“L’amico del popolo”, 15 luglio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE LADY VANISHES (La signora scompare, United Kingdom, 1938), regia di Alfred Hitchcock. Soggetto: Ethel Lina White. Sceneggiatura: Sidney Gilliat, Alma Reville, Frank Launder. Fotografia: Jack E. Cox. Montaggio: R.E. Dearing. Musica: Louis Levy, Charles Williams. Con: Margaret Lockwood, Michael Redgrave, Paul Lukas. May Whitty as Miss Froy. Cecil Parker as Mr. Todhunter. Linden Travers as "Mrs." Todhunter. Naunton Wayne as Caldicott. Basil Radford as Charters. Mary Clare as Baroness. Emile Boreo (de) as Hotel Manager. Googie Withers as Blanche. Sally Stewart as Julie. Philip Leaver as Signor Doppo. Selma Vaz Dias as Signora Doppo. Catherine Lacey as the Nun. Josephine Wilson as Madame Kummer. Charles Oliver as the Officer. Kathleen Tremaine as Anna.

The Lady Vanishes è un film thriller britannico del 1938 diretto da Alfred Hitchcock, con Margaret Lockwood e Michael Redgrave. Scritto da Sidney Gilliat e Frank Launder, basato sul romanzo del 1936 The Wheel Spins di Ethel Lina White.

15 luglio 1929 muore Hugo von Hofmannsthal, autore, poeta e drammaturgo austriaco (nato nel 1874)

"La signora scompare" ("The lady vanishes") è uno dei primi e meno noti film di Alfred Hitchcok. Fu girato nel 1938 e tratto da un romanzo di Ethel Lina White. Più noto è il remake del 1979, interpretato da Angela Lansbury. Nel film del 1938 gli interpreti principali sono Michael Redgrave, Margaret Lockwood e Dame May Litty.
La trama racconta di un avventuroso viaggio in treno. Il convoglio si dirige dai Balcani verso Londra, ma per una frana è costretto a fermarsi in un luogo sperduti. I passeggeri devono pernottare sul posto e si conoscono meglio. Tra di loro ci sono la giovane ereditiera Iris, il musicologo Gilbert, e la signorina Froy, una governante che sta tornando a casa dopo molti anni di servizio.
Quando il treno riparte, Iris e miss Froy fanno amicizia: ma accade che la ragazza si addormenti e al suo risveglio non trovi più la signora nel suo scompartimento. La cosa più assurda è che tutti gli altri passeggeri negano che la governante sia mai esistita. Iris però riesce a convincere Gilbert ad aiutarla, e finiscono per capire che miss Froy era probabilmente una spia che doveva consegnare un messaggio importante.
Così faranno di tutto per ritrovarla, e poi per salvare sia lei che il suo messaggio, che è una brano musicale da canticchiare.

“Un treno sta correndo dai Balcani verso Londra ma una valanga lo blocca in un villaggio sperduto. Il luogo si trova nello sconosciuto Stato di Brandika, governato da un dittatore. Nell'albergo in cui sono costretti a pernottare s'incontrano alcuni cittadini inglesi protagonisti della storia: Iris Henderson, giovane ereditiera di un ricco produttore di marmellate, reduce da una vacanza con due amiche e diretta a Londra per sposarsi con un nobiluomo; Miss Froy, amabile vecchia signora in tailleur di tweed, governante e insegnante di musica da sei anni in quel paese e in procinto di tornare in patria; Caldicott e Charters, tifosi di cricket, molto contrariati per la forzata interruzione del viaggio che rischia di far loro perdere la fase finale di un test match a Manchester; Gilbert, un musicista appassionato di folklore che registra canti popolari con un po' troppo rumore, da cui deriva uno scontro vivace con Iris; una coppia di amanti la cui maggior preoccupazione è quella di non essere riconosciuti. Durante la notte un suonatore di strada, accompagnato dalla sua chitarra, canta una serenata che Miss Froy starà lungamente ad ascoltare dalla sua stanza, ignara quando decide di andare a dormire che l'uomo sta per essere misteriosamente strangolato.
Il giorno successivo il viaggio riprende. Iris sulla banchina della stazione è vittima di uno strano incidente: nel consegnare gli occhiali scivolati a Miss Froy, che nel frattempo ha ritrovato la borsa perduta sotto una finestra, viene colpita in testa da un vaso di fiori precipitato dal davanzale, probabilmente non destinato a lei. Stordita e dolorante è soccorsa dalla premurosa governante che le siede di fronte nello stesso scompartimento e l'invita poi a prendere un tè nel vagone ristorante. La ragazza si riprende, conversa, ritorna al proprio posto e si addormenta. Quando si risveglia l'anziana signora è sparita. Iris interroga i passeggeri per ritrovarla ma inspiegabilmente tutti negano di averla mai vista e considerano lei vittima di un'allucinazione.
Sul treno ci sono alcuni personaggi già conosciuti in albergo (la coppia di amanti clandestini, i due tifosi di cricket, il musicologo Gilbert) e altri sconosciuti, come il signor Doppo, mago e illusionista spagnolo (italiano nella versione originale) che viaggia con moglie e figlio, il professor Hartz, un neurochirurgo di Praga, una baronessa tedesca. Per ragioni diverse, tutti negano che Miss Froy esista. Disorientata ma decisa a non arrendersi, Iris tenta di convincere Gilbert che Miss Froy era su quel treno. Lo sta per persuadere mostrandogli sul vetro del finestrino ancora visibile la scritta "Froy" che la signora aveva tracciato col dito sul vetro appannato perché lo sferragliare del treno copriva il suono delle parole, ma quando Gilbert guarda, la scritta è scomparsa. Disperata Iris arresta il treno e sviene. Riportata al proprio scompartimento, la protagonista trova, vestita esattamente come Miss Froy, una fredda signora Kummer, che dichiara di essere la persona che andavano cercando.
A convincere Gilbert della versione di Iris sarà la bustina del tè lanciata dal cameriere insieme al resto della spazzatura fuori dal finestrino e andata ad appiccicarsi sul vetro: l'Harriman's tea, preferito da milioni di messicani come aveva commentato Miss Froy, e consegnato da lei stessa perché le fosse servito. Iris e Gilbert iniziano a questo punto a cooperare per ritrovarla. Nella carrozza bagagliaio i due rovistano fra colombe, conigli e armadi dal doppio fondo (gli strumenti del mestiere di Doppo) trovando gli occhiali di Miss Froy, ma il prestigiatore ingaggia una violenta lotta con i due riuscendo a sottrarre loro quella prova.
Il professor Hartz scorta un misterioso malato completamente bendato, diretto ad una clinica per essere da lui operato. Lo assiste una strana suora che indossa scarpe col tacco alto. Gilbert ha un'intuizione: e se fosse Miss Froy il malato imprigionato nei bendaggi? Non ha il tempo di controllarlo perché viene interrotto da Hartz, di cui lui e Iris si fidano, ma che in realtà sta per disfarsi di loro con un brandy drogato. In un susseguirsi di colpi di scena e di scambi di persona Miss Froy (c'è proprio lei sotto le bende) è liberata, ma i passeggeri inglesi del treno si trovano coinvolti in una pericolosa storia di spionaggio.
Le spie guidate da Hartz e dalla baronessa vogliono catturare miss Froy, di cui appare ormai chiaro un ruolo ben più rilevante di quello di governante. Fanno deviare il treno su un binario morto, accerchiato da uomini armati. Miss Froy prova a fuggire nel bosco, dopo aver lasciato un messaggio in codice contenuto nelle note musicali di una melodia (lo stesso suonato dal chitarrista assassinato), che Gilbert deve imparare a memoria e portare al Foreign Office britannico nel caso lei non riesca a salvarsi.
Coraggiosamente i passeggeri, si difendono e rispondono al fuoco nello scontro armato con le forze nemiche. Gilbert costringe i macchinisti a riattivare la locomotiva e il treno riesce a superare il confine, mettendo in salvo i passeggeri. A Londra Iris, conquistata da Gilbert, rinuncia per lui al suo futuro sposo. Come promesso si recano al Ministero degli Esteri a Whitehall per riferire il messaggio in codice.
Gilbert imbarazzatissimo si accorge allora di aver dimenticato le note della melodia che pure aveva canticchiato per tutto il tempo. Al pianoforte qualcuno però sta suonando proprio quelle note: è la cara Miss Froy, felicemente e definitivamente ritrovata”.

(Wikipedia)

Il 15 luglio 1990 moriva Margaret Lockwood, CBE (15 settembre 1916 - 15 luglio 1990), attrice inglese. Una delle più famose star del cinema degli anni '30 e '40, recitò in The Lady Vanishes (1938), Night Train to Munich (1940), The Man in Grey (1943), and The Wicked Lady (1945). Hitchcock fu molto colpito da Lockwood e dichiarò alla stampa: Ha un indubbio talento nell'esprimere la sua bellezza in termini di emozione...

 

Una poesia al giorno

Ballade des äußeren Lebens, di Hugo von Hofmannsthal, 1903

Und Kinder wachsen auf mit tiefen Augen,
Die von nichts wissen, wachsen auf und sterben,
Und alle Menschen gehen ihre Wege.

Und süße Früchte werden aus den herben
Und fallen nachts wie tote Vögel nieder
Und liegen wenig Tage und verderben.

Und immer weht der Wind, und immer wieder
Vernehmen wir und reden viele Worte
Und spüren Lust und Müdigkeit der Glieder.

Und Straßen laufen durch das Gras, und Orte
Sind da und dort, voll Fackeln, Bäumen, Teichen,
Und drohende und totenhaft verdorrte...

Wozu sind diese aufgebaut? und gleichen
Einander nie? und sind unzählig viele?
Was wechselt Lachen, Weinen und Erbleichen?

Was frommt das alles uns und diese Spiele,
Die wir doch groß und ewig einsam sind
Und wandernd nimmer suchen irgend Ziele?

Was frommts, dergleichen viel gesehen haben?
Und dennoch sagt der viel, der ”Abend” sagt,
Ein Wort, daraus Tiefsinn und Trauer rinnt

Wie schwerer Honig aus den hohlen Waben.

15 luglio 1929 muore Hugo von Hofmannsthal, autore, poeta e drammaturgo austriaco (nato nel 1874)

Ballata della vita apparente

E fanciulli dai grandi occhi innocenti
Fioriscono e declinano nel buio
E ognuno corre la sua via nel mondo

E d’acerbi maturan dolci frutti,
Cadono a notte come uccelli,
Giacciono al suolo in pochi dì corrotti.

E vaga eterno il vento, eternamente
S’ascoltano e rispondono parole
E gioia e noia piegano le membra.

E strade bianche corrono fra l’erba,
Incontro a piazze lumi alberi stagni,
Fra cupo rombo e squallidi deserti.

Tante pietre perché, tante contrade,
E nome e volto mai non hanno eguali?
Riso e pianto, che muta, e impallidire?

E questo a noi che giova e questi giochi,
Che grandi siamo ed in eterno soli
E non cerchiamo al nostro andare un fine?

Cose tante, che giova aver vedute?
E molto dice chi mai dica «sera»,
Parola da cui tardo un lutto stilla

Come da l’arnie vuote grave miele.

Traduzione di Leone Traverso. «Reputato a ragione il maggior grecista e germanista nella brillante schiera dei cosiddetti “ermetici” fiorentini, possiede accanto a uno straordinario senso della lingua un talento poetico che pone al servizio dei poeti che traduce, ma che al dire di amici come Mario Luzi, Tommaso Landolfi, Oreste Macrì gli avrebbe permesso di esprimersi altamente con la sua voce, non avesse tutta piegata quella voce a offrire al lettore italiano i versi assoluti di Pindaro, dei tragici greci, di Hölderlin, di Trakl, di Rilke, di Hofmannsthal.» Dalla nota di Margherita Pieracci Harwell in: Cristina Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso, 1953-1967, Milano, Adelphi, 2007, pp. 207-208).)

Ballata della vita apparente

E crescono i bambini, con i profondi occhi
Che nulla sanno, crescono e poi muoiono,
ed ogni uomo va per la sua via.

E in dolci frutti mutano gli acerbi
e nella notte cadono come uccelli
e in pochi giorni giacciono corrotti.

E sempre spira il vento e sempre ancora
noi diciamo e ascoltiamo numerose parole
e voluttà e stanchezza tocca le nostre membra.

E strade corrono, traverso l’erba, e luoghi
sono qua e là, con lumi, alberi, stagni,
o minacciosi e mortalmente calvi...

A che furono edificati? E mai
due si uguagliano? e sono innumerevoli?
Che mutano le risa, il pianto ed il pallore?

Che giova il tutto a noi, e questi giuochi,
se siamo grandi ed in eterno soli
e non poniamo segno al nostro andare?

Che vale aver veduto tanto? Pure
Dice molto colui che dice «sera»,
parola da cui goccia lutto e meditazione

come dai vuoti favi il miele greve.

Traduzione di Cristina Campo, al secolo Vittoria Guerrini (1923-1977), ha pubblicato in vita la raccolta di poesie Passo d’addio (1956), e le prose di Fiaba e mistero (1962) e Il flauto e il tappeto (1971), oltre a traduzioni e saggi. Tra questi ultimi vanno menzionate le introduzioni alle versioni poetiche, in particolare a quelle da John Donne (Introduzione a Poesie amorose e teologiche, a cura di Cristina Campo, Torino, Einaudi, 1971) e William Carlos Williams (Introduzione a Poesie di William Carlos Williams, tradotte e presentate da Cristina Campo e Vittorio Sereni, Torino, Einaudi, 1961). Di Cristina Campo Adelphi ha pubblicato due volumi di saggi, Gli imperdonabili (1987) e Sotto falso nome (1998), il volume di poesie e traduzioni poetiche La Tigre Assenza (1991), le Lettere a Mita (1999) e le Lettere a Leone Traverso (1953-1967) nel volume Caro Bul (2007).

Le due traduzioni insieme a una terza, molto interessante di Elena Croce (1915-1994). Figlia primogenita di Benedetto Croce si trovano in poetarumsilva.com e danno la possibilità di riflettere sul senso del leggere tradotto.

15 luglio 1929 muore Hugo von Hofmannsthal, autore, poeta e drammaturgo austriaco (nato nel 1874)

Cristina Campo, al secolo Vittoria Guerrini (1923-1977)

 

Un fatto al giorno

15 luglio 1927: Massacro di luglio. Ottantanove manifestanti vengono uccisi dalla polizia austriaca a Vienna.

La rivolta di luglio del 1927 (conosciuta anche come il fuoco del Palazzo di Giustizia di Vienna, in tedesco: Wiener Justizpalastbrand) fu una grande rivolta a partire dal 15 luglio 1927 nella capitale austriaca di Vienna. Culminò con le forze di polizia che spararono contro la folla indignata, uccidendo 89 manifestanti, mentre cinque poliziotti morirono. Più di 600 manifestanti e circa 600 poliziotti furono feriti.
“La rivolta scoppiò in seguito al conflitto tra il Partito Socialdemocratico Austriaco e un'alleanza di destra, formata anche dai ricchi industriali e dalla Chiesa Cattolica nella tragica situazione austriaca successiva al crollo dell'Impero Asburgico. Nei primi anni '20 si erano formate in Austria parecchie bande paramilitari nazionaliste e protonaziste, tra le quali il Frontkämpfervereinigung Deutsch-Österreichs (“Fronte Unito di Lotta di Austria e Germania”) comandato dal colonnello Hermann Hiltl; i socialdemocratici contrapponevano il loro Republikanischer Schutzbund (“Lega di Difesa Repubblicana”) in un clima da guerra civile. Un primo scontro tra le due formazioni si ebbe il 30 gennaio 1927 durante una manifestazione a Schattendorf, nel Burgenland; nello scontro armato morirono un veterano della Grande Guerra e un bambino di 8 anni. Tre membri della formazione nazionalista vennero arrestati e rinviati a giudizio per il mese di luglio a Vienna, imputati di strage e agguato armato. Difesi dall'avvocato Walter Riehl, optarono comunque per l'autodifesa e furono assolti tra l'indignazione generale.

Il “Verdetto di Schattendorf” portò ad uno sciopero generale indetto allo scopo di far dimettere il governo guidato dal cancelliere cristiano-sociale Ignaz Seipel. Le proteste massicce iniziarono la mattina del 15 luglio 1927, quando una folla infuriata tentò di assaltare il rettorato dell'Università di Vienna sulla Ringstrasse. I rivoltosi attaccarono quindi e distrussero un vicino commissariato di polizia e la sede di un giornale, prima di dirigersi verso il Parlamento austriaco. Respinti dalla polizia, si diressero quindi verso il Palazzo di Giustizia. Circa a mezzogiorno, i rivoltosi entrarono nel palazzo fracassando porte e finestre; dopo aver distrutto gli uffici, diedero fuoco agli archivi e al casellario giudiziario. In breve tempo l'intero palazzo di giustizia fu in preda alle fiamme; il fuoco si propagò rapidamente, mentre contemporaneamente i rivoltosi assaltarono i vigili del fuoco tagliando le bocchette e distruggendo gli idranti. Il fuoco non poté essere domato fino al mattino successivo. Il capo della polizia viennese, Johann Schober (che era stato primo ministro e che lo sarebbe stato ancora), represse la rivolta con violenza inaudita. Costrinse il sindaco di Vienna, il socialdemocratico Karl Seitz, a far intervenire l'esercito austriaco; Seitz rifiutò, seguito a ruota dal ministro della difesa, il cristiano-sociale Carl Vaugoin. Schober fece allora fornire le forze di polizia di fucili da guerra in dotazione all'esercito, e annunciò pubblicamente che avrebbe sgomberato la piazza con la forza dopo che Seitz e il segretario del Republikanischer Schutzbund, Theodor Körner, avevano tentato invano di convincere la folla a sciogliersi. La polizia aprì il fuoco e fu una strage di dimensioni enormi.”

  • Una canzone: Die Arbeiter von Wien di Fritz Brügel (I lavoratori, o gli operai, di Vienna). La canzone Die Arbeiter von Wien è la principale canzone di lotta nata durante la Rivolta di Luglio viennese del 1927; da allora fa parte integrante dei canti antifascisti internazionali. Il testo fu scritto da Fritz Brügel (nato nel 1897 a Vienna e morto nel 1955 a Londra.

Die Arbeiter von Wien

Wir sind das Bauvolk der kommenden Welt,
wir sind der Sämann, die Saat und das Feld.
Wir sind die Schnitter der kommenden Mahd,
wir sind die Zukunft und wir sind die Tat.

So flieg, du flammende, du rote Fahne,
voran dem Wege, den wir ziehn.
Wir sind der Zukunft getreue Kämpfer,
wir sind die Arbeiter von Wien.

Herrn der Fabriken, ihr Herren der Welt,
endlich wird eure Herrschaft gefällt.
Wir, die Armee, die die Zukunft erschafft,
sprengen der Fesseln engende Haft.

So flieg, du flammende, du rote Fahne,
voran dem Wege, den wir ziehn.
Wir sind der Zukunft getreue Kämpfer,
wir sind die Arbeiter von Wien.

Wie auch die Lüge uns schmähend umkreist,
alles besiegend erhebt sich der Geist.
Kerker und Eisen zerbricht seine Macht,
wenn wir uns rüsten zur letzten Schlacht.

So flieg, du flammende, du rote Fahne,
voran dem Wege, den wir ziehn.
Wir sind der Zukunft getreue Kämpfer,
wir sind die Arbeiter von Wien.

So flieg, du flammende, du rote Fahne,
voran dem Wege, den wir ziehn.
Wir sind der Zukunft getreue Kämpfer,
wir sind die Arbeiter von Wien.

15 luglio 1927: Massacro di luglio

Traduzione di Riccardo Venturi
I LAVORATORI DI VIENNA

Noi siamo il popolo che edifica il mondo a venire,
siamo il seminatore, il seme ed il campo.
Noi siamo il mietitore della messe a venire,
siamo il futuro, e siamo il fatto avvenuto.

E allora sventola, bandiera rossa fiammante,
in testa al cammino che noi percorriamo.
Siamo il futuro, combattenti fedeli,
siamo i lavoratori di Vienna.

Signori delle fabbriche, signori del mondo,
infine il vostro dominio sarà abbattuto.
Noi, armata che crea l'avvenire
spezzeremo gli stretti vincoli delle catene.

E allora sventola, bandiera rossa fiammante,
in testa al cammino che noi percorriamo.
Siamo il futuro, combattenti fedeli,
siamo i lavoratori di Vienna.

Sebben la menzogna ci circondi ingiuriosa,
su tutto vittorioso s'innalza lo Spirito.
La sua forza spezzerà carceri e ceppi
se ci prepareremo all'ultima battaglia.

E allora sventola, bandiera rossa fiammante,
in testa al cammino che noi percorriamo.
Siamo il futuro, combattenti fedeli,
siamo i lavoratori di Vienna.

E allora sventola, bandiera rossa fiammante,
in testa al cammino che noi percorriamo.
Siamo il futuro, combattenti fedeli,
siamo i lavoratori di Vienna. ”

 

Una frase al giorno

“C'è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un'unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l'angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera”.

(Walter Benjamin, Berlino, 15 luglio 1892 - Portbou, 26 settembre 1940)

Paul Klee, Angelus Novus, 1920

Walter Bendix Schöenflies Benjamin conosciuto come Walter Benjamin, è stato un filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco. Walter Benjamin è stato un pensatore eclettico che si è occupato di epistemologia, estetica, sociologia, misticismo ebraico e materialismo storico. Il lavoro di Benjamin, riconosciuto postumo, ha influenzato filosofi (quali Theodor Adorno, Georg Lukács e Hannah Arendt), mistici (come Gershom Scholem) e drammaturghi del calibro di Bertolt Brecht. Benjamin nasce a Berlino il 15 luglio del 1892, in una famiglia ebraica. Il padre, Emil, era un ricco antiquario e la madre, Paula Schönflies, proveniva da un'agiata famiglia di commercianti. A Walter seguono altri due figli: Dora (che morirà a Zurigo nel 1946) e Georg (futuro dirigente del Partito Comunista Tedesco, che morirà nel 1942 nel campo di concentramento di Mauthausen)...”

(Wikipedia)

(Walter Benjamin, Berlino, 15 luglio 1892 - Portbou, 26 settembre 1940)

 

Un brano musicale al giorno

Ernest Bloch: "From Jewish Life"
Karen Kocharyan al violoncello, con la Armenian Chamber Players. Direttore Eduard Topchjan.

15 luglio 1959 muore Ernest Bloch, compositore e accademico svizzero-americano, nato nel 1880

From Jewish Life, di Ernest Bloch, è un insieme di tre brevi pezzi, o movimenti, scritti dal compositore nel 1924 per il violoncellista Hans Kindler.

15 luglio 1959 muore Ernest Bloch, compositore e accademico svizzero-americano, nato nel 1880.

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k