“L’amico del popolo”, 2 luglio 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

LA CIRCOSTANZA (Italia, 1974), scritto, diretto, fotografato, montato da Ermanno Olmi. Musica: Lucio Battisti, Alberto Radius, Vince Tempera, Gabriele Lorenzi, Lucio Battisti, Toni Cicco. Con: Raffaella Bianchi, Ada Savelli, Mario Sireci, Gaetano Porro, Barbara Pezzuto, Massimo Tabak, Giorgio Roncaglia, Aleardo Coatti, Enrico Bertoni, Rodolfo Bignami, Roberto Birago.

“La signora Laura Liberti è un vulcano: dirige uno studio notarile ereditato dal padre; possiede e governa una avviatissima quanto moderna fattoria; per lei la circostanza è il grave incidente che capita a uno sconosciuto giovane motociclista al quale ella presterà generosamente e disinteressatamente assistenza e materno affetto. Il signor Liberti, anziano dirigente in una grossa industria, vive alienato nella banalità di riti aziendali sotto la coercizione de "Il posto"; la circostanza per lui sarà l'ammodernamento tecnico dell'istituto e il crudele inesorabile licenziamento. Silvia, figlia dei Liberti, è alle prese con i fermenti adolescenziali, le curiosità, gli amoretti, i bronci, le scappatelle e le successive perplessità; non ha guida, e finisce per non capirsi e per non capire; quando ha tempo, il che le capita un po' troppo spesso, si intrattiene con ammirazione accanto al ragazzo cieco che nei suoi interessi dimostra spiccata raffinatezza e sensibilità; per lei la circostanza potrà essere questa amicizia oppure uno degli sbagli commessi. Tommaso, fratello di Silvia, vive in un privatissimo e organizzatissimo gabinetto scientifico ove si dedica a studi extrascolastici e ad esperienze di elettronica, poiché sogna di partorire un robot per nulla a servizio dell'umanità e purtuttavia capace di pensare; per lui la solitudine finirà quando sarà chiamato a prodigarsi per la cognatina Anna, partoriente nel corso di una notte da tregenda. Beppe, fratello di Silvia e di Tommaso, è il giovanissimo sposo di Anna e con la stessa vive in una casa prefabbricata nella tenuta della mamma, ma a debita distanza e con orgogliosa indipendenza: l'avventuroso parto sarà la circostanza che imporrà una revisione di atteggiamenti per lui, per la mogliettina, per Tommaso e, in definitiva, per tutta la famiglia Liberti”.

(Coming Soon)

“Nell’arco di pochi giorni, durante un’estate, la routine della borghese famiglia Liberti viene scossa: il padre (Porro) rischia di venire licenziato dalla sua azienda e deve partecipare a un ridicolo seminario di aggiornamento; la madre (Savelli), che non riesce ad avere rapporti coi figli, si attacca a un ragazzo vittima di un incidente, che ha portato in ospedale; la figlia giovane (Bianchi) ha la prima esperienza sessuale (ma in questo Olmi è molto pudico); il figlio grande diventa padre; quello di mezzo gioca a fare l’inventore ed è ossessionato dalle bestie dell’allevamento di famiglia che vengono portate al macello”.

(Circolo del Cinema di Bellinzona)

“Già in precedenza Olmi aveva sperimentato un montaggio libero, che mescola i tempi e accosta gli eventi secondo analogie profonde: e qui descrive perfettamente una famiglia frammentata, al di fuori di luoghi comuni e facili sociologismi. Senza vere soluzioni né tragedie, ma con un pessimismo dolente, all’occorrenza anche impietoso. Le scene del mattatoio sono una mazzata, e avvolgono l’insieme di un’atmosfera cupa; anche se poi Olmi dà respiro ai personaggi e li rispetta, pur non concedendo loro nessuno sconto. Uno dei suoi film più rigorosi e «giansenisti». Se stile e musiche (...) sono molto anni ’70, resta attualissima la parte sulla ristrutturazione aziendale, col demente gioco di simulazione cui vengono costretti gli attempati dirigenti”.

(Il Mereghetti)

“In un gruppo familiare della ricca borghesia lombarda succede qualcosa a ognuno dei suoi 5 componenti, mettendo in crisi le loro vite: una sgradevole novità sul lavoro per il padre, dirigente d'azienda; l'incontro con un ragazzo gravemente ferito in un incidente per la madre autoritaria; la nascita di un bambino per il fratello maggiore; la scelta tra due amori per la sorella adolescente; lo sconcerto di fronte ai vitelli al mattatoio per il secondogenito, inconcludente ribelle all'attivismo utilitaristico dei genitori. La vita continua come prima per tutti. Olmi passa a torto per un narratore semplice col cuore in mano. Lo nega questo film ancor più lucido e duro di Un certo giorno con la frantumazione narrativa ancor più sincopata, il montaggio ellittico, le sequenze d'antologia (il parto durante il temporale, l'incidente stradale, il mattatoio), il quieto e lucido pessimismo di fondo. Soggetto, sceneggiatura, fotografia (Eastmancolor) e montaggio di Olmi”.

(Il Morandini)

La circostanza esce nel 1974, appartiene cioè a un periodo che dopo la fine delle illusioni del boom fa intravedere quella dell’utopia rivoluzionaria; lo stesso Olmi tiene a sottolinearlo: «Un certo giorno è del ’68, La circostanza del ’72 (data di inizio lavorazione, ndr). Allora è il momento in cui è finito il boom economico, comincia la trasformazione della società italiana. Vuol dire che è finito il momento in cui si poteva ridere». A dispetto di coloro che lo vorrebbero dedito a una sempiterna fiducia nei buoni sentimenti, il regista approfondisce un pessimismo più tenace di quanto si creda”.

(Masoni)

“Per tutti c'è una circostanza capace di cambiare, anche impercettibilmente, il corso dell'intera esistenza delle persone. Laura Liberti, una grintosa donna in carriera, conosce per caso un giovane motociclista coinvolto in un incidente stradale. Suo marito, un dirigente d'industria, finisce per essere licenziato per colpa della modernizzazione industriale. E anche per i loro figli, Silvia, Beppe e Tommaso, ci sarà un momento speciale, una "circostanza" cruciale. Olmi aveva cominciato così, con un cinema quasi sommesso, modernissimo, ma lieve. Poi anche lui s'è perso. Erano molto meglio i suoi vecchi film. Piccoli, piccoli”.

(FilmTV.it)

“Durante un'estate, una serie di eventi sembra mettere in crisi la quiete apparente di un'agiata famiglia borghese. Il padre (Gaetano Porro) viene costretto a umilianti corsi in “stile americano” dall'azienda che forse lo vuole licenziare; la madre Laura (Ada Savelli), che non trova più stimoli in famiglia, si affeziona a un ragazzo che ha soccorso a seguito di un incidente; la figlia Silvia (Raffaella Bianchi) si arrovella sulla sua relazione sentimentale e sulla “prima volta”; il figlio maggiore Beppe (Massimo Tabak) attende di diventare padre; il fratello minore Tommaso (Mario Sireci) trova in un macello la metafora della propria condizione. Esemplare ritratto della fragilità della classe media, crudele senza essere spietato (come nelle esplicite scene della mattanza di animali), La circostanza resta ingiustamente un'opera di Olmi tutto sommato misconosciuta, mentre andrebbe annoverata tra le vette della sua produzione. Se da una parte sviluppa e intreccia temi già accennati ne Il posto (1961) e ne I fidanzati (1963), dall'altra non usa la coralità del cast solo per moltiplicare e giustapporre ma, grazie a montaggio e narrazione modernissimi, dove frammentazione e liquidità sono indistinguibili, costruisce un film di grande valenza artistica. La densità di parallelismi e sostituzioni (il ragazzo ustionato per i figli, il bestiame per i dipendenti, la verginità per la paternità) è tale da costruire un momento di sincronicità junghiana, una “circostanza” appunto, in cui la famiglia pare vivere con coscienza collettiva (perfettamente resa dall'assenza di un punto di vista dominante) un passaggio della propria esistenza che, come sottolinea il finale irrisolto, può essere allo stesso modo decisivo quanto ininfluente. Da riscoprire”.

(Long Take)

“Bravo Olmi, che bel film. Che intelligente rapporto sui sentimenti che elegante ritratto sociale. Ecco un esempio squisito di cinema moderno, fatto senza spreco di denaro, che toccando con dita leggere tanti asti del vivere quotidiano trae l’anima delle cose e dice il tumulto del cuore nascosto nei gesti. Ecco, ancora, un regista appartato che ritrova il timbro felice degli esordi, e ripaga l’attesa fiduciosa degli amici con un racconto grave e gentile... Perché La circostanza è un bel film? Perché l’anima cristiana di Olmi vi esprime, senza tocchi rugiadosi, in sotterranea sintonia con la poetica di Bresson, la solitudine dell’uomo, le schiarite improvvise portate da rapidi incontri, il desolato richiudersi del cielo su un mondo che intende la pietà come un’elemosina. Perché la mano di Olmi regista ha insieme grande sicurezza di taglio (...) e mirabile finezza di tocco. Silvia è figura da mandare a memoria. Perché il tessuto è svariato nel disegno e nel colore, con una vivacità e morbidezza di modi che fanno vero l’ineffabile. Perché gli attori, tutti sconosciuti, non sono personaggi di fantasia: siamo noi stessi. E Milano è Milano”.

(Giovanni Grazzini, mio impagabile maestro, 21 giugno 1974, in “Gli anni Settanta in cento film”)

LA CIRCOSTANZA (Italia, 1974), scritto, diretto, fotografato, montato da Ermanno Olmi

 

Una poesia al giorno

Nessuno, di Nelo Risi (Milano, 21 aprile 1920-Roma, 17 settembre 2015)

Una pietra esiste
per essere guardata
ecco David
mentre riposa in sé

come potrebbe essere il mondo?
stupore di esserci ancora
che il visionario dell’azione
diventi visibile

sradicati: l’avulso uno strappo
però con un che di diverso
che ci spinga all’insù
verso l’ardire del non compiuto

nell’indistinto
nel flusso riflusso di un futuro
in ciò che non è ancora
tenebra nella sua latenza

nel non avvento in acque calme
dove non muore foglia
niente accade né possa accadere
all’intelletto impigrito

un nuovo dizionario ci vorrebbe
per comprendere la morte
come nuovo elemento di vita.

 

Un fatto al giorno

2 luglio 1897: Guglielmo Marconi brevetta, a Londra, la radio.
“La radio è una tecnologia elettronica che utilizza le onde elettromagnetiche, la cui frequenza è al di sotto della luce visibile. Tale tecnologia viene utilizzata principalmente per telecomunicazioni o per altri scopi, come la localizzazione di oggetti, tramite i radar, o lo studio di fenomeni celesti, attraverso la radioastronomia”.

(Wikipedia)

“Guglielmo Giovanni Maria Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 - Roma, 20 luglio 1937) è stato un fisico, inventore, imprenditore e politico italiano. A lui si deve lo sviluppo di un efficace sistema di comunicazione con la telegrafia senza fili via onde radio o radiotelegrafo che ottenne notevole diffusione, la cui evoluzione portò allo sviluppo dei moderni sistemi e metodi di radiocomunicazione, la televisione e in generale tutti i sistemi che utilizzano le comunicazioni senza fili, che gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1909”.

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Per giocare bene a tennis, ci vogliono certe qualità naturali. Per diventare un campione, bisogna metterle in valore. Io non ho il genio di Big Bill Tilden, la rapidità di Jean Borotra, i riflessi di Henri Cochet. Se qualche volta li ho battuti, è perché l'ho voluto con tutte le mie forze, e ho impiegato il mezzo che avevo a portata di mano: una minuziosa preparazione”.

(René Lacoste, 1904-1996, tennista e stilista francese)

René Lacoste, 1904-1996, tennista e stilista francese

 

Un brano al giorno

Kathleen Ferrier, "Ombra mai fu", 1949, di George F. Handel, da “Serse” (Xerxes, HWV 40), opera lirica in tre atti.

Frondi tenere e belle
del mio platano amato
per voi risplenda il fato.
Tuoni, lampi, e procelle
non v'oltraggino mai la cara pace,
né giunga a profanarvi austro rapace.

Ombra mai fu
di vegetabile,
cara ed amabile,
soave più.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k