“L’amico del popolo”, 18 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE SHEIK (Lo sceicco, USA, 1921), regia di George Melford. Tratto dal romanzo omonimo di Edith Maude Hull. Sceneggiatura: Monte M. Katterjohn. Fotografia: William Marshall (III). Con Rodolfo Valentino, Agnes Ayres, Patsy Ruth Miller, George Waggner, Frank Butler, Charles Brinley, Lucien Littlefield, Adolphe Menjou, Walter Long.

Rodolfo Valentino in THE SHEIK (Lo sceicco, USA, 1921), regia di George Melford

“Lady Diana non vuole sposarsi perché pensa che il matrimonio sia la fine dell'indipendenza delle donne. Nonostante il parere contrario del fratello e senza seguire i consigli dei suoi corteggiatori, vuole fare da sola un lungo viaggio nel deserto. Mentre sta programmando il viaggio, sente che lì vicino si sta svolgendo una festa e chiede di cosa si tratti. Le rispondono che è una festa organizzata dallo sceicco Ahmed e che solo gli arabi possono parteciparvi. Diana, allora, si traveste da danzatrice e si infila di straforo tra gli invitati. Uno di questi, però, le mette le mani addosso davanti a tutti. Lei si dibatte attirando l'attenzione dello sceicco che, vedendo che la donna non è un'araba, la lascia andare via dalla festa. Uno degli altri invitati, Mustafà Ali, rivela che la donna sta per partire il giorno dopo per il deserto. Intrigato, Ahmed organizza un piano per rapirla: per prima cosa, si introduce nelle stanze di Diana e le scarica il fucile. La mattina dopo, inizia il viaggio. La giovane donna è accompagnata per un tratto di strada dal fratello ma, quando questi la lascia per tornare indietro e farle proseguire il viaggio da sola, Mustafà, la guida, lancia il segnale concordato con Ahmed che attacca la carovana. Diana viene catturata. Lo sceicco invita a cena la riluttante lady inglese in pantaloni, chiedendole di vestirsi da donna. Durante la cena nella sontuosa tenda, scoppia una tempesta. Diana, che tenta la fuga, rischia di morire nel deserto, ma viene salvata da Ahmed. Lui deve andare a cercare i cavalli fuggiti e la lascia. Quando torna e la trova sola, cerca di forzarla, ma alle lacrime di Diana, si vergogna di ciò che stava per fare. Qualche giorno dopo, viene annunciata la visita di Raoul de Saint Hubert, un amico dello sceicco. Diana chiede che le vengano restituiti i suoi vestiti per indossarli quando le verrà presentato. Raoul, quando viene a conoscenza di tutta la storia, rimprovera lo sceicco e gli chiede ripetutamente di lasciare libera la ragazza. Alla fine, Ahmed acconsente e chiede all'amico di accompagnarla lui in Francia. Ma una tribù rivale assale la carovana con Diana e la rapisce. Lo sceicco Omar, nemico acerrimo di Ahmed, cerca di violentare la giovane inglese, ma Diana viene salvata dall'intervento della moglie di Omar che tenta di uccidere il marito in un attacco di gelosia. Ahmed, intanto, trova sulla sabbia una scritta in inglese, "I love you Ahmed" e capisce che anche Diana lo ama. Corre in suo soccorso e ingaggia una feroce lotta contro la tribù rivale. Omar rimane ucciso e Ahmed gravemente ferito. Al suo capezzale, Raoul racconta a Diana che Ahmed non è veramente un arabo: suo padre era un suddito britannico, sua madre una spagnola. I suoi genitori sono morti nel deserto e lui è stato salvato da uno sceicco, che lo ha allevato come un figlio, lo ha fatto studiare all'estero e poi, quando è morto, gli ha lasciato il suo titolo di sceicco. Quando Ahmed si risveglia, Diana gli confessa il suo amore”.

(Wikipedia)

  • Il film: THE SHEIK (Silent, 1921) Rudolph Valentino, Ruth Miller, Adolphe Menjo

Il 18 febbraio 1890 nasce Adolphe Menjou, attore americano, morto nel 1963.

THE SHEIK (Lo sceicco, USA, 1921), regia di George Melford. Con Rodolfo Valentino, Agnes Ayres

 

Una poesia al giorno

La morte, Amor, del mie medesmo loco, di Michelangelo Buonarroti, Rime (XVI secolo), 167.

La morte, Amor, del mie medesmo loco,
del qual, già nudo, trïonfar solevi
non che con l’arco e co’ pungenti strali,
ti scaccia e sprezza, e col fier ghiaccio il foco
tuo dolce ammorza, c’ha dì corti e brevi.
In ogni cor veril men di le’ vali;
e se ben porti l’ali,
con esse mi giugnesti, or fuggi e temi,
c’ogni età verde è schifa a’ giorni stremi.

Di giorno in giorno insin da' mie prim'anni,
Signor, soccorso tu mi fusti e guida,
onde l'anima mia ancor si fida
di doppia aita ne' mie doppi affanni.

Michelangelo Buonarroti (Caprese, 6 marzo 1475 - Roma, 18 febbraio 1564) è stato uno scultore, pittore, architetto e poeta italiano.

Michelangelo Buonarroti (Caprese, 6 marzo 1475 - Roma, 18 febbraio 1564)

Protagonista del Rinascimento italiano, fu riconosciuto già al suo tempo come uno dei maggiori artisti di sempre.
Fu nell'insieme un artista tanto geniale quanto irrequieto. Il suo nome è collegato a una serie di opere che lo hanno consegnato alla storia dell'arte, alcune delle quali sono conosciute in tutto il mondo e considerate tra i più importanti lavori dell'arte occidentale: il David, la Pietà del Vaticano, la Cupola di San Pietro o il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina sono considerati traguardi insuperabili dell'ingegno creativo. Lo studio delle sue opere segnò le generazioni successive, dando vita, con altri modelli, a una scuola che fece arte "alla maniera" sua e che va sotto il nome di manierismo... Da lui considerata come una "cosa sciocca", la sua attività poetica si viene caratterizzando, a differenza di quella usuale nel Cinquecento influenzata dal Petrarca, da toni energici, austeri e intensamente espressivi, ripresi dalle poesie di Dante.
I più antichi componimenti poetici datano agli anni 1504-1505, ma è probabile che ne abbia realizzati anche in precedenza, dato che sappiamo che molti suoi manoscritti giovanili andarono perduti.
La sua formazione poetica avvenne probabilmente sui testi di Petrarca e Dante, conosciuti nella cerchia umanistica della corte di Lorenzo de' Medici. I primi sonetti sono legati a vari temi collegati al suo lavoro artistico, a volte raggiungono il grottesco con immagini e metafore bizzarre. Successivi sono i sonetti realizzati per Vittoria Colonna e per l'amato Tommaso de' Cavalieri; in essi Michelangelo si concentra maggiormente sul tema neoplatonico dell'amore, sia divino che umano, che viene tutto giocato intorno al contrasto tra amore e morte, risolvendolo con soluzioni ora drammatiche, ora ironicamente distaccate.
Negli ultimi anni le sue rime si focalizzano maggiormente sul tema del peccato e della salvezza individuale; qui il tono diventa amaro e a volte angoscioso, tanto da realizzare vere e proprie visioni mistiche del divino.
Le rime di Michelangelo incontrarono una certa fortuna negli Stati Uniti, nell'Ottocento, dopo la loro traduzione da parte del grande filosofo Ralph Waldo Emerson.

(Wikipedia)

 

Un fatto al giorno

18 febbraio 1957: il capo dei ribelli keniota Dedan Kimathi è giustiziato dal governo coloniale britannico.

Monumento a Dedan Kimathi

Dedan Kimathi, nato Kimathiwa Waciuri (Nyeri District, 31 ottobre 1920 - Nairobi, 18 febbraio 1957), è stato un rivoluzionario keniano. Leader dei Mau-Mau, condusse una lotta militare armata nota come la rivolta dei Mau-Mau contro il governo coloniale britannico in Kenya nel 1950. La sua cattura e la sua esecuzione nel 1957 portarono alla sconfitta finale della rivolta da parte del governo coloniale britannico.
Personaggio molto controverso, Kimathi è stato oggetto di un'intensa propaganda negativa da parte del governo britannico che lo ha giudicato come un terrorista, e positiva dai nazionalisti kenioti che lo hanno sempre considerato come una figura eroica della ribellione Mau Mau.
Nonostante sia stato visto con disprezzo sia da parte del regime di Jomo Kenyatta che dai governi successivi, Kimathi ed i suoi compagni ribelli Mau Mau sono ora ufficialmente riconosciuti da parte del governo keniano in carica come “eroi” che hanno lottato per l'indipendenza del Kenya. In suo onore è stato dato nome ad una famosa strada di Nairobi nel Kenya CBD e nella stessa strada in occasione dell'anniversario della sua morte è stata eretta una statua di bronzo raffigurante Kimathi come un valoroso combattente per la libertà. La statua di Dedan Kimathi tiene un fucile con la mano destra e con l'altra un pugnale, che rappresenta l'ultima arma che aveva usato nella lotta prima di essere catturato.

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Io mi ero illuso che le nostre cure potessero ridargli la salute perché un padre si illude sempre. M'ero convinto che egli fosse come una mia macchina, uno dei motori. E così mi ero fatto una tabella delle calorie di tutti gli alimenti che Dino doveva ingerire e che non avrebbero nuociuto ai suoi reni, tenevo un aggiornatissimo diagramma quotidiano delle albumine, del peso specifico dell'urina, del tasso azotemico del sangue, della diuresi eccetera, che mi dava l'indice dell'andamento della malattia. La realtà, tristissima, era ben altra: mio figlio deperiva costantemente perché colpito da distrofia muscolare progressiva. Si spegneva per questa terribile malattia che nessuno ha mai potuto individuare né curare, che nessuna difesa consente all'infuori della profilassi genetica. Fin quando una sera, in quella agenda dove annotavo tutti questi dati, scrissi: la partita è perduta”.

(Enzo Anselmo Ferrari, Modena, 18 febbraio 1898 - 14 agosto 1988)

Enzo Anselmo Ferrari (Modena, 18 febbraio 1898 - 14 agosto 1988)

“Enzo Ferrari è stato un imprenditore, dirigente sportivo e pilota automobilistico italiano, fondatore della omonima casa automobilistica, la cui sezione sportiva, la Scuderia Ferrari, conquistò in Formula 1, con lui ancora in vita, 9 campionati del mondo piloti e 8 campionati del mondo costruttori”.

(Wikipedia)

 

Un brano musicale al giorno

Maria Callas: ''Depuis le jour'', dall’opera ''Louise'' di Gustave Charpentier

Gustave Charpentier (Dieuze, 25 giugno 1860 – Parigi, 18 febbraio 1956)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k