“L’amico del popolo”, 12 ottobre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

RAINING STONES (Piovono pietre, Gran Bretagna, 1993), regia di Ken Loach. Il titolo deriva da un proverbio inglese: «quando piove sui poveri piovono pietre». Sceneggiatura: Jim Allen. Fotografia: Barry Ackroyd. Musiche: Stewart Copeland. Con: Drek Alleyn, William Ash, Anthony Bodell, Julie Brown, Lee Brennan, Matthew Clucas, Jim R. Coleman (II), Mike Fallon, Tom Hickey, Karen Henthorn, Christine Abbott, Jonathan James, Bruce Jones, Anna Jaskolka, George Moss, Gemma Phoenix, Jackie Richmond, Ronnie Ravey, Ricky Tomlinson, Geraldine Ward, Little Tony, Jack Marsden.

Bob Williams ha grinta, vive alla giornata. Per integrare l'assegno di disoccupazione si adatta a svolgere qualunque mansione gli viene offerta, dal furto di pecore alla riparazione delle fogne. Qualunque cosa per dare da mangiare alla propria famiglia. Ma ora la sorte gli ha giocato un bruttissimo scherzo. Gli hanno rubato il furgoncino, e fra poco la figlia Coleen deve fare la prima comunione. Ha bisogno del tradizionale abito bianco da sposina, delle scarpe, del velo e dei guanti. Ma dove trovare i soldi?

"Questo film picaresco e allarmante, bizzarro e puntuto è un piccolo capolavoro della commedia neopopulista: di nuovo, rispetto ai classici del veteromarxismo, ha che non teme di sposare la causa di quel tipico eroe sottoproletario e mascalzoncello che ai tempi di Stalin sarebbe finito fra i reprobi in omaggio al mito dell'operaio cosciente. Né Loach si tira indietro nel riconoscere che spesso il prete (proprio il prete, non la religione) diventa per forza, nelle situazioni di emarginazione, l'unico difensore degli ultimi. In questo senso non credo si sia mai visto sullo schermo un sacerdote come padre Barry che si assume la responsabilità di coprire un omicidio per la pace di tutti. In comune con il neorealismo d'epoca i film di Ken Loach hanno l'ostilità dei governanti e l'antipatia che gli dimostra il pubblico: proprio come accadeva da noi ai tempi di Andreotti sottosegretario e delle campagne dei bempensanti contro i "panni sporchi". Però la presenza di una produzione televisiva d'avanguardia come Channel Four e il radicale abbattimento dei costi rendono possibile la realizzazione di un prodotto che ha valori sufficienti per affermarsi e ripagarsi sui mercati internazionali. Il miracolo sarebbe possibile anche in Viale Mazzini se avessimo Jim Allen, se avessimo Ken Loach e soprattutto se avessimo una direzione televisiva che anziché gestire vetusti gattopardeschi cambi della guardia trovasse finalmente la volontà, la capacità e il coraggio di entrare nel vivo del discorso culturale riguardante la funzionalità artistica e sociale del cinema".

(Tullio Kezich, “Il Corriere della Sera", 25-10-93)

Quello di Ken Loach è un cinema diretto e lineare, in qualche modo “semplice”, nel quale la narrazione di una storia, lo sviluppo di determinate problematiche e il coinvolgimento emotivo dello spettatore risultano assai più importanti della sperimentazione linguistica ed estetica. Un modo di girare poco innovativo, ma spesso efficace, che ha visto in Piovono pietre (Grand Prix al festival di Cannes del 1993) uno dei suoi risultati migliori.

“L’opera racconta la vicenda di Bob, proletario di Manchester che desidera fortemente comprare il vestito della prima comunione alla figlia Coleen. Essendo attualmente disoccupato, l’uomo non ha abbastanza soldi per acquistare l’abito, ma farà comunque di tutto per raggiungere il proprio scopo, anche cacciarsi nei guai. Come spesso accade nei lavori dell’autore inglese, anche in questa pellicola lo stile di regia risulta classico e totalmente funzionale alla narrazione e alle tematiche affrontate, che qui vengono espresse e sviluppate in maniera particolarmente acuta e profonda. In tal caso, però, non è tanto il “messaggio” sociale del film a essere interessante, quanto le sue domande più etiche e universali. Infatti, se la denuncia di un sistema socioeconomico che non lascia alcuna prospettiva al proletariato viene esplicata con dialoghi troppo didascalici, il quesito di fondo su ciò che è lecito commettere per sopravvivere e sulle conseguenze morali delle proprie azioni viene trattato in modo sottile e aperto, soprattutto nel finale teso e complessivamente ambiguo. Il tutto reso con una messa in scena semplice e scorrevole, che riesce a coinvolgere il pubblico anche emotivamente, non solo grazie alla fluidità con cui il cineasta alterna diversi registri narrativi (amaro, comico, fortemente drammatico), ma anche per l’abilità con cui Loach e lo sceneggiatore Jim Allen creano sorprese e momenti di suspense dosando con arguzia le informazioni da dare allo spettatore. Ma la presa emotiva dell’opera non sarebbe stata ugualmente intensa se l’autore non avesse provato empatia per i suoi personaggi, i quali vengono amati e capiti, anche nei loro difetti, anche quando compiono errori gravi e irreparabili. Qui il protagonista sbaglia, cade e a volte commette illeciti, ma il regista lo vede in primis come un uomo che cerca con ammirevole caparbietà e forza vitale di resistere in un sistema ingiusto del quale è vittima. E se lo stile dei suoi lavori rende Loach un abile narratore, il suo sguardo sul mondo e sull’essere umano ne fa un cantore lucido, sincero e appassionato della classe operaia. Ed è forse proprio per tale caratteristica, oltre e più che per le singole qualità artistiche dei suoi film, che il cineasta britannico viene tanto amato e premiato”.

(Mediacritica, 1993)

 

Una poesia al giorno

A Silvia, di Giacomo Leopardi (conte Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi; Recanati, 29 giugno 1798 - Napoli, 14 giugno 1837)

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Né teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore

Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

Ascolta recitare “A Silvia”

 

Un fatto al giorno

12 ottobre 1960: Inejirō Asanuma, politico socialista del Sol Levante, dibatte le sue proposte politiche sotto i riflettori delle camere televisive. D’un tratto un uomo lo aggredisce brandendo una spada, le ferite sono profonde al punto da procurargli la morte.

Ma facciamo un passo indietro. Chi era Inejirō Asanuma? La formazione politica di Asanuma parte nel 1930 allorquando si avvicinò al nazionalsocialismo, supportando le politiche dell’esercito imperiale giapponese; dal trentasei servì il paese nella Dieta Nazionale - organo legislativo giapponese composto di due camere - fino al quarantadue, quando presentò la candidatura alle elezioni nazionali, la stessa che ritirerà allontanandosi dalla scena politica fino alla fine della guerra. Un evento particolare imporrà un consequenziale rafforzamento della sua ideologia politica, e nello specifico, parliamo della ratifica del Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza tra Stati Uniti e Giappone, che destò non poche contestazioni in tutto il territorio dello stato. Sulla questione, adduciamo una piccola digressione storica, tale da chiarire quelli che saranno gli avvenimenti successivi alla proposta di ratifica. Il Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza tra Stati Uniti e Giappone, altri non è che una versione rinnovata di un trattato di sicurezza reciproca stipulato tra Stati Uniti e Giappone nel 1951 in concomitanza con la stipula del trattato di San Francisco. Nel trattato del cinquantuno era previsto solo il mantenimento di basi militari statunitensi nel territorio giapponese, e per ciò che concerne il rapporto militare e l’inquadramento del Giappone come alleato collaborante e subalterno, a suggello di una particolare supremazia degli Stati Uniti nel territorio ospitante. Nel rinnovato del Sessanta, incontriamo invece un particolare rapporto di reciprocità, al fine di realizzare un equilibrio militare tale da implicare la necessaria consultazione del governo giapponese qualora vi fosse un qualche cambiamento logistico della base militare nel territorio.
Nonostante la strenua opposizione popolare sfociata in violenti tumulti, e l’assenza di un parlamento rappresentativo anche delle fazioni opposte alla ratifica del trattato, questo ultimo fu stipulato nel gennaio del 1960 dal Segretario di Stato degli Stati Uniti Christian Herter e il primo ministro giapponese Nobusuke Kishi. In un clima di fervente tumulto sociale, si inseriva il rinnovato spirito politico del socialdemocratico Asamura, il quale un anno prima, a seguito di un viaggio in Cina, destò particolare sgomento, affermando di trovarsi in accordo con il gigante comunista, nell’individuare come comune nemico gli Stati Uniti d’America. Lo sfoggio della giacca maoista all’attracco dell’aereo sul suolo nipponico, addusse un virgolettato tale da rendere quell’uomo e le sue idee, oggetto di profonde critiche e particolari attenzioni.

Giungiamo così al fatidico giorno della morte in diretta. Ci troviamo al municipio di Tokyo, a Hibiya, nel quartiere speciale di Chiyoda, è in corso un dibattito politico per le elezioni alla Camera dei Rappresentanti e sul patto con gli Stati Uniti. Asanuma si avvia al palco per disquisire sugli argomenti del giorno, lo immaginiamo sicuro di sé, e deciso a chiarire i punti contro le varie scelte prese escludendo il parere contrario, ha intorno giovani studenti di destra, i quali a più riprese contestano il fare deciso dell’uomo. D’un tratto, in una sequela di fotogrammi che imprimono nella mente un ricordo di assurda violenza, un giovane, appena diciassettenne, Otoya Yamaguchi, aggredisce l’uomo brandendo una spada Katana, una di quelle brandite dai samurai - “colui che serve la nobiltà” - etichetta che riporta ad un significato alto ben superiore al gesto vigliacco compiuto da un ragazzino, probabilmente, manipolato dalla coscienza di un “super io” contraria alle idee differenti alla propria formazione culturale. Otoya, infierisce due colpi ad Asanuma, uno all’addome, l’altro al torace, procurandogli una dolorosa morte. In seguito, Otoya si suiciderà in cella”.

Video:

 

Una frase al giorno

“Avevo sempre sognato, da grande, di fare l'aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con "felliniano" posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto”.

(Federico Fellini, 1920-1993, regista, scrittore, sceneggiatore e fumettista italiano)

 

Un brano al giorno

Nino Rota (1911-1979): Sonata per orchestra da camera (1935). Orchestra Città di Ferrara diretta da Giuseppe Grazioli. Andante - Allegro moderato - Andante - Allegro moderato - Andante - Molto sostenuto - Allegro moderato - Tempo 1

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org