“L’amico del popolo”, 16 aprile 2018

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

MONSIEUR VERDOUX (Usa, 1947), scritto, diretto e musicato da Charlie Chaplin, da un’idea di Orson Welles. Fotografia: Roland Totheroh, Curt Courant. Montaggio: Willard Nico. Con: Mady Correll, Lois Conklin, Isabel Elsom, Wheeler Dryden, Charles Evans, William Frawley, Margaret Hoffmann, Arthur Hohl, Robert Lewis, Fritz Leiber, Lester Matthews, Edwin Mills, Ada May, Eula Morgan, Barry Norton, Mary Nash, Allison Roddan, Martha Raye, Almira Sessions, Pierre Watkin, Herb Vigran, Tom Wilson, Helen High, John Harmon, Vera Marshe, Fred Karno Jr., Therese Lyon, Richard Abbott, Irving Bacon, Marjorie Bennett, Audrey Betz, Virginia Brissac, Charlie Chaplin, Bernard Nedell.

Nella Francia del primo dopoguerra, la crisi economica provoca la disoccupazione e mette in difficoltà le classi sociali più deboli. Henri Verdoux, impiegato bancario, viene licenziato dopo trent'anni di collaborazione e così, pur di mantenere la moglie inferma e un bimbo piccolo e assicurar loro una casa e una vita dignitosa, finisce per darsi al delitto, sposando sotto falso nome e poi uccidendo delle ricche vedove o vecchie zitelle così da assicurarsene l'intero patrimonio, che poi investe in borsa in attività speculative. Il tutto dietro la copertura di un'attività di antiquario.
Verdoux è giunto a un punto in cui non può più sottrarsi al gioco sporco in cui s'è cacciato, e la conquista di nuove possibili ricche vittime richiede sempre maggiore abilità e fantasia. Per sperimentare un veleno da lui stesso messo a punto avvicina una giovane ragazza emarginata e disillusa, ma la risparmia, in virtù di un animo sensibile che tuttora convive nella sua duplice personalità, aiutandola in seguito anche economicamente.
La famiglia di una delle sue vittime, insospettitasi, allerta la polizia. Un detective, messosi da solo sulle sue tracce, arriverà al suo negozio di antiquario per arrestarlo. Ma Verdoux con un astuto inganno riesce ad avvelenare l'agente e a sfuggire alle autorità.
La sua attività prosegue frenetica tra visite alle diverse mogli e nuovi corteggiamenti. Ma il crollo delle borse mondiali, la crisi economica e i venti di guerra travolgono Monsieur Verdoux e la sua famiglia. La perdita della moglie e del figlio e il volatilizzarsi del suo patrimonio inducono il suo risveglio dalla trance affaristica e omicida nella quale era caduto, rivelandogli la sua miserevole condizione.
Il destino vuole che sia la giovane che un tempo aveva soccorso, ora mantenuta da un commerciante d'armi, a proporsi di ricambiare il suo antico sostegno economico, ma Verdoux decide di consegnarsi all'autorità, e pagare il suo debito alla società”

(Wikipedia)

Quart'ultimo capolavoro di Charlie Chaplin, un bianco e nero cinico e crudele che ispirandosi liberamente al caso Landru spara bordate da novanta contro una società egoista e guerrafondaia che se la prende coi poveracci: cominciate voi potenti della Terra a dare l'esempio, anziché mandare al massacro, per il vostro interesse, milioni di innocenti. Demagogia a parte, è un grande film, impareggiabile mix di commedia e dramma, con il tifo tutto dalla parte dell'assassino".

(Massimo Bertarelli, 'Il giornale', 7 luglio 2001)

16 aprile 1889 nasce Charlie Chaplin, Attore, regista, produttore, sceneggiatore e compositore inglese (morto nel 1977)

 

Una poesia al giorno

Per fare una poesia dadaista, di Tristan Tzara, pseudonimo di Samuel Rosenstock (Moinești, 16 aprile 1896 - Parigi, 25 dicembre 1963)

Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo che abbia lunghezza
che voi dare alla vostra poesia.
Ritagliate l’articolo.
Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo
E mettete tutte le parole in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori le parole una dopo l’altra, disponendole nel-
l’ordine con cui le estrarrete.
Copiatele coscienziosamente.
La poesia vi rassomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e
fornito di una sensibilità incantevole, benché, s’intende, in-
compresa dalla gente volgare.

Pour faire un poème dadaïste

Prenez un journal.
Prenez des ciseaux.
Choisissez dans ce journal un article ayant la longueur que vous comptez donner à votre poème.
Découpez l’article.
Découpez ensuite avec soin chacun des mots qui forment cet article et mettez-les dans un sac.
Agitez doucement.
Sortez ensuite chaque coupure l’une après l’autre.
Copiez consciencieusement
dans l’ordre où elles ont quitté le sac.
Le poème vous ressemblera.
Et vous voilà un écrivain infiniment original et d’une sensibilité charmante, encore qu’incomprise du vulgaire.”

Tristan Tzara è stato un poeta e saggista rumeno di lingua francese e romena. Di origine ebraica, visse per la maggior parte della sua vita in Francia, ed è conosciuto soprattutto per essere uno dei fondatori del Dadaismo, un movimento di avanguardia rivoluzionaria nelle arti.

 

Un fatto al giorno

Anno Domini LXXIII, (aprile 73 d.C.): Masada, una fortezza ebraica, cade sotto i Romani dopo diversi mesi di assedio, ponendo fine alla Grande Rivolta Ebraica.
Masada era un'antica fortezza, situata su una rocca a 400 m di altitudine rispetto al Mar Morto, nella Giudea sud-orientale, in territorio israeliano a circa 100 km a sud-est di Gerusalemme. Mura alte cinque metri - lungo un perimetro di un chilometro e mezzo, con una quarantina di torri alte più di venti metri - la racchiudevano, rendendola pressoché inespugnabile. A rendere ancor più difficile un assedio contribuiva la particolare conformazione geomorfologica della zona: l'unico punto d'accesso infatti era l'impervio sentiero del serpente, così chiamato per i numerosi tornanti che lo rendevano un gravissimo ostacolo per la fanteria. La fortezza divenne nota per l'assedio dell'esercito romano durante la prima guerra giudaica e per la sua tragica conclusione. L'assedio di Masada (o Massada, o in ebraico Metzada) è stato l'episodio che concluse la prima guerra giudaica, nel 73. Nel 66, Masada era stata conquistata da un migliaio di Sicarii che vi si insediarono con donne e bambini; quattro anni dopo (nel 70), una volta caduta Gerusalemme, vi trovarono rifugio gli ultimi strenui ribelli zeloti non ancora disposti a darsi per vinti. L'esercito romano, guidato da Lucio Flavio Silva, affrontò in un arduo assedio questo nutrito gruppo di ribelli, che si erano arroccati in questa fortezza, considerata inespugnabile a cagione delle avversità che presentava il luogo nei confronti degli assedianti. Nonostante ciò i Romani conquistarono la cittadella trovandovi i cadaveri di quasi tutti gli assediati, dovuto ad un suicidio di massa”.

(Wikipedia)

“Così Giuseppe Flavio descrive l’epilogo dell’assedio di Masada, e la tragica sorte dei suoi difensori. Masada cadde nella primavera dell’anno 73 d.C. dopo che i romani della Legione X Fretense avevano innalzato una rampa per colmare il dislivello che faceva della rocca di Masada una fortezza naturale apparentemente imprendibile. A Masada si erano rifugiati gli ebrei ribelli di Eleazar ben Yair dopo aver innescato la rivolta giudaica a Gerusalemme. E da questa ridotta inespugnabile avevano continuato la guerriglia per due anni. Fin quando le aquile imperiali non tornarono su quei luoghi imponendo la pax romana. I difensori, di fronte alla prospettiva di cadere nelle mani dei legionari, soppressero i propri familiari, poi estrassero a sorte dieci di loro che uccidessero gli uomini, e infine fra questi dieci uno che desse la morte agli altri nove, e che si sarebbe poi suicidato. Si salvarono solo due donne e cinque bambini, nascosti per sfuggire al suicidio collettivo.
Masada è considerata il simbolo di un eroismo sfortunato e dell’afflato verso la libertà e contro la tirannia (per tali motivi l’UNESCO ha dichiarato nel 2001 i resti della fortezza di Erode patrimonio dell’umanità). Oggi i soldati dello Tzahal, le forze armate israeliane, dopo aver scalato la rocca alta 400 metri vi compiono il loro giuramento al termine del periodo addestrativo, promettendo a gran voce “mai più cadrà Masada”.
Una visione oleografica, coi ribelli-buoni e gli imperialisti-cattivi che però inizia a mostrare la corda: gli studi dell’archeologo israeliano Nachman Ben-Yehuda ridisegnano ampiamente la vicenda, e tratteggiano una versione più realistica degli eventi.
Quando esaminiamo a fondo [...] la Grande Rivolta e Masada, semplicemente non abbiamo alcun ritratto di eroismo. Al contrario. I racconti narrano la storia di una fatale (e discutibile) rivolta, di un gigantesco fallimento e della distruzione del Secondo Tempio e di Gerusalemme, di massacri di ebrei su larga scala, di differenti fazioni di ebrei che combattevano e si ammazzavano a vicenda, di suicidi collettivi (un atto non visto con favore dalla fede ebraica) perpetrato da un gruppo di terroristi e assassini il cui 'spirito combattivo' può essere stato incerto.”
Non usa dunque mezzi termini il professor Nachman Ben-Yehuda, ordinario dell’Università Ebraica di Gerusalemme nel dipartimento di Sociologia ed Antropologia. Masada, un mito su cui si è fondato molto dell’ethos del moderno Israele, deve essere largamente riscritto.

Masada fu meta di un vero e proprio pellegrinaggio archeologico nei primi anni ’60 del secolo scorso: l’archeologo Yigael Yadin guidò le ricerche e gli scavi, alla testa di un piccolo esercito di volontari, mossi dal profondo bisogno psicologico di ritrovare le radici guerriere di Israele. E queste radici tornarono alla luce: le pietre dell’altopiano di Masada mostrarono prima chiaramente la pianta della fortezza erodiana, poi restituirono cocci, monete del periodo della rivolta, armi, infine anche resti umani. Le tracce dell’assedio poi divennero chiare quando si identificò la gigantesca rampa edificata dai legionari per aver ragione della montagna. Yadin trovò anche undici “ostraka”, dei cocci usati per le estrazioni a sorte, su cui erano incisi dei nomi, uno dei quali è “Ben Yair”. Era la prova che la storia raccontata da Giuseppe Flavio era vera. Yadin non si soffermò sull’origine dei resti umani. Per lui erano i “difensori di Masada”. Il governo israeliano, addirittura volle che fossero sepolti con gli onori militari, come poi avvenne nel 1969. Un’ipotesi, tuttavia, indebolita da successive ricerche, che proverebbero, al contrario, che i corpi ritrovati appartenevano a occupanti molto più tardi, di epoca bizantina, oppure a romani della Legione Fretense o della guarnigione che fu presa con l’inganno e massacrata dagli uomini di Elazar, un’ipotesi suffragata anche dal ritrovamento nel 1982 di ossa di maiale, animale che, com’è noto, è considerato impuro dagli ebrei.
Lo sforzo di Yadin fu più pedagogico e patriottico che non realmente scientifico: egli sapeva che la sua giovane nazione aveva bisogno di miti fondanti. Sapeva che Israele era accerchiato e che solo vent’anni prima la quasi totalità del suo popolo era stata condotta a morte senza combattere. C’era dunque la profonda necessità spirituale di dimostrare al mondo (e agli ebrei stessi) che un ebreo sapeva battersi e morire. Un feroce dibattito dilaniava in quegli anni la nazione ebraica: molti sopravvissuti all’olocausto provavano vergogna per non essersi opposti al nazismo e ai pogrom. I coloni sionisti che non avevano conosciuto direttamente la shoah non riuscivano (e non volevano) capire perché gli ebrei europei non avessero fatto ovunque come a Varsavia nel 1943, rivoltandosi contro Hitler, invece di farsi assassinare senza combattere. Masada era una maniera per trovare sollievo da queste angosce.
Ma ogni mito presto o tardi deve fare i conti con un revisionismo scientifico. Studi come quelli di Ben-Yehuda restituiscono una dimensione realistica al mito di Masada.
E spesso non è nemmeno necessaria una scoperta eclatante per revisionare la storia passata: leggendo attentamente “La Guerra Giudaica” dello storico ebreo Giuseppe Flavio si vede come Eleazar ben-Yair fosse un personaggio che oggi non esiteremo a definire un terrorista integralista. Zelota massimalista, sicario (i sicari erano una setta ebraica dedita agli assassinii tramite un pugnale chiamato “sica”, da cui il nome), fomentò il popolo contro i romani, pretendendo dai sacerdoti che non accettassero più i sacrifici da parte loro. Un gesto considerato dallo stesso Giuseppe Flavio empio, poiché sempre al Tempio di Salomone ogni uomo aveva potuto offrire sacrifici a Dio quale che fosse la sua religione o razza. E i romani avevano trovato un modus vivendi con questo “strano popolo che adorava un solo dio”, sacrificando nel Tempio non all’Imperatore o alla Dea Roma, ma per l’Imperatore e per Roma, salvando così il monoteismo giudaico e la necessità politica dei romani di assicurare sempre che i riti sacri fossero ben compiuti: una preghiera “pro rege et pro patria”, insomma. Eleazar sapeva bene che i romani avrebbero percepito il rifiuto delle loro offerte come una insopportabile ed empia offesa, e sarebbe stata la guerra. Ed era ciò che egli voleva.
Ma la guerra non prese la piega voluta dagli integralisti: in tutto il Medio Oriente le comunità ebraiche furono trucidate dalle popolazioni ellenizzate o romanizzate, e gli stessi romani, dopo aver accusato iniziali rovesci, si riorganizzarono e schiacciarono la rivolta con una ferocia raccapricciante. Come se non bastasse, le fazioni giudaiche iniziarono a massacrarsi a vicenda: gli zeloti e in particolare i sicari praticavano un sistematico terrorismo contro ogni comunità ebraica “colpevole” di non sufficiente odio verso gli “invasori” romani. Eleazar stesso, rinchiuso a Masada con un migliaio di sicari, compì la sua miglior prodezza assaltando il vicino villaggio giudeo di Ein-Gedi sterminandone la popolazione, donne e bambini compresi. I paralleli con la situazione contemporanea sono fin troppo evidenti.
La durata dell’assedio invece è stata riscritta dalle prospezioni archeologiche: la rampa costruita dai romani non sarebbe stata alta 375 piedi (125 metri) come preteso da Giuseppe Flavio, ma molto meno forse appena una dozzina di metri, poiché la Legione Decima comandata da Lucio Silva sfruttò uno sperone di roccia calcarea naturale. Un’opera che assieme al controvallo e al fossato scavato attorno alla fortezza, secondo l’abituale strategia romana d’assedio, non dovette occupare i legionari e i loro schiavi per più di un mese. Dunque non anni, ma settimane, durò la resistenza di Masada ai romani.
Giuseppe Flavio non trova riscontro neppure nella questione del successivo rogo: secondo lo storico ebreo i difensori di Masada appiccarono fuoco alla fortezza prima di suicidarsi, ma non ai magazzini, per dimostrare che non cedevano per fame. Tuttavia i ritrovamenti archeologici mostrano spessi strati di cenere anche nei depositi.
E infine: sono stati ritrovati finora solo 28 corpi, dei quali la maggior parte in caverne alla base della montagna. Gli altri 932 cadaveri dove sono?
Masada si trova al centro della ricostruzione storica che riporterà alla luce i fatti realmente accaduti e, contemporaneamente, la gigantesca mistificazione attuata per nasconderli!
Ed è proprio il nostro famoso storico Giuseppe Flavio che nasconde nei suoi scritti gran parte di questa storia. E non solo, perché Giuseppe Flavio nasconde soprattutto una persona: se stesso! Chi è Giuseppe Flavio? Difficile rispondere a questa domanda in poche righe, perché si potrebbe chiamare in decine e decine di nomi diversi, tanti sono i personaggi storici che, come il nome di Giuseppe Flavio, nascondono anch’essi sempre la stessa persona! Si tratta di una persona molto speciale, dotata di una grande cultura poliedrica e, per i suoi tempi, all’avanguardia, dovuta al suo studio precoce, intenso e duraturo. I suoi racconti autobiografici e storici si ricostruiscono se si mettono insieme quindi i pensieri e gli scritti che ci ha lasciato. Ma dove sono questi scritti? Perché nessuno ne ha mai parlato? Semplice e sconvolgente: perché sono sotto gli occhi di tutti! Qui c’è da riscrivere un’intera storia, finalmente supportata da riscontri oggettivi e collegamenti illuminanti! Fatti questi collegamenti però perdono di legittimità numerosi Enti e Istituti, senonché tutte le speculazioni, innocenti e non, che si sono venute a creare sulle fondamenta di questa grande falsificazione storica! Per farla breve, la persona che si nasconde sotto il nome di Giuseppe Flavio nasconde la stessa persona che si nasconde dietro a questi altri: Seneca, Agrippa, Filone, Corbulone, Pisone, Gessio, Akhenaton, Strabone, Omero, Virgilio, Ovidio, Shakespeare, Socrate, Erodoto, Egesippo, Giuseppe il falegname, Paolo, Giuda, Salomone, Noè, Scipione, Lollio, Cheopa, ecc. ecc. e mi scuso se cito solo questi, dato che la lista è ancora lunga, ma ora, per rientrare nel tema del post, non resta che ricordare almeno un altro dei nomi che lo nascondono e che ce lo fanno trovare a Masada, capitale religiosa del suo regno: ELEAZAR (leggi anche Lazzaro)! A Masada accade praticamente quello che viene raccontato nella battaglia di Teutoburgo, ancora oggi scambiata con un’altra battaglia avvenuta in Germania. E’ invece a Masada, o Sodoma, o Ierosolima, o Gerico, ecc. che si verifica la più grande sconfitta della sua storia subita dall’impero romano. A Masada vengono uccisi almeno due imperatori romani: Caligola, e Tito! Insomma, qui l’umanità deve rimettersi umilmente a studiare la storia, avvalendosi delle più feconde ricostruzioni storiche, come quelle che sono venute alla luce nell’ultimo decennio! Buon lavoro, umanità!

(Gianpiero, 27 dicembre 2014)

 

Una frase al giorno

“Potrò essere crocifisso, potrò anche morire, ma voglio che i miei fratelli dicano: "è morto perché io sia libero"

(Martin Luther King Jr., nato Michael King Jr., Atlanta, 15 gennaio 1929 - Memphis, 4 aprile 1968)

Martin Luther King Jr. è stato un pastore protestante, politico e attivista statunitense, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani.
Il suo nome viene accostato per la sua attività di pacifista a quello di Gandhi, il leader della non violenza della cui opera King è stato un appassionato studioso, e a Richard Gregg, primo americano a teorizzare organicamente la lotta non violenta. L'impegno civile di Martin Luther King è condensato nella Letter from Birmingham Jail (Lettera dalla prigione di Birmingham), scritta nel 1963, e in Strength to love (La forza di amare) che costituiscono un'appassionata enunciazione della sua indomabile crociata per la giustizia.
Unanimemente riconosciuto apostolo instancabile della resistenza non violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, "redentore dalla faccia nera", Martin Luther King si è sempre esposto in prima linea affinché fosse abbattuto nella realtà americana degli anni Cinquanta e Sessanta ogni sorta di pregiudizio etnico. Ha predicato l'ottimismo creativo dell'amore e della resistenza non violenta, come la più sicura alternativa sia alla rassegnazione passiva che alla reazione violenta preferita da altri gruppi di colore, come ad esempio i seguaci di Malcolm X.

(it.wikiquote.org)

16 aprile 1963: Martin Luther King Jr. scrive la sua lettera dal carcere di Birmingham mentre era detenuto a Birmingham, in Alabama, per protestare contro la segregazione.

 

Un brano musicale al giorno

Leó Weiner, Suite di danza popolare ungherese

Il 16 aprile 1885 nasce Leó Weiner, compositore ed educatore ungherese (morto nel 1960).

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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