L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
NAPOLÉON VU PAR ABEL GANCE (Francia, 1925-1927, colorato, 333m a 20 fps), regia di Abel Gance; sceneggiatura: Abel Gance; fotografia: Jules Kruger, Joseph-Louis Mundviller, Léonce-Henry Burel; montaggio: Marguerite Beaugé; scenografia: Alexandre Benois, Pierre Schildknecht, Georges Jacouty, Vladimir Meinhardt, Pimenoff; costumi: Georges Charmy, Alphonse Sauvageau, Madame Angris, Madame Neminsky, Jeanne Lanvin; musica: Arthur Honegger. Con: Albert Dieudonné (Napoleone Bonaparte), Wladimir Roudenko (Napoleone Bonaparte ragazzo), Nicolas Koline (Tristan Fleuri), Roblin (Picot de Peccaduc), Vidal (Phélipeaux), Robert Vidalin (Camille Desmoulins), Françine Mussey (Lucile Desmoulins), Harry-Krimer (Rouget de Lisle), Alexandre Koubitzky (Danton), Antonin Artaud (Marat), Edmond van Daele (Maximilien Robespierre), Maryse Damia (la 'Marseillaise'), Gina Manès (Joséphine de Beauharnais), Max Maxudian (Barras), Andrée Standard (Thérèse Cabarrus/Madame Tallien), Suzy Vernon (Madame Récamier), Marguerite Gance (Charlotte Corday), Abel Gance (Louis de Saint-Just).
La vita di Napoleone Bonaparte rievocata da alcuni dei suoi sodali. L'infanzia nel collegio militare di Brienne: una battaglia a palle di neve strategica e vittoriosa, l'ira per la sparizione dell'aquila preferita, la lite fomentata tra i compagni di dormitorio. Nel 1789, al Club des Cordeliers, il giovane Bonaparte ascolta l'ufficiale Rouget de Lisle insegnare la Marsigliese ai rivoluzionari. Il popolo marcia sulle Tuileries, si proclama la Repubblica, Bonaparte fugge in Corsica: ricercato, farà ritorno in Francia su un fragile vascello che ha per vela la bandiera tricolore. Nel 1793 Napoleone è ufficiale maggiore durante l'assedio di Tolone, conquistata nel corso di una torrenziale tempesta; una ragazza, Violine, s'innamora di lui. Intanto, a Parigi, "si vedono i dittatori popolari trasformarsi in fornitori di teste per la ghigliottina" (Léon Moussinac): Marat viene ucciso, Danton giustiziato, Saint-Just aspira il profumo d'una rosa ogni volta che cala la mannaia. Nei giorni confusi e oscuri di Termidoro, Bonaparte soffoca l'insurrezione dei monarchici contro la Convenzione, e resta folgorato da Joséphine Beauharnais. La sposa, quindi prende il comando dell'armata d'Italia e varca la frontiera.
“Napoléon avrebbe dovuto essere la prima parte di una trilogia che non trovò mai finanziatori. Per questa “épopée cinégraphique”, Abel Gance (Parigi, 25 ottobre 1889) si era preparato seriamente. La realizzazione, dalla sceneggiatura al montaggio, occupò quattro anni e costò 17 milioni di franchi. Le riprese iniziarono il 4 giugno 1924. La “prima” ebbe luogo a Parigi, al Théâtre de l’Opéra, il 7 aprile 1927, con una copia di 5000 metri, mentre l’edizione originale ne comprendeva circa 12.000. L’innovazione cui Gance aveva prestato le cure maggiori (lo schermo triplo sul quale dovevano scorrere tre azioni distin¬te oppure la medesima azione “dilatata”) non trovò spazio nelle sale cinematografiche e potè essere apprezzata soltanto nella versione (1955), sonorizzata come la seconda (1932).
Napoléon (vu par Abel Gance, precisa il titolo) è a suo modo un fatto unico nella storia del cinema. Gance aveva cominciato prestissimo (1909, come attore e sceneggiatore; 1911 come regi¬sta). J’accuse (1919) e La roue (1921) erano stati, tra i molti film girati, i successi maggiori. Lo si era paragonato a Griffith e a Stroheim. Lo si era ammirato e vilipeso in egual misura, per il vigore espressivo che sovente sconfinava nella magniloquenza, per l’arditezza delle soluzioni visive che non di rado apparivano compiaciute e deliranti. “Napoleone” scrisse “è Prometeo. Non è questione di morale né di politica ma di arte. È un essere le cui braccia non sono abbastanza grandi per stringere una cosa più grande di lui: la rivoluzione. Napoleone è un parossismo nella sua epoca, la quale è un parossismo nella storia. E il cinema è, per me, il parossismo della vita. Con queste idee, Gance ricostruì sei episodi della vita del còrso, inserendoli (tranne il primo) in una puntigliosa narrazione delle vicende della Rivoluzione: l’infanzia e la scuola a Brienne; la fuga dalla Corsica e la traversata nella tempesta per raggiungere la Francia; l’assedio di Tolone; il Terrore, gli incarichi ricevuti e rifiutati, la sommossa dei realisti a Parigi il 12 vendemmiale; il “ballo delle vittime” e le nozze con Giuseppina: l’inizio della campagna d’Italia. Napoléon ha realmente una sua grandezza. Gli eccessi sono compensati da una severa tensione morale. Quando Napoleone, nell’episodio còrso, fugge su una barca che ha per vela il tricolore ed è sorpreso dalla tempesta, Gance non esita a istituire un parallelo con la “tempesta” che scoppia alla Convenzione, alternando (attraverso una serie di immagini di tumulti e di marosi) i due episodi e fondendoli nei punti di maggiore violenza con lunghe sovraimpressioni. L’ingenuità della similitudine, e la stessa rozzezza del procedimento tecnico, trovano una giustificazione nel ritmo esagitato del montaggio. Così, nell’assedio di Tolone, quando il 17 dicembre del 1793 Napoleone trascina le truppe all’assalto del forte dell’Aiguillette, nel fango e sotto la pioggia sferzante: la prevalenza dei toni cupi, i neri tagliati da improvvise lame di luce, l’affanno disordinato dei carrelli sui soldati che avanzano, danno alla battaglia un aspetto di irreale frenesia, come si trattasse della materializzazione di astratte idee e non della descrizione di un evento bellico. Gance non ha occhi per la storia. Il suo Napoleone-Prometeo è un personaggio mitico, che vive nella dimensione “monumentale” dell’immagine cinematografica: la storia pubblica e l’esistenza privata sono entrambe trasfigurate in una allegoria eroico-patriottica che travolge e annulla anche il rischio del ridicolo (dopo una inquadratura del letto nunziale, immerso in una sfumata luce bianca, la didascalia informa: “Due notti di delirio. E sogni di gloria”). Sicché il grandioso sviluppo dell’episodio finale (le truppe dell’armata d’Italia ad Albenga, quegli straordinari campi lunghi dall’alto delle rocce, i movimenti corali della partenza, i carrelli che precedono i soldati in marcia fra la polvere, la sconfinata pianura che il condottiero osserva da Montezemolo) riassume con limpida coerenza - persino nelle enfa¬tiche sovrimpressioni di Giuseppina, del mappamondo, delle battaglie e dell’aquila - l’intera concezione dell’opera. Gance ormai si e sostituito al suo personaggio. Nel film, “parossismo della vita”, campeggia il vero Prometeo, che è l’autore”.
(Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare)
“La storia della realizzazione di Napoléon vu par Abel Gance ha assunto nel tempo toni leggendari. Il primo progetto, che risalirebbe a un incontro del 1921 tra Abel Gance e David W. Griffith, prevedeva un'epopea in otto episodi, ma i costi altissimi permisero di realizzare solo il primo: dall'infanzia di Napoleone a Brienne fino alla campagna d'Italia. Le riprese cominciarono il 15 gennaio del 1925 e furono ultimate nell'agosto dell'anno successivo, quando Gance poté iniziare a montare i 450.000 metri di pellicola impressionati da ben diciotto macchine da presa. Il film venne presentato il 7 aprile del 1927 all'Opéra di Parigi. Se da più parti si levarono forti critiche contro la tesi politica che lo animava (la Rivoluzione Francese, riletta da Gance in chiave critica, era rappresentata sotto forma di disordine e d'anarchia), unanime fu invece l'elogio per la perfezione tecnica al servizio di un'alta qualità spettacolare. Una qualità che Gance aveva fortemente cercato, come indica una nota a margine della prima sceneggiatura: "Faire du spectateur un acteur, le mêler à l'action, l'emporter dans le rythme des images". A tal fine Gance ricorse all'impiego e persino all'invenzione di apposite tecniche di ripresa: il grandangolo Branchyscope, la lente Napoléon vu par Abel Gance, film-limite che nella sua visione 'parossistica' coniuga lo sperimentalismo più radicale (in particolare la lezione del cubismo) con la grande vocazione narrativa, rappresenta un caso estremo nel campo della filologia cinematografica. Proiettato per la prima volta in una versione 'condensata' che misurava 5.200 metri e comprendeva le sequenze pensate per il triplo schermo, venne successivamente proposto alla stampa parigina in una versione di 13.000 metri, divisa in sei periodi e senza alcuna sequenza in polivisione. Per l'uscita nelle sale, si montò una versione intermedia che comprendeva la sequenza finale in triplo schermo. Seguiranno negli anni altre versioni: nel 1934 un Napoléon vu... et entendu par Abel Gance (sonorizzato, doppiato e con l'aggiunta di nuove sequenze); nel 1971 Bonaparte et la Révolution (il triplo schermo è assente, episodi interi sono scomparsi, è presente una voce off che commenta alcune sequenze). Particolarmente complesso dunque il lavoro di ricostruzione del film, curato dallo storico e pioniere del restauro cinematografico Kevin Brownlow. Cercando negli archivi di tutto il mondo copie sopravvissute del film di Gance, Brownlow ha tra l'altro ritrovato l'episodio, considerato perduto, dell'infanzia di Napoleone a Brienne. Nel 1979 è stato presentato al Festival di Telluride il primo risultato concreto del lavoro di restauro, una versione di cinque ore composta esclusivamente con materiale delle versioni del 1927; il secondo restauro di Napoléon, che misura 7.500 metri è stato eseguito sulla base di tutto il nuovo materiale che la Cinémathèque française ha fornito a Brownlow, è stato presentato nel 2000 al 56° congresso internazionale della Fédération International des Archives du Film.”.
(Davide Pozzi - Enciclopedia del Cinema, 2004, Treccani)
“Napoleon aveva richiesto 4 anni di lavoro, tre dei quali di riprese. Prima di scrivere la sceneggiatura, Abel Gance aveva letto quasi più di 100 libri su Bonaparte [...] Furono impiegati duecento tecnici di tutti i tipi [...] per certe scene furono impiegate fino a 6.000 comparse [...] Durante gli inseguimenti a cavallo girati in Corsica si lamentarono due morti per cadute da cavallo [...] La fine delle riprese in Corsica coincise con le elezioni e l'entusiasmo di tutti era tale che il partito bonapartista trionfò a svantaggio di quello repubblicano [...] Per la scena della tempesta si dovette ricostruire il Mediterraneo in studio. L'avvio delle riprese anziché essere ordinato con il classico ordine ("Motore") veniva dato di volta in volta con un colpo di pistola, muggiti di sirena o segnali luminosi. [...] Il regista agiva sui loro nervi come un direttore d'orchestra su quelli dei suoi orchestrali... Quando salì per un momento in cattedra per dare molto semplicemente con la voce dolce e velata alcune spiegazioni tecniche fu salutato da un grido di ammirazione col quale questi esseri domati si davano interamente ad un capo. E' guardando la messa in scena di questa piccola rivoluzione che si capisce quella grande. Se Abel Gance avesse avuto ai suoi ordini diecimila comparse, inebriate di storia e con l'animo stordito dall'ebrezza di obbedire, avrebbe potuto a sua volta lanciarle all'assalto di qualsiasi ostacolo, far loro invadere Palazzo Bourbon o l'Eliseo e farsi proclamare dittatore. [...] Non c'è in Napoleon scena che non ci dia l'impressione di essere il clou del film, non c'è inquadratura che non sia carica di emozione, non c'è attore che non dia il meglio di sé. Abel Gance, a dispetto degli anni, rimane il più giovane dei nostri autori”.
(François Truffaut)
- Il film: “Napoleon” parte 1 (1981)
- Abel Gance: "Napoleon" part 2 (1981)
Una poesia al giorno
Nave Silenziosa, di Yahya Kemal Beyatli (da "Nostra celeste cupola", a cura di G. Bellingeri - Ariele, 2005)
Se è arrivato, ormai, il giorno di ritirare l’ancora dal tempo,
Parte una nave, da questo porto, che va all’ignoto,
Percorre la sua strada come se avesse passeggero nessuno
In quella partenza non si saluta né con un fazzoletto né con la mano
Per questo viaggio, coloro rimasti sul porto, sono tristi
Per tanti giorni guardano l’orizzonte i loro occhi lacrimosi
I cuori sono disperati. Questo ne è l’ultimo nave che se ne va
E neanche è l’ultimo lutto della vita nostalgica.
Amanti ed amati in questo mondo aspettano invano
Non sanno che amorosi partiti non torneranno
Tanti di quelli partiti sono felici del loro alloggio:
Sono passati tanti anni; non c’è nessuno che torna dal suo viaggio.
SESSIZ GEMI
Artik demir almak günü gelmisse zamandan,
Meçhule giden bir gemi kalkar bu limandan.
Hiç yolcusu yokmus gibi sessizce alir yol;
Sallanmaz o kalkista ne mendil ne de bir kol.
Rihtimda kalanlar bu seyahatten elemli,
Günlerce siyah ufka bakar gözleri nemli.
Biçare gönüller. Ne giden son gemidir bu.
Hicranli hayatin ne de son matemidir bu.
Dünyada sevilmis ve seven nafile bekler;
Bilmez ki, giden sevgililer dönmeyecekler.
Bir çok gidenin her biri memnun ki yerinden.
Bir çok seneler geçti; dönen yok seferinden
Un fatto al giorno
2 dicembre 1804: nella cattedrale di Notre Dame a Parigi, Napoleone Bonaparte si auto-incorona, alla presenza di papa Pio VII, imperatore dei Francesi.
“L'incoronazione di Napoleone” è un dipinto a olio su tela (610x970 cm) realizzato tra il 1805 e il 1807 dal pittore Jacques-Louis David. È conservato nel Musée du Louvre di Parigi. Una copia è conservata anche alla Reggia di Versailles, un'altra copia è conservata nella Oldway Mansion di Paignton nel Devon. Il dipinto rappresenta l'incoronazione di Napoleone Bonaparte e di Giuseppina di Beauharnais il 2 dicembre 1804.
David qui ritrae il momento dell'incoronazione di Napoleone, con ben ottanta invitati, tutte persone realmente esistite. È un contesto studiatissimo da David, per mostrare la nuova aristocrazia. Si basa sulle linee verticali che slanciano l'opera. Tutti gli sguardi si concentrano sulla corona, che Napoleone tiene alta nelle mani e sta per posare sulla testa della moglie Giuseppina. C'è una grande attenzione e minuzia nella realizzazione di tutti i particolari e nella esaltazione dei simboli imperiali. La scena si svolge il 2 dicembre 1804 nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi, a differenza di tutte le altre incoronazioni di re francesi realizzate nella Cattedrale di Reims (se si esclude quella di Enrico IV, avvenuta a Chartres). È questo il primo simbolo secondo il quale Napoleone era intenzionato a rompere con la tradizione delle monarchie dell’ancien regime, svolgendo poi la famosa autoincoronazione che è ben visibile, col papa Pio VII seduto sulla destra benedicente e quasi impotente di fronte al gesto dell'Imperatore, tanto che quest'ultimo gli dà anche le spalle. Napoleone, al centro della scena, appare in atteggiamento quasi sacrale in quanto è monarca della legge divina ed egli stesso deve obbedienza a Dio. Il classicismo dell'ambiente, i decori e la corona d'alloro, riflettono inoltre il fascino di Napoleone per i fasti e le glorie dell'Impero romano. La presenza di dignitari, come pure la famiglia Bonaparte, mostra il supporto per il nuovo regime. Essi costituiscono la nuova nobiltà Impero (ufficialmente istituita nel 1808), una nobiltà basata sul merito.”
(Wikipedia)
Una frase al giorno
“Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”.
(Fidel Alejandro Castro Ruz, 1926-2016, rivoluzionario e politico cubano)
Il 2 dicembre 1956, 82 esuli cubani guidati da Fidel Castro sbarcano a La Playa de las Coloradas, una zona paludosa vicino a Niquero (Cuba sudorientale), segnando l'inizio della rivolta che porterà alla cacciata di Fulgencio Batista nel 1959.
- Un film del 2002: “Fidel!”, di David Attwood. Sceneggiatura: Stephen Tolkin, Georgie Anne Geyer. Fotografia: Checco Varese. Montaggio: Milton Moses Ginsberg. Con: Víctor Huggo Martin, Gael García Bernal, Patricia Velasquez, Cecilia Suárez. Questo film ritrae la vita di Fidel Castro cubano. I suoi amori, amici, prigioni e la sua ideologia politica sono mostrati in modo sorprendente. Un film di guerra, una guerra piena di piccole battaglie, ma con grandi ideali.
Un brano al giorno
Agostino Agazzari, Jubilate Deo
16 dicembre 2011 (Weihnachtskonzert Unterstufenchor Musisches Gymnasium Salzburg)
Agostino Agazzari, nato a Siena il 2 dicembre 1578 (e ivi morto il 10 aprile 1640), vi scrisse nel 1596 il primo libro di Madrigali a 6 voci, come risulta dalla dedica ad Angelo Malavolti, mecenate senese, e, poco più di tre anni dopo, il libro dei Madrigali a 5 voci dedicato al marchese Costavoli. Non si conoscono con certezza i suoi maestri (A. Feliciani, F. Bianciardi, A. Banchieri in quel tempo insegnavano a Siena).
Numerose sono le sue composizioni finora conosciute. Esse possono essere così raggruppate: Mottetti, e cioè un libro a 1, 2 e 4 voci con basso continuo (1615), quattro libri a 2 e 3 voci con basso continuo (1604, 1605, 1606), due libri da 1 a 5 voci con basso continuo (1625, 1640), due libri a 2, 3, 4 voci con basso continuo (1611, 1625), tre libri a 5, 6, 7, 8 voci con basso continuo (1602, 1603), un libro a 6 e 8 voci con basso continuo (1613); un libro di Messe a 4, 5 e 8 voci con basso continuo (1614); Salmi, un libro a 3 voci con basso continuo (1609), un libro a 5 voci con basso continuo (1611), un libro a 8 voci con basso continuo (1611); Completorium, un libro a 4 voci con basso continuo (1609); Litanie, un libro a 4, 5, 6 e 8 voci con basso continuo (1639).
Opere profane: Madrigali, due libri a 3 voci (1607), due libri a 5 voci (1600, 1606), un libro a 6 voci (1596); per teatro il solo Eumelio, dramma pastorale (1606), rappresentato al Seminario romano ed edito da R. Amadino a Venezia, di cui esiste la sola copia alla Biblioteca del conservatorio di S. Cecilia a Roma. Le altre opere furono stampate a Siena, a Roma, a Milano, ad Anversa, a Francoforte sul Meno ed altrove.
(Treccani)
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org