“L’amico del popolo”, 24 maggio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

CARMEN (Francia, 1926), scritto e diretto da Jacques Feyder, dall’omonimo racconto di Prosper Mérimée. Fotografia: Maurice Desfassiaux, Paul Parguel. Montaggio: Henriette Caire, Jacques Feyder. Musica di Ernesto Halffter. Con: Raquel Meller (Carmen), Louis Lerch (Don José), Charles Barrois, Luis Buñuel, Andrée Canti, Gaston Modot, Jean Murat, Victor Vina.

Il soldato José (Fred Louis Lerch) abbandona il suo lavoro per amore della bella gitana Carmen (Raquel Meller): l'uomo la ucciderà quando scopre che la donna ha una passione per un altro uomo.

Carmen va visto almeno due volte, perché solo quando ci si è liberati dell’interesse per il dramma si possono ammirare a piacimento tutta la bellezza di quest’opera, da lodare nella sua interezza. Solo quando si riesce a staccare gli occhi dalla recitazione degli artisti, quando il cuore non è più stretto dalle situazioni strazianti, sarà possibile analizzare il talento e l’arte contenuti in Carmen, dal punto di vista della pura messa in scena, dell’illuminazione, della fotografia. Dalla nascita del cinematografo, abbiamo già potuto applaudire molte belle cose, ma non credo sia mai stato possibile vedere qualcosa di più riuscito degli effetti notturni e degli studi di luce per l’accampamento montano dei contrabbandieri, la strada in cui si trova la taverna di Lillas Pastia, la Porte des Capucins in cui José monta la guardia."

(Jean de Mirbel, Cinémagazine, 49, 1926)

CARMEN (Francia, 1926), scritto e diretto da Jacques Feyder, dall’omonimo racconto di Prosper Mérimée

"Donna affascinante, di una bellezza calda e seducente, due occhi nerissimi, una bocca voluttuosa, ma soprattutto una voce carezzevole e al tempo stesso densa e sensuale, Raquel non poteva essere trascurata dal cinema. Il primo film lo girò in Spagna, Los Arlequinos de seda y oro (1919), un'opera in tre parti che negli anni a venire fu rimaneggiata e ripresentata in un unicum con il titolo La gitana blanca, ma fu essenzialmente la Francia che, nel corso degli anni Venti, la volle protagonista di una serie di film costruiti appositamente su di lei. Ed è perlomeno singolare il caso di un'artista il cui pregio maggiore è la voce e che diviene interprete di film in cui la voce non può udirsi. Ma tant'è, il richiamo del nome di Raquel Meller spinse i produttori francesi a realizzare delle opere costose (poi confermatesi redditizie) come Violettes imperiales (1922) di cui interpreterà, con lo stesso regista Henri Roussell, un remake sonoro dieci anni dopo, La Terre promise (1924), Ronde de nuit (1925) e, per la regia di Jacques Feyder, una versione della Carmen (1926), in cui, scapricciandosi da vera diva, la Meller ridisegnava completamente il personaggio di Merimée e ne faceva una povera vittima, preda dei cattivi Don José, Garcia e Lucas il torero.“On ne m'a pas demandé de faire un film sur Carmen avec Raquel Meller, mais de faire avec Raquel Meller quelque chose sur Carmen” (Non mi è stato chiesto di girare un film su Carmen con Raquel Meller, ma di fare qualcosa per Carmen con Raquel Meller). Così dichiarava Feyder su La Revue du Cinéma (1930), ancora col dente avvelenato per i capricci e le stravaganze della focosa spagnola."

(Vittorio Martinelli, in Le dive del silenzio, Recco, Le Mani, 2001)

24 maggio 1948 muore Jacques Feyder, attore, regista e sceneggiatore belga (nato nel 1885)

CARMEN (Francia, 1926), scritto e diretto da Jacques Feyder, dall’omonimo racconto di Prosper Mérimée

 

Una poesia al giorno

'O mare, di Eduardo De Filippo (Napoli, 24 maggio 1900 - Roma, 31 ottobre 1984)

'O mare fa paura"
Accussì dice 'a ggente
guardanno 'o mare calmo,
calmo cumme na tavula.
E dice 'o stesso pure
dint' 'e gghiurnate 'e vierno
quanno 'o mare
s'aiza,
e l'onne saglieno
primm' a palazz' 'e casa
e pò a muntagne.
Vergine santa...
scanza 'e figlie 'e mamma!

Certo,
pè chi se trova
cu nu mare ntempesta
e perde 'a vita,
fa pena.
e ssongo 'o primmo
a penzà ncapo a me:
"Che brutta morte ha fatto
stu pover'ommo,
e che mumento triste c'ha passato".
Ma nun è muorto acciso.
È muorto a mmare.
'O mare nuna cide.
'O mare è mmare,
e nun 'o sape ca te fa paura.

Io quanno 'o sento...
specialmente 'e notte
quanno vatte 'a scugliera
e caccia 'e mmane...
migliara 'e mane
e braccia
e ggamme
e spalle...
arraggiuso cumm'è
nun se ne mporta
ca c' 'e straccia 'a scugliera
e vveco ca s' 'e ttira
e se schiaffea
e caparbio,
mperruso,
cucciuto,
'e caccia n'ata vota
e s'aiuta c' 'a capa
'e spalle
'e bracce
ch' 'e piede
e cu 'e ddenoccie
e ride
e chiagne
pecché vulesse 'o spazio pè sfucà...
Io quanno 'o sento,
specialmente 'e notte,
cumme stevo dicenno,
nun è ca dico:
"'O mare fa paura",
ma dico:
"'O mare sta facenno 'o mare".

(1968)

Eduardo De Filippo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984)

[accussì: così; gghiurnate: giornate; vierno: inverno; onne: onde; a palazz' 'e casa: alte come palazzi; scanza: risparmia; vatte: batte; arraggiuso: rabbioso; s' 'e ttira: le ritira; se schiaffea: si schiaffeggia; mperruso: puntiglioso; ddenocchie: ginocchia; sfucà: sfogarsi]

"Noto anche più semplicemente come Eduardo, è stato un attore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, scrittore e poeta italiano. Considerato uno dei più importanti artisti italiani del Novecento, è stato autore di numerose opere teatrali da lui stesso messe in scena e interpretate e, in seguito, tradotte e rappresentate da altri anche all'estero. Autore prolifico, lavorò anche nel cinema con gli stessi ruoli ricoperti nell'attività teatrale. Per i suoi meriti artistici e i contributi alla cultura, fu nominato senatore a vita dal Presidente della repubblica Sandro Pertini e gli furono conferite due lauree honoris causa in Lettere dall'Università di Birmingham nel 1977 e dall'Università degli Studi di Roma La "Sapienza" nel 1980. Fu anche candidato per il Premio Nobel per la letteratura. Eduardo resta ancora oggi, assieme a Luigi Pirandello, Dario Fo e Carlo Goldoni, uno degli autori italiani più apprezzati e rappresentati all'estero”.

(Wikipedia)

Eduardo De Filippo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984)

 

Un fatto al giorno

24 maggio 1982: liberazione di Khorramshahr. Gli iraniani riprendono la città portuale di Khorramshahr dagli iracheni durante la guerra Iran-Iraq.

“...Gli iraniani alla fine riconquistarono la città il 24 maggio 1982 dopo due giorni di aspri combattimenti e pesanti perdite”.

Immagini:

 

Una frase al giorno

“La libertà non fa per noi: siamo troppo ignoranti, boriosi, presuntuosi, codardi, vili e corrotti, siamo troppo legati ai piaceri e all'ozio, siamo schiavi della fortuna a tal punto da non conoscere affatto il prezzo della libertà.”

(Jean-Paul Marat, detto l'Amico del popolo, Boudry, 24 maggio 1743 - Parigi, 13 luglio 1793)

Ritratto di Jean-Paul Marat (1743-1793) realizzato da Joseph Boze

Jean-Paul Marat è stato un politico, medico, giornalista e rivoluzionario francese di origini sardo-svizzere.
Tra i protagonisti della Rivoluzione francese, che egli sostenne con la sua attività giornalistica, politicamente vicino ai Cordiglieri, fu deputato della Convenzione nazionale francese dal 20 settembre 1792 e, dal 5 aprile 1793, fu eletto presidente del Club dei Giacobini. Fu assassinato dalla girondina Charlotte Corday.

Morte di Marat, di Jacques-Louis David, 1793

... Raggiunto un accordo con il libraio Dufour, il 12 settembre Marat poté pubblicare il sospirato giornale, Le Publiciste parisien, otto fogli interamente redatti da lui nella sua casa del Vieux Colombier e stampati nella vicina tipografia della vedova Hérissant. Se si accontentava di un quarto dei guadagni realizzati dagli abbonamenti, non era però soddisfatto del titolo troppo freddo della testata, che il 16 settembre mutò infatti in quello più popolare de L'Ami du peuple (L'amico del popolo): sotto il titolo, era stampato il motto del giornale - «Vitam impendere vero» - consacrare la vita alla verità...
... una malattia cutanea della quale si accorse di essere affetto circa dal giorno della morte della madre (24 aprile 1782) e che lo accompagnerà per tutta la sua vita: soffriva di un continuo prurito alla pelle (in seguito anche di piaghe maleodoranti), nonché di frequenti emicranie, di febbre, intensa sete, sbalzi d'umore.-... Questa malattia lo costrinse, col tempo, a stare immerso a lungo all'interno di una curiosa vasca da bagno in rame a forma di scarpa...”

(Articolo completo in Wikipedia)

  • Il video di una interessante rappresentazione: Marat/Sade (1967) di Peter Brook. Titolo completo: Persecuzione e assassinio di Jean-Paul Marat interpretato dai detenuti del manicomio di Charenton sotto la direzione del Marchese de Sade.
    Il Marchese de Sade è rinchiuso nell'ospedale psichiatrico di Charenton e decide di giocare. I suoi sorveglianti sono d'accordo finché segue certe condizioni. Scrive e dirige gli altri pazienti mentali in uno spettacolo basato sulla vita del Jean-Paul Marat. Mentre il gioco procede, i detenuti diventano sempre più posseduti dalla violenza del gioco e diventano estremamente difficili da controllare. Alla fine, tutto il caos si scatena.

Il 24 maggio 1743 nasce Jean-Paul Marat, medico, giornalista e politico svizzero-francese (morto nel 1793).

 

Un brano musicale al giorno

Duke Ellington, Rockin' in Rhythm, 1964

Duke Ellington (Washington, 29 aprile 1899 - New York, 24 maggio 1974)

Edward Kennedy "Duke" Ellington (Washington, 29 aprile 1899 - New York, 24 maggio 1974) è stato un direttore d'orchestra, compositore e pianista statunitense.
Duke Ellington è considerato uno dei massimi compositori del '900, oltre le etichette di genere; grande è stata e rimane la sua influenza su generazioni di jazzisti: dalle orchestre bianche di Woody Herman e Charlie Barnet a Thelonious Monk e Charles Mingus, e poi le avanguardie più underground di Sun Ra e Archie Shepp. Grande è il debito nei confronti del duca anche da parte dell'esule africano Dollar Brand, Muhal Richard Abrams e di Anthony Davis.

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k