“L’amico del popolo”, 16 giugno 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE FLYING DEUCES (I diavoli volanti, Usa, 1939), regia di A. Edward Sutherland. Sceneggiatura: Charley Rogers, Harry Langdon, Ralph Spence, Fred Schiller. Fotografia: Art Lloyd e Elmer Dyer. Montaggio: Jack Dennis. Musica: Edward Paul. Con: Stan Laurel: Stanlio, Oliver Hardy: Ollio, Jean Parker: Giorgetta, Reginald Gardiner: Francesco, Charles Middleton: comandante, Jean Del Val: sergente, Clem Wilenchick: caporale, James Finlayson: guardia prigione, Richard Cramer: conducente autocarro.

È il remake di I due legionari prodotto da Hal Roach nel 1931, dove i due si arruolavano per dimenticare un'altra pena d'amore, e lì scoprono che tutti gli arruolati, compreso il capo dei ribelli, erano tutti innamorati della stessa donna.

THE FLYING DEUCES (I diavoli volanti, Usa, 1939), regia di A. Edward Sutherland

“1930. I due amici Stanlio e Ollio sono due onesti pescivendoli americani in vacanza di piacere a Parigi. Ollio soffre di pene d'amore per Giorgetta, la figlia del padrone dell'albergo in cui alloggiano, la quale gli confessa di essere già sposata. Sopraffatto dalla delusione, Ollio tenta il suicidio nella Senna e dice a Stanlio che vorrebbe reincarnarsi in un cavallo; mentre cercano il modo di gettarsi nel fiume incontrano Francesco, un misterioso uomo che gli consiglia di arruolarsi nella legione straniera, per consentire ad Ollio di dimenticare Giorgetta ed evitare un gesto estremo.
I due amici si arruolano avviandosi verso il Marocco, all'epoca colonia francese, ma a causa del duro lavoro e non ben pagato si rifiutano di obbedire agli ordini e preparano un biglietto di saluto credendo di poter impunemente lasciare l'arruolamento. Non si accorgono però che accidentalmente, durante i lavori di punizione conseguenti, fanno cadere sulla montagna di biancheria da lavare un barile col fuoco acceso poco distante dal banco di lavoro, bruciando così tutti i panni. Il comandante, vedendo con i propri occhi il danno provocato dalle due reclute ne ordina immediatamente l'arresto.
Nel frattempo Ollio asserisce di aver dimenticato del tutto Giorgetta, ma va a chiedere informazioni proprio a lei sulla possibilità di ottenere un mezzo di trasporto per uscire dal campo militare; Ollio la corteggia, ma arriva Francesco ingelosito che li minaccia. Ollio, ignaro che Francesco è suo marito, giura solennemente di non toccarla mai più. Mentre si apprestano ad andarsene, la ronda della legione straniera li trova, li arresta e quindi vengono condannati a morte per fucilazione in quanto disertori: la sentenza verrà eseguita la mattina all'alba.
Mentre sono in prigione, un anonimo getta un bigliettino all'interno della loro cella, informandoli della presenza di una botola sotterranea che conduce fuori della prigione. I due quindi scappano ed escono direttamente dalla cantina dell'appartamento di Giorgetta e Francesco. Stanlio, si nasconde insieme ad Ollio dentro un armadio; sorpresi da Francesco, i due se la danno a gambe con i soldati della Legione alle calcagna.
Si nascondono su un aereo militare, che viene poi avviato per sbaglio da Stanlio; ma dopo tante acrobazie aeree ed ostacoli di panni e piccioni, l'aereo li porta fuori dai confini del Marocco, salvandoli dai soldati. Il velivolo militare però precipita: Stanlio ne esce indenne, mentre Ollio muore e la sua anima si innalza in cielo salutando per l'ultima volta l'amico Stanlio.
Tempo dopo Stanlio, tornato in America, mentre cammina da solo per un bosco, sente un fischio: è il suo amico Ollio reincarnato in un cavallo, sceso dall'aldilà con il suo spirito, con tanto di baffi e bombetta; i due amici così sono di nuovo riuniti, anche se Ollio ora ha le sembianze di un equino”.

(Wikipedia)

“Durante la temporanea separazione dal produttore Hal Roach, i due comici girano questo esilarante film per la Rko, diretto da un ottimo regista quale Edward Sutherland. La pellicola si propone di essere un remake del secondo lungometraggio interpretato dalla coppia, ossia Beau Hunks (I due legionari, 1931) di James W. Horne, ed offre due Stan e Oliver davvero scoppiettanti. La trama è la seguente: Stan e Oliver risiedono in un caratteristico alberghetto parigino, e quest'ultimo si è innamorato di Giorgetta, la figlia dell'albergatore, che però lo rifiuta, essendo già sposata con un ufficiale della Legione Straniera. Respinto, decide di annegarsi nella Senna e trascina con se anche lo sprovveduto Stan. Lo stesso marito di Giorgetta, gli consiglia di non fare quel gesto avventato e di arruolarsi nella Legione Straniera per dimenticare. I due seguono il consiglio e si arruolano. Una volta arrivati cominciano subito a combinare guai, e per questo vengono subito destinati alla lavanderia e alle prese con una montagna di indumenti sporchi. Decisi ad andarsene scappano, ma incontrano Giorgetta giunta in aereo per raggiungere il marito, mentre Ollio invece pensa di essere lui il motivo del viaggio. Spassosissima la scena in cui i due si stanno preparando in camera e Stan cerca invano di non sbattere la testa su una parte bassa del soffitto, sotto la quale vi è un comodino con il catino con l'acqua; la scena in cui Oliver vuole suicidarsi e convince Stan a fare lo stesso. E poi tutta la parte ambientata Legione Straniera, quando Oliver cerca di dimenticare Giorgetta, la donna per cui ha sofferto così tanto da decidere di arruolarsi trascinando il povero Stan, ma finisce che questi gli ci fa pensare sempre; oppure la sequenza in cui i due comici sono in prigione e Stan prende la rete metallica della branda e la suona come un'arpa, sotto lo sguardo attonito di Oliver, ed infine l'esilarante scene in aereo, con i due che si sbracciano per cercare di pilotarlo. Eccellente poi la scena finale: Ormai l'amico è morto dopo l'incidente aereo e Stan girovaga per le campagne, quando si sente chiamare, si gira e vede un cavallo in bombetta e baffetti che gli dice: «Well, here's another nice mess you've gotten me into» («Bene, ecco un altro bell'imbroglio in cui mi hai cacciato»). È il caro Oliver, reincarnato nel suo animale preferito, e Stan lo abbraccia. I due "stupìdi" sono finalmente riuniti! Durante la lavorazione del film, Oliver Hardy conobbe una deliziosa segretaria di edizione, Virginia Lucille Jones, che sposò l'anno seguente e con la quale sarebbe vissuto felicemente fino alla morte”

(Giovanna Grassi in www.mymovies.it)

Il film:

  • The Flying Deuces - Stan Laurel and Oliver Hardy (best quality version)
  • I diavoli volanti (the flying deuces) in Italiano: Mauro Zambuto: Stanlio, Alberto Sordi: Ollio. Emilio Cigoli: Francesco, Luigi Almirante: guardia prigione, Amilcare Pettinelli: comandante

16 giugno 1890 nasce Stan Laurel, attore e comico inglese (morto nel 1965)

Un consiglio extra per il film: So Proudly We Hail, 1943, regia di Mark Sandrich. Con: Claudette Colbert, Paulette Goddard, Veronica Lake, George Reeves, Sonny Tufts, Walter Abel

THE FLYING DEUCES (I diavoli volanti, Usa, 1939), regia di A. Edward Sutherland

 

Una poesia al giorno

Cima Quattro il 23 dicembre 1915, di Giuseppe Ungaretti

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

 

Un fatto al giorno

16 giugno 1815: Battaglia di Ligny e Battaglia di Quatre Bras, due giorni prima della Battaglia di Waterloo.

“La battaglia di Ligny (16 giugno 1815) ebbe luogo nel corso della guerra della settima coalizione contro Napoleone Bonaparte (campagna di Waterloo) e fu il prologo alla successiva battaglia di Waterloo, che venne combattuta due giorni dopo. A Ligny Napoleone colse la sua ultima vittoria e inflisse una pesante sconfitta all'armata prussiana del feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher, ma il successo dell'Imperatore non fu decisivo a causa soprattutto di alcuni errori dei suoi luogotenenti; i prussiani riuscirono, pur con gravi perdite, a sganciarsi e contribuirono alla vittoria dei coalizzati a Waterloo il 18 giugno 1815.

«Questo combattimento può essere considerato uno dei più accaniti di cui la storia faccia menzione...»
(Il generale August von Gneisenau nel suo rapporto ufficiale al termine della battaglia)

«Signori ufficiali, avvertite i granatieri che il primo di loro che mi porterà un prigioniero prussiano sarà fucilato.»
(Affermazione del generale François Roguet, vicecomandante dei granatieri a piedi della Vecchia Guardia, prima dell'attacco finale a Ligny)

L'armata di Napoleone stava muovendo verso Bruxelles con l'intenzione di attaccare prima l'esercito anglo-alleato del duca di Wellington e successivamente i prussiani di Gebhard Leberecht von Blücher. Le truppe di quest'ultimo si pararono invece di fronte all'Imperatore francese lungo il fiume Ligne.
Il feldmaresciallo prussiano infatti, ben lontano da ripiegare senza combattere verso Liegi e Namur come credeva l'imperatore, alle ore 16.00 del 15 giugno era giunto a Sombreffe e aveva deciso di schierare il giorno seguente tutta la sua armata su posizioni difensive dietro il ruscello Ligne, già identificate alcuni mesi prima dal suo stato maggiore e ritenute idonee a bloccare un eventuale offensiva francese da Charleroi[6]. Blücher era deciso alla battaglia, appariva molto fiducioso e credeva di poter raggiungere una grande vittoria; egli tuttavia ebbe grandi difficoltà a concentrare tutte le sue forze come previsto entro il 16 giugno 1815.
Inizialmente c'erano i trentaduemila uomini del I corpo d'armata generale prussiano Ziethen, fronteggiati dal III corpo d'armata del francese Vandamme nei pressi del villaggio di St. Amand, quindi il II e i il III corpo d'armata prussiani dei generali prussiani Pirch e Thielmann, per un totale di circa 85.000 effettivi (di cui almeno 8.000 appartenenti alla cavalleria) e 220 cannoni.
Questa imponente armata si schierò lungo il fiume Ligne per una lunghezza di oltre dieci chilometri che incorporava una dozzina di villaggi nei quali si trincerarono le forze prussiane. Blücher fece schierare le truppe sul versante delle colline che sovrastavano la zona paludosa del Ligne, confidando nell'imminente arrivo dei rinforzi del generale von Bülow e di quelli dello stesso Wellington. In realtà il generale prussiano si faceva delle illusioni sul possibile aiuto che avrebbe potuto ricevere dai suoi alleati.
Alle ore 12.00 il comandante in capo britannico era giunto al mulino di Brye insieme al generale von Müffling ed altri ufficiali del suo stato maggiore per conferire personalmente con Blücher; l'incontrò si prolungò circa un'ora senza grandi risultati. Le fonti non permettono di chiarire tutti gli aspetti di questi colloqui: secondo gli autori britannici, Wellington avrebbe espresso i suoi forti dubbi sulla posizione scelta dai prussiani e avrebbe consigliato di evitare una battaglia campale; sembra che egli fosse sicuro di una loro sconfitta. Le fonti tedesche e francesi danno un giudizio molto più negativo sull'operato del generale britannico; Wellington, sempre timoroso per il suo fianco destro a Mons, avrebbe rifiutato di marciare lungo la strada di Namur per raggiungere i prussiani e schierarsi in riserva come aveva proposto von Gneisenau e non avrebbe neppure aderito al piano di Müffling che consigliava una concentrazione a Frasnes per attaccare il fianco sinistro francese. Il Duca alla fine avrebbe manifestato enfaticamente la sua decisione di attaccare le truppe "che si trovano davanti a me" e marciare su Gollelies; in realtà egli alla fine, prima di ritornare a Quatre-Bras, non diede alcuna assicurazione formale di intervenire in aiuto dei prussiani e concluse in modo reticente che "vedrò che posso fare, se non sarò attaccato a mia volta...".
Vista la posizione sfavorevole scelta dal suo avversario (il versante delle colline era troppo esposto al tiro della micidiale artiglieria francese), Napoleone decise, contrariamente a quanto aveva precedentemente pensato di fare, di attaccare i prussiani. Di fronte a questi Napoleone schierò poco meno di 70.000 uomini e 210 pezzi d'artiglieria. All'ala destra dello schieramento francese stava la cavalleria dei generali Pajol ed Exelmann dell'armata del Maresciallo dell'Impero Grouchy, il centro e l'ala sinistra erano costituiti dalle truppe del III corpo del generale Vandamme e del IV corpo del generale Gérard che dovevano sostenere l'attacco iniziale. La Guardia imperiale ai diretti comandi di Napoleone sarebbe intervenuta per il colpo finale.
La battaglia iniziò alle ore 15 del 16 giugno dopo che Napoleone ebbe accuratamente controllato lo schieramento nemico che egli ritenne troppo esteso e vulnerabile sul fianco destro; l'imperatore era molto ottimista, la battaglia sarebbe stata accanita ma c'era la concreta possibilità di annientare in un colpo solo l'intero esercito prussiano e vincere subito la campagna.
L'attacco francese ebbe inizio alle ore 15.00 con il segnale dei cannoni della Guardia, sull'ala sinistra dove il generale Vandamme sferrò l'assalto con la divisione Lefol contro il villaggio di Saint-Armand; i soldati francesi del 15° leggero e del 23°, 37° e 64° di linea andarono all'assalto con grande slancio, al suono dei tamburi e cantando la marcia rivoluzionaria Le chant du départ. In un primo momento l'attacco ebbe successo e dopo un'avanzata della fanteria nei campi allo scoperto, i francesi occuparono in trenta minuti il borgo costringendo alla ritirata la brigata Jagow; i prussiani tuttavia passarono prontamente al contrattacco con l'aiuto di una parte della brigata Steinmetz. Per sostenere Lefol, anche Vandamme inviò le sue riserve e la divisione Barthezene si schierò sulla sinistra, mentre la divisione Girard attaccava con l'11º reggimento leggero i villaggi di Hameau e La Haye.
Contemporaneamente all'attacco della divisione Lefol su Saint-Armand, il generale Gerard aveva sferrato l'attacco a Ligny con la divisione Pecheux; la cittadina, estesa a nord e a sud del ruscello Ligne, era occupata dalla brigata Henckel che, sostenuta dal fuoco di 24 cannoni e rinforzata 19º reggimento e dal 4º reggimento Landwehr della Westfalia, si difese con grande accanimento. I combattimenti per Ligny furono estremamente combattuti e sanguinosi; i francesi delle brigate Schoeffer e Le Capitaine riuscirono lentamente a conquistare, dopo quattro tentativi, la parte meridionale del villaggio, nonostante i contrattacchi prussiani; l'artiglieria francese del IV corpo, rinforzata dalle batterie della Guardia, intervenne con un fuoco micidiale, molte edifici si incendiarono. I prussiani tuttavia cercarono ancora di contrattaccare all'arma bianca e si accesero a sud del ruscello aspri combattimenti corpo a corpo descritti come "senza quartiere" e animati da odio feroce tra "mortali nemici"; alla fine i francesi presero il sopravvento e respinsero il nemico a nord della Ligne.
I francesi del 30º e 96º reggimento in un primo tempo attraversarono il ruscello e affrontarono nuovi, cruenti combattimenti nel settore settentrionale del villaggio ma i prussiani, rinforzati da nuovi battaglioni della brigata Kraft contrattaccarono: i francesi furono respinti a sud del ruscello; il 30º reggimento perse tutti i suoi ufficiali superiori, il generale Le Capitaine fu ucciso; gli scontri divennero ancor più accaniti all'interno di Ligny in fiamme; i prussiani cercarono a loro volta di passare i ponti sulla Ligne e i combattimenti continuarono con esito alterno[15]. Le perdite nei furibondi scontri a distanza ravvicinata, divennero elevatissime per entrambe le parti; i soldati francesi e prussiani si affrontarono con i fucili a pochi metri di distanza attraverso il ruscello, con le baionette e con i calci dei fucili nel cimitero, nella chiesa, nelle fattorie En-Haut, meridionale, e En-Bas, settentrionale; secondo Georges Blond, furono "combattimenti pieni di odio come non si erano mai visti".

Nel frattempo l'area della battaglia si era progressivamente estesa verso est con l'intervento delle truppe del maresciallo Grouchy: la cavalleria occupò Boignée mentre la divisione Hulot attaccò l'ala sinistra prussiana tra i villaggi di Tongrinelle e Potriaux difese dalla brigata Luck del corpo d'armata del generale Thielmann.

16 giugno 1815: Battaglia di Ligny

L'attacco finale della Vecchia Guardia a Ligny.
La battaglia fu cruenta e i francesi dovettero lanciare tre attacchi sulla linea dei villaggi occupati dai prussiani prima di averne ragione. Napoleone inviò un messaggio al Maresciallo Ney affinché intervenisse colpendo l'armata di Blücher alle spalle, ma ciò non fu possibile poiché Ney era già impegnato presso il villaggio di Quatre Bras contro le truppe inglesi.
Quattro ore dopo Napoleone stava per far intervenire la sua Guardia a colpire definitivamente i tenaci prussiani quando un falso allarme (movimenti sospetti di truppe nemiche in arrivo, rivelatesi poi in realtà le avanguardie del I Corpo d'armata del generale D'Erlon) fece sospendere l'attacco per circa un'ora, dopo di che la Guardia Imperiale entrò finalmente in azione. L'imperatore concentrò un potente schieramento di artiglieria per fiaccare le posizioni nemiche nell'abitato di Ligny. Vennero raggruppati circa sessanta cannoni delle batterie del IV corpo d'armata e della riserva d'artiglieria della Guardia che colpirono duramente con un fuoco continuo e potente le linee prussiane. Mentre iniziava a piovere intensamente e il fumo delle esplosioni copriva il campo di battaglia, alle ore 19.40 la fanteria della Vecchia Guardia sferrò l'attacco decisivo; le truppe francesi erano particolarmente eccitate e vennero sollecitate dai loro comandanti a "non dare quartiere" al nemico e "non fare prigionieri". I granatieri e i cacciatori della Vecchia Guardia sconvolsero il fronte avversario e, appoggiate anche dai reparti ancora efficienti del IV corpo di Gerard, ebbero rapidamente successo. I prussiani delle divisioni Kraft, Jagow e Langen cedettero le posizioni a Ligny e batterono confusamente in ritirata; i soldati della Vecchia Guardia combatterono con particolare accanimento e non risparmiarono i superstiti; i soldati prussiani sbandati vennero snidati e in buona parte uccisi sommariamente.
Approfittando delle tenebre, dopo aver tentato un ultimo, disperato assalto di cavalleria da lui personalmente e con gran rischio guidata (egli rischiò infatti di essere preso prigioniero dai francesi: il suo cavallo, colpito a morte, lo travolse nella caduta impedendogli poi di svincolarsi. Solo le tenebre e la coraggiosa costanza di un attendente che gli stette vicino mentre la cavalleria francese gli passava sopra, gli consentirono di salvarsi), Blücher diede l'ordine della ritirata che avvenne rapidamente favorita dalle sopraggiunte tenebre, le quali impedirono ai francesi di cogliere appieno i frutti della vittoria con l'inseguimento e l'annientamento del nemico che aveva lasciato sul campo 16.000 uomini ed altri 10.000 dispersi, oltre a qualche decina di cannoni”.

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Quando sei nello spazio puoi apprezzare quanto piccola e fragile sia la Terra”.

(Valentina Vladimirovna Tereškova, coniugata Nikolaeva, Bol'šoe Maslennikovo, 6 marzo 1937, è una ex cosmonauta e politica sovietica, prima donna nello spazio nel 1963)

Valentina Vladimirovna Tereškova, coniugata Nikolaeva, Bol'šoe Maslennikovo, 6 marzo 1937

Immagini:

 

Un brano musicale al giorno

Claudio Monteverdi, "Si dolce è'l tormento", Accordone. Marco Beasley tenore

Il gruppo musicale Accordone con Marco Beasley

Claudio Monteverdi (Cremona, 15 maggio 1567 - Venezia 29 novembre 1643)

"Si dolce è'l tormento" testo di Carlo Milanuzzi da Santa Natoglia (Esanatoglia 1590/92 - 1647 ca.)

Si dolce è'l tormento
Ch'in seno mi sta,
Ch'io vivo contento
Per cruda beltà.
Nel ciel di bellezza
S'accreschi fierezza
Et manchi pietà:
Che sempre qual scoglio
All'onda d'orgoglio
Mia fede sarà.

La speme fallace
Rivolgam' il piè.
Diletto ne pace
Non scendano a me.
E l'empia ch'adoro
Mi nieghi ristoro
Di buona mercè:
Tra doglia infinita,
Tra speme tradita
Vivrà la mia fè.

Per foco e per gelo
Riposo non hò.
Nel porto del Cielo
Riposo haverò.
Se colpo mortale
Con rigido strale
Il cor m'impiagò,
Cangiando mia sorte
Col dardo di morte
Il cor sanerò.

Se fiamma d'amore
Già mai non sentì

Quel riggido core
Ch'il cor mi rapì,
Se nega pietate
La cruda beltate
Che l'alma invaghì:
Ben fia che dolente,
Pentita e languente
Sospirimi un dì.
 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k