“L’amico del popolo”, 13 giugno 2019

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno III. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

EN PERFEKT GENTLEMAN (Svezia, 1927), regia di Vilhelm Bryde e Gösta EkmanEN PERFEKT GENTLEMAN (Svezia, 1927), regia di Vilhelm Bryde e Gösta Ekman. Sceneggiatura: Hjalmar Bergman. Fotografia: Axel Lindblom. Montaggio: Axel Lindblom. Interpreti: Gösta Ekman as Marquis Robert de Luny & Jean Coubert. La Jana as Marquise Hortense. Karin Swanström as Charlotte Ponsonò Hans Albers as Oberst Jacques Renardò Eric Bertner as Pierre. Otto Jacobsen as Marcel. Helga Brofeldt as Schwester Rosalie. Carl Browallius as Advokat Bonnard. Albert Ranft as Kartenspielender Herr. Oscar Byström as Ein älterer Mann. Gucken Cederborg as Ein Weib. Knut Lambert as Ein älterer Herr. Mia Sernquist as Eine alte Frau. Wilhelm Tunelli as Ein alter Mann. Ellen Adelstam as Eine alte Dame. Leo Golowin as Ein Herr. Ragnar Arvedson as Ein Mann. Ida Schylander as Ein Weib. Sture Baude as Ein Mann. Gerda Ström as Ein Weib. Seth Hesslin as Ein Mann. Gull Natorp. Olga Andersson. Erik Bergman. Ragnar Billberg. Mia Gründer. Desdemona Schlichting.

Un ricco grossista di cuoio compra la sua villa da un nobile fallito con tutti i suoi accessori, vivi e morti, incluso il signore del castello, e sposa la sua graziosa figlia.
Il giovane Robert de Luny, un nobile degenerato dell'antica famiglia, è debole e non riesce nemmeno a proteggere sua moglie dalla sfida di uno dei suoi amici del club, Renard. Quando poi va nella sua fattoria, incontra l'inquilino Jan Coubert, che è incredibilmente simile a lui e lo persuade a scambiare lavoro per qualche tempo. Il falso Robert de Luny ritorna alla villa.
Si innamora ed è amato, punisce l'invadente Renard e, come uomo nuovo, riceve una parte di eredità dalla ricca suocera che la dà al presunto genero. Quando il vero gentiluomo torna a casa, vede che in realtà qui è inutile e il suo orgoglio scatta solo nella lotta con Renard al suo doppio, viene ferito mortalmente, aprendo così finalmente il cammino di Coubert verso una nuova vita.

Commedia romantica piacevole e abbastanza moderna, costruita sul libro di Hjalmar Bergman. Ekman ha scritto una sceneggiatura insieme a Bergman.

EN PERFEKT GENTLEMAN (Svezia, 1927), regia di Vilhelm Bryde e Gösta Ekman

Un’attrice, regista, produttrice, grande interprete del film, Karin Swanström, è nata in Svezia il 13 giugno 1873 (morta nel 1942)

Karin Swanström, attrice, regista, produttrice, grande interprete del film (Svezia, 13 giugno 1873 - morta nel 1942)

 

Una poesia al giorno

Stolen Child, di William Butler Yeats

I
Where dips the rocky highland
Of sleuth wood in the lake
There lies a leafy island
Where flapping herons wake
The drowsy water rats
There we’ve hid our fairy vats
Full of berries
And of reddest stolen cherries.
Come away oh human child
To the waters and the wild
With a faery hand in hand
For the world’s more full of weeping
Than you can understand

II
Where the wave of moonlight glosses
The dim grey sands with light
By far off furthest Rosses
We foot it all the night
Weaving olden dances
Mingling hands and mingling glances
Till the moon has taken flight
To and fro we leap
And chase the frothy bubbles
Whilst the world is full of troubles
And is anxious in its sleep.
Come away oh human child
To the waters and the wild
With a faery hand in hand
For the world’s more full of weeping
Than you can understand

III
Where the wandering water gushes
From the hills above glen car
In pools among the rushes
That scarce could bathe a star
We seek for slumbering trout
And whispering in their ears
Give them unquiet dreams
Leaning softly out
From ferns that drop their tears
Over the young streams
Come away oh human child
To the waters and the wild
With a faery hand in hand
For the world’s more full of weeping
Than you can understand

IV
Away with us he’s going
The solemned eyed
He’ll hear no more the lowing
Of the calves on the warm hillside
Or the kettle on the hob
Sing peace unto his breast
Or see the brown mice bob
Round and round the oatmeal chest.
For he comes, the human child
To the waters and the wild
With a faery hand in hand
For the world’s more full of weeping
Than you can understand.

 

Il fanciullo rapito (traduzione italiano di Roberto Sanesi da “Poesie di Yeats”, Mondadori. 1974 in terreceltiche.altervista.org)

I
Laggiù dove i monti rocciosi
Di Sleuth Wood si tuffano nel lago,
Laggiù si stende un’isola fronzuta
Dove gli aironi svegliano, sbattendo
Le ali, i sonnolenti topi d’acqua;
Laggiù abbiamo nascosto i nostri tini
Fatati, ricolmi di bacche e ciliege
Fra le più rosse di quelle rubate.
Vieni, fanciullo umano!
Vieni all’acque e nella landa
Con una fata, mano nella mano,
Perché nel mondo vi sono più lacrime
Di quanto tu non potrai mai comprendere.

II
Laggiù dove l’onda del chiaro di luna risveglia
Riflessi luminosi nelle grigie e opache
Sabbie, lontano, là presso la lontana
Rosses (3), tessendo danziamo
Tutta la notte le più antiche danze,
Intrecciando le mani e intrecciando gli sguardi
Finché la luna non abbia preso il volo;
E avanti e indietro a balzi
Inseguiamo le bolle spumeggianti,
Mentre il mondo è ricolmo di pene
E dorme un sonno ansioso.
Vieni, fanciullo umano!
Vieni all’acque e nella landa
Con una fata, mano nella mano,
Perché nel mondo vi sono più lacrime
Di quanto tu non potrai mai comprendere.

III
Dove l’acqua zampilla, vagabonda,
Dalle colline sopra Glen-Car
Nei laghetti fra i salici
Dove a stento una stella potrebbe
Bagnarsi, cerchiamo le trote assopite
E bisbigliando, ai loro orecchi doniamo
Ad esse sogni inquieti;
Lievemente sporgendoci
Dalle felci che versano
Le loro lacrime sui giovani ruscelli.
Vieni, fanciullo umano!
Vieni all’acque e nella landa
Con una fata, mano nella mano,
Perché nel mondo vi sono più lacrime
Di quanto tu non potrai mai comprendere.

IV
E con noi egli viene,
Il fanciullo dall’occhio solenne:
Mai più potrà udire i muggiti
Dei vitelli sui tepidi pendii
O la teiera sopra il focolare
Cantargli la pace nel petto,
Né vedere i sorci bruni
Che corrono attorno alla madia.
Perché egli viene, il fanciullo umano,
Viene all’acque e nella landa
Con una fata, mano nella mano,
Da un mondo dove esistono più lacrime
Di quanto egli potrà mai comprendere.

 

“The Stolen Child” è un poema di William Butler Yeats, pubblicato nel 1889 in The Wanderings of Oisin and Other Poems. Il poema, stato scritto nel 1886, è considerato uno dei poemi giovanili più famosi di Yeats e parla di un bambino che segue incantato le fate. Yeats ha avuto un grande interesse per la mitologia irlandese sulle fate, che lo ha portato alla pubblicazione di Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry nel 1888 e Fairy Folk Tales of Ireland nel 1892.

  • Ascoltare il brano musicale: Stolen Child - Loreena McKennitt

“Nel 1889, Yeats incontra Maud Gonne, una giovane ereditiera che aveva iniziato a consacrarsi al movimento nazionalista irlandese. Maud Gonne apprezza particolarmente i suoi poemi The Isle of Statues. Yeats concepisce un'infatuazione ossessiva per Maud. Due anni più tardi le propone di convivere ma lei rifiuta. In tutto le propone tre volte di stare insieme: nel 1899, 1900 e 1901, ricevendo sempre un rifiuto. Invece Maud sposa il nazionalista cattolico John MacBride nel 1903. Quello stesso anno Yeats soggiorna in America per un giro di conferenze e incontra Olivia Shakespeare con cui ha una relazione, durata un anno, seguita da un'amicizia duratura. Nell'ottobre del 1917, dopo un ennesimo rifiuto di Maud (e della figlia di lei Iseult), Yeats sposa la giovane Georgie Hyde-Lees.
Nel 1896 Yeats viene presentato a Lady Augusta Gregory dal loro amico comune Edward Martyn. Lady Gregory ospita Yeats nella tenuta di Coole Park presso Galway, incoraggia il suo nazionalismo e lo persuade a continuare a scrivere opere teatrali. Anche se influenzato dal simbolismo francese, Yeats si concentra su testi di ispirazione irlandese. Questa tendenza è rafforzata dall'emergere di una nuova generazione di autori irlandesi. Con Lady Gregory, Martyn ed altri scrittori tra cui J. M. Synge, Seán O'Casey, e Padraic Colum, Yeats fonda il movimento letterario Irish Literary Revival o Celtic Revival. Questo gruppo acquista una proprietà a Dublino dove il 27 dicembre 1904 apre l'Abbey Theatre. Nella serata inaugurale vanno in scena i drammi Cathleen Ni Houlihan di Yeats e Spreading the News di Lady Gregory. Yeats si occupa di teatro fino alla sua morte sia come membro del comitato direttivo, sia come drammaturgo.
Yeats oscilla a lungo tra la Londra decadente del XIX secolo e l'Irlanda in piena ebollizione indipendentista. Le sue prime poesie si caratterizzano per l'uso marcato di simboli ripresi da diverse tradizioni: irlandese, kabalistica, cattolica, greco-romana. In seguito si focalizza sulla realtà storica e personale.
Yeats stringe rapporti di amicizia con molti letterati e artisti. È conosciuto e stimato da Oscar Wilde, John Millington Synge, James Joyce, Thomas Stearns Eliot e Virginia Woolf. Per alcuni anni, intorno al 1913, Ezra Pound gli fa da segretario.
Nel 1923 riceve il Premio Nobel per la letteratura. Il comitato Nobel descrive la sua opera come «poesia sempre ispirata, la cui forma altamente artistica esprime lo spirito di una intera nazione».
Nel 1931 accoglie a Dublino il filosofo italiano Mario Manlio Rossi, che dedicò il libro Viaggio in Irlanda (1932) a questa sua prima visita dell'isola...”

(Articolo completo in it.wikipedia.org)

 

Un fatto al giorno

13 giugno 1525: Martin Lutero sposa Katharina von Bora, contro l’obbligo del celibato decretato dalla Chiesa cattolica per sacerdoti e suore.

Katharina von Bora (Lippendorf, 29 gennaio 1499 - Torgau, 20 dicembre 1552) è stata una monaca cristiana tedesca convertitasi al protestantesimo e successivamente diventata la moglie di Martin Lutero, principale fautore della Riforma protestante. È una delle figure più importanti della Riforma per il contributo che diede all'elaborazione del modello di matrimonio del clero e di famiglia protestante. Eppure della sua vita rimangono pochissime testimonianze, oltre agli scritti di Lutero stesso e di qualche contemporaneo.

... Nel 1504, Katharina, all'età di 5 anni, fu affidata per essere educata al monastero benedettino di Brehna, presso Halle. Nel 1508 il padre la fece trasferire a Marienthron, il monastero cistercense di Nimbschen, presso Grimma, in cui era madre superiora una zia materna della bambina, Margarete von Haubitz, e dove risiedeva anche una zia paterna, Magadalene von Bora. Al monastero Katharina imparò a leggere, a scrivere e qualche rudimento di latino. L'8 ottobre 1515, all'età di 16 anni, prese i voti.

Katharina cominciò a interessarsi del nascente movimento riformatore e a essere insoddisfatta della vita religiosa: assieme ad altre suore progettò di abbandonare il monastero e contattò segretamente Lutero, chiedendogli aiuto. La vigilia di Pasqua del 1523, Lutero incaricò Leonhard Köppe, consigliere comunale di Torgau e mercante, che regolarmente consegnava aringhe al monastero, di favorire la fuga di Katharina e delle sue consorelle che, nascoste tra la merce trasportata nel carro di Köppe, raggiunsero Wittenberg.

Nei due anni seguenti, Lutero organizzò onorevoli matrimoni per le ex suore. Katharina fu dapprima ospitata dalla famiglia di Philipp Reichenbach, segretario comunale, poi nella casa del pittore Lucas Cranach il vecchio e di sua moglie. Rifiutò alcuni pretendenti, come lo studente Hieronymus Baumgärtner di Norimberga e il pastore Kaspar Glatz di Orlamünde: era sua ferma intenzione, infatti, di non sposare altri che lo stesso padre della Riforma, Lutero.

Lutero e Katharina si fidanzarono il 13 giugno 1525 e il matrimonio ebbe luogo il 27 giugno: la sposa aveva 26 anni, Lutero 42. La coppia andò ad abitare nell'ex convento agostiniano di Wittenberg, donato loro dal principe-elettore di Sassonia Johann, figlio del principale protettore di Lutero, Federico III di Sassonia).

Come ricorda Federico A. Rossi di Marignano nella sua biografia, Lutero restò molto contento del suo matrimonio e di sua moglie: «Io non vorrei scambiare la mia Caterina né per il regno di Francia, né per Venezia, in primo luogo perché Dio ha donato lei a me e ha dato me a lei; in secondo luogo perché spesso ho sperimentato che ci sono più difetti nelle altre donne che nella mia Caterina; e se anche ne ha qualcuno, pure d'altra parte ci sono [in lei] molte più grandi virtù; infine perché osserva la fedeltà coniugale, vale a dire la fede e l'onestà. Così viceversa deve pensare una moglie del marito»”

(Articolo completo in it.wikipedia.org/wiki)

13 giugno 1525: Martin Lutero sposa Katharina von Bora

Immagini:

 

Una frase al giorno

"Mentre da vaghi e giovenil pensieri
Fui nodrita, or temendo, ora sperando,
Piangendo or trista, ed or lieta cantando,
Da desir combattuta or falsi, or veri,
Con accenti sfogai pietosi e feri
I concetti del cor, che spesso amando
Il suo male assai più che 'l ben cercando,
Consumava dogliosa i giorni interi!"

(Veronica Gambara, 30 novembre 1485 - 13 giugno 1550. Autoritratto in poesia. Fu poetessa, statista e leader politico italiano).

Veronica Gambara (30 novembre 1485 - 13 giugno 1550). Fu poetessa, statista e leader politico italiano

“...Secondo il letterato correggese Rinaldo Corso, che le fu familiare e redasse dopo la sua morte un profilo biografico (Vira di Giberco III di Correggio detto il Difensore colla vita di V. G., Ancona, A. de Grandi, 1566, pp. 39-45), sarebbe stata portata al sepolcro con un ramo di ulivo e in bocca uno di lauro, a simboleggiare l'indole pacifica e il culto delle Muse. La Vita del Corso ci lascia altresì una descrizione fisica e morale della G., presentata come una donna austera, incline agli studi e alla meditazione, indifferente agli svaghi, all'esercizio fisico e alla stessa vita all'aperto «fuggiva l'aere», ma affabile e misurata, gradevole nella conversazione, clemente e immune dall'ira; unici difetti l'avere patteggiato troppo scopertamente per i suoi anche qualora fossero nell'errore ed essere stata vulnerabile all'adulazione. Alla complessione armoniosa delle membra corrisposero lineamenti non brutti ma non particolarmente delicati; fonti manoscritte la definiscono però più esplicitamente corpulenta. Nulla di queste caratteristiche poco felici si evidenzia nel ritratto di anonimo del sec. XVI conservato nel castello di Zoppola presso Brescia, che presenta un volto fine e aggraziato, nel quale andrà visto il risultato di un'idealizzazione postuma”.

(Franco Pignatti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999), biografia completa in www.treccani.it)

 

Un brano musicale al giorno

Demetrio Stratos - Le sirene

«Demetrio Stratos, pseudonimo di Efstràtios Dimitrìu (Alessandria d'Egitto, 22 aprile 1945 - New York, 13 giugno 1979), è stato un cantante, polistrumentista e musicologo greco naturalizzato italiano, famoso per essere stato il front man delle band I Ribelli e Area.
Demetrio Stratos coltivò un'importante esperienza solista incentrata su sperimentazioni e ricerche vocali, che ha prodotto un'ampia e notevole discografia. Il suo studio della voce come strumento, memore dell'esempio dei cantanti più avanzati della musica nera statunitense come Leon Thomas, lo portò nel corso degli anni settanta a raggiungere risultati al limite delle capacità umane. Compì ricerche di etnomusicologia ed estensione vocale in collaborazione con il CNR di Padova tra il 1976 e il 1978, e studiò le modalità canore dei popoli asiatici. Il prof. Franco Ferrero, che presso il Centro Studi per le ricerche di Fonetica del CNR dell'Università di Padova analizzò gli effetti che Stratos riusciva a produrre, ammette: «Stando a quanto ho riscontrato durante l'emissione, le corde vocali non vibravano. La frequenza era molto elevata (le corde vocali non riescono a superare la frequenza di 1000-1200 Hz). Nonostante ciò Demetrio otteneva non uno, ma due fischi disarmonici, uno che da 6000 Hz scendeva di frequenza, e l'altro che da 3000 Hz saliva. Non si poteva supporre, quindi, che un fischio fosse l'armonico superiore dell'altro. Constatai anche l'emissione di tre fischi simultanei».

Demetrio Stratos, pseudonimo di Efstràtios Dimitrìu (Alessandria d'Egitto, 22 aprile 1945 - New York, 13 giugno 1979)

Le analisi sulla voce di Stratos, sia quelle effettuate nel periodo 1976-78 quando fu presente a Padova, sia le successive, hanno dimostrato che il musicista riusciva a produrre diplofonie, suoni bitonali e difonici (canto armonico, meccanismi vocali sovraglottici, fischio laringeo), abilità diverse tra loro che è raro trovare nella stessa persona. Grazie alle già notevoli doti innate, alle tecniche acquisite, e agli studi con il CNR, Stratos riuscì a raggiungere risultati che rimangono ancora ineguagliati.

Demetrio Stratos, pseudonimo di Efstràtios Dimitrìu (Alessandria d'Egitto, 22 aprile 1945 - New York, 13 giugno 1979)

Franco Ferrero affermò inoltre quanto segue: "La strabiliante ricerca di Stratos porta molte suggestioni e piste di ricerca ancora da studiare. Vorrei limitarmi a due sottolineature particolarmente stimolanti e innovative per il nostro tempo: la preminenza del significante rispetto al significato e il valore rituale della voce in ordine all'accesso alla scaturigine del corpo". “La voce - sostiene Stratos - è oggi nella musica un canale di trasmissione che non trasmette più nulla”; e ancora: “L'ipertrofia vocale occidentale ha reso il cantante moderno pressoché insensibile ai diversi aspetti della vocalità, isolandolo nel recinto di determinate strutture linguistiche.” Nel 1974 prese parte a tournée e festival in Francia, Portogallo, Svizzera e Cuba; a Cuba ricevette l'invito dal Ministero della Cultura ad incontrarsi con la Delegazione di musicisti della Mongolia per partecipare a un dibattito sulla vocalità dell'Estremo oriente; Stratos si era infatti progressivamente inoltrato nell'affascinante mondo dei suoni riprendendo e ampliando un vasto discorso sul significato della voce nelle civiltà orientali e medio-orientali.

(In it.wikipedia.org)

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k