L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
LA BELLE VERTE (Il pianeta verde, Francia, 1996) scritto, diretto, musicato e interpretato da Coline Serreau. Fotografia: Robert Alazraki. Montaggio: Catherine Renault. Con: Vincent Lindon, Philippine Leroy-Beaulieu, James Thiérrée, Samuel Tasinaje, Patrick Timsit, Catherine Samie, Yolande Moreau, Francis Perrin, Marion Cotillard, Paul Crauchet, Didier Flamand, Claire Keim
Sul Pianeta verde vivono esseri umani talmente evoluti ed avanzati da aver completamente eliminato l'uso degli oggetti, in modo da concentrare saggezza, forza ed energia nello sviluppo del corpo e della mente. Una volta l'anno gli abitanti fanno il giro degli altri pianeti ma nessuno vuole recarsi sulla Terra considerata troppo arretrata. Finalmente si offre Mila, donna matura vedova con due figli, che sospetta di essere frutto dell'unione del padre con una terrestre. Mila, che vive in un contesto ecologico avanzato, arriva nel traffico di Parigi all'ora di punta e subisce un forte shock. L'adattamento è arduo, dal cibo ai comportamenti al modo di esprimersi, e Mila cerca di risolvere le situazioni difficili facendo ricorso all'influsso della sua mente. Molti rimangono coinvolti, per cui vediamo politici che dicono la verità, calciatori che ballano il valzer nello stadio, barboni e poliziotti che seminano un orto. A questo punto Mila fa arrivare sulla Terra anche i figli più grandi che si innamorano di due ragazze con cui la madre era entrata in contatto e le convincono a seguirli sul Pianeta Verde, dove inizia per tutti una nuova vita.
"Fanta-puttanata o fiaba d'autore? Non sai proprio che cosa pensare di fronte al Pianeta verde (da non confondere con quello 'azzurro' di Piavoli), ottavo film di Coline Serreau, già regista di commedie sopraffine come Tre uomini e una culla e La crisi. Stavolta anche in veste d'attrice nei panni della protagonista, la cineasta e drammaturga francese si cimenta con la fantascienza, seppure in una chiave moderatamente burlona, un po' da viaggio nel tempo. Solo che all'opposto di quanto succedeva nei Visitatori, gli 'stranieri' caduti sulla Terra vengono adesso da un remoto futuro vagamente new age. (...) Fa sul serio Coline Serreau, un po' troppo. E se ha ragione nel prendere di mira gli abominevoli costumi sociali e alimentari di noi terrestri, si vorrebbe che un briciolo di ironia fosse applicata anche all'utopia del Pianeta verde (dove tutti sono soavi, fanno gli acrobati e ascoltano 'Il silenzio'). Boh! Pare che a Parigi il gesto della testa con il quale Mila provoca la 'sconnessione' dei nemici sia diventato molto di moda e certo il film sfodera delle trovatine divertenti, come quel paludato concerto di musica classica scosso dall'irrompere del contagioso ritmo di Roll Over Beethoven. Ma francamente Coline Serreau, mediocre attrice e spiritosa regista, ha fatto di meglio in passato."
(Michele Anselmi, 'L'Unità', 4 maggio 1997 - l’articolo aiuta a capire perché un giornale come L’Unità è fallito)
"Curioso film questo di Coline Serreau, che ribalta in chiave fantaecologica la trovata dei Visitatori (e di tutti i viaggi nel tempo) per prendere di mira nevrosi e ipocrisie dei nostri anni. Lo spunto sarà esile, quel Pianeta Verde dove sono tutti belli e sorridenti (oltre che bianchi) sa un po' di spot, e non mancano tirate ovvie quando Mila si ritrova, affascinata e orripilata insieme, fra i parigini ulcerosi di fine Millennio (anche quel neonato non aveva bisogno di essere figlio di uno stupratore serbo per essere più 'attuale'). Però la Serreau sa sfruttare con estro il potere conferito al suo personaggio di 'disconnettere' i terrestri fuorviati restituendoli alla loro natura profonda. E bisogna essere davvero molto esigenti, oppure afflitti da un Super Io ipertrofico, per non ridere di fronte al concerto di musica classica che degenera in jam session country-rock, o alla partita di calcio che si trasforma in una poco virile pantomima. Inoltre, se il Medioevo 'dolce' e purgato dalla barbarie che regna sul Pianeta Verde aveva tutti i numeri per essere stucchevole, la gioia puramente fisica che irrompe in sottofinale attraverso i salti e le acrobazie dei suoi abitanti, è una idea forte proprio perché semplice, diretta, sfacciata. Anche il kitsch può essere un'ottima arma. Perché vergognarsi di usarlo?"
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 maggio 1997)
“Immaginate un pianeta in cui gli abitanti vivono in armonia tra di loro e con la natura. Immaginate un pianeta in cui non esiste la moneta e l’alimentazione si basa esclusivamente sull’agricoltura. Immaginate un pianeta in cui non esistono automobili, traffico ed inquinamento, un pianeta in cui tutti hanno accesso diretto e paritario alle risorse naturali e non le sprecano né le sfruttano. Vi sembra pura utopia? Forse. Sicuramente l’idea della regista Coline Serreau è stata quella di provocare e stimolare una riflessione sul cambiamento (possibile) della nostra civiltà attraverso il film uscito nel 1996 con il titolo italiano ‘Il pianeta verde’, in cui riveste anche il ruolo di protagonista nei panni di Mila. Dopo l’assemblea che si svolge ogni inizio d’anno, Mila si propone volontaria per il viaggio verso la Terra, necessario a sondare lo stato del processo evolutivo dei terrestri. Giunta da un pianeta idilliaco e sconosciuto ai terrestri, Mila atterra nella capitale francese per imbattersi in un ambiente caratterizzato da cemento, traffico, inquinamento, vetrine per l’“esposizione dei cadaveri” (leggi macellerie), ostilità e scontrosità della gente che incontra. Grazie ai suoi poteri di ‘disconnessione’ Mila riuscirà a modificare il modo di percepire la realtà e di comportarsi sedimentato ormai nei terrestri. La chiave ironica con cui la regista affronta le tematiche importanti del film, tra cui quelle legate allo sviluppo sostenibile, consente di decostruire il significato che diamo ormai per assodato ed incontestabile alle situazioni quotidiane. In modo volutamente marcato viene messo in luce il contrasto tra la serenità interiore degli abitanti del pianeta verde e la difficoltà di vivere in armonia mostrata dai terrestri, quasi monadi in un mondo che ha smarrito il senso della semplicità e dei valori autentici. L’ironia intelligente che attraversa questa pellicola non può che essere di stimolo per una riflessione sullo stato delle cose e sui cambiamenti necessari che potremmo iniziare ad apportare nel nostro piccolo per dare vita ad un nostro Pianeta Verde. Il pianeta verde, un film per riflettere sulla nostra civiltà”.
(Tuttogreen)
“Il Pianeta verde, cioè come realizzare un fantascientifico in chiave di commedia di costume o il contrario: firmato e interpretato da Colme Serreau, la regista-drammaturga francese assurta nell’85 al successo internazionale con Tre uomini e una culla. Ben lontano dal somigliare ai mondi ipertecnologizzati prefigurati nei film futuristici americani, il pianeta del titolo si presenta con l’aspetto arcadico di una immensa e fertile campagna: i cui abitanti respirando aria fina e mangiando vegetariano vivono fino a 250 anni in fraterna comunanza di beni e in perfetta armonia spiritual-sessuale”.
(Alessandra Levantesi, La Stampa)
- Il film con recensione e discussione in: www.ricchezzavera.com
- Il film online: Il pianeta verde (italiano)
La scelta del film di oggi è nata dalla notizia che comunica come il governo brasiliano abbia ceduto alle imprese che cercano oro e altri minerali preziosi una parte della Foresta Amazzonica grande come la Danimarca, segnando la fine di un prezioso equilibrio ecologico e di tante tribù primitive che vi vivono. W l’inquinamento in nome del trionfante liberismo.
Una poesia al giorno
Nel mio paese, di Andrea Zanzotto (da "Dietro il paesaggio")
Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero;
al di là della piazza e della salvia rossa
si ripara la pioggia
si sciolgono i rumori
ed il ridevole cordoglio
per cui temesti con tanta fantasia
questo errore del giorno
e il suo nero d'innocuo serpente
Del mio ritorno scintillano i vetri
ed i pomi di casa mia,
le colline sono per prime
al traguardo madido dei cieli,
tutta l'acqua d'oro è nel secchio
tutta la sabbia nel cortile
e fanno rime con le colline
Di porta in porta si grida all'amore
nella dolce devastazione
e il sole limpido sta chino
su un'altra pagina del vento.
Un fatto al giorno
26 agosto 1978: un Conclave brevissimo elesse il patriarca di Venezia, Albino Luciani, come Papa Giovanni Paolo I. Il suo pontificato durò solo 33 giorni, ma fu ricco di innovazioni. Il passaggio dal "noi" all' "io", l'abolizione della sedia gestatoria, l'umiltà di parlare di sé, il chiamare accanto bambini durante l'udienza generale: c'è molto Giovanni Paolo I nei gesti e nelle parole di papa Francesco.
Una frase al giorno
“Tutti ricordiamo le grandi parole del papa Paolo VI: «I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello» [Populorum progressio, 3]. A questo punto alla carità si aggiunge la giustizia, perché - dice ancora Paolo VI - «la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario» [ibidem, 23]. Di conseguenza «ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile» [ibidem, 53]. Alla luce di queste forti espressioni si vede quanto - individui e popoli - siamo ancora distanti dall'amare gli altri «come noi stessi», che è comando di Gesù”.
(Giovanni Paolo I, dall'Udienza generale del 27 settembre 1978)
- Il mistero della morte di papa Luciani: www.youtube.com
Film:
Un brano al giorno
Mozart, Piano trio K 564 - Kogan / Rostropovich / Gilels Moscow, 1952. I movimento Allegro II Andante 4:49, III Allegretto 11:55. Composto a Vienna e datato 27 ottobre 1788.
“Il Trio in sol maggiore è articolato in tre tempi caratterizzati da una freschezza inventiva e da una abilità nell'arte della variazione, specie nel secondo movimento. Il primo tema dell'Allegro iniziale viene esposto dal pianoforte e sorretto da un disegno melodico degli archi. Ecco quindi un tema più leggero e festoso, affidato al violino con un ritornello del pianoforte e poi ripreso dal primo strumento. A questo punto si snoda lo sviluppo del discorso musicale, condotto elegantemente dal violino su un accompagnamento di biscrome del pianoforte. C'è molta varietà nel gioco armonico, con il passaggio dalla tonalità di mi maggiore al do maggiore, secondo un procedimento spesso utilizzato da Mozart; al pianoforte e al violino si aggiunge con molta evidenza, nelle battute finali del movimento, la voce del violoncello.
L'Andante è un tema variato, punteggiato da una straordinaria purezza e nobiltà di espressione, che si richiama allo stesso Andante della Sonata per pianoforte e violino K 547. Le variazioni sono sei: la prima è indicata dal violino su una imitazione del violoncello e con l'accompagnamento del pianoforte; la seconda è esposta dal violoncello, su ornamenti del violino e con accordi di accompagnamento del pianoforte; nella terza variazione il violino espone un tema cantabile, mentre il violoncello sottolinea le ultime cadenze; la quarta variazione contiene un magnifico dialogo tra il pianoforte e i due archi; la quinta variazione appartiene al pianoforte e la sesta è un tema molto arabescato, realizzato dal violino, su accompagnamento del violoncello e del pianoforte. La sensazione che si ricava dall'ascolto di questo Andante è di una delicata e incantevole atmosfera poetica.
L'Allegretto finale in 6/8 comincia con un ritmo di siciliana del pianoforte, cui risponde il violino, sostenuto dal violoncello. Si crea quindi una piacevole tessitura di armonie con un ritorno al tema, che viene ripreso dal violino su accompagnamento del pianoforte e con l'intervento del violoncello. Il tema del rondò si allarga e si intensifica e coinvolge tutti e tre gli strumenti in una inarrestabile cascata di invenzioni armoniche, realizzata con brillantezza e vivacità di colori contrastanti. Il Trio K 564 sembra rispettare le regole di un discorso musicale accessibile a tutti e senza particolari tensioni e tormenti che pure esistono nell'arte mozartiana”.
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org