L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
YAABA (Nonna, Svizzera/Burkina Faso/Francia, 1989), scritto e diretto da Idrissa Ouedraogo. Fotografia: Matthias Kälin. Montaggio: Loredana Cristelli. Musica: Francis Bebey. Con Roukietou Barry, Fatimata Sanga, Noufou Ouedraogo.
Bila, sveglio ragazzetto di un villaggio del Burkina Faso, prova simpatia e affetto per Sana, un'anziana donna che vive sola, relegata ai margini della comunità dagli abitanti, che la ritengono strega. L'animo di Bila, ancor libero da pregiudizi e paure, avverte infatti la pretestuosità della "patente" di strega, affibbiata dai compaesani all'innocua donna e la difende dalle accuse infondate di maleficio, provandone la falsità. Punito severamente a causa del suo coraggioso dissenso, Bila non cessa di proteggere l'infelice donna: ruba per lei del cibo, le tiene compagnia, ne ascolta le storie, la chiama affettuosamente "yaaba" (nonna), l'aiuta a ricostruire la povera capanna, incendiata per scaramanzia dai superstiziosi paesani, e riesce a comunicare anche alla piccola amica Nopoko la propria simpatia per Sana. Mentre la vita del villaggio trascorre fra pettegolezzi, liti, amori e tradimenti, subito palesi a motivo della primitività dei protagonisti, che ancora ignorano le "maschere" in uso presso i "civili", capita che proprio la piccola Nopoko, ferita dal coltello arrugginito di alcuni monelli, diventi preda del tetano. Il fatto viene subito attribuito dai paesani a Sana, come maleficio, con la conseguenza di un acuirsi di persecuzione ed emarginazione nei suoi confronti. Ma quando Nopoko rischia di morire, Sana, insistentemente supplicata da Bila, riesce a trovare, presso un guaritore, una mistura che salverà la bambina, consentendo alla vecchia yaaba di chiudere in serenità e dignità i suoi pur miseri giorni.
“Pur ambientato in un villaggio contadino africano, il film evita la rappresentazione bucolica di un posto incontaminato dai problemi dell'Occidente, con paesaggi esotici e un punto di vista "turistico". Il bambino e la bambina protagonisti si caratterizzano per il loro sguardo diretto sul mondo e sulle persone e sembrano invitare lo spettatore a essere altrettanto franco e risoluto nell'andare oltre le ipocrisie dell'età adulta. L'amicizia tra Nopoko e Bila si fonda così su una grande sincerità e sul piacere di fare molte cose insieme, dalle più semplici a quelle più profonde, come accade nelle discussioni sull'atteggiamento tenuto dagli adulti verso la "yaaba" Sana. Tra i due non mancano momenti di dissidio, che vengono però superati con chiarimenti reciproci, senza tracce di rancore. Appare centrale per loro l'esperienza del gioco, in cui il piacere della ludicità si accompagna sempre all'intensità dell'impegno e alla serietà con cui si devono rispettare le regole. Viceversa, gli adulti fanno altri "giochi", in cui domina la dissimulazione: tradimenti amorosi, rituali para-religiosi del falso stregone o atteggiamenti canzonatori verso chi è considerato buffo a causa di una sofferenza, come nel caso dell'ubriaco. Il villaggio degli adulti appare così caratterizzato da atteggiamenti di pregiudizio e superficialità che tendono a produrre discriminazione e emarginazione, come accade verso Sana, ingiustamente accusata di influenze negative e di poteri malvagi. In realtà nessuno, se non i due bambini, si perita di verificare la fondatezza di tali accuse, ma tutti preferiscono utilizzarle come scorciatoia sociale e psicologica per farsi una ragione delle difficoltà che affliggono il villaggio: il gruppo, nonostante le differenze tra i singoli, si cementa trovando un capro espiatorio più debole e isolato, su cui scaricare frustrazioni e inquietudini. In questa riflessione, il film appare universale e non riducibile solo al villaggio africano, che diventa l'emblema di un microcosmo riproducibile, pur con i debiti aggiustamenti, in molte altre situazioni molto vicine a noi. Ouedraogo evita però ogni manicheismo: non esistono adulti cattivi e bambini buoni, non ancora corrotti. Se Bila e Nopoko si pongono in modo critico e consapevole nelle varie relazioni intergenerazionali con gli adulti - ora ascoltati, ora temuti, non capiti o presi in giro -, il gruppetto di coetanei che li aggredisce e ferisce Nopoko è assimilabile a una qualsiasi banda di bulletti, che scimmiottano gli atteggiamenti violenti degli adulti e la prepotenza del gruppo per sentirsi più forti di chi dimostra maggiore personalità e difende idee non condivise da tutti. Proprio l'incidente occorso a Nopoko che rischia di morire, rivaluta la saggezza dell'anziana Sana che senza molte parole sa come operare e, soprattutto, supera i conflitti pregressi e non si rivale contro il villaggio che l'ha discriminata a lungo. L'incidente è anche la prova chiave per Bila, che dimostra la propria autonomia dal gruppo, interpellando Sana nonostante il divieto dei genitori. In questo senso, la complicità e l'intesa tra l'anziana e il bambino diventano il suggello del circuito necessario per la continuazione della vita, in senso generale, oltre al caso specifico di quella di Nopoko: la bambina salvata, il bambino che diventa più consapevole di sé, più adulto, e l'anziana che può morire serena, riabilitata dal gruppo e consapevole di aver trasmesso il suo sapere alle nuove generazioni”.
(Michele Marangi, Aiace, Torino)
“Siamo nel Burkina Faso. La vecchia Sana (Fatimala Sanga) è costretta a vivere in una capanna fuori dal villaggio: è invisa agli dei poiché non ha avuto figli; la sua dimestichezza con i segreti delle piante e degli animali è strana come il suo atteggiamento altero e spregiudicato: deve essere una strega che se la fa con gli spiriti maledetti; ogni incidente e disgrazia succede per colpa sua”. Un giorno Sana s'intromette nel gioco a nascondino nei cespugli tra Bila (Noufou Ouedrago), un ragazzino di dodici anni, e la sua amichetta Nopoko (Roukietou Baruy). Bila simpatizza subito con l'anziana vagabonda e la chiama yaaba (nonna). ”Mai nessuno mi ha chiamata nonna”, sussurra commossa lei, e nasce tra la vecchia e il bambino un'amicizia trepida e intensa. Bila sfida lo scherno dei compagni e la meraviglia della gente; sua madre lo appoggia, e si reca sempre più spesso a trovare la sua yaaba in compagnia di Nopoko. Questa spola tra la "scomunicata" e il villaggio ha qualche effetto: adesso si parla con meno timore superstizioso di Sana, c'è chi la difende dall'accusa di aver incendiato il granaio. Il momento critico si ha quando Nopoko è morente per un’infezione tetanica; Sana offre una prodigiosa pozione di erbe. Alcuni notabili preferiscono vedere la fanciulla morire che fidarsi della strega; stanno per averla vinta quando, per fortuna, l'amore infonde a Bila la forza di convincere i genitori della sua amica a rischiare. Così Nopoko è salva e Sana riammessa nella convivenza civile mentre il padre di Bila le costruisce l'ultima dimora.
Scheda tecnica
Yaaba (premio Fipresci, Cannes 1989) è il secondo film a soggetto di Idrissa Ouedraogo, quarantacinquenne regista burkinabe, che appartiene come Souleyrriane Cissé (Yeelen) alla nuova generazione di cineasti africani di formazione europea, ma finalmente determinati a guardare l'Africa con occhio integralmente africano, proiettandola sullo schermo in un linguaggio originale e maturo. Il film ha un andamento contemplativo, riflesso delle modulazioni espressive del racconto orale tradizionale- La narrazione talora si fa esile e lenta e minaccia, per la nostra sensibilità occidentale, di arenarsi in tempi morti. L'incantesimo visivo e eccezionale: paesaggi, volti, oggetti si accendono in immagini essenziali, incastonate in inquadrature di un rigore compositivo semplice e incisivo (la fotografia è di Matihias Kalin). Cosa non frequente nel cinema africano che conosciamo, l'interpretazione è di qualità, soprattutto i personaggi della yaaba e di Bila sono resi con una lievità e una giustezza emotiva impressionanti; è difficile dimenticare la figura slanciata dell'anziana donna condannata all'ostracismo, che si muove calma e dignitosa sullo sfondo degli spazi di un'Africa immobile. Il film scorre su una linea narrativa in cui la seduzione della metafora e del mito si equilibra con il realismo preciso della vita quotidiana in un piccolo villaggio africano: Ouedraego ha alle spalle un'attività di autore di documentari.
Approfondimento
Scene di una gara di corsa tra Bila e Nopoko aprono e chiudono "Yaaba" sottolineandone l'articolarsi sotto il segno dello spazio: lo spazio, affettuoso e regolamentato, del villaggio e quello esterno, aperto e proiettato sulla savana. Nel primo si inscena la commedia sociale con i suoi aspetti umoristici (la donna che si rifiuta al coniuge, l'ubriacone deriso è il vero saggio), drammatici (i pregiudizi contro la strega rischiano di costare la vita a Nopoko), quotidiani (i pettegolezzi, gli affetti i rituali della normalità). Lo spazio fuori dal villaggio è il terreno della trasgressione; là Koudi, la moglie dell'ubriacone, dà appuntamento all'amante; i bambini giocano in libertà; è il teatro della rissa in cui Nopoko si becca la coltellata fatale e, soprattutto, è il regno della vecchia Sana, la reietta. E là essa inizia Bila e Nopoko a 'vedere': si affaccia facendo la spia sul nascondiglio di Bila, rivela il suo bisogno di affetto, spiega ai bimbi la misteriosa savana, li introduce nella sua capanna. Lo sguardo dilaga: gli amanti si ritrovano di nascosto ma tutti vedono, un faccione osserva, divertito, i litigi coniugali. Gli Spazi gradualmente si interpenetrano. La frattura tra il villaggio e il fuori, tra l’infrazione dei divieti, il gioco e la normalità regolamentata e abolita e la guarigione di Nopoko preannuncia la riammissione di Sana nella comunità”.
- Il film online: Yaaba, 1989 (Burkina Faso)
Una poesia al giorno
Après la guerre, di Wole Soyinka (il nigeriano Wole Soyinka, nato nel 1934, poeta e scrittore per il teatro, primo Nobel africano per la letteratura nel 1986, è una delle figure più importanti della letteratura contemporanea in Africa)
Non coprite le cicatrici
nella rapida distilleria del sangue
ho sentito filtrare
l’odore familiare dei narcotici,
non coprite le cicatrici
il tubero comune della carne, quando
è pestato a fondo nella terra si arma contro
la morte, e con nuove bardature assalta il sole
ma affinché non si riveli un guscio vuolo
e affinché le nuove vite non affondino
le radici nel vuoto della finzione
non gonfiate la pelle crepata della terra
per smaltare le fessure del tamburo
non vi coprite nell’escara
non mutate il dolore nel lamento
di un impostore balbettante
la faccia una maschera di veli dipinti
il fiato seccato dalla bile
cuore di pezza e ghigno di teschio
per ingannare i rigori
dell’esorcismo.
La vernice si crepa. Lasciate
che il midollo del legno batta solo
per il nuovo nato
che segue la veglia.
Un fatto al giorno
20 settembre 1378: inizio nella Chiesa dello Scisma d'Occidente e designazione dell'antipapa Clemente VII. Nel 1377, per ordine del cardinale Roberto da Ginevra, la popolazione ribelle della città di Cesena, circa 4.000 persone, viene sterminata. Per questa ragione il cardinale verrà nominato "il macellaio/boia di Cesena". Diventerà poi l'Antipapa Clemente VII. Con Scisma d'Occidente o Grande Scisma si intende la crisi dell'autorità papale che per quasi quarant'anni, lacerò la Chiesa occidentale sulla scia dello scontro fra papi e antipapi per il controllo del soglio pontificio.
- La musica del tempo: Adam de la Halle, Qui a droit veut amours servir
Una frase al giorno
“Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero”.
(Aristotele, filosofo greco antico, 384/3-322 a.C.)
Un brano al giorno
Wu Yingyin, “Heartbroken Red”, 1948, 断肠红-吳鶯音
Wu Yingyin, nome d'arte di Wu Jianqiu (吳健秋) (cinese tradizionale: 吳鶯音; cinese semplificato: 吴莺音; pinyin: Wú Yīng Yīn; Shanghai, 1922-Los Angeles, 17 dicembre 2009), è stata una cantante cinese attiva soprattutto durante gli anni '40, nei quali diventò una delle Sette Grandi Star del Canto.
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org