean Renoir, Carl Elinstein. Fotografia: Claude Renoir. Musiche: Paul Bozzi. Con: Andrex, Charles Blavette, Paul Bozzi, Jenny Helia, Andre' Kovachevitch, Celia Montalvan, Max Dalban, Edouard Delmont.

“Un treno carico di emigranti italiani e spagnoli. Antonio Canova, soprannominato Toni, giunge nel sud della Francia a Martigues, un villaggio della Provenza, dove trova lavoro nelle cave di pietra. Qui avvia una relazione con la padrona di casa, Maria, che poi diventa sua moglie, ma il suo vero amore è per Josepha, una giovane spagnola. Albert, un caposquadra collerico e gaudente, prima la violenta e poi la sposa. Quando questi viene ucciso dalla donna con un colpo di rivoltella, Toni si accusa dell'omicidio per scagionarla. Nel corso di un tentativo di fuga Toni è ammazzato da un proprietario terriero, e Josepha andrà a costituirsi. Il film si chiude com'era iniziato, con l'arrivo di un treno carico di operai italiani e spagnoli”.

(Wikipedia)

“Italiano emigrato nella Provenza francese come minatore, diventa amante della padrona di casa, ma poi si innamora di una ragazza spagnola che però è costretta a sposare, suo malgrado, il caposquadra. Quest'ultimo è ucciso e il minatore si autoaccusa dell'omicidio, ma la giovane amante lo scagiona.
Ambientato nel sud della Francia, è un melodramma realista che ruota attorno a una storia d'amore disperata, collocata tra problematiche inerenti gli emigrati italiani e spagnoli, conseguente all'integrazione nel tessuto sociale francese. L'apertura (gli emigrati italiani alla stazione ferroviaria che sognano di cambiare la loro esistenza) e il finale (i due amanti, nel tentativo di scagionarsi a vicenda, precipitano nella rovina) suggeriscono il film come modello anticipatore del neorealismo italiano ancora da divenire, quello che i francesi usavano chiamare 'réalistes chansons'. Un giovane Luchino Visconti è aiuto regista di Jean Renoir. Bersagliato dalla censura fascista che ne proibì la diffusione nelle sale, arrivò in Italia nel 1971 attraverso il circuito televisivo della RAI, privo di doppiaggio e sottotitolato.”

(www.cinekolossal.com)

“...nel 1935 un film che anticipa modi, temi e forme di quello che sarà dieci anni dopo il neorealismo cinematografico italiano. Si tratta di Toni, basato su documenti tratti da una inchiesta giudiziaria condotta nell'ambiente degli immigrati nella Francia meridionale, che, nei limiti narrativi d'un dramma della gelosia, riesce a rappresentare una realtà umana e sociale in termini nuovi, utilizzando moduli stilistici, nella recitazione, nelle riprese e nel montaggio, che costituirono una vera e propria innovazione nel cinema francese di quegli anni. Il film è il primo di una serie di opere dichiaratamente impegnate, in cui Renoir, sempre più vicino ai gruppi della sinistra politica e culturale, fa un chiaro discorso critico, pur non rinunciando alla elaborazione personale del materiale artistico e alle componenti più genuine della sua poetica, sempre in bilico fra realismo e impressionismo, fra naturalismo e romanticismo.”

(In www.mymovies.it)

“Antonio Canova, soprannominato Toni (Charles Blavette) è un italiano giunto in Provenza per lavorare nelle cave di pietra. Nel villaggio di Martigues si sposa con Marie (Jenny Hélia), ma il suo cuore è dominato da una travolgente passione per la spagnola Josepha (Celia Montalván).
Tassello fondamentale nel percorso artistico di Renoir, è considerato il film che dieci anni prima delle opere di Rossellini e De Sica ha anticipato il neorealismo. Si possono infatti riscontrare già in quest'opera molti dei presupposti tecnici e teorici che saranno applicati nel decennio successivo in Italia: l'utilizzo di attori non professionisti, le riprese in esterni, il suono in presa diretta. Sebbene l'atmosfera viri verso il melò dalle tonalità noir, lo spunto di partenza per la realizzazione del film fu dato a Renoir da un episodio di cronaca accaduto tra gli emigrati italiani in Francia. Altra ragione che spinse l'attenzione del regista verso il milieu degli operai italiani fu l'interesse per le classi subalterne, all'epoca motivato da un sempre più militante impegno politico. La trama è quasi un pretesto per cogliere la peculiarità di un ambiente fortemente caratterizzato, catturato dal regista con grande maestria. Molto importante è l'apporto musicale che attraverso un vasto repertorio di canzoni popolari restituisce con vivida naturalezza un intenso quadro di vita rurale. Assistente alla regia, non accreditato ufficialmente, fu Luchino Visconti, che avrebbe anni dopo trasposto molto di questa decisiva esperienza nel suo Ossessione (1943)”

(In www.longtake.it)

“Il cavapietre Toni (Charles Blavette), innamorato d'una spagnola (Célia Montalvan) è accusato d'aver ucciso il caposquadra (Max Dalban), marito della sua antica amante (Jenny Hélia). Non riesce a dimostrare la propria innocenza e viene ucciso. Subito dopo, la spagnola confesserà d'esser stata autrice del delitto. È opportuno citare il testo scritto da Renoir nel 1956, in occasione d'una ripresa del film: "Il cinematografo, pensavamo, resta innanzitutto fotografia, e l'arte del fotografo è la meno soggettiva di tutte le arti”.

(Georges Sadoul)

“Quando, nel 1934, inizia le riprese di Toni, Jean Renoir si è già cimentato con il cinema naturalista (Une vie sans joie, 1924), romantico (Nana, 1926), burlesco (Charleston, 1927, Tire au flanc, 1928), storico (Le tournoi dans la cité, 1929). Contemporaneamente, il cinema francese si industriava faticosamente nel genere psicologico, questa psicologia alla quale Renoir doveva per tutta la vita voltare la schiena. Toni è nella carriera di Jean Renoir un film cardine, un punto d’avvio in tutt’altra direzione”.

(François Truffaut)

Il 12 febbraio 1979 muore Jean Renoir, attore, regista, produttore e sceneggiatore francese (nato nel 1894).

 

Una poesia al giorno

Mito, di Muriel Rukeyser, poetessa statunitense nata a New York il 13 dicembre 1913 e morta nel 1980, il 12 febbraio.

Molto tempo dopo Edipo, vecchio e accecato, camminava per le
strade. Sentì un odore familiare. Era
la Sfinge. Edipo disse, “Ho una domanda.
Perché non ho riconosciuto mia madre?” “La tua risposta
era sbagliata”, disse la Sfinge. “Ma era quella che ha reso
tutto possibile”, disse Edipo. “No”, lei disse.
“Quando ho chiesto: che cos’è che cammina a quattro zampe la mattina,
due il giorno, e tre la sera, hai risposto:
l’Uomo. Non hai parlato della donna.”
“Quando si dice Uomo”, disse Edipo, “sono comprese anche
le donne. Lo sanno tutti.”
Lei disse, “È quello che pensi tu.”

 

“La sua poesia è ineguagliabile nel XX secolo negli Stati Uniti per il suo punto di riferimento, per la generosità della sua visione, per la sua energia”, ha scritto di lei Adrienne Rich. “Ci spinge, lettori, scrittori e partecipanti alla vita del nostro tempo, ad allargare il nostro senso di ciò che la poesia è per il mondo, e del ruolo dei sentimenti e della memoria in politica”. L’attivismo della Rukeyser è altamente presente nella sua poetica: femminismo, giustizia sociale, diritti umani, razzismo, differenze di classe e persino l’ebraismo, sua poco praticata religione. Una delle sue opere più importanti, The Book of the Dead, scritta nel 1938, documenta il disastro industriale di Hawk’s Nest, che causò la morte per silicosi di centinaia di minatori”.

(In cantosirene.blogspot.it

 

Un fatto al giorno

12 febbraio 1894: l'anarchico Émile Henry lancia una bomba nel Café Terminus a Parigi, nella Gare Saint-Lazare, uccidendo una persona e ferendone venti.

12 febbraio 1894: l'anarchico Émile Henry lancia una bomba nel Café Terminus a Parigi, nella Gare Saint-Lazare“Émile Henry (Barcellona, 26 settembre 1872 - Parigi, 21 maggio 1894) è stato un anarchico francese, autore di due atti dinamitardi.
Auguste Vaillant, nel dicembre del 1893, fece esplodere una bomba contro la Camera dei deputati francese. L'attentato non fece alcuna vittima, ma sparse il terrore: era ormai evidente che gli anarchici potevano colpire il potere al cuore (infatti l'anno successivo Sante Caserio riuscì a uccidere il presidente Carnot pugnalandolo). Vaillant venne condannato a morte. Fu dunque per vendicarlo che Henry, il 12 febbraio 1894, una settimana dopo la condanna di Vaillant, gettò una bomba al Cafè Terminus, alla Gare St. Lazare, causando un morto e venti feriti. Tentò di fuggire ma venne catturato dalla polizia, dopo aver ferito quattro inseguitori. Henry era già responsabile di una bomba a una stazione di polizia di Parigi, in rue de Bons-Enfants. Fu condannato a morte e ghigliottinato il 21 maggio 1894 all'età di 21 anni.
Di fronte alla giuria che lo condannò alla ghigliottina dichiarò: «Nella guerra da noi dichiarata alla borghesia non chiediamo pietà. Diamo la morte e sappiamo subirla. Per questo attendo con indifferenza il vostro verdetto. So che la mia testa non sarà l'ultima che taglierete. Aggiungerete altri morti alla lista sanguinosa dei nostri morti. Impiccati a Chicago, decapitati in Germania, garrotati a Xerès, fucilati a Barcellona, ghigliottinati a Montbrison e a Parigi, i nostri morti sono numerosi; ma voi non siete riusciti a distruggere l'anarchia. Le sue radici sono profonde. Essa è nata nel seno di una società putrefatta e vicina alla sua fine; essa è una violenta reazione all'ordine stabilito; essa rappresenta le aspirazioni di uguaglianza e libertà che distruggono l'attuale autoritarismo. Essa è dovunque. Questo la rende indomabile, per questo finirà con l'uccidervi»”.

(Wikipedia)

“Nato a Barcellona il 26 settembre 1872, Émile Henry cresce in un ambiente aristocratico progressista grazie a suo padre, comunardo ed uno dei primi comunisti francesi che evitò la violenta repressione della Comune scappando in Spagna. Emile nasce per questo in terra iberica, così come il fratello Fortuné (anche lui diverrà anarchico). Rientrato con la famiglia in Francia dopo l'armistizio del 1882, Emile studia come operatore di borsa presso la scuola di Jen Baptiste Say, distinguendosi per il suo carattere assai mite. Ritiratosi da scuola perché non riusciva a superare alcune prove d'esame, risiede per un breve periodo a Venezia per lavoro, prima di far ritorno a Parigi dopo essere stato assunto da una casa di commercio...”

(Articolo completo in ita.anarchopedia.org)

 

Una frase al giorno

“L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'illuminismo. Sennonché a questo illuminismo non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma io odo da tutte le parti gridare: - Non ragionate! - L'ufficiale dice: - Non ragionate, ma fate esercitazioni militari. - L'impiegato di finanza: - Non ragionate, ma pagate! - L'uomo di chiesa: - Non ragionate, ma credete”.

(Immanuel Kant, antropologo, filosofo e accademico tedesco)

Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 - Königsberg, 12 febbraio 1804) fu il più importante esponente dell'illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi fondanti della filosofia idealistica e della modernità. Autore di una vera e propria rivoluzione filosofica ("rivoluzione copernicana"), con lui la filosofia perde l'aspetto dogmatico metafisico tradizionale ed assume i caratteri di una ricerca critica sulle condizioni del conoscere.

(Wikipedia)

Immagini:

 

Un brano musicale al giorno

Cecilia Bartoli canta Arie di Agostino Steffani

00:03 - Notte amica al cieco Dio
03:45 - Foschi crepuscoli
05:47 - Padre, s'e colpa in lui

Dal CD "MISSION". Cecilia Bartoli, Mezzo Soprano. Con “I Barocchisti”, diretti da Diego Fasolis. DECCA Music Group Ltd.

Agostino Steffani (Castelfranco, 25 luglio 1655 - Francoforte sul Meno, 12 febbraio 1728) è stato un vescovo cattolico e compositore italiano. Nacque nel 1655 a Castelfranco, nella Repubblica di Venezia. Formatosi con Francesco Cavalli, divenne cantante del coro di San Marco a Venezia. Ferdinando Maria di Baviera e la sua consorte Enrichetta Adelaide di Savoia che l'ascoltavano a Padova, ne provarono tanto piacere che chiesero al capo coro di poterlo portare alla loro corte Wittelsbach a Monaco di Baviera, promettendo di provvedere ai suoi bisogni e di assicurargli un avvenire. A Monaco fu affidato al maestro di musica Johann Kaspar Kerll. Nel 1672 fu portato a Roma alle cure di Ercole Bernabei. Sotto un tale maestro, i progressi del ragazzo furono rapidi. Steffani era entrato in seminario dopo avervi fatto i suoi studi, ricevette la tonsura e prese il titolo di abate, che conservò sempre...”

(Wikipedia)

“...La sua produzione annovera specialmente opere teatrali, ma anche musiche sacre, religiose e da camera. La sua arte, in cui l'influsso germanico non ha lasciato segni troppo visibili (anzi influì egli stesso sui contemporanei tedeschi), è caratterizzata da grande euritmia e delicatezza, pure presentando movimenti d'interna drammaticità”.

(Treccani)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org