L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
THE THREE MUST-GET-THERES (La parodia dei tre moschettieri ovvero vent’anni prima. USA, 1922), regia di Max Linder (aiuto-regista: Fred Cavens). Soggetto: dal romanzo di Alexandre Dumas père. Sceneggiatura: Max Linder. Fotografia: Max Dupont. Con: Max Linder (Lind’Ertagnan), A.J. Cooks (Luigi XIII), Harry Mann (Buckingham), Clarence Wertz (Athos), Jack Richardson (Aramis), Charles Mezzetti (Porthos), Bull Montana (Richelieu), Jean de Limur (Rochefort), Jobyna Ralston (Costanza Bonacieux).
Il film, la cui lunghezza attuale è di poco più di 1200 m, presenta un rullo in meno rispetto alla copia americana originale (la cui lunghezza era di 1608 m), ma è difficile dire esattamente dove sia la lacuna, dal momento che, per quanto ne sappiamo fino ad oggi, la versione tedesca è la sola sopravvissuta. L’attuale progetto Lumière per il restauro ha tenuto in considerazione le quattro copie tedesche (nitrato) esistenti, ed è divenuto esso stesso una specie di detective-story.
(Catherine A. Surowiec, The European Film Archives at the Crossroads, Projecto Lumière, Lisbona, 1996)
Dei tre film realizzati da Max Linder a Hollywood, il migliore è, senza alcun dubbio, The Three Must-Get-Theres, anche se gli altri due presentano gag eccellenti. Si può anche affermare senza timore di smentita, che si tratta del capolavoro di Linder, essendo, materialmente, il suo film più importante. Al repertorio comico abituale vengono qui ad aggiungersi una bizzarria del tutto nuova e un uso davvero burlesco dell’anacronismo, l’elemento comico più difficile da utilizzare. Nel marzo 1922, dopo molte disavventure, Max Linder termina le riprese e dedica tutto il mese di aprile al montaggio. Secondo una moda che già iniziava a diffondersi, organizza, in maggio, una preview al Dome-Theater di Oceanì Park, al quale invita tutta Hollywood. I privilegiati spettatori di questa serata riservano a The Three Must-Get-Theres una calorosa accoglienza. Sid Grauman e Bebe Daniels furono fra i più entusiasti. Il giorno dopo, per festeggiare il suo successo, Max Linder diede un grande party al quale parteciparono, fra gli altri, Charlie Chaplin, John Gilbert, Bessie Love e così via. Quattro mesi più tardi, dopo la presentazione del film a New York, Douglas Fairbanks, rapito dall’affettuosa parodia del suo I tre moschettieri, invierà un telegramma a Max Linder (datato 3 settembre) che recita: “Il vostro film sta ottenendo un enorme successo a New York. I critici sono entusiasti. Vi invio congratulazioni e amicizia. Douglas Fairbanks”.
(Charles Ford, Max Linder, Paris, Seghers, 1966)
“Divertente parodia della storia di Dumas, in cui Max Lind'Ertagnan, amante di Costance (Jobyna Ralston), lotta contro il cardinale (Jack Richardson) per salvare la regina (Bull Montana). Max è in costume Luigi XIII, ma con la paglietta e passa dalle cavalcate alla motocicletta, dalla spada al telefono, da Napoleone a Richelieu. Film pieno di ritmo e d'allegria, di spirito assai francese benché sia realizzato a Hollywood e risenta in molte gag dell'influenza sennettiana. I continui scherzi e anacronismi non cadono mai nella volgarità”.
(Dizionario dei film, Firenze, Sansoni, 1968)
“Linder tentò per due volte di stabilirsi negli Usa. Nel 1917 era stato scritturato dalla Essenay, che all'epoca si trovava in gravi difficoltà dopo il “tradimento” di Chaplin. Linder riuscì a realizzare tre cortometraggi (Max Come Across [Max in America], Max Wants a Divorce [Il divorzio di Max] e Max in a Taxi [Max in taxi]) prima della rescissione del suo contratto, forse indotta dalle cattive condizioni di salute di Linder (che soffriva di una pleurite provocata dai gas tossici respirati durante la prima guerra mondiale). Alla Essenay, volle come partner femminile un'attrice diciottenne scoperta a Broadway, l'avvenente Martha Mansfield: questa godrà di un breve momento di popolarità, con un ruolo di spicco nel Dr. Jekyll and Mr. Hyde [Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, di John Stuart Robertson, 1920], prima della sua tragica fine, a 24 anni, quando il suo abito di scena prese fuoco mentre usciva dal set di The Warrens of Virginia. Linder torna a Hollywood nel 1922, dove scrive, produce e dirige 3 lungometraggi per la propria società di produzione: Seven Years Bad Luck (distribuito il 6 febbraio 1921), Be My Wife (distribuito nel dicembre 1921) e The Three Must-Get-Theres (distribuito il 27 agosto 1922). Questi tre lungometraggi sono gli unici diretti dal solo Linder, che peraltro pare ritenesse proprio The Three Must-Get-Theres il miglior risultato della sua carriera. Il film venne distribuito quasi a un anno esatto di distanza dall'uscita di The Three Musketeers (I tre moschettieri), ma il travolgente successo dello spettacolare cappa e spada di Douglas Fairbanks era ancora abbastanza vivo nella memoria del pubblico da giustificare la parodia linderiana. Con la sua parrucca sempre un po' di sghimbescio, Max prende in giro l'eleganza, l'atletismo e la spavalda disinvoltura di “Doug”. La storia e i personaggi sono ricalchi parodistici dell'originale: Richelieu diventa “Rich-Lou” e Buckingham, “Bunkumin”, e mentre Max diventa “Dart-in-Again”, Athos, Porthos e Aramis vengono bizzarramente ribattezzati “Walrus”, “Porpoise” e “Octopus” [Tricheco, Marsovino e Polpo]. Il migliore momento emulativo dell'atletismo coreografico di Fairbanks è quello in cui Dart-in-Again, trovandosi circondato da un manipolo di spadaccini, ricorre al suo destro e letale stratagemma. L'umorismo si basa in massima parte sul surrealismo degli anacronismi, quali la propensione di Max a cambiare il suo fedele asino con una motocicletta o a attraversare il Canale su un cavallo a vela. Fairbanks parve apprezzare la parodia, e, noblesse oblige, si narra abbia mandato a Linder un cortese telegramma di congratulazioni. L'aiuto regista di Linder, Fred Cavens (1882-1962), che nel film interpreta anche il ruolo di Bernajoux, era uno specialista di scene acrobatiche di scherma e come tale appare nei credits di molti film, tra cui il Robin Hood (id.) di Fairbanks e Around the World in Eighty Days. Il direttore della fotografia E(nrique) J(uan) Vallejo (Harry Vallejo; 1882-1950) è accreditato come operatore nei primi Chaplin, in Making a Living e in Kid Auto Races at Venice; mentre, per ironia della sorte, il secondo operatore del film, Max Dupont, avrebbe fotografato il malinconico, e ultimo film di Fairbanks nella sua doppia veste di produttore e interprete, Mr. Robinson Crusoe (1932). Anche Jobyna Ralston (1899-1967) interpretò il suo primo ruolo importante in questo film: alcuni biografi narrano che in effetti fosse proprio Linder a convincerla a lasciare Broadway per Hollywood, dove otterrà in seguito un grande successo personale come vivace leading lady di Harold Lloyd in Girl Shy (Le donne... che terrore! - Tutte e nessuna), The Freshman e The Kid Brother (Il fratellino), inter alia. Jean de Limur (1887-1976), conterraneo di Linder e qui ancora fresco di traversata, l'anno seguente avrebbe lavorato con Chaplin in A Woman of Paris (La donna di Parigi), per poi intraprendere una carriera di regista tra Hollywood e la Francia. La versione originale della copia di distribuzione americana non è sopravvissuta nella sua interezza, e finora se ne conosceva solo una versione assai ridotta dai controtipi a 16 mm. Nell'aprile 1924, il film era uscito a Berlino in una versione accorciata di circa 400 metri, e con l'aggiunta di nuove didascalie in tedesco redatte da Lothar Knud Frederik, abituale collaboratore ai testi di Harry Piel. Nel 1942, il Richsfilmarchiv acquistò una copia di questa versione dalla collezione Gerhard Lamprecht. Ne fu poi tratto un internegativo, che è stato la fonte delle copie tuttora conservate negli altri archivi. Nel 1995 la Stiftung Deutsche Kinemathek fu in grado di intraprendere un nuovo trasferimento, di qualità decisamente migliore sul piano tecnico. Nel frattempo, erano emersi nuovi elementi del film: frammenti dalle collezioni della Stiftung Deutsche Kinemathek e dal Bundesarchiv-Filmarchiv e una copia semi-completa proveniente dal Nederlands Filmuseum che sono stati usati per il restauro. Il presente restauro ad alta definizione, eseguito a Parigi dalla Lobster Film, reintegra le didascalie in inglese, ricostituite da quelle in tedesco e da altre fonti, e in un nuovo adattamento che tende a ricreare lo spiritoso vernacolo dell'originale”.
(David Robinson)
Una poesia al giorno
Perù, di Yo Soy Tuya
LA MIA magrezza estrema esiste al posto dell’assenza
è in questo caso migliore della fame
la fame si muove nei tunnel
il suo padrone è l’uomo ossessivo
ha denaro e conserva i suoi tunnel
mi affitta i suoi tunnel
arriveranno le infermiere a lavarmi la bocca
è brutale condividere il mondo
quando ero bambina guardavo le serve anziane che camminavano
donne che ora sicuramente sono morte
una morte così non l’avrò
di loro posso copiare solamente la masticazione
non ho nulla di esse, sono migliori di me
quando ero bambina disprezzavo la solitudine volgare
della gente che stava nella mia casa
ciò nonostante conoscevo alcune persone che mi piacevano
gente povera che non mi parlava
ricordo il figlio della mia domestica
mi baciava le gambe e si eccitava
io lo umiliavo un poco ma gli davo piacere
lui mi dava spazio e un senso di crisi
in Germania baciai vari uomini poveri
uno lavorava per gli arabi con il pane
era un uomo sensuale con cui mi piaceva andare a letto, smettere di baciarlo mi dava dolore
mi piace il dolore che lasciano gli uomini poveri
è il dolore dei bus che viaggiano da una città all’altra, eternamente
gli uomini li lavano di notte
mio padre mi lavava di notte come fanno questi conduttori coi loro camion
mi lasciava brillante e grassa
Io lo mutilo
la morte dell’uomo ossessivo sarà oscena
morirà come una vacca (la morte spaventosa delle bestie da soma)
mutilerò questa morte
creerò una fossa nel sistema cerebrale dell’uomo ossessivo
questa fossa è la base della mia ingenua capacità mentale
e in questo senso è commovente
Un fatto al giorno
14 marzo 1489: la regina di Cipro, Caterina Cornaro, vende il suo regno alla Repubblica di Venezia. Caterina Cornaro regina di Cipro, figlia (Venezia, 25 novembre 1454 - Venezia, 10 luglio 1510) del patrizio veneziano Marco Cornaro, nel 1468 sposò Giacomo II bastardo del Lusignano, re di Cipro, che nel 1473 morì lasciandola incinta e, insieme al nascituro, sua erede. La protezione di Venezia permise a Caterina di conservare la corona, anche dopo la morte del figlio Giacomo III (16 agosto 1474), contro la rivolta promossa dal catalano Luigi Pérez Fabrizio, arcivescovo di Nicosia, il quale appoggiava la successione di un bastardo del re Ferdinando di Napoli, e contro gli intrighi di Carlotta erede legittima dei Lusignano. Quando però Caterina dimostrò l'intenzione di risposarsi, Venezia la costrinse ad abdicare a suo favore (26 febbraio 1489), dandole in cambio una pensione annua e la signoria di Asolo, dove essa si ritirò, circondata da una brillante corte, ove Pietro Bembo immaginò che si svolgessero i dialoghi Asolani (1505).
Una frase al giorno
“A chi non ama, niuna cosa piace”
(Pietro Bembo)
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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