“L’amico del popolo”, 15 dicembre 2017

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

LE JOURNAL D'UN VIEIL HOMME” (Canada, 2015), scritto e diretto da Bernard Emond, da Cechov “A Dreary Story”. Fotografia: Jean-Pierre St-Louis. Montaggio: Louise Coté. Con: Paul Savoie, Marie-Ève Pelletier, Marie-Thérèse Fortin.

Il regista racconta così il film: “Anni fa volli adattare una storia banale di Anton Cechov. Questa storia, che risale al 1889, è una delle sue più belle. Per me, c'è tutto Cechov: la sua compassione, la sua ironia, la sua malinconia e l'attenzione premurosa che paga ai movimenti delle anime dei suoi personaggi.
È una triste affermazione della nostra impotenza per la sfortuna di coloro che amiamo, tuttavia la storia ci lascia con la sensazione che l'amore e la tenerezza non siano mai persi. Qualcosa di molto dolce rimane alla fine di questa storia amara: passiamo, passiamo e può essere invano, ma l'amore stesso non è mai invano, anche se non lo è non può tutto. Ecco perché l'ultima frase di Nicolas, "Addio, il mio incomparabile", è così straziante. Ci lascia da soli con questa domanda: "In sostanza, cosa conta veramente? "
Perché correre il rischio del cinema? La narrativa esiste, ben protetta dalle deformazioni tra le copertine dei libri. Allora perché adattare questo testo?
Per amore, per il bene di Cechov; per amore sia della letteratura che del cinema; perché non conosco nulla di più giusto riguardo alla necessità e ai limiti della compassione, all'invecchiamento e all'angoscia della morte; perché questo testo è vivo come se fosse stato scritto ieri. Questo è il motivo per cui ho scelto di rimanere il più vicino possibile a quello che mi sembra essere il cuore della storia: il legame tra Nicolas e Katia, e perché la narrativa di Nicolas non è molto lontana dal testo di Cechov. Spero di non averlo tradito”.

(Bernard Emond)

“Regista e sceneggiatore, giovanissimo, Bernard Emond fonda insieme ad altri il "Gruppo d'Intervento Video" e nel corso degli anni Settanta collabora a molte produzioni indipendenti. Dopo essersi laureato in Antropologia, decide di trasferirsi per alcuni anni nella zona artica canadese dove inizia a lavorare alla televisione locale formando nuovi talenti inuit per l'emittente. All'inizio degli anni Novanta approda al documentario realizzando "Ceux qui ont le pas léger meurent sans laisser de traces" (1992), omaggio ad uno sconosciuto che perde la vita nella periferia operaia di Montréal. Il mediometraggio riceve il premio "André Leroux", tributato dall'Associazione dei Critici Cinematografici del Québec (AQCC) al miglior documentario. Nel 1994 è la volta di "L'instant et la patience" (1994), che gira nella casa di cura in cui ha visto morire sua madre, e l'anno successivo dirige invece "La terre des autres" (1995), in cui tenta un parallelo tra la situazione palestinese e quella dei nativi canadesi. Nel 1997 il suo "L'épreuve du feu" che racconta la disperazione delle vittime degli incendi, si aggiudica due premi dell'AQCC. Nel 2000 realizza il suo ultimo documentario, "Le temps et le lieu", sulla scomparsa delle tradizioni contadine, prima di passare l'anno successivo al lungometraggio di finzione con "La femme qui boit", che segna l'inizio del suo intenso sodalizio artistico con l'attrice Élise Guilbault. Il suo primo film, come il successivo "20h17 rue Darling" (2003), viene selezionato alla Settimana Internazionale della Critica del Festival di Cannes. Nel 2005 la Cinémateque del Québec gli dedica una retrospettiva ed è in questo periodo che si va delineando la sua attenzione nei confronti delle fragilità umane e dello spirito di riscatto che percorre i suoi personaggi. Nello stesso anno, infatti, avvia il progetto di una trilogia incentrata sulle virtù teologali - fede, speranza e carità - che prende le mosse da "La neuvaine" (2005). Il film si aggiudica il premio dell'AQCC come miglior film canadese, vince il Premio della Giuria Ecumenica al Festival Internazionale di Locarno e vale al suo protagonista, Patrick Dolet, il Pardo d'Argento come migliore interprete maschile. Nell'autunno del 2006 gira il secondo capitolo della trilogia, "Contre toute espérance", presentato ancora una volta a Locarno, e nel 2009 dirige "La donation" che si aggiudica il Premio della Giuria Giovani al festival elvetico. Nel frattempo, nel 2008 scrive "Ce qu'il faut pour vivre" di Benoît Pilon per cui si aggiudica il Genie Award, l'Academy canadese, per la migliore sceneggiatura”.

(In cinematografo.it)

 

Una poesia al giorno

Romance della chiamata, di Adalberto Ortiz (1914-2003, Ecuador)

Accorata voce umana
vibrante nell'aria calda;
incompleti canti neri,
come guarapo si spandono.
Monte vivo, cielo rosso,
è affievolito il tuo tono
e gli uccelli ti conducono.
Canto amaro, all'improvviso,
sorge nel rauco cununo,
e un grido come di gomma
c'è nel tun della marimba.

Piaghe mute alla tua pelle,
sono eredità degli avi
e sudano le mani, sudano,
lasciano orme sulla terra.
Nero sudore di neri,
anima su fondo ribelle
nella selva addormentata,
come la notte nel giorno,
come paesaggio di nebbia.
Rompi ora il tuo silenzio
e fatti viva nel machete.

Uomo sei e nero sei,
figlio cattivo di schiavi,
schiavo per tornare libero
in mezzo al monte desolato.
Dimentica la marimba,
getta a terra il tuo bicchiere.
Appendi anche la chitarra
e brandisci la tua mano.
Da prima che spunti l'alba
ti aspetta la tua bandiera.

ROMANCE DE LA LLAMADA

Voz humana estremecida
vibra en el aire caliente;
cantos negros incompletos,
como el guarapo se vierten.
Monte vivo, cielo rojo,
un tono perdido tienes
y un vuelo de aves te lleva.
Canto amargo, de repente,
se oye en el bronco cununo
y hay un grito como jebe
en el tun de la marimba.

En tu piel, las grietas mudas,
son la herencia del ancestro
y sudan las manos, sudan,
dejando huella en la tierra.
Negro sudor de negruras,
alma de un fondo rebelde
dormida en la selva pura,
como la noche en el día,
como paisaje en la bruma.
Quebranta ya tu silencio
y en tu machete perdura.

Eres hombre y eres negro,
mal descendiente de esclavos,
esclavo para ser libre
en el monte desolado.
Olvida más tu marimba
y arroja al suelo tu vaso.
Cuelga también la guitarra
y empuña tu propia mano.
Desde antes que el alba llegue
tu bandera está esperando.

“Senza dubbio Adalberto Ortiz è da annoverare tra i più grandi scrittori latinoamericani del secolo scorso nonché tra i fondatori della dottrina culturale e letteraria della "Negritudine". Ciò che lascia perplessi è la scarsa popolarità e considerazione che l'autore ha riscosso tra il pubblico sudamericano e tra gli ecuadoriani suoi connazionali. Juyungo. Historia de un negro, una isla y otros negros (1943) è l'unica opera di Ortiz che continua a essere pubblicata e diffusa anche all'estero...”

(Sara Piazza in Fili d'aquilone - num. 3, La poesia di Adalberto Ortiz)

 

Un fatto al giorno

15 dicembre 1890: muore Toro Seduto. “Toro Seduto (Sitting Bull in inglese - in lingua originale lakota Tatanka Yotanka o Tatanka Iyotake. Nato a Grand River, 1831, morto a Fort Yates, 15 dicembre 1890) è stato un condottiero nativo americano dei Sioux Hunkpapa. In realtà, il suo nome tradotto correttamente è "Bisonte Seduto".

Famoso capo indiano americano (chiamato anche Húŋkešni, cioè "Lento", a causa della sua abitudine di ben riflettere prima d'agire), è ricordato nella storia statunitense e dei nativi per aver mobilitato più di 3.500 guerrieri Sioux e Cheyenne nella famosa Battaglia di Little Big Horn, dove ottenne una schiacciante vittoria sul colonnello George Armstrong Custer del Settimo cavalleggeri, il 25 giugno 1876”.

(Wikipedia)

Toro Seduto insieme a Buffalo Bill durante la Tournéè del Wild West Show“15 dicembre 1890: assassinio di Toro Seduto. In questa fredda giornata invernale, nel villaggio di Standing Rock all’interno della riserva Sioux di Grand River nello stato del Sud Dakota, la vendetta dell’uomo bianco raggiungeva una volta per tutte colui che, insieme al suo amico Cavallo Pazzo, era stato l’anima stessa della disperata resistenza degli Indiani delle Pianure all’invasione del loro territorio ed alla distruzione della loro cultura, e che sempre insieme a Cavallo Pazzo aveva inferto alle Giacche Blu la più pesante ed umiliante sconfitta di tutte le Guerre Indiane, la celeberrima Battaglia del Little Big Horn del 25 Giugno 1876. Quest’uomo indomabile si chiamava Toro Seduto, in lingua Sioux Tatanka I’yotanka, sciamano e uomo di medicina della tribù degli Hunkpapa, una delle sette nazioni (Hunkpapa, Oglala, Minneconjou, Brulé, Sans Arc, Blackfeet e Two Kettles) che componevano la potente confederazione dei Teton Sioux. La sua storia si intreccia con quella di Cavallo Pazzo, e la sua tragica fine ricalca molto da vicino quella dell’amico, avvenuta tredici anni prima a Fort Robinson nel Nebraska. In ambedue i casi infatti, i due grandi eroi dell’epopea Sioux caddero per mano della loro stessa gente al soldo dei bianchi. A differenza di Cavallo Pazzo, del quale non esistono immagini fotografiche ufficialmente accertate, Toro Seduto è stato fotografato in numerose occasioni, tanto che il suo volto segnato dalle cicatrici è probabilmente il viso indiano generalmente più conosciuto. I suoi tratti somatici rispecchiano chiaramente quelle che erano le caratteristiche che connotavano la sua personalità: intelligenza, fermezza di carattere, forza e fierezza.

Toro Seduto era nato come figlio di Quattro Cavalli, un capo minore degli Hunkpapa Sioux, nella regione del Grand River nel Sud Dakota. La data di nascita non è identificata con certezza, alcune fonti indicano il 1837, altre invece il 1831. Da bambino aveva portato il nome di Hakada, ovvero Tasso Saltatore, ma dopo che a soli dieci anni era riuscito ad atterrare con una freccia un giovane bisonte, aveva ricevuto il nuovo nome di Tatanka I yotanka, ovvero “Toro di Bisonte che sta seduto coricato a terra”. All’età di quattordici anni si mise per la prima volta in evidenza come guerriero durante una spedizione contro la tribù tradizionalmente nemica dei Crow (Corvi). Tuttavia, a renderlo per sempre celebrato e famoso non furono tanto il suo comprovato valore in battaglia e coraggio personale, definiti secondo gli schemi culturali di quella che era la guerriglia intertribale indiane, costituita essenzialmente da una serie di scontri individuali. La sua imperitura celebrità deriva piuttosto dal fatto che più di ogni altro si segnalò come il punto di riferimento della resistenza indiana agli americani, sia in termini di chiarezza e fermezza politica, sia in termini di capacità di organizzazione tattica della resistenza stessa. Insieme a Cavallo Pazzo e all’Apache Geronimo, fu per il Governo degli Stati Uniti il nemico più difficile e pericoloso da combattere.”

Immagini e documenti:

Una frase al giorno

“È strano, ma vogliono arare la terra, e sono malati di avidità. Hanno fatto molte leggi, e queste leggi i ricchi possono infrangerle, ma i poveri no. Nella loro religione i poveri pregano, i ricchi no. Tolgono denaro ai poveri e ai deboli per sostenere i ricchi e i potenti”.

(Toro Seduto, 1831-1890, capo tribù dei Hunkpapa Sioux, Lakota)

 

Un brano al giorno

Premiere Suite de Clavecin - Mov. 1&2/12 di Jean-Joseph Fiocco, eseguita da Ton Koopman.

1. L'Angloise: Rondeau (Legerem)
2. L'Armonieuse (tendrement & lie)

JOSEPH-HECTOR FIOCCO (15 dicembre 1686 - 30 marzo 1746) fu un compositore fiammingo dell'alto e tardo periodo barocco. Suo padre fu il compositore veneziano Pietro Antonio Fiocco (1654-1714), e i suoi fratelli includevano il violinista Joseph-Hector. Jean-Joseph è stato attivo nei Paesi Bassi austriaci e, durante il suo incarico di maestro di cappella di Maria Elisabetta della cappella reale d'Austria a Bruxelles, ha formato il compositore Ignaz Vitzthumb e il violinista Pierre van Maldere. Le opere principali di Fiocco furono nove Repons de mort, con testi francesi, ora ritenuti persi.


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org