“L’amico del popolo”, 13 settembre 2017

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

CALABUCH (Calabuig, Spagna, Italia, 1956), regia di Luis García Berlanga. Dal romanzo di Leonardo Martin. Sceneggiatura: Leonardo Martin, Fiorentino Soria, Ennio Flaiano. Fotografia e Montaggio: Francisco Sempere, Pepita Orduna. Musica: Guido Guerrini. Con: Edmund Gwenn, Valentina Cortese, Franco Fabrizi, Juan Calvo, Félix Fernández, Manuel Alexandre, Francisco Bernal, Pedro Beltrán, Mario Berriatua, Manuel Guitián, Isa Ferreiro, José Isbert, José Luis Ozores, Maria Vico, Manuel Beringola, Lolo Garcia, Casimiro Hurtado, Nicolás D. Perchicot.

Uno scienziato atomico, George Hamilton, s'appresta a partire per una base segreta del Mediterraneo, ma, giunto a Barcellona, stanco e nauseato dal suo lavoro, rivolto alla produzione di mezzi di distruzione sempre più terribili, decide di sparire dalla circolazione. Per attuare il suo disegno, si reca a Calabuig, piccolo paese di mare sconosciuto a tutti. Naturalmente egli tace il suo nome, dice soltanto di chiamarsi Jorge, e poiché nel paesino fiorisce il contrabbando, egli stesso viene preso per un contrabbandiere. Scambiandolo per un collega, i contrabbandieri del luogo gli affidano un pacco da consegnare a un certo Langosta. In compagnia di Langosta, Jorge impara a conoscere la vita semplice, idilliaca, patriarcale di Calabuig: le vicende amorose della figliola del doganiere, i problemi di una maestrina elementare, i misteri delle partite a scacchi tra il Parroco e il guardiano del faro, ecc. A poco a poco tutti prendono a benvolere Jorge per la sua bonarietà, per le sue doti di uomo servizievole, ed egli passa lietamente le sue giornate tra pacifiche, innocenti occupazioni e distrazioni. Arriva così l'epoca della grande festa annuale del villaggio e naturalmente Jorge si occupa della parte tecnica: per la gara di fuochi d'artificio egli ha costruito un razzo che, esplodendo, scrive nel cielo notturno il nome "Calabuig", con caratteri tanto luminosi che sono visti tutto intorno, alla distanza di molti chilometri. Nell'entusiasmo della festa qualcuno ha scattato una fotografia che, riprodotta dai giornali, svela il rifugio dello scienziato atomico George Hamilton, che la flotta americana verrà di lì a poco a prelevare.

"Amareggiato nel constatare come le sue scoperte siano impiegate a scopo bellico, l'anziano professor George Hamilton, insigne scienziato atomico, approfitta di un viaggio di lavoro in Europa per far perdere le proprie tracce fuggendo in incognito a Calabuig, un piccolo villaggio di pescatori. Scambiato in un primo tempo per un contrabbandiere, il professore, che si fa chiamare semplicemente Jorge, entra ben presto in sintonia con la vita tranquilla dei pittoreschi abitanti conquistando la simpatia e la stima di tutti. Di animo semplice e generoso, l'uomo si appassiona ai piccoli problemi dei suoi nuovi concittadini, distribuendo a ciascuno consigli preziosi, ma coinvolto nei preparativi della festa annuale del paese si lascia prendere un po' troppo la mano. Il sensazionale spettacolo di fuochi artificiali che allestisce richiama la curiosità di un giornalista e una sua fotografia giunge in possesso della marina americana che invia una nave per prelevarlo e ricondurlo in patria, al lavoro di sempre".

Calabuig è una commedia amara, condotta e interpretata con bel mestiere, che non ci sembra estranea alle tematiche di fantapolitica prese in considerazione nella nostra Guida. Nel film non ci sono deflagrazioni atomiche né scenari apocalittici, ma la parabola del protagonista che incarna lo scienziato disinteressato, riluttante a compromettersi con il potere, ha un sorprendente (dati i tempi) sapore di attualità e propone con lucido discorso il dilemma del ruolo della scienza e della ricerca tecnologica in una società dominata più dall'ansia di prevaricazione che dalla volontà di pace. Titoli alternativi: Calabuch, The Rocket From Calabuch”.

(Mymovies.it)

“Il film, sceneggiato da Flaiano, ottenne il premio Ocic a Venezia. E' una racconto morale bizzarro e limpido sui dilemmi morali della scienza nell'era atomica”.

(FilmTV)


Una poesia al giorno

The Defence of Fort McHenry (The Star-Spangled Banner), di Francis Scott Key.

Il 13 settembre 1814, in un punto di svolta nella Guerra del 1812, gli inglesi non riescono a catturare Baltimora. Durante la battaglia, Francis Scott Key compone la sua poesia "Difesa di Fort McHenry", che è successivamente destinata alla musica e diventa l'inno nazionale degli Stati Uniti. Francis Scott Key (Carroll City, 2 agosto 1779 - Baltimora, 11 gennaio 1843) è stato un giurista, scrittore e poeta statunitense, celebre per aver scritto l'inno nazionale degli Stati Uniti, "The Star-Spangled Banner".

O! say can you see by the dawn’s early light
What so proudly we hailed at the twilight’s last gleaming?
Whose broad stripes and bright stars through the perilous fight,
O’er the ramparts we watched were so gallantly streaming?
And the rockets’ red glare, the bombs bursting in air,
Gave proof through the night that our flag was still there.
O! say does that star-spangled banner yet wave
O’er the land of the free and the home of the brave?
On the shore, dimly seen through the mists of the deep,
Where the foe’s haughty host in dread silence reposes,
What is that which the breeze, o’er the towering steep,
As it fitfully blows, half conceals, half discloses?
Now it catches the gleam of the morning’s first beam,
In full glory reflected now shines in the stream:
’Tis the star-spangled banner! Oh long may it wave
O’er the land of the free and the home of the brave.

And where is that band who so vauntingly swore
That the havoc of war and the battle’s confusion,
A home and a country should leave us no more!
Their blood has washed out their foul footsteps’ pollution.
No refuge could save the hireling and slave
From the terror of flight, or the gloom of the grave:
And the star-spangled banner in triumph doth wave
O’er the land of the free and the home of the brave.

O! thus be it ever, when freemen shall stand
Between their loved home and the war’s desolation!
Blest with victory and peace, may the heav’n rescued land
Praise the Power that hath made and preserved us a nation.
Then conquer we must, when our cause it is just,
And this be our motto: ’In God is our trust.’
And the star-spangled banner in triumph shall wave
O’er the land of the free and the home of the brave!

Traduzione

Di’ dunque, puoi vedere nella luce del primo mattino
quel che, fieri, salutammo all’ultimo bagliore del crepuscolo,
le cui larghe strisce e stelle lucenti, nel pericolo della battaglia
fluttuavano valorosamente sui bastioni che osservavamo?
E il rosseggiar dei razzi, e le bombe che scoppiavano in aria
mostrarono, nella notte, che la nostra bandiera era ancora là.
Di’ dunque, lo stendardo lucente di stelle sventola ancora
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi?

Sulla costa, che pallidamente si scorge tra le nebbie marine,
ove l’altezzosa schiera nemica sta in un tremendo silenzio,
cos’è dunque che il vento, sull’erta torreggiante,
soffiando con forza ora nasconde, e ora rivela?
Ora cattura il barlume del primo raggio del mattino
che risplende sui flutti con riflessi di gloria:
E’ lo stendardo lucente di stelle! Ch’esso sventoli a lungo
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi.

E dov’è mai quella banda, che giurò, nella sua vanagloria,
che la rovina della guerra e il caos della battaglia
non ci avrebbero mai più permesso di avere una casa e un paese?
Il loro sangue ha cancellato anche il puzzo dei loro sporchi passi.
Nessun rifugio potrebbe salvare il mercenario e lo schiavo
dal terrore della fuga o dalla cupezza della tomba:
E lo stendardo lucente di stelle sventola trionfante
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi.

E così sia per sempre, quando uomini liberi dovranno
scegliere tra le loro amate case e la desolazione della guerra!
Benedetta dalla vittoria e dalla pace, la nazione salvata dal cielo
renda lode alla Potenza che ci ha creati e preservati come nazione.
Indi vincer dobbiamo, ché giusta è la nostra causa,
e questo sia il nostro motto: “Abbiamo fede in Dio.”
E lo stendardo lucente di stelle sventolerà in eterno
sul paese degli uomini liberi, e sulla dimora dei coraggiosi!

 

Un fatto al giorno

13 settembre 1985: esce in Giappone Super Mario Bros, che pone fine alla crisi dei videogiochi e segna l'inizio dell'era di Nintendo. “Super Mario Bros. (スーパーマリオブラザーズ Sūpā Mario Burazāzu?) è un videogioco a piattaforme sviluppato e pubblicato nel 1985 da Nintendo per il Nintendo Entertainment System. Ideato da Shigeru Miyamoto, è il primo titolo della serie Super Mario. Il gioco ha venduto oltre 40 milioni di copie, ed è celebre per il tema musicale del suo primo livello, il cui gameplay è stato imitato da numerosi platform successivi”.

(Wikipedia)

“Mezzo miliardo di copie vendute, 35 anni di grandi successi alle spalle. Eppure sugli smartphone ci arriva solo ora. Mario, l’idraulico dei videogame Nintendo, per la prima volta dal 15 dicembre (2016) sarà il protagonista di una app per iPhone e iPad. Quando suo “padre”, Shigeru Miyamoto, a settembre è salito sul palco della Apple a San Francisco per mostrare Super Mario Run, il titolo della Nintendo è volato in borsa raddoppiando il suo valore. “Sarà un fenomeno più grande di Pokémon Go?”, ci si domanda sul sito della Bloomberg. “È l’inizio di una nuova era”, commenta il Wall Street Journal. E pensare che lui, Miyamoto-san, classe 1952 e fra i più grandi creatori di giochi del mondo, aveva detto che mai e poi mai avrebbero ceduto alle app. Scottava lo smacco per aver visto un mercato come quello delle console portatili (amate dai bambini) svanire per colpa degli smartphone e dei tablet di Steve Jobs. E alla Nintendo hanno la pignoleria della Disney: proteggono i loro personaggi in maniera ossessiva e li cambiano con il contagocce. «C’è stata un’epoca nella quale pensavo che Mario non sarebbe mai apparso su un iPhone», racconta il sessantaquattrenne Miyamoto. «Ma è un fatto che gli smartphone sono i più diffusi in assoluto ed è un fatto che tanti bambini giocano su quelli dei genitori», prosegue. La sua speranza è che attraverso Super Mario Run possano arrivare ad apprezzare giochi ben più ricchi e complessi sulle console Nintendo. Riservato, due figli ormai grandi dei quali non parla mai, una laurea in design industriale e un’infanzia passata nelle campagne attorno a Kyoto, Miyamoto è entrato nel 1977 nell’azienda che al tempo era diretta da Hiroshi Yamauchi. Nipote del fondatore, Yamauchi aveva trasformato la vecchia manifattura in un colosso dell’intrattenimento digitale, passando prima per il business dei taxi e per quello degli alberghi ad ore. Vide in Miyamoto grandi potenzialità. A ragione. Non è solo il “padre” di Super Mario, ha creato anche la saga di Zelda - che di copie ne ha vendute quasi 90 milioni - e quella di Pikmin. Ma è a Mario che alla fine è legato. Un idraulico senza nome, era l’eroe che si opponeva alla scimmione Donkey Kong, nel 1981, quando le sale giochi spadroneggiavano. Da allora l’idraulico con baffi e pancetta ha generato un giro d’affari da 15 miliardi di dollari. Nessuno si aspettava che sarebbe arrivato così lontano”.

(Jaime D'alessandro Shigeru Miyamoto: "Così ho creato Super Mario" - Repubblica.it)

Super Mario Bros è un film statunitense del 1993, basato sull'omonima serie di videogiochi e in generale sull'universo creato intorno al personaggio di Mario. È stato il primo film nella storia del cinema ad essere tratto da un videogioco. La regia è di Rocky Morton e Annabel Jankel.

 

Una frase al giorno

“Se do il pane ai poveri, tutti mi chiamano santo; se dimostro perché i poveri non hanno pane, mi chiamano comunista e sovversivo”.

(Hélder Pessoa Câmara, noto come Dom Hélder, 1909-1999, arcivescovo cattolico e teologo brasiliano).

 

Un brano al giorno

Clara Schumann - Trio per violino, violoncello e pianoforte op. 17 - I - Allegro moderato. Gelius Trio (Micaela Gelius, Sreten Krstic, Stephan Haack).

“Clara Josephine Wieck (sarebbe diventata Schumann dopo il matrimonio) nacque a Lipsia in Germania il 13 settembre del 1819. Quando aveva quattro anni, i suoi genitori si separarono: lei rimase con il padre, che le fece coltivare il suo spiccato talento per la musica. A otto anni Clara tenne un piccolo concerto nell’abitazione del direttore della casa di cura per malati psichiatrici che sorgeva nei pressi della città. Lì incontro un altro giovane pianista, Robert Schumann, che aveva diciassette anni. Il ragazzo rimase molto colpito dall’esibizione di Clara e ottenne il permesso dalla madre di interrompere gli studi in legge, così da poter frequentare con assiduità casa Wieck e ricevere lezioni di piano insieme con la giovane pianista. Schumann, che sarebbe poi diventato uno dei più importanti compositori del periodo romantico tedesco, si trasferì per un anno nella casa di Clara. I due divennero buoni amici e qualche anno più tardi, nel 1840, si sposarono.”

(Continua in: “Clara Schumann, un ritratto” - Quinte Parallele)

Clip dal film biografico "Song of Love" in cui Katharine Hepburn interpreta Clara Wieck Schumann, Paul Henreid è Robert Schumann e Robert Walker impersona Johannes Brahms. In questa scena (che avrebbe avuto luogo nel 1853), il 20enne Brahms arriva a casa Schumann e suona un estratto dalla sua Rhapsody in Sol Minore Op. 79 No. 2, opera non composta fino al 1879.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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