“L’amico del popolo”, 23 maggio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE THIEF OF BAGDAD (Il ladro di Bagdad, Usa 1924), regia di Raoul Walsh. Sceneggiatura: Lotta Woods, Douglas Fairbanks. Fotografia: Arthur Edeson. Montaggio: William F. Nolan. Con: Douglas Fairbanks (Ahmed, il ladro di Bagdad), Snitz Edwards (il suo complice), Charles Belcher (il santo), Julanne Johnston (la principessa), Anna May Wong (la schiava mongola), Winter-Blossom (lo schiavo con il liuto), Brandon Hurst (il califfo), Tote Du Crow (l'indovino), [Kamiyama] Sojin (il principe mongolo), K. Nambu (il suo consigliere), Sadakichi Hartmann (il suo mago di corte), Noble Johnson (il principe indiano), Mathilde Comont (il principe persiano), Etta Lee, David Sharpe, Charles Stevens, Sam Baker, Jess Weldon, Scotty Mattraw, Charles Sylvester, Jesse Lasky Jr.

“Ahmed è un ladro spericolato che vive grazie agli abili furti che compie a Bagdad, sua città natale. Un giorno ruba una corda magica, in grado di far scalare a chi la possiede muri di grandissime altezze e la usa per intrufolarsi nel Palazzo del Califfo, per rubare qualche oggetto di grande valore. Così una notte, aiutato da un suo caro amico e complice, Ahmed entra nel Palazzo, dove però s'imbatte nella principessa, di cui s'innamora a prima vista. Il giorno dopo tre principi, pretendenti della principessa, fanno il loro ingresso nella città. Si tratta del Principe delle Indie, uomo ricco ma dall'aspetto arcigno, del Principe della Persia, uomo nobile ma obeso, e del Principe dei Mongoli, uomo potente ma freddo. Nessuno sospetta che quest'ultimo abbia una spia nel Palazzo di Bagdad, né tanto meno che egli, se rifiutato dalla principessa, abbia intenzione d'impossessarsi con la forza della città.
Vedendo l'arrivo dei tre principi, Ahmed decide di travestirsi da tale, ottenendo tramite dei furti alcuni oggetti che lo aiuteranno nella sua recita, in modo da entrare di nuovo in contatto con la principessa. Egli è così innamorato da essere disposto a rapire la ragazza per stare con lei. La principessa rimane colpita dall'arrivo di Ahmed, innamorandosene e scegliendolo tra i pretendenti come marito. Ma la spia mongola rivela la vera identità di Ahmed, costringendolo a fuggire, e la principessa, disposta ad aspettarlo per amore, decide di prendere tempo, lanciando una sfida ai principi pretendenti: sposerà infatti chi, dopo sei lune, tornerà a Bagdad con il tesoro più raro. Ahmed viene a sapere da un sacerdote l'esistenza di un mistico cofanetto e decide di partire per trovarlo, mentre Khan, principe mongolo, nel lasso di tempo dato dalla principessa, fa introdurre di nascosto alcuni suoi uomini per espugnare al momento opportuno la città di Bagdad.
Comincia la caccia ai tesori e dopo sei lune i principi si incontrano poco lontano da Bagdad: il principe delle Indie ha trovato una sfera di cristallo capace di rivelare ciò che accade in ogni parte del mondo, il principe della Persia ha trovato un tappeto volante, mentre il Principe dei Mongoli ha trovato una mela capace di far resuscitare i morti o guarire ogni sorta di malattia o danno. Quest'ultimo decide allora di ordinare alla sua spia di avvelenare la principessa, in modo da resuscitarla con la mela e in questo modo di avere la sua riconoscenza e quindi un vantaggio per essere scelto come suo marito.
Intanto Ahmed ha trovato, dopo un lungo e pericoloso viaggio fra mostri e altre insidie, due incredibili tesori: un mantello dell'invisibilità e un cofanetto capace di far avverare ogni desiderio espresso. Decide allora di tornare a Bagdad, dove nel frattempo Khan ha eseguito il suo piano: infatti riesce a guarire la principessa, che però scopre tramite la sfera di cristallo l'imminente arrivo di Ahmed, e decide allora di prendere ancora tempo. Ma Khan, stanco di attendere, dà l'ordine ai suoi uomini all'interno della città di attaccare e prendere la città: Bagdad è ora in mano ai Mongoli.
Ahmed, venuto a sapere degli ultimi avvenimenti da un messaggero scappato dalla città, decide di liberare Bagdad dai Mongoli: egli, davanti alle porte della città crea con la magia del cofanetto un enorme esercito di 100.000 uomini, che portano i Mongoli alla fuga. Poi s'intrufola nuovamente nel Palazzo, questa volta con l'aiuto del mantello dell'invisibilità. Khan è ormai accerchiato dai nemici e sta per fuggire con la principessa sul tappeto volante, ma Ahmed lo ferma, sconfiggendolo e salvando l'amata. Liberata Bagdad, Ahmed e la principessa volano insieme sul tappeto volante per festeggiare la loro unione”.

(Wikipedia)

The Thief of Bagdad rappresentò il progetto produttivo più ambizioso e avventuroso di Douglas Fairbanks, massima star maschile della Hollywood tra gli anni Dieci e Venti, attore trascorso dai ruoli di giovane americano intraprendente a quelli di spericolato ed esotico protagonista di spettacolari film in costume. Come per altri grandi cineasti suoi contemporanei (Charlie Chaplin, Buster Keaton e Harold Lloyd), la personalità di Fairbanks costituiva la vera anima ed energia creativa di tutti i film che interpretava, anche se diretti da un altro regista (in questo caso un regista straordinario come Raoul Walsh, che Fairbanks aveva conosciuto quando entrambi lavoravano per Griffith). L'orientalismo era di moda in quegli anni: Kismet, opera teatrale di Edward Knoblock risalente al 1911, più volte messa in scena (e riportata poi a nuova vita da Vincente Minnelli nel musical del 1955 Kismet - Uno straniero tra gli angeli), costituì la prima fonte d'ispirazione per The Thief of Bagdad. Per il suo film Fairbanks realizzò il più grande set mai costruito a Hollywood, oltre due chilometri quadrati ideati e arredati dal giovane ma già brillante talento di William Cameron Menzies. Ispirandosi alle illustrazioni di Aubrey Beardsley, Bernard Rackham ed Edmund Dulac, Menzies puntava a uno stile che possedesse la libertà e la fantasia di uno schizzo a matita: gli edifici dai colori chiari, ricchi di torri svettanti, scale a chiocciola, misteriose arcate ed elaborate decorazioni assumono un aspetto di eterea leggerezza riflettendosi su basi nere e lucide ‒ soluzione spesso ripresa nelle scenografie dei musical anni Trenta. I costumi firmati dal futuro regista Mitchell Leisen erano ispirati alle creazioni di Léon Bakst per i Balletti Russi di Djagilev, che alcuni anni prima avevano fatto impazzire Hollywood in occasione di una delle ultime tournée di Nižinskij. I Balletti Russi influenzarono chiaramente anche la recitazione di Fairbanks, sempre caratterizzata dalla compresenza di grazia e forza atletica: qui l'attore sviluppa un nuovo stile, fatto di movimenti molto più simili a quelli della danza che alle convenzioni mimiche del cinema coevo. Le sue prodezze atletiche (reggersi sulle mani per liberarsi le tasche dei guadagni illeciti, o balzare da uno all'altro di una fila di orci giganteschi) si inseriscono splendidamente all'interno di un impeccabile impianto coreografico. Elementi magici quali il Cavallo Alato e il tappeto volante erano ispirati da Der müde Tod (Destino o Il signore delle tenebre, Fritz Lang 1921), di cui Fairbanks aveva acquistato i diritti: la loro magia artigianale sprigiona ancora oggi un incanto più potente di tanti effetti speciali realizzati grazie alle tecnologie digitali.

The Thief of Bagdad resta uno dei più raffinati e innovativi film mai realizzati. Contando sulle dimensioni dello schermo cinematografico e sulla cristallina fotografia di Arthur Edeson, Fairbanks e Walsh fanno ampio uso di spettacolari campi lunghi, inquadrando l'immenso set in modo che la figura di Fairbanks risulti miniaturizzata. La sensibilità sperimentale di Fairbanks si estese anche alla scelta degli attori: il film lanciò la carriera di star della sedicenne cinoamericana Anna May Wong, mentre per il ruolo del pingue principe persiano Fairbanks scelse coraggiosamente un'attrice di origine francese, Mathilde Comont, e per quello del mago di corte mongolo l'eccentrico scrittore Sadakichi Hartmann. In linea con l'ambizioso progetto, per la prima del film Fairbanks commissionò un accompagnamento musicale per orchestra all'illustre compositore americano Mortimer Wilson”.

(David Robinson - Enciclopedia del Cinema, 2004)

Il 23 maggio 1883 nasce Douglas Fairbanks, attore, regista, produttore e sceneggiatore americano (morto nel 1939)

 

Una poesia al giorno

A un lilas, tratta da “Poésies choisies” di François Coppée.

Je vois fleurir, assis a ma fenetre,
l’humble lilas de mon petit jardin,
et son subtil arome qui penetre
vient jusqu’à moi dan le vent du matin.
Mais je suis plein d’une colère injuste,
car ma maitresse a cessé de m’aimer,
et je reproche à l’innocent arbuste
d’épanouir ses fleurs et d’embaumer.
Tout enivré de soleil et de brise,
ce favori radieux du printemps,
pourquoi fait-il à mon coeur qui se brise
monter ainsi ses perfums insultants?
Ne sait-il pas que j’ai cueilli pour elle
les seuls rameaux dont il soit éclairci?
Est-ce pour lui choese si naturelle
qu’en plein avril elle me laisse ainsi?
-Mais non, j’ai tort, car j’aime ma souffrance.
A nos amours jadis tu te melas;
au jardin vert, couleur de l’espérance,
fleuris longtemps, frele et charmant lilas!
Les doux matins qu’embaume ton haleine,
les clairs matins du printemps sont si courts!
Laisse-moi croire, encore une seimane,
Qu’on ne m’a pas délaissé pour toujours.
Et si, malgré me espoirs pleins d’alarmes,
je ne dois plus avoir la volupté
de reposer mes yeux brulés de larmes
sur la fraicheur de sa robe d’été;
Si je ne dois plus revoir l’infidèle,
j’y penserai, tant que tu voudras bien,
devant ces fleurs qui me virent près d’elle,
dans ce parfum qui rappelle le sien.

A un lillà

Seduto alla finestra vedo fiorire
l’umile lillà del mio piccolo giardino,
e il suo sottile aroma che penetra
giunge a me col vento del mattino
Ma sono pieno di una collera ingiusta
perché la mia donna ha smesso di amarmi
e io rimprovero all’innocente arbusto
i suoi fiori schiusi e l’olezzo.
Tutto ubriaco di sole e di brezza, perché
questo raggiante favorito della primavera
fa salire al mio cuore che si spezza
i suoi effluvi così oltraggiosi?
Non sa che ho colto per lei
i soli rami più soleggiati?
è per lui cosa tanto naturale
che in pieno aprile lei mi lasci così?
-Ma no, ho torto, perché amo la mia sofferenza.
Ai nostri amori ti immischiasti un tempo;
nel giardino verde, colore della speranza,
fiorisci a lungo fragile e seducente lillà!
Le dolci mattine che la tua essenza pervade,
le chiare mattine di primavera son così brevi!
Lasciami credere, ancora per una settimana,
che non mi ha abbandonato per sempre.
E se, malgrado le mie speranze vane,
non devo più avere il piacere
di rimettere i miei occhi arsi di lacrime
sulla freschezza della sua veste estiva;
Se non devo più rivedere l’infedele,
la penserò, finché lo vorrai,
davanti a questi fiori che mi avvicinano a lei,
con questo profumo che ricorda il suo.

 

François Édouard Joachim Coppée (Parigi, 26 gennaio 1842 - Parigi, 23 maggio 1908) è stato un poeta, drammaturgo e scrittore francese. François Coppée fu un poeta sentimentale che scrisse di Parigi e dei suoi sobborghi e descrisse il mondo degli umili che li popolava. Intimista, poetava dei primi incontri amorosi («Septembre, au ciel léger»), della indistinta nostalgia di un'esistenza diversa («Je suis un pâle enfant du vieux Paris») o della bellezza del crepuscolo («Le crépuscule est triste et doux»). La stessa vena lirica si riscontrò anche nel teatro e nei romanzi. Ebbe un grande successo popolare prima di cadere nell'oblio.

 

Un fatto al giorno

23 gennaio 1498: Girolamo Savonarola è bruciato sul rogo a Firenze, in Italia.

Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola (Ferrara, 21 settembre 1452 - Firenze, 23 maggio 1498) è stato un religioso, politico e predicatore italiano. Appartenente all'ordine dei frati domenicani O.P., profetizzò sciagure per Firenze e per l'Italia propugnando un modello teocratico per la Repubblica fiorentina instauratasi dopo la cacciata dei Medici. Nel 1497 apparentemente fu scomunicato da papa Alessandro VI, l'anno dopo fu impiccato e bruciato sul rogo come «eretico, scismatico e per aver predicato cose nuove», e le sue opere furono inserite nel 1559 nell'Indice dei libri proibiti. Gli scritti di Savonarola sono stati riabilitati dalla Chiesa nei secoli seguenti fino a essere presi in considerazione in importanti trattati di teologia. Ora è servo di Dio. La causa della sua beatificazione è stata avviata il 30 maggio 1997 dall'arcidiocesi di Firenze”.

(Wikipedia)

“Brucia l’eretico. Brucia il tiranno. Brucia il ribelle. Brucia il padrone. Brucia l’oppressore. Brucia il santo.
Brucia l’odio negli occhi della folla, mentre brucia il corpo di Girolamo Savonarola: il rivoluzionario, il moralizzatore, il profeta dei piagnoni.
Brucia la sconfitta, mentre le fiamme divorano la carne magra e pallida e la veste candida come la coscienza.
È il 23 maggio 1498 e Girolamo ha già visto quelle facce, quell’espressione: è stato in quella stessa piazza, appena un anno prima, attorno a un altro falò, per un altro delirio di passione, violenza e catarsi.
Sono le stesse facce che avevano raccolto il suo appello a liberarsi da specchi, cosmetici, vestiti di lusso, arpe, cetre, chitarre, cornamuse, flauti, e anche gli altri oggetti del peccato come dadi, profumi, parrucche, carte da gioco, libri immorali, manoscritti con canzoni profane, opere d’arte pagane o lascive.
Il grande falò delle vanità, il 7 febbraio 1497, aveva segnato il culmine del suo potere: Girolamo era diventato il padrone assoluto di Firenze e il moralizzatore della Chiesa Cattolica.
In città dettava lui le leggi al governo democratico della Repubblica e con i Medici erano state cacciate da Firenze le taverne e le prostitute. La patria del vizio era diventata una terra santa dove si sperimentava una nuova forma di democrazia, morale e popolare; dove non erano più le regole del tiranno a dettare legge ma quelle di Dio. O per meglio dire, del suo portavoce in tonaca bianca e mantella nera.
Una nuova democrazia, libera della corruzione dei potenti ma assoggettata a un padre padrone che non inseguiva i propri interessi personali, ma decideva per il bene della comunità e operava secondo giustizia. Il problema era che lui e solo lui decideva cosa è bene e cosa è giusto. E in città non erano tutti suoi ammiratori; anzi, più passava il tempo e più Girolamo si faceva nemici. Nel consiglio della Repubblica i Bianchi (repubblicani) e i Bigi (sostenitori dei Medici) si erano alleati con gli Arrabbiati, nemici giurati del frate, e avevano messo in minoranza il suo partito, detto dei “Piagnoni”, bocciando le proposte di legge per proibire le vesti scollate e le acconciature troppo elaborate ...”

(Articolo completo in www.festivaldelmedioevo.it)

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Parole:

 

Una frase al giorno

“I nemici in mezzo a noi più pericolosi della verità e della libertà, i nemici sono la maggioranza compatta. Sì, la dannata, compatta, liberale maggioranza – è lei il peggior nemico!”

(Henrik Ibsen, Skien, 20 marzo 1828 - Oslo, 23 maggio 1906)

Henrik Ibsen è stato un drammaturgo, poeta e regista teatrale norvegese. È considerato il padre della drammaturgia moderna, per aver portato nel teatro la dimensione più intima della borghesia ottocentesca, mettendone a nudo le contraddizioni e il profondo maschilismo”

 

Un brano musicale al giorno

Andrea Luca Luchesi (1741-1801), Piano Concerto in Fa maggiore

00:00 I. Allegro moderato
04:17 II. Andante
11:22 III. Presto

Piano: Roberto Plano. Orchestra Ferruccio Busoni / Massimo Belli

Andrea Luca Lucchesi, conosciuto anche come Luchesi o Luckesi (Motta di Livenza, 23 maggio 1741 - Bonn, 21 marzo 1801), è stato un compositore e organista italiano, esponente del Classicismo.

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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