“L’amico del popolo”, 14 settembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

VIOLETTE NOZIÈRE (Francia, Canada, 1978), regia di Claude Chabrol. Sceneggiatura: Frédéric Grendel, Jean-Marie Fritere, Odile Barski, Hervé Bromberger e Claude Chabrol. Fotografia: Jean Rabier. Montaggio: Yves Langlois. Musica: Pierre Jansen. Con: Isabelle Huppert, Stéphane Audran, Jean Carmet, Jean-François Garreaud, Guy Hoffman, Zoé Chauveau, Jean Pierre Coffe, Albert Augier, Bernard Alane, Jacqueline Alexandre, Serge Bento, Serge Berry, Susanne Berthois, Micheline Bourdey, Jean-Marie Arnoux.

Violette Nozière è una parigina 18enne che vive con la madre Germaine (che l'ha concepita illegittimamente con il banchiere Emile X.) e con il di lei marito Baptiste, un pensionato delle ferrovie di Stato. Trattata con poche sgridate e con molta dolcezza, in casa la ragazza appare una innocentina, tanto che può attribuire all'ereditarietà la malattia venerea di cui un giorno il medico la trova affetta. In realtà, appena le è possibile (cosa che accade troppo spesso!), Violette si trucca da donna fatale e va a bruciare il suo tempo nel Quartiere Latino. Tra furti in casa e sovvenzioni che strappa, con minaccia di ricatto, al padre naturale, la Nozière dispone di grosse cifre che finisce per passare a Jean Davin, quello tra i suoi amanti che predilige e che è perennemente al verde. Nel suo animo, assai contorto, Violette finisce per concepire odio per il disarmante Baptiste; e un misto di odio-amore per Germaine. Fallito un primo tentativo di avvelenamento dei due, poco dopo ci riprova, aggiungendo al veleno il gas. Il signor Nozière muore; ma Germaine, sopravvissuta, si costituisce parte civile. L'opinione pubblica si impadronisce dell'episodio. Violette viene condannata a morte: il presidente Lebrun commuta la pena in ergastolo; Petain riduce la condanna a 12 anni per buona condotta; De Gaulle cancella anche il domicilio coatto. Violette si sposa e genera 5 figli. Un tribunale riprende la causa e la scagiona del tutto.

“Parigi, 1933. Violette Nozière, diciott'anni, ha una doppia vita: in famiglia fa la brava ragazza, ma fuori si prostituisce e mantiene Jean Dabin, un gigolo con il quale conta di partire. Per rubare i loro risparmi, Violette cerca di avvelenare i genitori. Durante il processo Violette dichiara di essere stata più volte violentata dal padre. Da una storia vera. Superlativa l'interpretazione di Isabelle Huppert; senza moralismi il cinema di Chabrol”.

(Bergamo Film Meeting)

“Con prigioni e vanità, specchi che intrappolano e sogni ingannevoli: così Chabrol inquadra la sua Violette Nozière, interpretata dalla vezzosa Isabelle Huppert, premiata a Cannes 1978, nel primo incontro di una lunga collaborazione con il regista francese. Senza farne un'eroina, Chabrol ritrae la storica figura celebrata dai surrealisti, come rivoluzione momentanea all'ordine borghese e cattolico, alla moralità dei benpensanti. Violette incarna cioè la sfida stessa del cinema chabroliano con tutti i suoi difetti e contraddizioni: capricciosa e sovversiva, sognante e violenta. Ma Violette rimane un personaggio enigmatico e ambiguo, poiché le sue motivazioni non vengono mai, volutamente, interpretate. Il suo sguardo, per quanto Chabrol cerchi di catturarlo nei primissimi piani, è impenetrabile; così il più delle volte preferisce riprendere il suo riflesso allo specchio, come uno spazio parallelo dove i sogni di felicità e d'amore si realizzano. Esemplare in questo senso è la scena con il padre biologico, immagine introiettata nella mente di Violette di idee corrotte e incestuose. Violette Nozière gode soprattutto della forza del suo soggetto già intrigante e della bravura della Huppert, ma non è privo dei guizzi e delle trovate degne del migliore Chabrol. Eppure, la sceneggiatura scricchiola e la durata è forse eccessiva in un film dalle dinamiche spesso ripetitive.”

(Da “Violette Nozière. La recensione del film” - LongTake)

 

Una poesia al giorno

“Rime per la donna pietra. Io son venuto al punto de la rota”, di Dante Alighieri (nato nel 1265, muore il 14 settembre 1321)

Io son venuto al punto de la rota
che l’orizzonte, quando il sol si corca,
ci partorisce il geminato cielo,
e la stella d’amor ci sta remota
5per lo raggio lucente che la ’nforca

sì di traverso, che le si fa velo;
e quel pianeta che conforta il gelo
si mostra tutto a noi per lo grand’arco
nel qual ciascun di sette fa poca ombra:
e però non disgombra

un sol penser d’amore, ond’io son carco,
la mente mia, ch’è più dura che petra
in tener forte imagine di petra.
Levasi de la rena d’Etiopia
lo vento peregrin che l’aere turba,

per la spera del sol ch’ora la scalda;
e passa il mare, onde conduce copia
di nebbia tal, che, s’altro non la sturba,
questo emisperio chiude tutto e salda;
e poi si solve, e cade in bianca falda

di fredda neve ed in noiosa pioggia,
onde l’aere s’attrista tutto e piagne:
e Amor, che sue ragne
ritira in alto pel vento che pioggia,
non m’abbandona; sì è bella donna

questa crudel che m’è data per donna.
Fuggito è ogne augel che ’l caldo segue
del paese d’Europa, che non perde
le sette stelle gelide unquemai;
e li altri han posto a le lor voci triegue

per non sonarle infino al tempo verde,
se ciò non fosse per cagion di guai;
e tutti li animali che son gai
di lor notura, son d’amor disciolti,
però che ’l freddo lor spirito ammorta:

e ’l mio più d’amor porta;
ché li dolzi pensier non mi son tolti
né mi son dati per volta di tempo,
ma donna li mi dà c’ha picciol tempo.
che trasse fuor la vertù d’Ariete

per adornare il mondo, e morta è l’erba;
ramo di foglia verde a noi s’asconde
se non se in lauro, in pino o in abete
o in alcun che sua verdura serba;
e tanto è la stagion forte ed acerba,

c’ha morti li fioretti per le piagge,
li quai non poten tollerare la brina:
e la crudele spina
però Amor di cor non la mi tragge;
per ch’io son fermo di portarla sempre

ch’io sarò in vita, s’io vivesse sempre.
Versan le vene le fummifere acque
per li vapor che la terra ha nel ventre,
che d’abisso li tira suso in alto;
onde cammino al bel giorno mi piacque

che ora è fatto rivo, e sarà mentre
che durerà del verno il grande assalto;
la terra fa un suol che par di smalto,
e l’acqua morta si converte in vetro
per la freddura che di fuor la serra:

e io de la mia guerra
non son però tornato un passo a retro,
né vo’ tornar; ché se ’l martiro è dolce,
la morte de’ passare ogni altro dolce.
Canzone, or che sarà di me ne l’altro

dolce tempo novello, quando piove
amore in terra da tutti li cieli,
quando per questi geli
amore è solo in me, e non altrove?
Saranne quello ch’è d’un uom di marmo,

se in pargoletta fia per core un marmo.

 

Un fatto al giorno

14 settembre 1812: l'esercito russo dà fuoco a Mosca per impedire che Napoleone la conquisti. L'incendio di Mosca scoppiò il 14 settembre 1812, nel giorno in cui le truppe russe e molti cittadini stavano abbandonando la città, mentre l'avanguardia di Napoleone Bonaparte entrava in città in seguito alla battaglia di Borodino. Il fuoco arse fino al 18 settembre, distruggendo circa tre quarti di Mosca. Prima di abbandonar Mosca, il conte Rastopcin ordinò di far esplodere o di incendiare il Cremlino ed altri importanti edifici pubblici (comprese chiese e monasteri). Non fu però questa la principale causa della conflagrazione che distrusse la città. Quando il grosso dell'esercito francese entrò in città, vi erano solo alcuni fuochi. La loro origine non è mai stata accertata, e potrebbero essere dovuti a negligenza o agli ordini di Rostopchin. Oggi la maggior parte degli storici è convinta che la principale causa sia un sabotaggio russo.

 

Una frase al giorno

“Ogni volta che la pressione della nostra complessa vita cittadina fluidifica il sangue e intorpidisce il mio cervello, cerco sollievo nella natura; e quando sento il giallo lamento del coyote all’alba, le mie preoccupazioni mi abbandonano e sono felice”.

(Hannibal Hamlin Garland, romanziere e saggista statunitense: West Salem, 14 settembre 1860 - Hollywood, 4 marzo 1940. Fu tra i primi a inserire nel contesto di un realismo locale i problemi di classe creati dal capitalismo e dalla speculazione agraria. Al “realismo reticente” di Howells, Garland oppose, nel saggio Crumbling Idols (1894; Idoli in frantumi), la sua poetica del veritism, cioè di un realismo assai più avanzato e coraggioso).

 

Un brano al giorno

Georg Friedrich Händel, Messiah, HWV 56 Oratorio in tre parti per soli, coro e orchestra. Overture: Grave. Allegro moderato 2 oboi, 2 violini, viola e basso continuo. Brisbane Concert Choir Sinfonia of St Andrew's. Dirige: Debra Shearer-Dirié

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org