“L’amico del popolo”, 14 ottobre 2017

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

LUCI DEL VARIETÀ (Italia, 1950) di Alberto Lattuada e Federico Fellini. Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Alberto Lattuada, Ennio Flaiano. Fotografia: Otello Martelli, Roberto Gerardi, Luciano Trasatti. Montaggio: Mario Bonotti. Musiche: Felice Lattuada. Con: Peppino De Filippo, Carla Del Poggio, Giulietta Masina, John Kitzmiller, Dante Maggio, Checco Durante, Gina Mascetti, Franca Valeri, Carlo Romano, Giulio Calì, Alberto Bonucci, Vittorio Caprioli, Silvio Bagolini, Vanja Orico, Giacomo Furia, Sophia Loren, Giovanna Ralli, Alberto Lattuada, Mario De Angelis, Folco Lulli, Fanny Marchiò, Joseph Falletta, Renato Malavasi, Enrico Piergentili, Marco Tulli, Carlo Bianco, Italo Dragosei, Tanio Boccia, Rina Dei, Barbara Leite, Guglielmo Leoncini, Patrizia Caronti, Luca Cortese, Carlo Mazzarella, Alfredo Ragusa.

Liliana, una bella ragazza di provincia, vuole affermarsi nel mondo dello spettacolo. Fugge di casa e si unisce ad una piccola compagnia d'avanspettacolo; il direttore, Checco, se ne invaghisce e la fa esordire immediatamente. E' un esordio fortunato, con tanti applausi, anche perché durante un numero a Liliana scivola un gonnellino... Alcuni giorni dopo la compagnia è invitata a casa di un ricco avvocato di paese, che tenta un approccio notturno con Liliana. Interviene Checco, geloso, e scatena una baraonda al termine della quale tutti i guitti vengono cacciati via. Checco e Liliana lasciano la compagnia alla ricerca di un ingaggio favorevole: l'unica offerta viene fatta a Liliana, ma la gelosia di Checco la fa saltare. Questi, con i soldi avuti in prestito dalla sua compagna Melina, anch'essa nella vecchia compagnia, tenta di formarne una nuova con altri artisti. Ma prima dell'esordio Liliana lo abbandona e firma un contratto con un altro impresario, colpito anch'esso dalla sua avvenenza. A Checco non resta che tornare con i vecchi compagni e con Melina, che lo ha perdonato. La compagnia è di nuovo insieme, e sta viaggiando in treno alla ricerca di qualche buona "piazza" quando nel vagone appare una bella ragazza. Checco la nota subito e la storia ricomincia...

“Il capo di una compagnia di guitti (Peppino de Filippo) che presenta la sua scalcinata rivista in meschini teatri di provincia, inganna un'innamorata (Giulietta Masina) con una fresca campagnola (Carla del Poggio) che l'abbandona per un impresario (Folco Lulli). Più che di Lattuada, il film reca l'impronta di Fellini. Già avverte il suo "universo", la divertita tenerezza, la tristezza ironica, il gusto per il barocco, l'amore per il povero mondo dei "guitti". La descrizione della "tournée" della compagnia è a volte di un'efficacia impressionante, tra il grottesco e l'amaro”.

(Georges Sadoul)

“C’è una tradizione sulla vita dei comici del varietà che si basa su poche formule: la carriera coronata dal successo improvviso (il Protagonista sostituisce il Divo); la rinunzia all’amore per la carriera (il pubblico come oggetto d’amore più vasto); la dura necessità di anteporre lo spettacolo agli affari privati (ridi, pagliaccio!). Su questi temi sono stati fatti molti film e se ne faranno ancora. È triste, ma non c’è motivo che i produttori smettano di sfruttare queste miniere sentimentali. Il fondo bohème di ogni spettatore riposa anche nella certezza che il mondo del varietà è picaresco, prodigo di imprevisto e di evasioni sessuali, felice come un’infanzia: e che il Successo, sempre raggiunto dai suoi personaggi, è quasi un di più, bastando già a rendere gradevole quella vita la promessa di un ozio allegro e irresponsabile”.

(Ennio Flaiano)

“Lattuada tenta, assieme a Fellini, una iniziativa tanto atipica quanto rischiosa; la compartecipazione alle spese di produzione per il film Luci del varietà (1951). I finanziamenti - dopo il rifiuto di Carlo Ponti, che inizia a girare contemporaneamente Vita da cani sullo stesso argomento - vengono da tre parti: il Credito Cinematografico della Banca Nazionale del Lavoro, la casa produttrice Capitolium-Film (nella persona di Mario Ingrami) e Lattuada stesso. Parte della troupe viene pagata da Lattuada insieme a Carla Del Poggio (protagonista) e Fellini (co-regista), mentre gratuitamente lavorano anche Giulietta Masina (come attrice), il padre di Lattuada, Felice (per la musica) e la sorella Bianca (per l'organizzazione), realizzando così un singolare esempio di produzione cooperativistica. Per la distribuzione Lattuada si appoggia alla Fincine, che sottoscrive il contratto fornendo la quota del "minimo garantito". Iniziano così le riprese, dopo un lavoro di sceneggiatura compiuto sulla base dei ricordi personali di Fellini (era stato varie volte in tournèe con la compagnia di varietà di Aldo Fabrizi) e degli appunti presi da Lattuada assistendo ai numeri del varietà romano di Altieri. La storia di Dalmonte è quella di un individuo sempre uguale a se stesso: nella prima sequenza, in treno adocchia Liliana e la convince a entrate nella compagnia; alla fine svanito il sogno d'amore e di successo rivolge nello scompartimento la parola a un'altra bella ragazza: "E' attrice lei? No! Eppure sarebbe il tipo...". La storia ricomincia uguale a se stessa, rivelando i meccanismi di funzionamento di un modello di spettacolo in cui all'immobilità di un ruolo (il capocomico) corrisponde l'intercambiabilità di altri (la soubrette). L'avanspettacolo di Luci del varietà riproduce a un livello più "basso" il sistema di leggi che governa l'universo teatrale descritto, nello stesso anno, dal film di Mankiewicz Eva contro Eva, dove il passaggio delle consegne dalla vecchia attrice (Bette Davis) alla nuova diva (Anne Baxter) e poi alla "starlet" (Marilyn Monroe) configura un universo retto da regole rigide: la precarietà di alcuni ruoli (le attrici) e la stabilità di altri (il giornalista) non modifica il tipo di teatro che si fa, anzi ne garantisce la sopravvivenza. Non diversamente, anche se in ambiente differentemente caratterizzati e geograficamente circoscritto, le leggi dell'avanspettacolo assorbono, utilizzano e rigettano gli artisti secondo le esigenze del momento: è la sorte che toccherà presumibilmente a Liliana in un ipotetico (ma prevedibile) seguito del film, dopo aver goduto dell'interessamento dell'impresario Adelmo Conti (Folco Lulli, in una parte simile a quella di George Sanders nel film di Mankiewicz). Dalmonte resta invece al suo posto, dopo aver appena sfiorato il mondo del varietà della metropoli ed esserne stato estromesso. La fine della storia segna la sconfitta del tentativo di acquisire un nuovo ruolo (cioè diventare un impresario importante) e il ritorno alla condizione iniziale, ma conferma anche la pervicace volontà di proseguire il gioco. Dalmonte continuerà a cercare la sua attrice in ogni bella ragazza e prolungherà l'autocompiacimento fregiandosi degli appellativi di "grande fantasista", "fucinatore d'ilarità", "paralizzatore delle platee".
Intorno a lui, e come lui, i componenti della compagnia perpetuano nella vita di ogni giorno il comportamento spettacolare: nella cena a casa dell'avvocato (Carlo Romano) l'euforia collettiva per un momento altro dallo spettacolo copre la realtà di una serie di atti speculari a quelli della finzione: il fachiro addenta la carne allo stesso modo con cui sgranocchia la lampadina sul palcoscenico, Liliana balla nella cucina con una treccia d'aglio a mo’ di collana, il napoletano imbraccia la chitarra e esegue un numero del suo mesto repertorio. Questo mondo piccolo e ristretto, ripiegato su se stesso, tanto limitato nelle ambizioni (Melina vuole mettere da parte i soldi per aprire una salumeria) quanto sfrenato nell'immaginazione (la messa in scena del balletto hawaiano, dei grattacieli americani, dell'India misteriosa) è rappresentato criticamente disseminando il racconto di veloci notazioni che colmano i vuoti di una struttura narrativa estremamente duttile e diversificata a seconda della situazione da presentare. "Tutta l'Italia artistica si accorgerà dei nostri successi, tutta l'Italia artistica!". Il patetico grido di Dalmonte resterà senza risposta e assumerà il senso di una profezia amara e ironica: gli antieroi di Lattuada e Fellini, apprezzati dalla critica, risulteranno sgraditi al pubblico, anche in virtù del fallimento della casa distributrice proprio al momento del decollo del film. Lattuada pagherà i debiti per alcuni anni, preoccupandosi anche di salvare il negativo del film che altrimenti sarebbe andato perduto”.

(Claudio Camerini, “Alberto Lattuada”, Il castoro cinema, 1981)

“Si trovano qui già tutti i miti di Fellini e si anticipano tutte le sue opere future: la solitudine dei personaggi e il ridicolo della loro condizione ci appaiono in un clima insolito, di cui sono elementi principali il senso dello "spettacolo" e la mobilità. Il barocchismo si dilata nell'atmosfera soffocante, formicolante, esasperata di quel piccolo teatro di provincia dove Clara [sic] si esibisce. Il ricevimento della compagnia a casa di un signorotto innamorato di Clara [sic] contiene già, in filigrana, i balli di Vitelloni e del Bidone, così come le nozze della Strada. Vi si ritrova anche un procedimento di costruzione drammatica impiegato più tardi negli stessi balli. L'idea consiste nel dissolvere il problema individuale nella frenesia della folla e del movimento, poi nell'isolarlo a poco a poco, fino al punto di riportarlo di nuovo alla sua totale solitudine interiore”.

(Geneviève Agel "Le chemins de Fellini", Editions du Cerf, Paris, 1956)

 

Una poesia al giorno

Iperbole, di Eduardas Mieželaitis, (Kareiviškis, 3 ottobre 1919 - Vilno, 6 giugno 1997. Raggiunse la notorietà a metà degli anni ’40, diventando uno degli autori più popolari nella Lituania Sovietica del dopoguerra. Traduzione di Paolo Statuti).

Cos’è il cielo?
Cosa sono le stelle? Non sono semplici occhi blu?
Cos’è la luna? Non è un sopracciglio a forma di arco?
Non sono i tuoi tratti che nella mia poesia nascono
Disegnati nello spazio, e lasciati nei cieli a splendere?

Io disegno nello spazio
Il tuo viso effimero
Dalle stelle, dall’aria - con le tinte del tramonto,
Coi trilli dell’usignolo - una parodia
Di un poeta bambino che piange tristemente.

Disegno
Il tuo viso effimero dal nulla,
Dallo spazio, dal tempo, dai fulgidi tragitti degli uccelli,
Dai suoni, dal lampo, dalla pioggia, dal vento, dalla neve
E dai più astratti punti nel labirinto delle galassie.

Io posso sentire
La tua liscia pelle dipinta coi colori dell’aria,
Il mio occhio è attratto dal blu del tuo sguardo,
Il mio quadro ha il tuo profumo - il profumo
Del lillà che danza al chiaro di luna.

Ho appeso il ritratto
Qui, nel mio solaio,
E lo imploro di restare, come sogno che svanisce.
No, non è poeta chi non deruba i cieli,
Non è pittore chi non aggiunge le stelle ai propri colori.

Cos’è il cielo
Se le stelle sono i tuoi occhi e la luna - il tuo sopracciglio,
Il tramonto - le tue labbra che fluttuano come visione.
Il tuo immenso, immenso effimero ritratto
Disegnato da niente nello spazio
E’ il mio cielo!

  • Zuikis Puikis - Eduardas Mieželaitis (Sukurta 2017. Ramūnas P.): www.youtube.com

 

Un fatto al giorno

14 ottobre 1964: il capo del movimento americano per i diritti civili, Martin Luther King, diventa il più giovane vincitore del Premio Nobel per la pace, che gli venne assegnato per la guida della resistenza non-violenta alla fine del pregiudizio razziale negli Stati Uniti.

 

Una frase al giorno

[Rifiutando una pistola ricevuta in regalo] “Sono un predicatore della non violenza. Non ho diritto di portarla. E poi, ciò che conta non è quanto si vive, ma come si vive”.

(Martin Luther King, 1929-1968, pastore protestante, politico e attivista statunitense.)

 

Un brano al giorno

Joan Baez - Gacela Of The Dark Death (Federico Garcia Lorca poem) 

14 ottobre 1967, guerra in Vietnam: la cantante e attivista popolare americana Joan Baez viene arrestata in seguito ad una manifestazione presso il centro di induzione dell'esercito americano a Oakland, California.

Gacela de la muerte oscura
Quiero dormir el sueño de las manzanas,
alejarme del tumulto de los cementerios.
Quiero dormir el sueño de aquel niño
que quería cortarse el corazón en alta mar.

No quiero que me repitan que los muertos no pierden la sangre;
que la boca podrida sigue pidiendo agua.
No quiero enterarme de los martirios que da la hierba,
ni de la luna con boca de serpiente
que trabaja antes del amanecer.

Quiero dormir un rato,
un rato, un minuto, un siglo;
pero que todos sepan que no he muerto;
que hay un establo de oro en mis labios;
que soy el pequeño amigo del viento Oeste;
que soy la sombra inmensa de mis lágrimas.

Cúbreme por la aurora con un velo,
porque me arrojará puñados de hormigas,
y moja con agua dura mis zapatos
para que resbale la pinza de su alacrán.

Porque quiero dormir el sueño de las manzanas
para aprender un llanto que me limpie de tierra;
porque quiero vivir con aquel niño oscuro
que quería cortarse el corazón en alta mar.

(From: Diván del Tamarit, 1936)

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org