L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
THE SAVAGE INNOCENTS (Ombre bianche. Francia, Italia, Gran Bretagna, 1960), regia di Nicholas Ray e Baccio Bandini. Sceneggiatura: Nicholas Ray, Franco Solinas, Hans Reusch, Baccio Bandini. Dal romanzo "Top Of The World" di Hans Reusch. Fotografia: Peter Hennessy, Aldo Tonti. Montaggio: Eraldo Da Roma, Ralph Kemplen, Jolanda Benvenuti. Musica: Angelo Francesco Lavagnino. Con: Anthony Quinn, Yoko Tani, Peter O'Toole, Carlo Giustini, Marie Yang, Marco Guglielmi, Kaida Horiuchi, Lee Montague, Andy Ho, Anna May Wong, Yvonne Shima, Anthony Chinn, Michael Chow, Francis De Wolff, Ed Deveraux. Girato in 35 mm poi stampato in 35 e 70 mm Supertechnirama - technicolor.
Se Nicholas Ray è un regista famoso, più umile è la carriera di Baccio Bandini (Roma, 27 gennaio 1913 - Milano, 1989) che è stato un regista, montatore e produttore cinematografico italiano.
Inuk è un esquimese primitivo che vive in mezzo ai ghiacci in una regione deserta del Polo Nord, e secondo il costume tradizionale della sua stirpe si dedica alla caccia che gli fornisce il necessario alimento. Quando sente il desiderio di prendere moglie, Inuk si rivolge al suo amico Anarwik, pregandolo di fargli conoscere le sue due nipoti. Prima di fare la sua scelta egli esita lungamente, e prende infine come sua compagna Asiak: la loro vita matrimoniale come generalmente quella di tutti gli esquimesi, che abitano quelle desolate regioni è fatta di fatiche e di stenti. L'incontro con un esquimese più evoluto rivela ad Inuk l'uso delle armi da fuoco: egli si spinge allora fino alla casa dove abita l'uomo bianco per ottenere un fucile in cambio di cento pelli di volpi. Qui incontra un missionario, il quale cerca di fargli comprendere che l'usanza tradizionale di offrire la propria moglie agli amici è peccaminosa. Ma Inuk lo comprende così poco che offre allo stesso missionario la sua Asiak: il netto rifiuto del missionario viene considerato dall'esquimese una grave offesa, che lo induce ad uccidere il presunto offensore. I due sposi ripartono e riprendono la loro normale vita, che sarà allietata dalla nascita di un bambino. Ben presto Inuk riceve la visita di due guardie che lo cercano per l'uccisione del missionario: egli non comprende le leggi dei bianchi, ed oppone resistenza, ma alla fine si rassegna a seguire le guardie. Durante una tormenta di neve uno dei suoi due accompagnatori muore congelato; mentre l'altro è esposto al pericolo di fare la stessa fine. Inuk lo salva conducendolo al suo Igloo e curandolo fino alla guarigione L'uomo, riconoscente tornerà solo, nel paese dei bianchi e dirà che Inuk è morto: questi potrà quindi condurre indisturbato la sua dura vita, accanto ad Asiak ed al loro figliolo.
(Da Coming Soon)
Giudizi positivi [...] in Francia [...] critica severa in Italia [...]. Crediamo che si arrivi a posizioni estreme da entrambe le parti [...]. La tematica trovò la più larga volgarizzazione letteraria agli albori del secolo [...] (e tali motivi) sono portati alle estreme conseguenze in "Ombre bianche" e con l'idealizzazione dei miti del "selvaggio buono e generoso" e della "civiltà corruttrice". [...] Commento musicale suggestivo e contenuto.
(Leonardo Autera, "Bianco e Nero")
Probabilmente perché stanco delle ingerenze dei produttori e del chiuso sistema hollywoodiano, Nicholas Ray si allontana dalla madrepatria per girare questo curioso (e a tratti crudo) film d'avventura con ambizioni documentaristiche, tratto dal libro Top of the World di Hans Rüesch. Prodotto dall'italiano Maleno Malenotti e scritto da Franco Solinas e Baccio Bandini, il film getta uno sguardo sull'allora poco conosciuta cultura inuit, non più frequentata dal cinema americano dai tempi del celebre documentario Nanuk l'eschimese (1922) di Robert J. Flaherty e da Eskimo (1933) di W. S. Van Dyke. Nella resa dello straordinario paesaggio artico, il film è un poema visivo di indubbio fascino che fa il paio con l'altra opera ecologista di Ray, Il paradiso dei barbari (1958). Ma l'analisi etnografica del popolo eskimo, incentrata sul rapporto tra la genuinità dei “selvaggi innocenti” e la civiltà bianca, appare colma di ingenuità e per certi versi offensiva. Data l'assenza di attori autoctoni (il primo film inuit, Atanarjuat di Zacharias Kunuk, è uscito nel 2002), la produzione ricorre a un cast cino-giapponese e ad Anthony Quinn per il ruolo principale, che appare oggi decisamente ridicolo. Bob Dylan si ispirò al film per la sua canzone Quinn the Eskimo (Mighty Quinn) del 1967.
(Long Take)
“In seguito, cedendo al suo spiccato senso dello spettacolo, Ray realizzò superproduzioni magniloquenti senza però rinunciare ai suoi principi politici e sociali. Così Ombre bianche (Savage Innocents, 1960) è una riflessione sulla libertà dell’individuo”.
(Festival del cinema di Torino)
Una poesia al giorno
There is nothing here, di Leonard Cohen (da “L’energia degli schiavi”, Minimum Fax, 2003, trad. it. D. Abeni)
Non c’è niente qui
tranne di tanto in tanto
l’ombra di un DC-3
su cui nessuno vuole volare
Ieri sera è venuto a trovarci
un criminale di guerra nazista
un uomo molto vecchio
col paracadute di seta
Noi amiamo sempre la beltà
che le lucertole esprimono per noi
Spinnaker di membrana rossa
che si gonfiano dalle loro gole
Ci piacerebbe scrivere più spesso
ma abbiamo molto da fare con la disciplina
l’autodifesa psichica
e altre arti marziali
Abbiamo lasciato perdere l’amore libero
e abbiamo imposto per certi delitti
la pena di morte
Non ci sono più scintille tra uomo e donna
Offriamo un’ospitalità semplice e formale
non usiamo intossicanti
Salutiamo quelli che vanno e vengono
Nudi ce ne stiamo tra i nostri amici
Un fatto al giorno
15 marzo 44 a.C.: Giulio Cesare, viene pugnalato a morte da Marco Giunio Bruto, Caio Cassio Longino, Decimo Giunio Bruto e diversi altri senatori romani alle Idi di marzo.
“La morte imminente fu annunciata a Cesare da chiari prodigi. Pochi mesi prima, i coloni condotti a Capua, in virtù della legge Giulia, stavano demolendo antiche tombe per costruirvi sopra case di campagna. Lavoravano con tanto ardore che scoprirono, esplorando le tombe, una gran quantità di vasi di antica fattura e in un sepolcro trovarono una tavoletta di bronzo nella quale si diceva che vi era sepolto Capi, il fondatore di Capua. La tavola recava la scritta in lingua e caratteri greci, il cui senso era questo: “Quando saranno scoperte le ossa di Capi, un discendente di Iulo morrà per mano di consanguinei e ben presto sarà vendicato da terribili disastri dell'Italia.” Di questo episodio, perché qualcuno non lo consideri fantasioso o inventato, ha reso testimonianza Cornelio Balbo, intimo amico di Cesare. Negli ultimi giorni Cesare venne a sapere che le mandrie di cavalli che aveva consacrato, quando attraversò il Rubicone, al dio del fiume, e lasciava libere di correre, senza guardiano, si rifiutavano di nutrirsi e piangevano continuamente. Per di più, mentre faceva un sacrificio, l'aruspice Spurinna lo ammonì di “fare attenzione al pericolo che non si sarebbe protratto oltre le idi di marzo”. Il giorno prima delle idi un piccolo uccello, con un ramoscello di lauro nel becco, volava verso la curia di Pompeo, quando volatili di genere diverso, levatisi dal bosco vicino, lo raggiunsero e lo fecero a pezzi sul luogo stesso. Nella notte che precedette il giorno della morte, Cesare stesso sognò di volare al di sopra delle nubi e di stringere la mano di Giove; la moglie Calpurnia sognò invece che crollava la sommità della casa e che suo marito veniva ucciso tra le sue braccia; poi, d'un tratto, le porte della camera da letto si aprirono da sole. In seguito a questi presagi, ma anche per il cattivo stato della sua salute, rimase a lungo indeciso se restare in casa e differire gli affari che si era proposto di trattare davanti al Senato; alla fine, poiché Decimo Bruto lo esortava a non privare della sua presenza i senatori accorsi in gran numero che lo stavano aspettando da un po', verso la quinta ora uscì. Camminando, prese dalle mani di uno che gli era venuto incontro un biglietto che denunciava il complotto, ma lo mise insieme con gli altri, come se volesse leggerlo più tardi. Dopo aver fatto quindi molti sacrifici, senza ottenere presagi favorevoli, entrò in curia, passando sopra ogni scrupolo religioso, e si prese gioco di Spurinna, accusandolo di dire il falso, perché le idi erano arrivate senza danno per lui. Spurinna, però, gli rispose che erano arrivate, ma non erano ancora passate.”
(Svetonio)
Una frase al giorno
“Gli uomini credono volentieri ciò che desiderano sia vero”.
(Giulio Cesare)
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org