“L’amico del popolo”, 21 settembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

LE STAGIONI DEL NOSTRO AMORE (Italia, 1966), regia di Florestano Vancini. Sceneggiatura: Florestano Vancini, Elio Bartolini. Fotografia: Dario Di Palma. Montaggio: Nino Baragli. Musiche: Carlo Rustichelli. Con: Enrico Maria Salerno, Valeria Valeri, Jacqueline Sassard, Anouk Aimée, Gian Maria Volonté, Gastone Moschin, Checco Rissone, Daniele Vargas, Pietro Tordi, Massimo Giuliani, Umberto Bertagna, Albano Bissoni, Sante Zacche', Bruno Garilli, Luigi Magnani, Isa Mancini, Mirella Pamphili, Elena Ballesio, Luciano Damiani, Consalvo Dell'Arti.

Vittorio Borghi, un giornalista quarantenne è giunto ad un momento di crisi, o meglio di ripensamento, di riflessione su una vita di cui è ormai trascorsa la parte migliore. L'occasione della crisi è un'avventura sentimentale: Vittorio è legato ad una ragazza, Elena, molto più giovane di lui ma questa è una relazione ormai giunta alla fine. Ed è proprio l'addio con la ragazza assieme alla rottura definitiva con la moglie, Milena, a spingerlo nei luoghi della giovinezza, in cerca di ricordi e di amicizie quasi dimenticate. Vittorio ritorna a Mantova, incontra gli amici del padre - un postino di campagna, vecchio socialista all'antica -, i compagni di scuola, della resistenza, delle lotte politiche, del dopoguerra. Se i ricordi degli avvenimenti sono vivi e presenti, le persone sono invece mutate, lontanissime. Anche Vittorio è profondamente cambiato: è deluso, non crede più agli ideali per cui ha lottato durante e dopo la resistenza, e, ferito nei sentimenti, non riesce a trovare un punto di contatto con chi gli era stato vicino in gioventù. Il pellegrinaggio ai luoghi del tempo trascorso terminerà in una balera lungo il Po, dove un gruppo di ragazzi e ragazze è riuscito a far funzionare un juke-box. E' un’altra gioventù che non ricorda in alcun modo quella di Vittorio, allegra, senza problemi, ma forse con un più esatto senso della vita. “Liquidare Le stagioni del nostro amore come l’autoritratto inquieto dell’intellettuale Vancini è, oltre che riduttivo, ingiusto. Probabilmente il punto massimo della carriera del regista, è un film fondamentale per capire il decennio settimo del secolo breve. Attraverso il personaggio del giornalista Vittorio Borghi - appena approdato ad un quotidiano “laico” dopo anni di militanza giornalistica nel giornale di partito (l’Unità, diciamo), Vancini trova il modo per parlare di se stesso e del suo posto nel mondo, cercando di arrivare alle cause della crisi esistenziale che travolge un certo ceto della sua generazione: l’allontanamento dalla vita politica (e quindi dal comunismo) è vissuto in funzione alle dinamiche personali e come proiezione della propria inadeguatezza nella società. Dov’è finito lo spirito di un tempo, che ci mosse partigiani sulle montagne in nome della libertà e della resistenza al nazifascismo? Dove siamo finiti noi? Accusato da destra e manca di essere troppo autoreferenziale, non ci si rende conto che ne Le stagioni del nostro amore a specchiarsi siamo (anche) noi, non solo l’autore servendosi di Borghi. Proprio al Borghi come esemplificativa figura si è poi inconsapevolmente attribuita un po’ l’avvio a tutta quella serie di intellettuali di sinistra in crisi con sé stessi e dunque col mondo. Non è un luogo comune, Vittorio Borghi, ma il perfetto concentrato umano di quei sentimenti intrinseci e di quegli sviluppi psicologici appartenenti all’ordinario (non stereotipato) intellettuale di sinistra, smarrito in una società di cui non afferra i moti, perso tra i ricordi quasi commiserevoli della stagione delle battaglie, inquieto nei riguardi del divenire della sua vita, sospeso tra voglia di normalità e bisogno di conoscere l’estremo. E tra una conversazione coi vecchi compagni di avventure giovanili (sia un professore-assessore comunista sottilmente disperato, sia un ex comandante partigiano con l’artrite diventato guardia notturna, sia l’antica fiamma di cui, forse, è ancora innamorato) e un litigio con un post-fascista, una scorribanda in auto con l’amante giovane e un dissidio con la moglie, il suo piccolo universo borghese comincia a perdere la sua ragione di esistere. Tanto vale, sul finale, abbandonarsi ad una dimensione quasi allegorica dell’incomunicabilità che assale l’autore e il suo alter ego, ma anche la collettività inconsapevole del baratro in cui si sta, piano piano, calando. Coscienza critica di una provincia meccanicamente annoiata, Vittorio non si accontenta di sopravvivere, ma non riesce appieno a vivere. Corpo vigoroso ed anima angosciata glieli offre Enrico Maria Salerno alla sua più bella interpretazione. Partecipazioni da segnalare di Gastone Moschin (il comandante partigiano con l'artrite, riciclatosi guardia notturna: la personificazione del tempo che scorre e dimentica), Gian Maria Volontè (il vecchio compagno comunista, professore ed assessore alle finanze, deluso dalla moglie puttana e da un'ideologia che non riesce più a capire), Jacqueline Sassard (l'amante giovane del presente, simbolica presenza di ninfetta recidiva) e Anouk Aimée (l'amante dei vecchi tempi, verso la quale Salerno non è indifferente)”.

(Film TV)

 

Una Poesia al giorno

Frühling, di Hermann Hesse (Calw, 2 luglio 1877 - Montagnola, 9 agosto 1962. E’ stato uno scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero)

In dämmrigen Grüften
Träumte ich lang
Von deinen Bäumen und blauen Lüften,
Von deinem Duft und Vogelsang.

Nun liegst du erschlossen
In Gleiss und Zier,
Von Licht übergössen
Wie ein Wunder vor mir.

Du kennst mich wieder.
Du lockst mich zart.
Es zittert durch all meine Glieder
Deine selige Gegenwart!

Primavera

Al crepuscolo, tra i sepolcri,
ho sognato a lungo
dei tuoi alberi e dei cieli azzurri,
del tuo profumo e del canto degli uccelli.

Ora sei qui ed appari
ricca di splendori e dolcezze,
soffusa di luce
come un miracolo di fronte a me.

Tu mi conosci ancora una volta,
tu mi attrai teneramente
vibra in tutte le mie membra
la tua beatificante presenza!

 

Un fatto al giorno

21 settembre 1976: a Washington l'ex ministro del governo di Salvador Allende, Orlando Letelier, viene assassinato tramite una bomba collocata nella sua automobile. Orlando Letelier del Solar (Temuco, 13 aprile 1932 - Washington, 21 settembre 1976) è stato un diplomatico e politico cileno, attivista politico contro la dittatura di Augusto Pinochet. Fu assassinato a Washington da agenti segreti della DINA la Dirección de Inteligencia Nacional (Direzione Nazionale dei servizi segreti del Cile), la polizia segreta di Augusto Pinochet, che fu probabilmente il mandante dell'omicidio. Il suo assassinio, eseguito tramite una enorme quantità di esplosivo, indusse gli Stati Uniti ad interrompere il loro esplicito sostegno all'Operazione Condor, anche se non cessò il sostegno indiretto al regime di Pinochet. Il 21 settembre 1976, a Washington, Orlando Letelier stava andando al lavoro con Ronni Karpen Moffitt, una collega dell'IPS e suo marito Michael, sposato quattro mesi prima. Moffitt era un'attivista venticinquenne, procacciatrice di fondi che all'epoca gestiva un programma di aiuti per sviluppare l'educazione musicale tra i poveri, producendo strumenti musicali, fortemente impegnata nelle campagne per il ripristino della democrazia in Cile. Letelier era al volante con al fianco Ronni, mentre Michael sedeva sul sedile posteriore. Appena entrati in Sheridan Circle, un'esplosione sollevò l'auto dalla strada, scagliandola contro una Volkswagen parcheggiata in divieto di sosta davanti all'ambasciata irlandese. Michael Moffitt riuscì ad uscire dal lunotto posteriore. Vide sua moglie allontanarsi barcollando dall'auto e presumendo che stesse bene cercò di aiutare Letelier. Lo trovò ancora sul sedile di guida, sofferente ed appena cosciente. La testa oscillante, gli occhi quasi vitrei, balbettava parole incomprensibili. Moffitt cercò di portarlo fuori dalla macchina, ma non ci riuscì, sebbene l'esplosione ne avesse devastato la parte inferiore del corpo, mozzandogli le gambe. L' FBI aveva concreti elementi per ritenere che Michael Townley, un emigrato statunitense in forza alla DINA, che in passato aveva collaborato con la CIA, avesse organizzato l'assassinio di Letelier. Townley e Armando Fernandez Larios, che pure era implicato nell'omicidio, avevano ottenuto i visti d'ingresso da George Landau, ambasciatore statunitense in Paraguay, su richiesta del governo paraguaiano e a dispetto del fatto che entrambi esibissero passaporti falsi. Nel 1978 il Cile accettò di estradare Townley negli Stati Uniti. Durante il processo che si celebrò, Townley confessò di aver assoldato cinque esiliati cubani anticastristi per piazzare la bomba sotto l'auto di Letelier. Secondo Jean-Guy Allard vi furono consultazioni con dirigenti del CORU, una struttura di coordinamento tra esiliati cubani anticastristi che l'FBI ha ufficialmente definito terrorista, Coordination of United Revolutionary Organizations tra i quali Luis Posada Carriles e Orlando Bosch. Alla fine, per eseguire l'attentato furono scelti i cubano-americani José Dionisio Suárez, detto 'Massacro', Alvin Ross Díaz, Virgilio Paz Romero, e i fratelli Guillermo e Ignacio Novo Sampoll. In seguito alla morte di Pinochet, nel dicembre del 2006, l'IPS chiede che siano resi pubblici tutti i documenti relativi all'omicidio di Letelier e Moffitt. Secondo l'Istituto, l'amministrazione Clinton aveva declassificato oltre 16.000 documenti relativi al Cile, ma continuava a mantenere segreti quelli relativi all'attentato sostenendo come il caso fosse ancora aperto e alla data le indagini fossero ancora in corso. L'IPS ammette che l'amministrazione Clinton ordinò di ripartire con l'inchiesta, inviando agenti in Cile alla ricerca di prove della responsabilità di Pinochet...”

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. [...] Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola [...]”

(Don Lorenzo Milani, nome completo: Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti, Firenze, 27 maggio 1923 - Firenze, 26 giugno 1967)

 

Un brano al giorno

La stagione del tuo amore, di Fabrizio De André (e Gian Piero Reverberi) 

La stagione del tuo amore
non è più la primavera
ma nei giorni del tuo autunno
hai la dolcezza della sera
se un mattino fra i capelli

troverai un po' di neve
nel giardino del tuo amore
verrò a raccogliere il bucaneve

passa il tempo sopra il tempo
ma non devi aver paura
sembra correre come il vento
però il tempo non ha premura
piangi e ridi come allora
ridi e piangi e ridi ancora
ogni gioia ogni dolore
poi ritrovarli nella luce di un'ora

passa il tempo sopra il tempo
ma non devi aver paura
sembra correre come il vento
però il tempo non ha premura
piangi e ridi come allora
ridi e piangi e ridi ancora
ogni gioia ogni dolore
puoi ritrovarli nella luce di un'ora

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org