“L’amico del popolo”, 25 ottobre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

A FACE IN THE CROWD (Un volto nella folla, USA, 1957), regia di Elia Kazan. Sceneggiatura: Budd Schulberg. Fotografia: Harry Stradling, Gayne Rescher. Montaggio: Gene Milford. Musiche: Tom Glazer. Con: Andy Griffith, Patricia Neal, Anthony Franciosa, Walter Matthau, Lee Remick, Percy Waram, Paul McGrath, Rod Brasfield, Marshall Neilan, Alexander Kirkland, Charles Irving, Howard Smith, Kay Medford, Big Jeff Bess, Henry Sharp.

'Solitario' Rhodes, un cantastorie girovago, che ha conosciuto le prigioni dell'Arkansas, viene lanciato nel brillante mondo della radio e della TV da Marzia, una radio-reporter. Prima alla radio poi alla televisione la sfrontatezza, la spontaneità di Rhodes ottengono un gran successo e il cantastorie diventa ben presto uno dei personaggi più amati dal pubblico; la sua rinomanza è così estesa che egli riesce ad esercitare un'influenza anche nel vasto campo della vita nazionale. Ciò lo spinge ad avventurarsi nella politica, coltivando l'illusione di fondare un gran partito qualunquista. Valendosi dell'aureola di celebrità che circonda il suo nome, Rhodes ha creato una grande impresa commerciale, di cui è divenuta comproprietaria Marzia, che cerca di moderare le intemperanze del giovane. Ella è di lui innamorata; Miller, un intellettuale che lavora per la TV, ha cercato invano di indurla a rinunciare ad un affetto così mal posto. Rhodes è combattuto tra opposti desideri: nei momenti di depressione cerca l'amore di Marzia e si affida a lei; ma poi l'ambizione, la mania di grandezza lo spingono a calpestare ogni buon sentimento. Un giorno Rhodes chiede a Marzia di sposarlo: poco dopo ella apprende che è già sposato e che la moglie lo ricatta. Rhodes riesce ad ottenere il divorzio, ma per egoismo e bizzarria sposa un'altra donna, che in seguito lo tradisce. Egli la caccia e ritorna pentito da Marzia, che questa volta trova la forza di far tacere i propri sentimenti. Conscia di aver contribuito a creare un mito pericoloso, smaschera Rhodes e ne provoca la caduta. Il cantastorie vede crollare il precario edificio della propria celebrità e resta disperatamente solo.

“A face in the crowd, che io considero un’opera grande e bella la cui importanza trascende i limiti della critica cinematografica, è vivamente dispiaciuta al pubblico americano come del resto a quello francese solo perché si colloca agli antipodi di On the waterfront (Fronte del porto, 1954) e perché vi si attaccano oggi proprio quelli che erano ieri blanditi. Significa che Budd Schulberg e Elia Kazan sono dei voltagabbana? No di certo, ma On the waterfront, sceneggiatura che passò di mano in mano per cinque anni, giunse alla sua stesura finale talmente edulcorata che, da opera antifascista che doveva essere, era finita per diventare una pellicola inconsciamente ma effettivamente demagogica”.

(François Truffaut)

“Una regista della radio fa uscire di prigione un mediocre suonatore di chitarra (Andy Griffith) il quale diventa così celebre tra gli ascoltatori che per poco non riesce a fare di un senatore il presidente degli Stati Uniti. Preoccupata della sua nefasta influenza, la regista lo distrugge attaccando il microfono in un momento in cui egli sta facendosi beffe del suo pubblico. Utilizzando procedimenti narrativi per lui nuovi, anche di tipo televisivo, con risultati brillantissimi, Kazan ha diretto con questo uno dei suoi film migliori, violento attacco al "sistema" americano in cui un "idolo" della canzone (modellato peraltro su personaggi reali, basti pensare al vecchio Will Rogers) grazie alla forza dei "mass-media" può influire sul comportamento politico dei cittadini”.

(Georges Sadoul)

“I media nel mirino di Un volto nella folla. Un lungimirante Elia Kazan firmò nel 1957 un film capolavoro, in bianco e nero, sul potere subdolo della radio e della televisione; mezzi capaci di trasformare un uomo qualunque in un divo manipolatore dell’opinione pubblica.
Quest’uomo è Larry Rhodes (l’esordiente Andy Griffith), uno squattrinato cantante folk nonché ex galeotto, scoperto da Marcia Jeffries (Patricia Neal), giornalista e conduttrice di Un volto nella folla, un programma rivolto alla gente comune e trasmesso dalla stazione radio KGRK, la voce del nord-est dell’Arkansas. Battezzato Lonesome (Solitario) dalla sua scopritrice, fa subito breccia nel cuore degli ascoltatori.
Semplice, diretto, spigliato incanta il pubblico con canzoncine e barzellette; Losenome è uno di loro, usa il mezzo radiofonico per dire ciò che vogliono sentirsi dire e, talvolta, per denunciare quello che non va. Inevitabile il successo dell’ex galeotto che ricorda Will Rogers (noto umorista americano negli anni venti, citato più volte nel corso del film), tanto da spingere un pubblicitario a dire: “Giovanotto, ricordi sempre Will Rogers. Era solo un cow-boy che masticava gomma e tirava il laccio, ma arrivò al punto che le cantava chiare ai presidenti e ai re”.
Peccato che Losenome, intuendo la potenza del medium radiofonico, inizi a sfruttarlo in modo così meschino da spingere la gente a prendere per oro colato tutto quello che dice. Non dura molto. Insieme a Marcia, che intanto si è innamorata di lui, abbandona la radio (“Non mi ci potevo più vedere”- dice con arroganza) per approdare in televisione, mezzo di persuasione per eccellenza, gestito da poteri forti quali la pubblicità e la politica. Poteri che Losenome impara a sfruttare per condizionare ulteriormente l’opinione pubblica e accrescere la sua popolarità.
Il giovane divo si rivela un ottimo venditore quando sponsorizza prodotti improponibili come le pillole Vitajex (falsi integratori alimentari); conduce Il cantuccio di Solitario Rhodes, spettacolo trasmesso da un network nazionale, per rinvigorire la fiacca campagna politica del senatore Fuller, candidatosi alla presidenza degli Stati Uniti, in cambio di una carica politica. “La farò amare, la farò amare da tutti” queste le parole che Losenome rivolge al senatore dopo il debutto. Sono le parole di un mostro travolto dall’ambizione e il delirio di onnipotenza.
Un mostro chiamato a manipolare il pensiero della gente, di milioni di spettatori che considera un “gregge di pecore” ma, ovviamente, non lo dice. E, non contento, agisce in modo meschino anche nel privato; infrange il cuore di Marcia, la sua scopritrice, e sposa in Messico una donna più giovane. Poi, arriva al capolinea. Marcia, delusa dall’uomo, diffonde un fuori onda in cui Losenome si prende gioco del pubblico e appare per ciò che è veramente. Le sue parole, ancora adesso, sono un pugno nello stomaco. È la fine, la morte mediatica. Losenome dice addio ad applausi e audience. Il pubblico lo reputa un mostro e gli sponsor, che tanto gli hanno dato, si allontanano per lo scandalo. Consiglio col cuore la visione di Un volto nella folla, una pellicola di un’attualità sconcertante. Kazan, negli anni Cinquanta, aveva intuito la pericolosità dei media (radio e televisione), l’influenza negativa che avrebbero esercitato sulle persone al punto da spingerle a comprare l’impossibile o a votare il senatore di turno. Oggi è cambiato qualcosa? A me sembra che i poteri forti, la pubblicità e la politica, si siano rafforzati”.

(Sofia Napoletano)

Il film: A Face in the Crowd: www.youtube.com

A FACE IN THE CROWD (Un volto nella folla, USA, 1957), regia di Elia Kazan

 

Una poesia al giorno

A te - fra cento anni, di Marina Ivanovna Cvetaeva, 1919. Traduzione Pietro A. Zveteremich (Feltrinelli)

A te, che dovevi esser nato
un secolo dopo, quando avrò ripreso fiato -
dal sottosuolo, come un condannato a morte,
con la mia mano - scriverò:

Amico! Non cercarmi! Altra moda!
Di me non si ricordano nemmeno i vegliardi.
Con la mia bocca non ci si tocca! Oltre le acque del Lete
protendo due mani.

Come due roghi io vedo i tuoi occhi,
fiammeggianti verso di me, nella tomba, nell'inferno.
Quella, vedenti, che non muove neanche una mano,
morta cento anni fa.

Con me, nella mano, quasi una manciata di polvere:
le mie poesie! Vedo: al vento
tu cerchi la casa dove io sono nata - oppure
in cui morirò.

Le donne che ti vengono incontro, quelle, le vive, le felici -
io sono fiera di come le guardi, e colgo le parole:
"Assembramento d'usurpatrici! Siete tutte morte voi!
Lei sola è viva!

Io l'ho servita, in volontario servizio,
tutti i segreti conoscevo, tutto il fondaco dei suoi anelli!
Saccheggiatrici di defunte! Questi anelli
sono rubati a lei!"

Oh, i miei cento anelli! Mi si tirano le vene,
per la prima volta mi pento
che tanti a destra e a manca ne ho regalati -
non ti avevo aspettato!

E ancora mi fa tristezza che in questa sera
d'oggi così lungamente io sia andata dietro
al sole che tramontava - e incontro
a te: attraverso cento anni.

Scommetto che tu scagli una maledizione
ai miei amici, verso la caligine delle tombe:
"Tutti la lodavate! Ma un abito rosa
nessuno le ha regalato!

Chi era più disinteressato?!" No, io la cupida!
Già che non mi ucciderai, non c'è avidità da nascondere,
che a tutti io chiedevo le lettere
per baciarle di notte.

Dirlo?! Lo dirò! Il non essere è una convenzione.
Tu per me adesso sei il più appassionato degli ospiti
e tu rifiuterai la perla di tutte le amanti
in nome di quella - delle ossa.

Marina Ivanovna Cvetaeva

 

Un fatto al giorno

25 ottobre 1920: Dopo 74 giorni di sciopero della fame nella prigione di Brixton, in Inghilterra, il sindaco di Cork, Traolach Mac Suibhne, muore. Terence Joseph MacSwiney (ingl., Cork, 28 marzo 1879 - Brixton Prison, 25 ottobre 1920) è stato un attivista, politico e scrittore irlandese; fu sindaco di Cork e comandante della 1ª Brigata "Cork" degli Irish Volunteers.

FUNERAL OF TERENCE McSWINEY CORK HUNGERSTRIKER

Traolach Mac Suibhne

 

Una frase al giorno

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”.

(Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso, 1881-1973, pittore, scultore e litografo spagnolo)

Pablo Picasso

 

Un brano al giorno

Beniamino Gigli canta Bizet: “Del tempio al limitar”, da “I pescatori di perle”.

Beniamino Gigli
Il leggendario tenore italiano Beniamino Gigli si unisce al baritono Valter Vagnozzi, con Enrico Sivieri al pianoforte, in un'esibizione del duetto del 1953 "Del tempio al limitar" dell'opera Les pêcheurs de perles di Georges Bizet (Parigi, 25 ottobre 1838 - Bougival, 3 giugno 1875).

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k