“L’amico del popolo”, 15 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

CANDY (Candy e il suo pazzo mondo, Francia, Italia, USA, 1968), regia di Christian Marquand. Basato sul romanzo omonimo del 1968 di Terry Southern e Mason Hoffenberg. Sceneggiatura: Buck Henry. Fotografia: Giuseppe Rotunno. Montaggio: Giancarlo Cappelli, Frank Santillo. Musiche Dave Grusin. Con: Ewa Aulin, Marlon Brando, Richard Burton, Florinda Bolkan, John Huston, Walter Matthau, Christian Marquand, Sugar Ray Robinson, Ringo Starr, Charles Aznavour, Elsa Martinelli, Umberto Orsini, Enrico Maria Salerno, James Coburn, Anita Pallenberg, Nicoletta Rangoni Machiavelli, Lea Padovani, Marilù Tolo, Mark Salvage, Peter Dane, Neal Noorlac, Peggy Nathan, Fabian Dean, Enzo Fiermonte, Tony Foutz, Joey Forman, John Astin, Tom Keyes, Micaela Pignatelli.

Candy, una giovane studentessa americana dalla fantasia vivacissima, si abbandona, nel corso di una noiosa lezione scolastica, a un lungo sogno che la vede protagonista di alcune esperienze sentimentali con gli individui più disparati. Dapprima ha un incontro amoroso con un poeta istrione, e subito dopo con un giardiniere messicano. Accusata come adescatrice dai parenti di quest'ultimo, Candy, per sottrarsi agli arresti, fugge in aereo con la propria famiglia. Evitate le attenzioni del maturo comandante dell'aereo, la ragazza, una volta atterrata, è presa di mira da un celebre chirurgo al quale ha affidato il proprio padre. Un'infermiera, gelosa del chirurgo, la costringe successivamente a trovare scampo in un bar, nel quale è fatta oggetto di attenzioni da parte di un giovane regista. Costretta ancora una volta a fuggire, Candy viene raccolta a bordo di un autotreno trasformato da un eccentrico fachiro in luogo di meditazione. Insidiata anche dal fachiro, la ragazza scende dall'autocarro ed incontra un santone che la trasporta in uno strano tempio. Poco dopo il tempio crolla e Candy, finalmente risvegliatasi, si ritrova nell'aula della propria scuola.

Il libro: “Una ragazza che si lascia dirottare senza proteste, anzi, con entusiasmo”.
Recitava così l'ingenua manchette promozionale della prima edizione italiana di Candy, romanzo di Terry Southern e Mason Hoffenberg che, partito dalla Francia, aveva conquistato il mondo grazie a un incredibile mix di peregrinazioni picaresche, sesso e satira sociale, il tutto condito con un inimitabile spirito grottesco.
Correva l'anno 1965, si cominciava a respirare una certa aria di rivoluzione, eppure soltanto Longanesi trovò il coraggio di far uscire qui da noi, provincia dell'impero, quel libro che già imperversava sulla scena internazionale da buoni sette anni. La nostra versione, tuttavia, aveva un vizio di fondo: riprendeva quella inglese, pesantemente edulcorata delle situazioni più scandalose. Ecco perché va salutata l'operazione di Elliot Edizioni che, dopo decenni di assenza, ripropone al nostro pubblico questo delizioso romanzo cult che di fatto ha segnato una generazione, in una traduzione tutta nuova. È un po' come se il libro uscisse per la prima volta in Italia, con la stessa carica di malizia che nel 1958 ne segnò il debutto, sulla scena della Parigi esistenzialista affollata da intellettuali e sedicenti artisti che arrivavano da tutto il mondo civilizzato pur di respirare l'aria della Rive Gauche, Terry Southern, giornalista texano poco più che trentenne destinato un giorno a diventare lo sceneggiatore del Dottor Stranamore di Kubrick, era tra questi. Aveva bisogno di quattrini e allora a quattro mani con il collega e coetaneo newyorchese Mason Hoffenberg, di stanza in Svizzera, si lanciò nella stesura di quello che doveva essere un romanzetto sexy. Partirono senza troppa convinzione, scambiandosi i capitoli per corrispondenza. Il plot tuttavia cresceva e alla fine i due si ritrovarono a condividere la stessa scrivania per la revisione generale dell'opera, in una villa di Tourrettes sur Loup, tra le Alpi Marittime, presa in fitto da un amico di Southern: un certo Mordecai Richler.

Il debutto nel solco di Lolita.
Rifiutato negli States, il libro fu proposto all'unico editore che lo avrebbe pubblicato senza battere ciglio: il parigino Maurice Girodias che, con la sua Olympia Press, tre anni prima aveva fatto il botto grazie a quel capolavoro che è Lolita di Vladimir Nabokov. Il successo di Candy, uscito sotto lo pseudonimo di Maxwell Kenton, andò ben oltre le più rosee aspettative degli autori: il pubblico di mezzo mondo rispose alla grande e tra i critici ci fu addirittura chi definì l'opera un'intelligente parodia sexy del «Candide» di Voltaire. Accostamento che ha sempre fatto sorridere Southern: “È come se vomiti in una grondaia - dirà un giorno - e tutti quanti cominciano a dire che si tratta della più grande nuova forma d'arte, così torni indietro, guardi quello che hai fatto e, per Dio, devi essere d'accordo con loro”. Come nella più classica vicenda di questo tipo, arriveranno una trasposizione cinematografica (“Candy e il suo pazzo mondo”, diretto nel 1968 da Christian Marquand con un cast stellare comprendente, tra gli altri, Marlon Brando e Ringo Starr) e addirittura una parodia porno (“Le avventure erotiche di Candy” con John Holmes), i due autori finiranno a litigare tra loro per chi ha avuto l'idea originale e poi entrambi si scaglieranno contro l'editore per questioni riguardanti sfruttamento dell'opera. Aldilà di qualsiasi considerazione possibile intorno valore filosofico (vero o presunto) del testo, c'è da dire che Candy fotografa un'epoca: siamo alla fine degli anni Cinquanta, il “movimento” è ancora agli albori, ma già se ne intravedono le derive edonistiche del decennio a venire, quando impazzeranno gli hippie. C'è una ragazzina (l'omonima protagonista) che, animata da improbabile spirito da buon samaritano, decide di concedersi a tutti per migliorare il mondo. Davanti alle di lei grazie cadranno tutti: dal Professor Mephisto che insegna filosofia ma risulta animato da istanze tutt'altro che trascendenti al giardiniere messicano di famiglia, dal vecchio sporcaccione zio Jack a un giovane medico che studia gli effetti benefici della masturbazione, passando per il santone di una curiosa setta che la inizierà ai misteri dell'Oriente. Gira e rigira, tutto gira intorno al sesso. La vita appare insomma molto meno seria di come la si vorrebbe far passare. E allora tanto vale prendersi in giro”.

(Francesco Prisco - Il Sole 24 Ore)

 

15 febbraio 1941: nasce Florinda Bolkan, attrice brasiliana

 
Una poesia al giorno

Sonetto XVIII, di Louise Labé (in donnedipoesia.wordpress.com - Soprannominata La Belle Cordière, per essere figlia di un cordaio, Louise Labé (Lione, 1524 circa - Parcieux, 15 febbraio 1566), è stata una poetessa femminista francese).

Baise m’encor, rebaise moy et baise :
Donne m’en un de tes plus savoureus,
Donne m’en un de tes plus amoureus :
Je t’en rendray quatre plus chaus que braise.

Las, te pleins tu ? ça que ce mal j’apaise,
En t’en donnant dix autres doucereus.
Ainsi meslans nos baisers tant heureus
Jouissons nous l’un de I’autre à notre aise.

Lors double vie à chacun en suivra.
Chacun en soy et son ami vivra.
Permets m’Amour penser quelque folie :

Tousjours suis mal, vivant discrettement,
Et ne me puis donner contentement,
Si hors de moy ne fay quelque saillie.

Louise Labé (Lione, 1524 circa - Parcieux, 15 febbraio 1566)

Baciami ancora, ribaciami e bacia:
dammene uno dei tuoi più succosi,
dammene uno dei tuoi più passionali,
te ne renderò quattro più ardenti della brace.

Ti meravigli? Placo la mia inquietudine,
dandotene altri dieci mielosi.
Così, mescolando i nostri gradevoli baci,
godiamo l’un dell’altro del nostro piacere.

E sarà per entrambi una doppia vita.
Ognuno vivrà in sé e nell’altro.
Permettimi, Amore, di pensare qualche follia:

sto sempre male nel vivere una vita discreta
non potendo donarmi nessuna soddisfazione
se fuori di me non posso liberarmi.

 

Un fatto al giorno

15 febbraio 1933: Giuseppe Zangara uccide il sindaco di Chicago Anton Cermak, nel corso di un tentativo di assassinio di Franklin Roosevelt a Miami. Giuseppe Zangara (Ferruzzano, 7 settembre 1900 - Raiford, 20 marzo 1933) è stato un anarchico italiano naturalizzato statunitense... Il 15 febbraio 1933 fu autore di un tentativo di assassinio ai danni di Franklin Delano Roosevelt a Miami, in Florida, durante il quale invece morì il sindaco di Chicago Anton J. Cermak. Zangara fu giustiziato tramite sedia elettrica il 20 marzo 1933 nel penitenziario di stato della Florida, come pena per il reato di omicidio... Il 20 marzo 1933, dopo aver trascorso solo 10 giorni nel braccio della morte, l'esecuzione di Zangara è stata tenuta nella Florida State Prison in Raiford, in Florida.

(Wikipedia)

 

Quando la mattina del 15 febbraio 1933, con una pistola comprata per 8 dollari in un'armeria locale, al Bayfront Park di Miami sparò cinque colpi all'indirizzo del capo della Casa Bianca - che fece tappa nella cittadina della Florida prima di una breve vacanza ai Caraibi -, Zangara, un muratore fortemente ideologizzato che in quel periodo si trovava senza un lavoro fisso, pensava probabilmente di avere l'occasione di compiere quell'atto di «giustizia proletaria» di cui, diversi anni più tardi, avrebbe cantato anche Francesco Guccini nella sua «Locomotiva». I cinque proiettili sparati dalla sua semiautomatica a buon mercato hanno mancato il presidente Roosevelt, che se l'è cavata solo con un grande spavento, ma sono andati comunque a segno, uccidendo il sindaco di Chigaco, Anton "Tony" Cermak, che faceva parte del drappello presidenziale. E ferendo altre quattro persone. Sulla tomba del povero Cermak compare ora questo epitaffio: «Sono felice di esserci stato io al tuo posto».

L'edizione del Miami Herald del giorno seguente all'attentato

IL PROCESSO - Zangara venne subito fermato dagli agenti di polizia presenti sul luogo del comizio e portato in carcere. Fu giudicato colpevole nel corso di un processo lampo e quasi subito giustiziato: il 20 marzo, poco più di un mese dopo l'attentato, l'immigrato calabrese si è ritrovato faccia a faccia con il boia sulla sedia elettrica del penitenziario di Raiford. E, secondo quanto raccontano le cronache del tempo, l'uomo non ha gradito il fatto che nessun fotoreporter fosse presente per documentare i suoi ultimi attimi di vita. “Io non ho paura di quella sedia - sono state le sue ultime parole -. Voi siete dei capitalisti, anche voi siete dei criminali. Mettetemi sulla sedia elettrica. Non mi importa! Andate al diavolo, figli di puttana Mi ci siedo da solo. Viva Italia! Addio alla gente povera ovunque! Vili capitalisti! Niente foto! Capitalisti! Nessuno qui che mi faccia una foto. Tutti i capitalisti sono una banda di vili criminali. Avanti. Schiacciate il bottone!”.

LIBRI E MUSICAL - Alla vicenda di Giuseppe Zangara, che ha creato qualche imbarazzo anche al governo Mussolini, che per un certo periodo era stato addirittura sospettato di essere il mandante dell'omicidio, era stato dedicato anche un libro a cura di Blaise Picchi, un avvocato della contea di Broward, che nel 1998 diede alle stampe «The five weeks of Giuseppe Zangara - The man Who Tried to Kill FDR». Il suo personaggio compare poi tra i protagonisti del musical di Stephen Sondheims “Assassins”, che narra delle gesta di tutti coloro che nella storia hanno ucciso o cercato di uccidere un presidente americano, dal precursore John Wilker Booth, che nel 1865 pose fine alla vita di Abramo Lincoln, a Lee Harwey Oswald, presunto assassino di John Fitzgerald Kennedy. Una figura, quella di Zangara, che rischia insomma di assurgere alla categoria del mito, seppure nella categoria degli eroi negativi. Un «successo» che probabilmente neppure lui si sarebbe mai immaginato, quel giorno, in cui una scarica di volt lo portò via con sé. Senza neppure un fotografo a riprendere la scena...”

(Alessandro Sala, 20 settembre 2007, Corriiere della Sera)

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Una frase al giorno

“Combattevamo Mussolini come corruttore, prima che come tiranno; il fascismo come tutela paterna prima che come dittatura; non insistevamo sui lamenti per mancanza della libertà e per la violenza, ma rivolgemmo la nostra polemica contro gli italiani che non resistevano, che si lasciavano addomesticare”.

(Piero Gobetti, Torino, 19 giugno 1901 - Neuilly-sur-Seine, 15 febbraio 1926, giornalista, politico e antifascista italiano).

Considerato un erede della tradizione post-illuminista e liberale che aveva guidato l'Italia dal Risorgimento fino a poco tempo prima, tuttavia di stampo profondamente sociale e sensibile alle rivendicazioni del socialismo, Piero Gobetti fondò e diresse le riviste Energie Nove, La Rivoluzione Liberale e Il Baretti, dando fondamentali contributi alla vita politica e culturale, prima che le sue condizioni di salute, aggravate dalle violenze fasciste, ne provocassero la morte prematura a nemmeno 25 anni durante l'esilio francese”

(Wikipedia)

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Un brano musicale al giorno

Michael Praetorius, 3 Dances

15 febbraio 1571 nasce Michael Praetorius, organista e compositore tedesco, morto nel 1621.


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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