“L’amico del popolo”, 12 marzo 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

NIJINSKY (USA, 1980), regia di Herbert Ross. Sceneggiatura: Hugh Wheeler, dai diari di Nijinsky, pubblicati nel 1936 da sua moglie Romola de Pulszky. Fotografia: Douglas Slocombe. Montaggio: William Reynolds. Musiche: Carl Maria von Weber, Nikolai Rimsky-Korsakov, Claude Debussy, Robert Schumann, Igor Stravinsky, Alexander Borodin. Con: Alan Bates, George De La Pena, Leslie Brown, Carla Fracci, Alan Badel, Colin Blakely, Ronald Pickup, Ronald Lacey, Vernon Dobtcheff, Jeremy Irons, Frederick Jaeger, Anton Dolin, Janet Suzman, Stephen Chase, Hetty Baynes.

Il film, ambientato nel primo decennio del Novecento, racconta l'inizio della carriera di Vaslav Nijinsky, il giovane e talentuoso primo ballerino dei Balletti Russi, diventato famoso per la sua leggiadria nella danza e per il suo carattere testardo. In quegli anni la famosa compagnia di ballo è diretta da Sergei Diaghilev, mentore e impresario di Vaslav e fondatore dei Balletti Russi. Possessivo con i suoi ballerini, Sergei da un lato si scontra con Vaslav e il suo desiderio di successo, dall'altro è attratto da lui, diventando pian piano sempre più geloso e desideroso di un rapporto esclusivo. L'intromissione tra i due della giovane ballerina Romola de Pulsky, che allontana Nijinsky da Diaghilev, segna l'inizio della rottura definitiva.

“Due anni della vita di Vaslav Nijinsky, uno dei più famosi ballerini di tutti i tempi. Due anni in cui si verificano la rottura della sua relazione omosessuale con l'impresario Diaghilev, le sue nozze (ovviamente infelici) con Romola de Pulsky, il suo ricovero in manicomio (dove morirà trentatre anni dopo). Herbert Ross, celebre per un suo ottimo film sulla danza (Due vite una svolta) non riesce (per colpa di personaggi decisamente scostanti) a fare lo splendido film che era nelle aspettative. Alan Bates come Diaghilev è bravo, anche se non precisamente adatto al ruolo”.

(mymovies.it)

Dopo aver assistito alla proiezione, Peter Williams criticò soprattutto la sceneggiatura di Hugh Wheeler, che tentando malamente di fondere nella struttura del film sia la biografia sia i frammenti danzati, ridusse gli apporti innovativi di Nijinsky e Diaghilev, due protagonisti leggendari della storia dell’arte coreutica, a “rissa domestica”. A suo giudizio il principale interesse del film derivava dalla recitazione, “particolarmente nel ritratto di Diaghilev di Alan Bates, che ha una somiglianza fisica magica da come ci viene trasmessa in foto, dipinti e disegni. La sua lettura del personaggio domina totalmente il film, così come credo che Diaghilev dominasse il suo mondo”.

(balletto.net)

  • Immagini dal film “Nijinsky 1912” (Ricostruzioni digitali di Christian Comte)
  • Altre immagini dal film “Nijinsky's Madness” (Animazione di fotografie con gli artisti: Les Frères Lumière, Nijinsky, John Galliano, Picasso, Marilyn Monroe, Oscar Wilde, Diaghilev, Lifar, Antonin Artaud...), di Christian Comte.

Il 12 marzo 1890 nasce Vaslav Nijinsky, danzatore russo e coreografo (morto nel 1950)

 

Una poesia al giorno

La pioggia nel pineto, di Gabriele D'Annunzio (Alcyone, 1903)

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo vólto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo, e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce dal mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

Voci:

12 marzo 1863 nasce Gabriele D'Annunzio, soldato italiano, giornalista, poeta e drammaturgo (morto nel 1938)

 

Un fatto al giorno

12 marzo 2008: presentato alla Casa del Cinema di Roma il film documentario di Giovanni DonfrancescoLa guerra sporca di Mussolini” sull’occupazione italiana della Grecia e la strage di Domenikon cui seguirono altri eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna. Il film è una coproduzione GA&A Productions e ERT, in associazione con Fox Channels Italy, RTI Mediaset e Histoire e in collaborazione con la Radiotelevisione della Svizzera Italiana.

“La guerra sporca di Mussolini” ricostruisce la strage (150 morti) di Domenikon in Tessaglia, un crimine dei militari della divisione Pinerolo avvenuto il 16 febbraio 1943. Alla strage seguirono una serie di episodi di repressione militare ordinata dal generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione come risposta alle azioni compiute dal movimento partigiano greco: i massacri di Tsaritsani, Domokos, Farsala, Oxinià, Larisa. Nel 1946 il Ministero greco della Previdenza sociale, nel censire i danni di guerra, calcolò che 400 villaggi avevano subito distruzioni parziali o totali: 200 causati da unità italiane e tedesche, 200 da soli italiani.

“I partigiani avevano fatto fuoco dalla collinetta, quando il convoglio aveva rallentato in curva, a un chilometro dal villaggio di Domenikon. Erano morti nove soldati italiani. Dunque i greci andavano puniti: non i partigiani, i civili. Domenikon andava distrutta. Per dare a tutti "una salutare lezione", come scrisse poi il generale Cesare Benelli, che comandava la divisione Pinerolo. "Qui al villaggio, prima, i soldati italiani venivano per un'ora o due, flirtavano con le donne, poi se ne andavano. A Elassona avevano fidanzate ufficiali. Erano dei dongiovanni", racconta un contadino davanti alla cinepresa. Prima, sì. Non il 16 febbraio 1943. Quel giorno gli italiani brava gente si trasformarono in bestie.
L'eccidio di Domenikon, la piccola Marzabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato. In stile nazista, solo un po' meno scientifico. Fu il primo massacro di civili in Grecia durante l'occupazione, e stabilì un modello. Il primo pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio, rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia col fascio littorio. Scesero bassi, rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili, stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle vacche. Gli italiani gliel'avevano detto, raccontano i vecchi paesani: "Vi bruceremo tutti". Il maestro, che capiva la nostra lingua, avvertì: "Mamma. Ci ammazzano tutti".
Molti non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontano i figli degli uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei partigiani. Dopo esser stati separati dalle donne, tra pianti e calci, tutti i maschi sopra i 14 anni, fu ordinato, sarebbero stati trasferiti a Larisa per interrogatori. Menzogna. All'una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un'ora, e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. "Anche mio padre e i suoi tre fratelli", ricorda un vecchio rintracciato da Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla ricostruzione dell'eccidio, indicando la collina di lentischi e mirti. La notte e l'indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150 morti.

È tutto ricostruito nel documentario 'La guerra sporca di Mussolini', diretto da Giovanni Donfrancesco e prodotto dalla GA&A Productions di Roma e dalla televisione greca Ert. Il film, che riapre una pagina odiosa dell'Italia fascista, si basa su ricerche recenti della storica Lidia Santarelli. La docente al Centre for European and Mediterranean Studies della New York University, parlando con 'L'espresso' di Domenikon e dei massacri italiani in Tessaglia, Epiro, Macedonia, li definisce "un buco nero nella storiografia".
Che cosa sa il grande pubblico della campagna di Grecia di Mussolini? Ricorda il presidente Ciampi, le commosse rievocazioni della tragedia di Cefalonia, il generale Gandin e la divisione Acqui, le emozioni cinematografiche di 'Mediterraneo' e del 'Capitano Corelli', con gli italiani abbronzati, generosi, portati a fraternizzare. Una proposta di legge (Galante e altri) presentata alla Camera il 24 novembre 2006 per istituire una Giornata della memoria delle vittime del fascismo accenna all'eccidio di Domenikon; ma è un'eccezione.

Italiani brava gente? Per nulla."Domenikon", dichiara la Santarelli nel film, "fu il primo di una serie di episodi repressivi nella primavera-estate 1943. Il generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, emanò una circolare sulla lotta ai ribelli il cui principio cardine era la responsabilità collettiva. Per annientare il movimento partigiano andavano annientate le comunità locali". L'ordine si tradusse in rastrellamenti, fucilazioni, incendi, requisizione e distruzione di riserve alimentari. A Domenikon seguirono eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna: 30 giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani. Poi a Domokos, Farsala, Oxinià. Le autorità greche segnalarono stupri di massa. Azioni di cui praticamente non esistono immagini, memorie sepolte negli archivi militari. Il comando tedesco in Macedonia arrivò a protestare con gli italiani per il ripetersi delle violenze contro i civili. Nel film il diario del soldato Guido Zuliani racconta di rastrellamenti e torture. Il capo della polizia di Elassona, Nikolaos Bavaris, scrisse una lettera di denuncia ai comandi italiani e alla Croce rossa internazionale: "Vi vantate di essere il Paese più civile d'Europa, ma crimini come questi sono commessi solo da barbari". Fu internato, torturato, deportato in Italia. La figlia: "Un incubo".

Gli italiani imitarono i tedeschi, ma senza la loro tecnica. Nel campo di concentramento di Larisa, a nord di Volos dove nacque Giorgio de Chirico, furono fucilati per rappresaglia oltre mille prigionieri greci. Molti morirono, ricorda 'La guerra sporca di Mussolini', di fame, denutrizione, epidemie. Le brande con i materassi di foglie di granturco erano infestate dalle pulci. L'occupazione (sino al settembre '43 gli italiani amministrarono due terzi della Grecia, un terzo i tedeschi) si caratterizzò per le prevaricazioni continue ai danni di innocenti. La Tessaglia era il granaio greco. L'esercito italiano eseguiva confische, saccheggi, sequestri. Introdotta la valuta di occupazione, il mercato nero andò alle stelle. La razione di pane si ridusse a 30 grammi al giorno. Il film mostra abitanti di Atene morti di fame gettati come stracci agli angoli delle strade. "Nel solo inverno 1941", ricorda la professoressa Santarelli a 'L'espresso', "la carestia indotta dall'amministrazione italiana fece tra i 40 e i 50 mila morti. Nell'intero periodo morirono di fame e malattie tra i 200 e i 300 mila greci. Un altro capitolo poco studiato è la prostituzione: migliaia di donne prese per fame e reclutate in bordelli per soddisfare soldati e ufficiali italiani".

La Grecia rimossa ci costringe a riflettere. Come dice nel film lo storico Lutz Klinkhammer, il massimo studioso di atrocità tedesche in Italia: "La leggenda del bravo italiano non è completamente inventata. Ciò che è inventato è che tale immagine fosse l'aspetto dominante nell'occupazione di quei territori". I generali Geloso e Benelli altro non fecero che applicare le linee guida del generale Roatta in Jugoslavia, che teorizzò la strategia "testa per dente". Klinkhammer dichiara che le fucilazioni italiane in Slovenia, nella provincia di Lubiana, ebbero le stesse dimensioni delle fucilazioni tedesche in Alta Italia dopo l'8 settembre. Oltre 100.000 slavi transitarono per i campi di concentramento italiani in Jugoslavia. Nell'isola di Rab, di cui il film mostra cadaveri scheletrici, morì il 20 per cento dei prigionieri. Klinkhammer usa per l'esercito di Mussolini, ricordando i crimini in Etiopia e Cirenaica con l'impiego di gas contro i civili, il termine "programma di eliminazione". E se dopo il 1945 Badoglio e Graziani furono i primi due criminali di guerra elencati dalle autorità etiopi, per la Grecia e i Balcani furono sollevate analoghe richieste per i generali Roatta, Ambrosio, Robotti e Gambara.

A Londra la Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra ricevette una lista con più di 1.500 segnalazioni di criminali di guerra italiani. Perché tutto andò insabbiato? Ecco un'altra rimozione nazionale. Nel 1946 era cambiato tutto: l'Europa spaccata in due tra Alleati e blocco sovietico. L'Italia di De Gasperi rientrava nella strategia di compattamento occidentale contro Stalin. Il nostro governo rifiutò la consegna dei responsabili di atrocità alla Grecia. Mentre De Gasperi istituiva una commissione d'inchiesta, chiedeva a Washington di temporeggiare. Stessa richiesta da Lord Halifax per il governo britannico, pur vicino alla Grecia, dove infuriava la guerra civile tra monarchici e comunisti. In breve: l'Italia rinunciò a chiedere estradizione e processo per i criminali nazisti (ricordate 'l'armadio della vergogna'), la Grecia fece lo stesso con l'Italia. La Guerra fredda fu la pietra tombale sulle richieste di giustizia.
Domenikon oggi è un paesino circondato dalla macchia, da ginepri, cardi e rosmarini. I tramonti lo tingono di rosa come nel 1943. I patrioti come Stathis Psomiadis hanno cercato di sollevare il velo dell'oblio, e questo documentario è un tributo agli innocenti. La realtà però è amara. Domenikon, riconosciuta città martire nel 1998, non è diventata memoria collettiva, come da noi Marzabotto. Molti greci non conoscono queste vicende. Perché già nel 1948, con la rinuncia del governo a chiedere l'estradizione dei criminali italiani, la questione si chiuse. I processi non furono mai istruiti. Anni dopo anche il Tribunale di Larisa archiviò il caso. E di Domenikon resta la memoria di pochi, gente semplice, poco mediatica, come si dice oggi. E un tramonto rosa malinconico. Sopra il villaggio, sopra la giustizia e la storia".

(28 febbraio 2008 espresso.repubblica.it)

  • Immagini:La guerra sporca di Mussolini”. Documentario sulle atrocità compiute dal regime fascista, di Giovanni Donfrancesco, trasmesso da History Channel il 14 marzo 2008.

 

Una frase al giorno

“Il nemico si comporta come una donna poiché, suo malgrado, è debole e vuole sembrar forte”

(Ignazio di Loyola, Azpeitia, 1491 - Roma, 31 luglio 1556; è stato un religioso spagnolo, fondatore della Compagnia di Gesù. Il 12 marzo 1622 fu proclamato santo da papa Gregorio XV).

Immagini:

 

Un brano musicale al giorno

Charlie Parker, Lover Man

Charles "Charlie" Parker, Jr. (29 agosto 1920 - 12 marzo 1955), noto anche come “Yardbird” e “Bird”, fu un sassofonista e compositore jazz americano. Parker era un solista jazz molto influente e una figura di spicco nello sviluppo di bebop, una forma di jazz caratterizzata da tempi veloci, tecnica virtuosistica e armonie avanzate. Parker era un virtuoso incredibilmente veloce e introdusse idee armoniche rivoluzionarie inclusi accordi rapidi, nuove varianti di accordi alterati e sostituzioni di accordi. Il suo tono variava da pulito e penetrante a dolce e cupo. Parker ha acquisito il soprannome di "Yardbird" all'inizio della sua carriera. Questo, e la forma abbreviata "Bird", continuò ad essere usato per il resto della sua vita, ispirando i titoli di un certo numero di composizioni di Parker, come "Yardbird Suite", "Ornithology", "Bird Gets the Worm", e "Uccello del paradiso". Parker era un'icona per la sottocultura hipster e più tardi per la Beat Generation, personificando il musicista jazz come artista intransigente e intellettuale e non solo come intrattenitore.

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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